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==Biografia==
Giuseppe Falcucci nasce ad Atessa, in provincia di Chieti, il 13 febbraio 1925 da Mario e Agnese Di Giacomo. La famiglia, blasonata e di antiche tradizioni, è sicuramente originaria dell'Abruzzo anche se nel XIV e nel XV secolo ha lasciato tracce importanti a Firenze. Lo testimonia, tra gli altri, il gesuita bergamasco
Nei primi anni della giovinezza ha come figure di sicuro riferimento due illustri parenti: Antonio Scerni, alto magistrato e giurista nell'ambito della gerarchia fascista, tra l'altro presidente di Sezione della Corte d'Appello di Bari, e il fratello del padre, Benedetto Falcucci, giovane sacerdote che, dopo aver conseguito una laurea in Filosofia ed una in Teologia, il 1º dicembre del 1945 sarà ordinato vescovo a soli quarant'anni: fautore convinto dell'istituzione della diocesi di Penne-Pescara, ne sarà poi anche il primo vescovo. Ma l'ascendente che questi autorevoli parenti hanno su di lui e la grande stima nei loro confronti non gli impediscono di aderire al Partito d'Azione dei fratelli Rosselli e di restare sempre fedele ad una formazione culturale essenzialmente laica e storicistica.
Nel 1943, conseguita la maturità classica presso il Convitto “G. B. Vico” di Chieti, in piena Guerra, riesce comunque ad iscriversi alla Facoltà di Lettere e Filosofia presso l'Università di Napoli, dove l'Anno Accademico 1943-44 si svolge regolarmente. Nel 1946, a Guerra finita, si trasferisce al terzo anno della stessa Facoltà dell'Università di Roma, dove due anni dopo si laurea brillantemente discutendo, relatore il prof. Paolo Brezzi, la tesi in Storia del Cristianesimo
Rientrato in Atessa con la laurea in tasca, colpito dalle difficoltà che incontra la Scuola pubblica a riorganizzarsi dopo la Guerra, rivela tutta la sua vocazione per l'insegnamento fondando una scuola privata con gli amici [[Raffaele Sciorilli Borrelli]], già ordinario di Storia e Filosofia e futuro parlamentare del Partito comunista, e Raffele Bufano, ingegnere e matematico, che un ruolo importante avrà nella Rai che sta per nascere come geniale risolutore dei problemi tecnici che la trasmissione delle immagini via etere comporta. Anche se al posto dei banchi ci sono tavolini pieghevoli forniti da un Caffè, la scuola si afferma così rapidamente da indurre il Provveditore agli Studi di Chieti ad inviare un ispettore, l'autorevole preside Scenna. La scuola, ospitata nella casa di Don Luigi Iovacchini, accoglie studenti di ginnasio, magistrali, licei classico e scientifico, che a fine anno si recano a Lanciano per gli esami di Stato, sempre con esiti lusinghieri. L'ispezione ministeriale si conclude con un elogio ai promotori dell'iniziativa e con il riconoscimento ufficiale della Scuola.
Quando, nel 1950, sposa la ventenne Dora Piacentini di Chieti, dalla quale avrà 5 figli, Giuseppe Falcucci è già per tutti “il Professore”, etichetta che, senza altre specificazioni, lo accompagnerà fino all'ultimo dei suoi giorni. Con la nuova famiglia si trasferisce a vivere in una casa in affitto nella Pineta prospiciente il Porto di Pescara, dove D'Annunzio, di cui diventerà uno dei massimi esperti, ha ambientato alcune delle sue pagine più suggestive. Pescara, città moderna e in forte crescita, diventa presto la sua patria d'adozione: per il suo sviluppo combatterà molte battaglie giornalistiche e culturali, spesso vincenti.
Da questo momento, intanto, le sue due anime di educatore e giornalista procedono di pari passo. Dal 2 settembre 1950 è corrispondente da Pescara del quotidiano di Roma
Se il suo impegno giornalistico, dopo l'assunzione nel 1955 della corrispondenza da Pescara de
Il 14 luglio 1965, per incarico del Rotary Club di Pescara, tiene una conversazione sul tema “Breve lettura di Giacomo Leopardi” che diventa successivamente una pubblicazione. Anche la conferenza del 30 settembre 1970 su uno dei temi da lui maggiormente studiati, “Dove va la lingua italiana?”, viene pubblicata nella collana “Quaderni del Rotary”. Intanto sue collaborazioni con quotidiani come
Lo spazio che “Il Tempo” dedica alle cronache regionali cresce e con esso l'impegno alla guida della redazione pescarese che proseguirà ininterrotto per trentuno anni, fino al giorno della pensione. Dalle colonne de “Il Tempo” combatte le sue battaglie per la crescita di Pescara, firmandosi con lo pseudonimo di “Aternino”: non a caso sarà fra i promotori di “Pescara Nostra”, l'associazione civica che si batte per il riconoscimento della città come capoluogo di regione. Continua a dividersi fra il giornalismo e l'insegnamento fino al 1976, quando non sarà più possibile la doppia professione: opta per il primo, chiudendo a malincuore la sua lunga pagina di Scuola. Intanto, con l'appoggio del nuovo e giovane direttore Gianni Letta, proveniente anche lui dalle redazioni abruzzesi, lancia e realizza un'idea assolutamente innovativa, che presto sarà “copiata” da tutti i giornali d'Italia: la cronaca regionale diventa un inserto staccabile di 8 pagine con una sua testata autonoma:
Nel 1981, con la nomina a Consigliere Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti, comincia il suo impegno negli organi di rappresentanza della categoria. Tra l'altro farà parte per molti anni della Commissione Cultura dell'Ordine, di cui sarà eletto prima segretario e poi presidente. E quando si comincia a parlare di riforma dell'accesso alla professione, ottiene l'incarico di Coordinatore per la Riforma Universitaria, convinto sostenitore della necessità che debba essere l'Università a preparare una categoria di giornalisti culturalmente e tecnicamente adeguata alla professione. Un impegno al quale si dedicherà con la passione di sempre fino a pochi giorni prima di morire, ignorando spavaldamente i progressi della malattia alla quale, contro ogni previsione medica, riuscirà a tenere testa per ben undici anni.
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*''Prefazione'', a Giuseppe Antonio Di Nenno, ''Come si canta a l'Abruzze me: poesie dialettali'', Lanciano, Carabba, 1984.
*''Prefazione'', a A. e D. Iovacchini, ''per una storia di Atessa'', Atessa, Caporale, 1993.
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