Oculus fidei: differenze tra le versioni
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== Il contesto di scrittura ==
L’''Oculus fidei'' è stato datato con molta facilità grazie a diverse notazioni all’interno del testo stesso: alcune di queste note fanno infatti riferimento a [[Santo|santi]] [[Canonizzazione|canonizzati]] durante la stesura dell’opera (in particolare [[Brigida di Svezia|Santa Brigida di Svezia]], [[Caterina da Siena|Santa Caterina da Siena]] e [[Vincenzo Ferreri|San Vincenzo Ferreri]]) mentre altre arrivano addirittura a vere e
L’''Oculus Fidei'' è stato per secoli erroneamente attribuito ad Enrico di Piro a causa di un’annotazione [[XVII secolo|seicentesca]] presente all’inizio del prologo dell’opera, solamente nel [[XXI secolo]] è stata però confutata questa ipotesi<ref name=":0" /> a causa dell’incongruenza cronologica tra questo personaggio e le datazioni interne all’opera.
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Il nome dell’opera viene implicitamente spiegato nel prologo stesso, dove si fa riferimento ad un concetto molto fortunato nel [[Medioevo]] secondo cui anche i grandi [[Filosofo|filosofi]] e [[Letteratura|scrittori]] nati prima dell’avvento di [[Cristo]] potessero essere portatori di verità divine, qualora debitamente [[Esegesi|interpretati]]; l’autore amplia questa teoria anche agli autori suoi contemporanei ma non [[Cristianesimo|cristiani]], asserendo [[Metafora|metaforicamente]] ad un “[[occhio]] interno della [[fede]]”<ref>In latino ''Oculus fidei'' significa, appunto, "l’occhio della fede".</ref> che li guiderebbe inconsapevolmente verso [[Dio (cristianesimo)|Dio]].
L’obiettivo dell’opera è anch’esso dichiarato, questa volta non nel prologo ma all’interno dell’''Oculus Fidei'': viene infatti detto come, se [[Conversione religiosa|l’evangelizzazione]] dei [[Territorio|territori]] vicini all’[[Europa]] è stata ampiamente descritta in [[passato]], la stessa cosa non vale per i [[Confine|confini]] [[Oriente (regione geografica)|orientali]] del [[mondo]] abitato e, per questo motivo, Enrico di Dissen vuole scrivere per “coloro che ridono quando sentono dire che anche ai
{{Citazione|Per coloro che ridono quando sentono che anche nei luoghi più remoti abitano dei cristiani.|Enrico di Dissen, Oculus fidei|Propter eos qui exhilarantur cum audiunt etiam in partibus remotissimis habitare christianos|lingua=Lat.|lingua2=Ita.}}
I passi estrapolati dalle opere del passato non sembrano essere stati scelti casualmente, trattano tutti infatti, in maniera più o meno esplicita, di vicende riguardanti contatti tra la cultura [[Europa|europea]] e [[Mongolia|mongola]], in particolare in riferimento alle missioni di [[Conversione religiosa|conversione]] da parte di alcune [[Delegazione|delegazioni]] verso la [[Corte (storia)|corte]] dell’[[Impero mongolo]]. Solo l’ultima delle opere citate sembra discostarsi (in verità, solo parzialmente) da questa strategia ma, al contempo, inserisce numerosi dettagli riguardo abitudini e riti del [[Mongoli|popolo mongolo]]<ref>Ad esempio, il fatto di cibarsi di topi e cani, il fatto che le donne si vestano come gli uomini, la poligamia e l’ereditarietà delle mogli.</ref> ritenuti incivili agli occhi di un [[Europa|europeo]], in modo tale da, verosimilmente, suscitare nel lettore una risposta [[Emozione|emotiva]] che approvi l’opera di [[Conversione religiosa|evangelizzazione]] di un [[popolo]] così barbaro e, al contempo, meravigliarlo per il successo delle opere di [[Conversione religiosa|conversione]] persino presso popolazioni così “selvagge”.
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