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L'operetta sembra riprendere dove si era interrotto il [[Operette morali#Dialogo d'Ercole e di Atlante|Dialogo d'Ercole e di Atlante]], fornendo una spiegazione razionale all'immagine di una ''terra tristemente silenziosa''. Il favoloso dialogo, che nel finale vedrà le posizioni dei due interlocutori sullo stesso piano, tanto da potersi leggere come un unico discorso, è condito da riferimenti classici più o meno espliciti: si va dalle leggi di [[Licurgo]],<ref>Licurgo aveva vietato agli Spartani di possedere oro e argento, consentendo l'uso di monete di ferro che valevano solo in città, cfr. anche Zibaldone p. 1170.</ref> alla tragedia burlesca del Valerasso,<ref>Il folletto, in risposta alle osservazioni dello Gnomo in cerca di qualche segno degli uomini, cita l'ultimo verso della Arcisopratragicissima Tragedia, pubblicata nel 1724 dal senatore [[Zaccaria Valaresso]]: {{citazione|Voi gli aspettate invan: son tutti morti.}}</ref> alla morte di [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]].<ref>Leopardi cita i vv. 466-467 delle [[Georgiche]] di [[Virgilio]]:
<poem>[...] ''lite etiam extincto miseratus Caesare Romam,''
''cum caput obscura nitidum ferrugine texit'' [...]
</poem>
insieme a Crisippo e [[Marco Tullio Cicerone|Cicerone]].</ref>
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Nessuno è contento della propria condizione;<ref>Leopardi riporta una ''questione'' di [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]], ''Satire'', I, I vv.1-3:
Qui fit, Maecenas, ut nemo, quam sibi sortem
Seu ratio dederit seu fors obiecerit, illa
Contentus vivat, laudet diversa sequentis?
</poem>
Il poeta romano è ricordato anche nella battuta finale di Ercole sugli ''uomini giusti'' nel ''Dialogo di Ercole e Atlante''.</ref> tutti sperano sempre in un miglioramento, in un avanzamento del proprio stato: l'uomo più FELICE della terra che non può avanzare in nessun modo la sua condizione, è il più misero di tutti!
[[File:Kuntze-Konicz Fortune.jpg|thumb|upright
{{Citazione|[...] l'uomo tutto intero, e sempre, e irrepugnabilmente, è in potestà della fortuna.
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Il capitolo si apre con una rapida analisi sul dolore della perdita della persona amata. (<ref>cfr. anche la canzone ''Per una donna inferma di malattia lunga e mortale'', del 1819, vv.1-13:
Io so ben che non vale
Beltà nè giovanezza incontro a morte;
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Poi ch’altro non m’avanza,
Già mai di lagrimarla io non fo posa.
</ref>
Il cuore del capitolo tratta dei rapporti sociali tra esseri umani.
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{{citazione| [...] quelli che scrivono delle cose proprie hanno l'animo fortemente preso e occupato dalla materia, [...] si astengono dagli ornamenti frivoli, [...] o dall'affettazione o da tutto quello che è fuori dal naturale|ibidem}}
[[File:JulianusII-antioch(360-363)-CNG.jpg|thumb|upright=0.7|[[Flavio Claudio Giuliano|Giuliano l'Apostata]] raffigurato su di una moneta.]] E i lettori lo apprezzano perché non esiste modo migliore per trattate con maggior ''verità'' ed ''efficacia'' le cose altrui che ''favellando'' delle proprie; perché tutti gli uomini si assomigliano tra loro, sia nelle gioie che negli accidenti, quindi non esiste espediente tecnico migliore che trattarli come ''fatti'' propri. Segue un elenco di esempi tratti da famosi oratori che hanno animato il loro auditorio, ad un certo punto dell'arringa, parlando di sé stessi come [[Demostene]] o [[Marco Tullio Cicerone|Cicerone]] nel [[Pro milione]]; [[Bousset]] per le sue orazioni funebri, e l'[[
'''Capitolo settimo'''
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[[File:Mikolaj Kopernik.jpg|thumb|left|upright=0.7|[[Niccolò Copernico]]]]
In questa Operetta, composta nel 1827,<ref name="Firenze1845" /> torna il concetto della nullità del genere umano: l'ironico testo attacca la filosofia che mette l'uomo al centro dell'universo.<ref>''Storia dell'astronomia'' capp. II, IV, V; e Zibaldone, 84.</ref>
Leopardi la voleva nell'edizione Starita che fu interrotta e nella progettata e mai realizzata edizione [[:Operette morali#Edizione del '35|parigina]].
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{{citazione|[...] sono deliberato di lasciare le fatiche e i disagi agli altri|ibidem}}
'''Scena seconda'''<br />La più corta delle quattro, ci presenta Copernico intento all'osservazione del cielo dalla terrazza della sua abitazione. Lo scienziato non comprende il motivo della continua oscurità, quando il tempo segnala che è giunta da un bel pezzo l'alba. Un battito di ali lo distoglie da i suoi pensieri pieni di riferimenti dotti<ref>Si cita ''l'Almagesto'' ovvero il ''Trattato della composizione'' di [[Claudio Tolomeo]], compendiato da [[Giovanni di Sacrobosco]] (dalla città inglese di [[Holywood]]) nel suo ''De sphaera Mundi''; tra i citati anche [[Archimede]]; per i miti si ricorda la favolosa notte trascorsa tra [[Zeus]] e [[Alcmena]], dalla cui unione nacque [[Ercole]], durata il triplo del normale</ref> e prepara la scena successiva.
[[File:Fotothek df tg 0008204 Theosophie ^ Alchemie.jpg|thumb|upright=1.4|La [[Terra]] e il [[Sole]]]]
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{{citazione|come pare a prima vista che debba essere; e che gli effetti suoi non apparterranno alla fisica solamente: perché esso sconvolgerà i gradi delle dignità delle cose, e l'ordine degli enti; scambierà i fini delle creature; e per tanto farà un grandissimo rivolgimento anche nella metafisica [...]|ibidem}}
Anche considerando il solo stravolgimento celeste, con tutti gli altri astri immobili rispetto ai loro pianeti, il nostro Sole non indietreggia di un passo, anzi si dichiara disposto a non essere più ''unico'' nel suo genere e che ''diversamente da [[Marco Tullio Cicerone|Cicerone]]'',<ref>Il riferimento si legge nell'orazione ''Pro Sestio'', XLV, 98:«''Neque enim rerum gerendarum dignitate homines ecferri ita convenit ut otio non prospiciant, neque ullum amplexari otium quod abhorreat a dignitate''»</ref> ha ''riguardo più all'ozio che alla dignità''.
Ad un Copernico, infine, preoccupato delle conseguenze,<ref>Probabile allusione a [[Giordano Bruno|Bruno]]</ref> l'astro consiglia di dedicare la scoperta al papa.<ref>Copernico dedicò il libro ''De revolutionibus orbium coelestium'' al pontefice [[Paolo III]].</ref>
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