Scattering anelastico profondo: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica |
Funzionalità collegamenti suggeriti: 3 collegamenti inseriti. Etichette: Modifica visuale Modifica da mobile Modifica da web per mobile Modifica da mobile avanzata Attività per i nuovi utenti Suggerito: aggiungi collegamenti |
||
(4 versioni intermedie di 3 utenti non mostrate) | |||
Riga 1:
{{S|fisica}}
[[File:DIS.svg|right|upright=1.1|thumb|Lo scattering anelastico profondo di un leptone (l) su un adrone (h), al primo ordine dello [[Teoria perturbativa|sviluppo perturbativo]]. Il fotone virtuale (γ<sup>*</sup>) fa uscire un quark (q) dall'adrone.]]
Con '''scattering anelastico profondo'''
== Descrizione ==
Riga 16:
L'utilizzo degli elettroni in questo caso è necessario perché, per avere una risoluzione spaziale maggiore, è necessario utilizzare particelle più energetiche (cioè più veloci), e questi ultimi sono accelerati molto più facilmente.
In particolare è necessario che la particella "sonda" possegga [[lunghezza d'onda di De Broglie]] minore delle dimensioni lineari tipiche dell'oggetto che si cerca di osservare: in questo caso il raggio del protone, che misura circa 1 Fermi (10^-15 metri); quindi:
:<math>\lambda=\frac{\hbar}{p}<R_{p}</math>. Da cui si ricava un'energia dell'elettrone <math>E_{e}</math> maggiore di {{M|100|u=MeV}}.
Eseguire esperimenti con fasci di elettroni collimati aventi energie di quest'ordine è relativamente semplice, per questo si utilizzano gli elettroni per questo tipo di esperimenti.
La scoperta del fatto che il protone non sia una particella puntiforme, ma che possieda una struttura, è precedente agli esperimenti di DIS, infatti semplicemente con gli esperimenti di scattering in cui il protone risulta integro nello stato finale, si può dedurre che esso possiede una [[densità di carica]] elettrica e di [[momento magnetico]].
In questi esperimenti si misura la [[sezione d'urto]] differenziale, per la quale si ha una previsione teorica grazie alla [[formula di Rosenbluth]]:
:<math>\frac{d\sigma}{d\Omega}=\left(\dfrac{d\sigma}{d\Omega}\right)_{\!R}
in cui <math>q</math> è il modulo dell'impulso trasferito dall'elettrone al protone (ovvero il modulo dell'impulso del fotone che media l'interazione); <math>G_{1}</math> e <math>G_{2}</math> sono dette funzioni di struttura e sono funzioni di <math>\tau=\frac{q^{2}}{2M^{2}}</math> e dei fattori di [http://www.umich.edu/~ners311/CourseLibrary/bookchapter10.pdf forma] elettrico e magnetico (in breve i fattori di forma sono la [[trasformata di Fourier]] delle densità di carica e di momento magnetico rispettivamente). Si può dimostrare che, nel caso in cui il protone fosse una particella puntiforme, entrambe le funzioni di struttura dovrebbero risultare costanti in <math>q</math>, mentre, sperimentalmente, si ottiene un andamento diverso, compatibile con una densità di carica del protone di forma esponenziale.<ref>{{Cita pubblicazione|nome=A. V.|cognome=Gramolin|data=2016-05-10|titolo=Reanalysis of Rosenbluth measurements of the proton form factors|rivista=Physical Review C|volume=93|numero=5|
== Gli esperimenti di scattering anelastico profondo ==
Con l'aumentare dell'energia dell'urto elettrone-protone, ovvero aumentando l'impulso trasferito <math>q</math>
Questo tipo di esperimenti, alla luce del fatto già appurato che il protone non fosse una particella puntiforme, permisero di studiare le particelle che costituiscono il protone. <br />Tipicamente in questi esperimenti si hanno, nello stato finale, un elettrone con energia <math>E'</math> e dei "getti" di [[Mesone|mesoni]] e [[Barione|barioni]] che risultano dall'[[adronizzazione]] dei quark che costituivano il protone. In genere è sufficiente misurare l'energia dell'elettrone uscente <math>E'</math> per comprendere le proprietà del protone, ignorando i numerosi adroni che si vengono a creare; inoltre, come al solito, si misura la sezione d'urto differenziale del processo, la quale segue una legge simile alla formula di Rosenbluth, in particolare:
:<math>\frac{d\sigma}{d\Omega dE'}= \Big( \dfrac{\alpha}{4p^{2}\sin^{4}(\theta/2)}\Big)\dfrac{1}{\nu}\Big[F_{2}(x,q)\cos^{2}\Big(\frac{\theta}{2}\Big)+F_{1}(x,q)\sin^{2}\Big(\frac{\theta}{2}\Big)\Big]</math>
In cui si riconosce la sezione d'urto Rutherford nella prima parte tra parentesi tonde.
Riga 40 ⟶ 44:
</math> e all'energia dell'elettrone uscente <math>E'</math>, inoltre sono state introdotte le grandezze <math>\nu</math> ed <math>x</math> (''variabile di scaling'') così definite:
:<math>2M\nu=W^{2}-q^{2}-M^{2}\qquad x=\frac{q^{2}}{2M\nu}</math>
<math>F_{1}</math> ed <math>F_{2}</math> sono due funzioni analoghe ai fattori di forma della [[formula di Rosenbluth]], sono chiamate ''funzioni di struttura'' e bisogna notare che, nel caso di urto anelastico, esse dipendono da due variabili in modo indipendente, mentre nel caso elastico dipendono solo da <math>q
</math>.
Si nota infatti che <math>x</math> è completamente determinato da <math>q^{2}</math> nel caso elastico, visto che in quel caso si ha <math>W=M</math>, in quanto il protone non si disintegra.<ref>{{Cita libro|titolo=B.R. Martin and G. Shaw - Particle Physics, 4th Edition. Wiley}}</ref>
Gli esperimenti di DIS mostrano che le funzioni di struttura non dipendono da <math>q^{2}</math> (in buona approssimazione), il che suggerisce l'ipotesi per cui in realtà il protone sia composto da un certo numero di particelle puntiformi (chiamate in generale [[Partone|partoni]]) che oggi sappiamo essere quarks. Infatti se così fosse, potrei considerare l'urto come un [[urto elastico]] dell'elettrone su un partone puntiforme, ed in questo caso la dipendenza della funzione di struttura da una delle variabili <math>q^{2}</math> e <math>x</math> sarebbe già inclusa nell'altra variabile. Questo fenomeno viene chiamato
== Note ==
|