Adolfo Coppedè: differenze tra le versioni

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[[File:Castello Cova di Milano nella sua vista di tre quarti.jpg|thumb|right|Il ''Castello Cova'' a Milano (1915)]]
== Biografia ==
Terzo e ultimo figlio dell'intagliatore ed ebanista [[Mariano Coppedè|Mariano]] e di Antonietta Bizzarri, fratello di [[Gino Coppedè|Gino]] (anch'egli architetto dal quale prende il nome l'[[Quartiere Coppedè|omonimo quartiere]] di Roma), dopo aver frequentato un corso di studi e artistici, passò a lavorare nella [[bottega]] di ebanisteria ed intaglio del padre. Iniziò anche a interessarsi alla pittura e si iscrisse all'[[Accademia di belle arti di Firenze|Accademia di belle arti]], ma non essendo ancora certo su quale dovesse essere la sua strada, nel 1898 volle concorrere al progetto di una cattedrale indetto da un ente di [[Roma]]. In maniera inattesa il suo progetto raccolse l'interesse dei giurati anche se non ottenne il primo posto. In quella occasione conobbe un industriale dell'[[isola d'Elba]], il deputato [[Pilade Del Buono]], che fu il motore della sua formazione professionale.
 
Seguì il suo mentore in giro per le maggiori capitali europee avendo modo di apprendere quanto di più moderno emergeva sull'architettura e al rientro in Italia iniziò la sua attività di progettista costruendo numerosi edifici per il suo mecenate.
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Nel 1903 decise di sposarsi con Anita Burchi e, ritornato a Firenze anche per occuparsi dell'attività paterna, iniziò a progettare varie ville e palazzi utilizzando il nuovo [[stile liberty]] che si andava affermando all'epoca.
 
Vinse più volte il premio Martelli, premio conferito dall'[[Accademia delledi belle arti di Firenze]], che veniva assegnato con cadenza quinquennale, e con il passar del tempo realizzò progetti anche al di fuori della [[Toscana]] ottenendo commesse a [[Genova]], [[Roma]], [[Milano]] e altre città d'Italia. Di particolare rilevanza, nel 1915, è stata la sua progettazione del [[Castello Cova]] nella centralissima Viavia Carducci di Milano.
 
La notorietà acquisita con le sue realizzazioni gli valse diverse onorificenze fra le quali quella di grand'ufficiale dell'[[Ordine della Corona d'Italia]].
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Dopo la fine della [[prima guerra mondiale]] ebbe modo di dedicarsi, assieme al fratello [[Gino Coppedè|Gino]], all'arredamento di interni di alcune navi passeggeri per conto di due diverse società di navigazione italiane.
 
A partire dal 1926, dopo una accesissima polemica con [[D'Annunzio]] relativa a un progetto mai realizzato a Firenze sul quale anche [[Mussolini]] aveva espresso parere favorevole, il Coppedè rallentò la sua opera limitandola alla sola regione della Toscana dove progettò il [[palazzo dei Sindacati]] e la Casa del Fascio di [[Lastra a Signa]] (FI). Iscrittosi nel 1932 al [[Partito Nazionale Fascista]], partecipò al concorso per il piano regolatore di [[Tirrenia]], ottenendo il secondo premio. Successivamente si ritirò nella sua [[villa del Parugiano|tenuta di Parugiano]] vicino a [[Montemurlo]] dove morì il 15 agosto del 1951.
 
== Mostre ==
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== Altri progetti ==
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== Collegamenti esterni ==
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