Gaio Trebazio Testa: differenze tra le versioni
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|Sesso = M
|LuogoNascita = Elea
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|GiornoMeseMorte =
|AnnoMorte = [[4 d.C.]] circa
|NoteMorte = <ref>La congettura sulla data di morte al 4 d.C. si deve a Wolfgang Kunkel, ''Herkunft und soziale Stellung der römischen Juristen'', Böhlau Verlag, 1967 (p. 28). Tale datazione si basa sull'identificazione del Lentulo della diatriba giuridica sui codicilli con il [[Lucio Cornelio Lentulo (console 3 a.C.)|Lucio Cornelio Lentulo]] che morì, [[Proconsole d'Africa]], intorno all'[[1 d.C.]]</ref>
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|PostNazionalità = , la cui fioritura si colloca nel [[I secolo a.C.]]
}}
==Biografia==
Fu in stretti rapporti di amicizia e confidenza con [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]], [[Augusto]], [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]], [[Gaio Cilnio Mecenate|Mecenate]] oltre che con [[Cicerone]], col quale intrattenne un fitto [[epistolario]] e che gli dedicò i ''[[Topica]]'', un resoconto dell'[[Topica (Aristotele)|omonima opera]] di [[Aristotele]].<ref name = ViaggioGrecia>Cicerone pose mano a questa breve opera proprio su richiesta di Trebazio; vi si dedicò, lavorando ''a memoria'', nella tappa da [[Elea]] a [[Reggio Calabria|Reggio]] di un suo viaggio (si veda: Cic. ''ad familiares'' [http://www.perseus.tufts.edu/cgi-bin/ptext?lookup=Cic.+Fam.+7.19 7.19]). La decisione di intraprendere questo viaggio era maturata nelle turbolenze successive all'[[cesaricidio|assassinio di Cesare]], volendo Cicerone raggiungere la [[Grecia]] attraverso una lunga e inusuale, ma più sicura navigazione litoranea che, dalle coste [[Mar Tirreno|tirreniche]], attraversasse lo [[stretto di Messina|stretto di Sicilia]].</ref>
In qualità di giureconsulto, seguì Cesare nelle sue [[conquista della Gallia|campagne galliche]], ricoprendo, anche se solo formalmente, la carica di [[tribuno militare]]. Fu inoltre ascoltato consigliere di [[
Delle sue numerose opere nulla si è conservato, se non le frequenti menzioni che di lui si trovano nelle [[Pandette]] e nelle ''[[Istituzioni di Giustiniano|Institutiones]]'' del [[Corpus iuris civilis]] [[Giustiniano I|giustinianeo]].
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Da Cicerone<ref name="7.17">Cic. ''ad familiares'' [http://www.perseus.tufts.edu/cgi-bin/ptext?lookup=Cic.+Fam.+7.8 7.8] e [http://www.perseus.tufts.edu/cgi-bin/ptext?lookup=Cic.+Fam.+7.17 7.17].</ref> e [[Sesto Pomponio|Pomponio]]<ref name = Digesto1.2.2.45>Pomp. ''Enchiridion'', nel frammento [[tradizione (filologia)|incorporato]] nelle ''[[Pandette]]'' giustinianee ([http://www.thelatinlibrary.com/justinian/digest1.shtml Libro I, 2.2.45] su ''[[The Latin Library]]'').</ref> apprendiamo che fu allievo a [[Roma]] di [[Quintus Cornelius Maximus|Cornelio Massimo]]. Secondo Pomponio la sua perizia giuridica fu maggiore dell'eloquenza, arte in cui fu superato da qualcuno, come [[Aulo Cascellio|Cascellio]], giuridicamente meno dotato di lui.
Potrebbe essersi avvicinato all'[[epicureismo]] tramite [[Gaio Vibio Pansa|Pansa]], una scuola dalla quale si sarebbe poi allontanato su sollecitazione di Cicerone<ref>Un accenno a una possibile vicenda epicurea di Trebazio compare nell'epistola ''ad familiares'' [http://www.perseus.tufts.edu/cgi-bin/ptext?lookup=Cic.+Fam.+7.12 7.12] scritta nel febbraio del [[53 a.C.]], dalle [[paludi pontine]]; la notizia è riferita a Cicerone dallo stesso Pansa, allora in Gallia e in procinto di diventare [[tribuno della plebe|tribuno]] per il biennio 52-51 a.C. L'accenno è inserito in una sorta di canzonatura, in cui Cicerone indulge all'ironia lieve sullo scarso impegno di Trebazio nella campagna di Gallia, quasi l'avesse scambiata per una molle vacanza [[Taranto|tarantina]].</ref> che la considerava poco consona alle virtù civili e allo studio e alla pratica del diritto.<ref>Altre fonti lo indicano invece come epicureo seguace di [[Aulo Irzio|Irzio]], [[legatus|legato]] di Cesare in Gallia (che sarà console con Pansa nel 43 a.C.). Si veda [[Giovanni Vincenzo Gravina]]. ''Origines juris civilis, Vol. 1, (De ortu et progressu juris civilis)''. 1701., riportata in AA.VV. ''Biografia degli uomini illustri del [[Regno di Napoli]]'', 1817, digitalizzato su [http://books.google.com/books?id=XvwvbW1T2jIC
La questione ritorna poco dopo,<ref>[http://www.perseus.tufts.edu/cgi-bin/ptext?lookup=Cic.+Fam.+7.10 ''ad familiares'' 7.10.2].</ref> quando Cicerone parla dei rischi del disimpegno civico di Trebazio, in relazione al suo ruolo di patrono di [[Ulubrae]], i cui cittadini, in nome dell'amicizia tra i due, saputa della presenza dell'oratore di [[Arpino]], si erano mobilitati nel dare un'entusiastica accoglienza.<ref>L'accoglienza degli ulubrani intenti a rendergli onore viene comicamente resa con l'immagine [[fabula atellana|fabulistica]] di un'[[orda]] di ranocchi gracidanti, in una lettera di poco successiva ([http://www.perseus.tufts.edu/cgi-bin/ptext?lookup=Cic.+Fam.+7.18 ''ad familiares'' 7.18]).</ref>
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Poté quindi godere dei favori di Cesare con il quale entrò in grande confidenza e al cui fianco restò fedele nel corso della [[Guerra civile romana (49 a.C.)|guerra civile]]. A proposito di tale confidenza è significativo un [[Letteratura aneddotica|aneddoto]], riportato da [[Svetonio]], in cui Cesare avrebbe dato prova di superbia e scarso rispetto verso il [[Senato romano]] ricevendo, senza neppure alzarsi, una delegazione senatoria venuta a rendergli onori presso il ''[[Tempio di Venere genitrice]]''; in quell'occasione Cesare avrebbe letteralmente fulminato Trebazio con lo sguardo, per il solo fatto di aver letto nei suoi occhi una poco gradita esortazione ad alzarsi.<ref>[[Svetonio]], ''[[Vite dei Cesari]]''. Si veda, su [[LacusCurtius]] di Bill Thayer ([[Università di Chicago]]), [http://penelope.uchicago.edu/Thayer/L/Roman/Texts/Suetonius/12Caesars/Julius*.html Libro I, 78], {{la}} [[:s:la:Vita divi Iuli#.5B78.5D|Libro I, 78]].</ref>
Ebbe anche da Cesare il delicato incarico di mediare con Cicerone e con il tentennante [[Servio Sulpicio Rufo|Servio Sulpicio]], nel tentativo, risultato poi vano, di condurre i due dalla sua parte.<ref>Il tentativo con Cicerone è in [[Plutarco]], ''[[Vite
== Nella cerchia di Augusto ==
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{{Portale|Antica Roma|biografie}}
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