Partenio I: differenze tra le versioni

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{{nota disambigua|l'omonimo patriarca|Partenio I di Costantinopoli}}
Il '''''Partenio I''''' (detto anche ''Grande Partenio'' o ''Partenio del Louvre'') è un componimento di lirica corale di [[Alcmane]]<ref>Fr. 3 Garzya = 3 Calame.</ref>. Esso proviene da un papiro ritrovato da [[Auguste Mariette]] nel [[1855]]<ref>''P. Louvre'' E 3320.</ref>, di cui la parte meglio leggibile è costituita dai vv. 36-101ː101:
[[File:Cratère de Derveni 0010.jpg|thumb|left|upright=1.2|Menadi danzanti, che portano un agnello o capretto sacrificale]]{{Citazione
|C'è un castigo che viene dagli dei.<br/> Felice chi è sereno<br/> e trascorre il giorno<br/> senza pianto. IoOra io canto,<br />la luce di Agido. La scorgo come<br /> un sole, e così a noi Agido rivela<br/> il suo splendore. Io non lodo o rimprovero<br/> la famosa corifea<br/> in alcun modo. Essa spicca<br/> come, in mezzo all'armento<br/> che pascola, un cavallo<br/> dal piede sonante, uso a vincere,<br/> veloce più dei sogni, nelle gare.<br/>
Non la vedi? E' come cavallo<br/> veneto. Ma anche la chioma sciolta<br/> della compagna Agesìcora<br/> ha riflessi d'oro limpido.<br/> E il suo volto è d'argento.<br/> Ma che dirò più chiaramente?<br/> Essa è Agesìcora:<br/> Più bella dopo Agido,<br/> correrà con Ibeno quale cavallo Colasseo:<br/> così insieme le Pleiadi, quando<br/> avanti l'alba portiamo il velo,<br/> come fa l'astro di Sirio, nella notte<br/> dolcissima lottano sollevandosi in altro.<br/> Non ho tanta ricchezza di porpora<br/> per reggere alla gara,<br/> né un'armilla tutta d'oro<br/> a forma di serpente e mitra lidia<br/> ornamento delle fanciulle<br/> dai teneri occhi,<br/> né i capelli di Nanno;<br/> non sono Arete divina<br/> né Tìlaci o Clesìtera.<br/> Né potrei dire nella casa di Enesìmbrota:<br/> "Fosse con me Astàfi<br/> e mi vedesse Fililla<br/> e Damàreta e la cara Viantémi."<br/> Ma mi conforta Agesìcora.<br/> Non è forse con noi Agesìcora<br/> dalla bella caviglia,<br/> che accanto ad Agido,<br/> allieta la festa dell'offerta?<br/> O dèi accogliete i nostri voti: in voi<br/> è il principio e la fine. "Corifea,"<br/> vorrei dire "la vergine che parle,<br/> invano ha vociato come nottola<br/> dall'alto d'una trave, ma vuole<br/> piacere moltissimo all'Aurora<br/> perché ha reso lievi i nostri affanni,<br/> come ora le fanciulle<br/> per grazia di Agesìcora<br/> avranno dolce quieta."<br/> Così i cavalli legati alle sbarre<br/> aiutano ai lati l'altro carro in corsa;<br/> così bisogna docili seguire<br/> sulla nave il pilota.<br/> Quando canta Agesìcora<br/> non uguaglia le sirene,<br/> che sono dee; ma in gara<br/> con undici fanciulle ne vale dieci.<br/> La sua voce è del cigno<br/> che s'ode lungo<br/> le correnti dello Xanto.<br/> E la sua chioma desiderata...|Alcmane, fr. 3 Calame, vv. 36-101
|Traduzione=Salvatore Quasimodo}}
 
Il partenio è stato interpretato da alcuni come la celebrazione di un vero e proprio matrimonio tra le ragazze <ref>F. Ferrari, note, in ''Lirici greci dell'età arcaica'', Milano, BUR, 1994, pp. 422-423.</ref>, anche se non mancano altri temi ispiratori, quali allusioni mitiche<ref>Vv. 1-34, assai mutili, con la vendetta di [[Eracle]] contro [[Ippocoonte (figlio di Ebalo)|Ippocoonte]] e i suoi figli, che avevano tolto il regno a [[Tindaro]].</ref>, sentenze morali, spunti conviviali ed erotici, descrizione di spettacoli naturali.<ref name="M">''Le Muse'', Novara, De Agostini, 1964, Vol. I, pp. 107-108.</ref>
 
Il papiro fu trovato a [[Saqqara]] in [[Egitto]] nel [[1855]]. Si tratta della più antica composizione lirico-corale giunta in forme più o meno complete, e documenta l'alto livello artistico oltre la discontinuità tematica, la compresenza del mito, attualità e una tecnica compositiva ermetica e sussultoria. Il partenio è stato composto per esecuzione civile davanti a un pubblico, da eseguirsi da parte di un coro di fanciulle. Esso è composto nella tradica forma di strofe, antistrofe ed epodo, scritto in alcmanii, ossia usando il tetrametro dattilico. L'ode è composta da 14 versi: dopo una parte iniziale frammentaria dedicata al mito locale spartano degli [[Ippocoonte|Ipocoontidi]] [[Castore]] e [[Polluce]], la parte conservata inizia con una massima sapienziale che funge da ponte-collegamento tra mito e attualità. Segue poi il motivo tipico della morale arcaica in poesia, che consiste nel celebrare chi guidato da saggezza, vive la sua esistenza senza piacere. La descrizione del coro femminile entra nel vivo: nella festa di fanciulle, ben 11, domina la luminosa Agidà: una ragazza di nobiltà spartana, mentre la corega Agesicora vieta l poeta di tesserne le lodi. Il poeta mette in luce il dualismo delle ragazze nel coro, descrivendone la bellezza e paragonandole ad animali, elementi divini, naturali e faunistici, come l'esempio del cavallo, parlando poi dell'offerta ad una dea di nome Aotis, forse un riferimento della "dea della luce" ad [[Aurora]] o [[Afrodite]]. Successivamente vengono elencate le altre ragazze del coro e i loro pregi.
 
== Note ==