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Grazie di leggermi. Sono Paolo Attivissimo, giornalista informatico, cacciatore di bufale, e sono ancora stordito all'idea che la Wikipedia abbia una [[w:Paolo Attivissimo|voce dedicata a me]], dove trovate tutti i dettagli. Anche quelli imbarazzanti.
{{torna a|Terni}}
=== Preistoria ===
 
Ho già partecipato con piccoli ritocchi alla costruzione della Wikipedia in italiano e in inglese. Ho aperto da pochissimo questo account per iniziare una partecipazione più formale, almeno nei pochi ritagli di tempo che riesco a trovare.
La città, posta in una pianura alluvionale tra il fiume [[Nera]] e il torrente [[Serra]], vide il suo territorio abitato in modo stanziale non prima dell'[[Eneolitico]], a cui risalgono un fondo di capanna e materiale ceramico con le caratteristiche tipologiche della cultura di Conelle-Ortucchio, scoperti al di sotto di alcune sepolture della più tarda necropoli delle [[Acciaierie]]. Anche durante la media [[Età del Bronzo]] gruppi umani, portatori della cosiddetta Civiltà Appenninica, hanno abitato questa zona, anche se le testimonianze archeologiche più significative sono state rinvenute intorno al [[Lago di Piediluco]], poco distante da Terni.<ref>Laura Bonomi Ponzi, 'L'Età Protostorica'', in AAVV, ''Storia Illustrata delle città dell'Umbria'', a cura di Raffaele Rossi, ''Terni'', a cura di Michele Giorgini, Elio Sellino Editore, Milano 1993, pp. 37-46</ref>
 
Sopportatemi.
La presenza umana più significativa, però, è datata al [[X secolo a.C.]], cioè all'inizio dell'[[Età del ferro|Età del Ferro]]: nel [[1884]], durante i lavori di costruzione dell'[[Centro siderurgico|Acciaieria]], fu ritrovata una vasta [[necropoli]], utilizzata fino al [[VI secolo a.C.]]. In base alla tipologia dei corredi funerari è possibile distinguere tre fasi: Terni I, Terni II e Terni III.<ref> Seppur criticabile, la classificazione rimane quella formulata da Hermann Muller-Karpe, ''Beitrage zur chronologie der urnenfelderzeit nordlich und sudlich der Alpen'', Berlin 1959. Il materiale rinvenuto è stato descritto in Luigi Lanzi, Angelo Pasqui, ''Scoperte nell'antica necropoli presso l'acciaieria'', in Notizie degli Scavi 1907, pp. 595-646 e in Luigi Lanzi, Enrico Stefani, ''Scoperte di antichità in contrada S. Pietro in Campo presso la stazione ferroviaria'', in Notizie degli Scavi 1914, pp. 3-9. Per una rivisitazione più recente del materiale si veda Valentina Leonelli, ''La necropoli delle Acciaierie'', in Valentina Leonelli, Paolo Renzi, Claudia Andreani, Cristina Ranucci, ''Interamna Hahartium, Materiali per il Museo Archeologico di Terni'', a cura di Vincenzo Pirro, Edizioni Thyrus, Terni 1997, pp. 17-58, e Paolo Renzi, ''Terni dalla Prima Età del Ferro alla conquista romana (VIII-III sec. a.C.)'', ibidem, pp. 61-135 </ref>
 
Alla prima fase, la più antica, appartengono le tombe ad incinerazione<ref> Per orientarsi nella complicata terminologia archeologica può essere utile Paul Bahn, Dizionario Collins di Archeologia, Gremese Editore, Roma 1999.</ref>, formate da un pozzetto per lo più cilindrico, all'interno del quale era deposta in antico un'olla di tipo [[civiltà villanoviana | villanoviano]] ed un corredo di [[fibula (spilla)|fibule]] ed anelli nelle sepolture femminili, [[rasoio|rasoi]] di [[Età del bronzo|bronzo]] nelle sepolture maschili; in alcune tombe l'urna cineraria era ricoperta da una o due lastre di pietra a cappuccina e tutto il pozzetto era stato riempito con terra e ciottoli, poi delimitato da un circolo di pietre. Le analogie culturali sono con l'area laziale, soprattutto [[Latini|Roma-Colli Albani e Allumiere]]. L'abitato corrispondente alla necropoli di questo periodo era probabilmente situato sul Colle di Pentima, lungo il margine orientale della conca ternana, al di sopra del [[ambiente sedimentario|deposito alluvionale]] fra il Nera e il Serra, in cui fu dedotta la necropoli.
 
La fase Terni II, databile al [[IX secolo a.C.]], è caratterizzata dalla sostituzione del rito funerario dell'incinerazione con quello dell'inumazione, anche se il primo risulta ancora praticato in una piccola minoranza delle deposizioni. Le [[sepoltura|sepolture]] ad inumazione sono costituite da fosse rettangolari, riempite con terra e pietrame oltre il livello del suolo, a volte delimitate, in superficie, da un circolo di pietre. Ai piedi dell'inumato furono collocate olle ed orciuoli, di produzione locale, ad [[impasto ceramico|impasto]] parzialmente depurato e con scarsa decorazione. In questo periodo le tombe maschili sono dominate dalla presenza delle armi, generalmente di bronzo, fra cui [[spada|spade corte]] con lama ed impugnatura fuse insieme, punte di [[lancia]], alcune in ferro, poste ai lati della testa, di forma triangolare. Numerosi sono anche i rasoi, in genere semilunati, con incisioni geometriche. Le sepolture femminili sono caratterizzate dalla presenza di armille, [[orecchini]], [[collana|collane]] e spirali, in [[Età del Bronzo|bronzo]], ornati con [[ambra (resina)|ambra]], [[perle di vetro|pasta vitrea]] o osso. Le [[fibula (spilla)|fibule]] sono numerose e di varia foggia. All'atto della scoperta risultavano deposte un po' dappertutto: dalla più semplice posizione all'altezza del petto, fino ad una lunga serie che dallo [[sterno]] giungeva ai piedi lungo il fianco sinistro. Le evidenze culturali di questa fase ricollegano la necropoli ternana all'area [[Umbri|umbra]], [[Sabini|sabina]] e [[Piceni | picena]], ma con apporti dalla fase laziale di [[Latini|Roma-Colli Albani II]], soprattutto nella ceramica. I gruppi che hanno dedotto la necropoli sembrano organizzati secondo una gerarchica, forse, guerriera, sono capaci di produrre eccedenze alimentari dalle [[agricoltura|attività agricole]] e di [[allevamento]], in una minoranza di casi sono in grado di accumulare ricchezza e scambiano manufatti anche a lunga distanza, da [[Fratta Polesine]], in piena [[Paleoveneti|cultura veneta]] all'[[Etruschi|Etruria settentrionale e meridionale]].
 
Alla fase Terni III, databile fra l'[[VIII secolo a.C.|VIII]] e il [[VI secolo a.C.]], appartengono le tombe di S. Pietro in Campo, poco più ad occidente della necropoli delle Acciaierie. Le sepolture sono tutte ad inumazione, particolarmente ricche: quelle maschili di armi in ferro, fra cui lance a foglia, giavellotti, spade e [[pugnale|pugnali]]; quelle femminili di lebeti, bacili, attingitoi, [[anfora|anfore]], oltre alle [[fibula|fibule]]. Il [[ceramica|materiale ceramico]], molto più fine e lavorato rispetto a quello della fase precedente, è rappresentato in genere da un grosso [[vaso]], e da uno o più piccoli vasi ed altri oggetti, come [[coppa (contenitore)|coppette]] ed ollette, tutti deposti in un'unica tomba. Gli oggetti di metallo e ceramici sono sia di origine straniera, soprattutto [[Fenici|fenicia]], [[Etruschi|etrusca]], [[Falisci|falisca]] e [[Piceni|picena]], sia locale, ma sempre con richiami tipicamente orientalizzanti in quelli databili al [[VII secolo a.C.|VII]] e [[VI secolo a.C.]]. Il gruppo sociale che ha utilizzato questa necropoli sembra connotato da una maggiore differenziazione dei suoi componenti, alcuni dei quali dominano per ricchezze e capacità militari di controllo del territorio; la produzione agro-alimentare va ben oltre una semplice economia di sussistenza, con l'accumulo di derrate anche di prestigio; infine, l'ambiente culturale è più incline ad accettare nuovi schemi. L'abitato non sembra più localizzato sul Colle di Pentima ma sulla piccola altura, corrispondente all'attuale piazza Clai, dove sorgerà la città romana e la Terni dei secoli successivi, come risultato di un'opera di urbanizzazione che ha visto lo spopolamento di alcune alture circostanti la conca ternana e la concentrazione della popolazione intorno ad un'area cultuale, in prossimità di un [[guado]] del Nera, alla confluenza col Serra; questa caratteristica geografica giustificherà il [[onomastica|toponimo]] latino.
 
In epoca storica, secondo le [[Tavole eugubine]], il popolo dei Naharti (''Naharkum..Numen'') era considerato nemico dell'arce umbra di Gubbio, al pari degli [[Etruschi]] e degli [[Castellieri|Jabusci]]. È probabile che i Naharti abitassero proprio lungo il corso del Nera, la cui radice idronimica ''Nahar-'' è in comune con l'appellativo ''Naharkum''. Quindi, l'etnia localizzata su quella piccola altura potrebbe appartenere al popolo dei Naharti. E' molto difficile valutare chi fossero costoro, ma è ragionevole pensare che fossero diversi dagli Umbri e, quindi, che appartenessero ad un substrato [[Indoeuropei|indoeuropeo]] più antico.<ref> Massimo Pallottino, ''Storia della prima Italia'', Rusconi, Milano 1984, pp. 37-55</ref>
 
Alcune sommità che circondano la piana di Terni continuarono ad essere abitate, come le propaggini meridionali dei Monti Martani, disseminate di piccoli insediamenti, posti fra i 700 e i 1000 metri di altezza, non tutti a scopo abitativo, di cui il più importante è il sito fortificato di S. Erasmo di [[Cesi]], databile almeno al [[V secolo a.C.]], provvisto di due piccole necropoli che vanno dal [[IX secolo a.C.|IX]] al [[VI secolo a.C.]], sorto poco più in basso del complesso cultuale di Torre Maggiore, risalente al [[VI secolo a.C.]], ma probabilmente frequentato da molto prima, in cui sono stati rinvenuti una serie di [[offerta votiva|bronzetti votivi]], soprattutto a carattere guerriero; cosa che indica la natura militare dei gruppi preminenti localizzati su queste alture.<ref>Laura Bonomi Ponzi, ''Il territorio di Cesi in età protostorica'', in ''Cesi. Società e cultura di una terra antica'', Todi 1989, pp. 9-30</ref> La notizia non provata che al di sopra di Rocca San Zenone si trovasse l'[[oppidum]] [[Umbri|umbro]] di ''Vindena'' si riferisce probabilmente alla memoria di questi insediamenti di altura.
 
 
=== La conquista romana ===
[[Immagine:Carsulae Arco d'ingresso.jpg|thumb|right|Rovine di Carsulae]]
Le fonti classiche non citano quando Terni entrò a far parte delle strutture amministrative romane. Poco prima che scoppiasse la [[guerre sannitiche | terza guerra sannitica]] Roma intraprese una campagna di guerra contro i Nequinati, gli abitanti dell'odierna [[Narni]], dove, dopo la presa di Nequino, impiantarono una [[colonia latina]], conferendole il nome di ''Narnia''.<ref>[[Tito Livio]], ''Ab Urbe condita '', X, 9, 8; 10, 1-5</ref> Nel [[290 a.C.]], o poco dopo, [[Manio Curio Dentato | M. Curio Dentato]] promosse sia la costruzione della Via Curia, collegando Terni a [[Rieti]],<ref>[[Dionigi di Alicarnasso]], ''Ρωμαιχή Ἁρχαιολόγια'', I, 14.4. In questo passo Dionigi riferisce l'esistenza, a detta di Varrone, della via che univa ''Reate'' al pago di ''Septem Acquae'', che la critica moderna ha individuato in un abitato sorto in prossimità di alcuni specchi d'acqua, residuo dell'antico ''Lacus Velinus'', alle spalle del costone delle Marmore. Non è, quindi, certo che la ''Via Curia'' arrivasse, originariamente, proprio ad ''Interamna''</ref> sia, nel [[271 a.C.]], il taglio del costone delle [[Marmore]],<ref>[[Marco Tullio Cicerone]], ''Epistulae ad Atticum, Liber'' IV, 15, 5</ref> per facilitare il deflusso delle acque del [[Velino]] nel [[Nera]]; è, quindi, probabile che dopo la prima metà del [[III secolo a.C.]] quel nucleo abitato, sorto alla confluenza del Serra nel Nera, fosse stato romanizzato in colonia latina con il nome di ''Interamna''. Non è dato di sapere se la deduzione della colonia avvenne contemporaneamente a quella di ''Narnia'', ma, in analogia con altre fondazioni coloniarie, è presumibile che sia accaduto proprio questo.<ref>In alternativa si potrebbe pensare alla iniziale fondazione o di un ''conciliabulum'' o di una ''praefectura'' e alla successiva trasformazione in colonia latina</ref> Tra l'altro, a questa epoca sembrano risalire le mura che circondarono il perimetro dell'abitato romano.
 
Durante la [[guerre puniche | seconda guerra punica]], nel [[214 a.C.]], dodici colonie latine, per mancanza di uomini e di denaro, non si trovarono nelle condizioni di fornire il loro contingente di armati per formare le due [[legione romana | legioni]] urbane, che i consoli di quell'anno, [[Quinto Fabio Massimo Verrucoso | Q. Fabio Massimo]] e Q. Fulvio Flacco, avevano avuto intenzione di arruolare.<ref>[[Tito Livio]], ''Ab Urbe condita'', XXVII, 9. Nell'elenco delle dodici colonie ribelli (''Ardea, Nepete, Sutrium, Alba, Carseoli, Sora, Suessa, Circei, Setia, Cales, Narnia, Interamna''), riportato da Livio (''Ab Urbe condita'', XXVII, 9), compare anche ''Interamna'', senza ulteriori specificazioni, per cui potrebbe trattarsi anche di altri toponimi, come ''Interamna Praetutiorum'' o ''Interamna Succasina''. Tuttavia, la citazione liviana è costruita in modo che la distribuzione geografica è piuttosto omogenea per gruppi consecutivi: dopo il primo toponimo, che fa eccezione, si trovano due colonie dei [[Falisci]], due degli [[Equi]], due nell'ex area dei [[Volsci]], intercalate dalle due degli [[Aurunci]] ed infine ''Narnia'' ed ''Interamna'', che, pertanto, dovrebbero, da un punto di vista geografico ed etnico, appartenere alla stessa area.</ref>
 
Il rifiuto di consegnare gli armati fu giudicato dal [[Senato di Roma]] atto di tradimento, cosicché, dopo altri episodi di renitenza verificatisi per altri sei anni, nel [[208 a.C.]] scattò la punizione, che entrò nella giurisdizione romana con il nome di ''jus XII coloniarum'': le dodici colonie, oltre che a fornire un numero di armati fisso, da inviare fuori d'Italia, furono costrette a redigere annualmente le [[Censore (storia romana)|liste censorie]] e a consegnarle ai magistrati romani in carica, in modo che l'arruolamento fosse fatto direttamente da costoro, previa una tassa dell'un per mille sui cespiti dichiarati.<ref>[[Tito Livio]], ''Ab Urbe condita'', XXIX, 15. Per una critica complessiva sull'accaduto e l'importanza della sentenza definitiva del Senato si veda Gaetano De Santis, ''Storia dei Romani'', vol. III, parte II, La Nuova Italia Editrice, Firenze 1968, pp. 448-449 e vol. IV, parte I, La Nuova Italia Editrice, Firenze 1969, pp. 553-554.</ref>
 
Alla fine del [[II secolo a.C.]] sono databili alcuni lavori di riassetto del ramo orientale della [[via Flaminia]], che collegava, e collega, [[Narni]] a [[Spoleto]], per riallacciarsi all'originario tracciato della consolare all'altezza di ''Forum Flaminii'', poco a nord di [[Foligno]]. Non si sa quando sia stato costruito questo ramo stradale, ma è evidente che con esso si volesse realizzare una più forte presenza di Roma fra la fedelissima [[Otricoli]] e l'altrettanto fedelissima Spoleto, soprattutto in seguito all'esperienza della II punica. Per quanto riguarda ''Interamna'', la Flaminia, che entrava in città da sud-ovest, costituì il [[cardine|''cardo'']], mentre l'ipotetico tracciato della Via Curia, o la strada che con essa si raccordava, all'interno delle mura formò il [[decumano|''decumanus'']].
 
Dopo la [[guerra sociale]] ''Interamna'' divenne ''[[municipio|municipium]]'', non si sa se con le caratteristiche della piena [[cittadinanza (storia romana)|cittadinanza]] o come ''civitas sine suffragio''.<ref>La questione è molto controversa. Per esempio, in Michelle Humbert, ''Municipium et civitas sine suffragio. L'organisation de la conquete jusqu'à la guerre sociale'', Collection de l'École française de Rome, n.36, Paris-Rome 1978, pp. 224-226, si sostiene che il rango di ''civitas sine suffragio'' sia stato raggiunto già nel III secolo a.C.</ref> In seguito alla sconfitta di M. Antonio nella [[guerra di Perugia]] contro [[Augusto (imperatore romano)|C. G. Cesare Ottaviano]], ''Interamna'' fu salvata dalla confisca delle proprietà private pur dovendo subire attribuzioni viritane in favore di militari dell'esercito di Ottaviano.<ref>Emilio Gabba, ''Appiani bellorum civilium liber quintus'', Biblioteca di Studi Superiori, vol. XXXVII, Firenze 1970, p. LIV</ref>
 
=== L' Impero Romano ===
 
Con la sistemazione amministrativa dell'Italia, ''Interamna'' fu iscritta alla [[tribù]] ''Clustumina'' e fu inclusa nella ''Regio VI Umbria''.<ref>[[Plinio il Vecchio]], ''Naturalis Historia'', III, 12, 107</ref> Si colloca nel periodo fra la fine del [[I secolo a.C.]] e la prima metà del [[I secolo d.C.]] la strutturazione definitiva della Terni romana. In questo periodo sono edificati [[Tempio | templi]], il [[Teatro(architettura)|teatro]], due [[terme]] e l'[[anfiteatro]]. La larga disponibilità di acqua e la fertilità del suolo permisero un fiorente sviluppo dell'agricoltura, le vie di comunicazione quello dei commerci; le colline intorno all'abitato si popolarono di [[ville]] rustiche. E' stato ipotizzato che il territorio municipale potesse contare fino ad ottomila abitanti. Sono attestate le canoniche magistrature municipali come i ''Quattuorviri jure dicundo'', i due [[edile (storia romana) | ''aediles curules'']], i ''quaestores a decurionibus'', i [[decurione | ''decuriones'']] e gli addetti al culto imperiale, i ''seviri augustales''; fra le cariche religiose, figuravano il ''pontifex'' e il ''praetor sacrorum''.<ref>Tutte queste notizie sono deducibili dal corpo delle iscrizioni del ''CIL'', volume XI e da altre iscrizioni non edite</ref>
 
Nel [[69]] ''Interamna'' fu sede di una scaramuccia fra quattrocento cavalieri delle ultime coorti di [[Vitellio]], attestate a Narni, e le legioni di [[Tito Flavio Vespasiano | T. Flavio Vespasiano]], accampate a ''Carsulae''. Sarebbe stato questo l'unico atto di guerra nella resa finale fra i due contendenti, avvenuta per tradimento degli armati di Vitellio.
 
{{quote| Attraverso costoro si seppe che Interamna, posta nelle campagne vicine, era tenuta da quattrocento cavalieri. Varo, che era stato immediatamente inviato con soldati armati alla leggera, uccise quei pochi che opposero resistenza, mentre la maggior parte, gettate le armi, chiedevano di essere risparmiati | lingua = it. | [[Publio Cornelio Tacito ]] ''Historiae, Liber III, LXI'', traduzione personale| Per eos cognitum est Interamnam proximis campis praesidio quadringentorum equitum teneri. Missus extemplo Varus cum expedita manu paucos repugnantium interfecit, plures abiectis armis veniam petivere. | lingua = la}}
 
 
Nel [[193]] [[ Settimio Severo | L. Settimio Severo]], in qualità d' Imperatore, nominato dalle legioni d'[[Illiria]], incontrò ad ''Interamna'' la delegazione senatoriale che gli si fece incontro per omaggiarlo della carica e per chiederne il perdono.<ref> Elio Sparziano [[''Historia Augusta]], Vita Severi'', 6 </ref>
 
Nel [[253]], nei pressi di ''Interamna'', trovò la morte, ad opera dei suoi stessi soldati, l'imperatore [[Gaio Vibio Treboniano Gallo | V. Treboniano Gallo]] e suo figlio [[Volusiano | G. Vibio Volusiano]], che si apprestavano a combattere contro le legioni dell'usurpatore [[Emiliano (imperatore romano) | M. Emilio Emiliano]], acclamato Imperatore dalle truppe della [[Mesia]].<ref>''Epitome De Caesaribus'', XXX </ref>
 
Nel [[306]] [[Galeno]], Cesare dell'Illirico, sceso in Italia con le sue legioni per costringere [[Massenzio]] a cedere il titolo di Imperatore, conferitogli soltanto dai [[Guardia pretoriana | Pretoriani]] e la giurisdizione sull'Italia, e l'Africa, pose i suoi accampamenti presso ''Interamna'' e da lì tentò di convincere Massenzio, prima di attaccare Roma; il tradimento di molti dei suoi soldati, però, lo indusse a ritornare in Illiria.<ref>[[Annales Valesiani | Anonimo Valesiano, I, 3, 6-7</ref>
 
Risale all'inizio del [[III secolo d.C.]] la testimonianza della [[Tavola Peutingeriana | ''Tabula Peutingeriana'']] che il tracciato di riferimento della Via Flaminia non è più quello occidentale, da ''Narnia'' a ''Mevania'', ma quello orientale, che passa per Terni, contrariamente all' ''Itinerarium Gaditanum'', di due secoli prima, che indica il primo come percorso preferito.<ref>Questa constatazione sembra appoggiare il passo di [[Publio Cornelio Tacito]], ''Historiae'', II,64, in cui si riporta che Vitellio, nell'intento di far assassinare Dolabella a Terni, invitò lo stesso a prendere il ramo della Flaminia che passa per ''Interamna'', perchè quello occidentale è troppo battuto</ref> È probabile che fra il [[I secolo d.C. | I]] e il [[III secolo d.C. | III secolo]] sia stato costruito, su un tracciato molto più antico, il ramo della Via Flaminia, chiamato ''via Interamnana'', che collegava ''Interamna'' ad ''Eretum'', l'attuale [[Monterotondo]] e che permetteva di raggiungere Roma attraverso la [[via Salaria]] o la [[via Nomentana]], senza passare per la via Flaminia.<ref>Sulla viabilità romana extra-urbana si veda Paul Fontaine, ''Citès et enceintes de l'Ombrie antique'', Institut Historique Belge de Rome, Bruxelles-Rome 1990, pp. 111-114</ref>
 
Con la riforma dell'Impero, voluta da [[Diocleziano]], ''Interamna'' fu inserita nella provincia di ''Tuscia et Umbria''.<ref>CIL XI, 4181; André Chastagnol, ''L'administration du diocese italien au Bas-Empire'', Historia, 12, 1963, pp. 356-460 </ref>
 
La diffusione del [[Cristianesimo]] è attestata dall'area cimiteriale, databile al [[IV secolo]], sorta su una necropoli pagana, alla sommità di un colle poco a sud della città, lungo la ''via Interamnana''. I vescovi sicuramente accertati sono un certo ''Praetextatus'' al [[465]] e un ''Felix'' fra il [[501]] e il [[502]]. Il luogo principale di culto fu costruito probabilmente all'interno delle mura cittadine, a ridosso dell'anfiteatro, nel luogo dove ora sorge la cattedrale e dedicato inizialmente a S. Maria Assunta.<ref>Cristina Ranucci, ''Interamna Nahars nella tarda antichità: l'avvento del Cristianesimo'', in Valentina Leonelli, Paolo Renzi, Claudia Andreani, Cristina Ranucci, ''Interamna Nahartium, Materiali per il Museo Archeologico di Terni, a cura di Vincenzo Pirro, Edizioni Thyrus, Terni 1997, pp. 171-202</ref>
 
=== L' Alto Medioevo ===
 
La posizione centrale di ''Interamna'' e le sue vie di comunicazione videro i continui movimenti di armati da nord a sud, e viceversa, attraversarla frequentemente per tutto il [[Impero Romano | tardo Impero]] e nel corso delle [[invasioni barbariche]], nonostante, in proposito, manchi una documentazione precisa.
 
Durante la [[guerra gotica]], nel [[537]], [[Vitige]], dopo aver rinunciato all'assedio di Narni, tenuta dai Bizantini di Bessa, condusse il suo esercito a Roma, attraverso la Sabina, probabilmente percorrendo la ''via Interamnana''. Se Terni rimase in mano a [[Belisario]] non è dato di sapere; ammesso che lo fosse, [[Totila]], nel [[544]], riconquistò la piazzaforte bizantina di Spoleto e procedette al sistematico recupero del dominio sulla Via Flaminia, itinerario obbligato per gli aiuti di [[Bisanzio]] a [[Roma]], tramite [[Ravenna]] o le Alpi Giulie. Un percorso analogo fu fatto nel [[551]] da [[Narsete]], che riconquistò la ''Tuscia'' fra [[Perugia]], Spoleto e Narni.<ref>Per i movimenti degli eserciti, gotico e bizantino, nell'attuale Umbria meridionale vedi [[Procopio di Cesarea]],'' Ὑπὸν τὼν πολεμὼν'', V, 16; VI, 11; VII, 12; VIII, 23</ref>
 
Ma la conquista più significativa fu quella [[Longobardi | longobarda]], avvenuta ad opera dei [[Ducato di Spoleto | Duchi di Spoleto]] alla fine del [[VI secolo]] e compiuta già al tempo di [[Autari]].<ref>Pier Maria Conti, ''Genesi, fisionomia e ordinamento territoriale del ducato di Spoleto'', in ''Spoletium'', XVII, 1975</ref> Terni assunse il carattere di città di frontiera, trovandosi a poca distanza da Narni bizantina, posta a guardia della via Flaminia, nel suo tratto occidentale. Sebbene il limite esatto fra le due aree nemiche sia molto difficilmente identificabile, si ritiene che esso fosse compreso fra la consolare Flaminia, nel suo percorso più antico, in mano ai Bizantini e la ''via Interamnana'', in mano ai Longobardi, che la utilizzarono per l' occupazione della Sabina occidentale, fino a [[Farfa]]. Per questi motivi potrebbe essere giusitificabile l'esistenza di un [[gastaldato]] fin dalla prima metà del [[VII secolo]].<ref>Achille Sansi, ''I Duchi di Spoleto'', Stab. Tip. e Lit. di Pietro Sgariglia, Foligno 1870, p. 34</ref>
 
Proprio come città di frontiera Terni vide nel [[742]] il solenne incontro di [[Liutprando]] con [[Papa Zaccaria]], in seguito al quale il re longobardo fece atto di rinuncia al possesso dei castelli occupati in quell'anno, compreso Narni, e definì un nuovo assetto territoriale del suo Regno nell'Italia Centrale. <ref>Sull'importanza storica dei contenuti dell'incontro si può vedere un vecchio saggio ancora molto importante come quello di Oreste Bertolini, ''Il problema delle origini del potere temporale dei papi nei suoi presupposti teoretici iniziali: il concetto di 'restitutio' nelle prime cessioni territoriali alla chiesa di Roma'' in ''Scritti scelti di storia medievale'', vol II, Il Telegrafo, Livorno 1968, pp. 487-550</ref>
 
{{quote| Mentre, così, stava giungendo [papa Zaccaria] nella città di Interamna, dove il re si era già attestato con tutto il suo esercito, il re, che era venuto a sapere del suo arrivo, mandò tutti i suoi comandanti di grado più alto fino all'ottavo miglio per accoglierlo. Ma lo stesso re procedette incontro al sommo pontefice Zaccaria e lo accompagnò all'interno della città con grande gioia e massimo rispetto. Dopo essersi assisi ambedue nella chiesa del Beato Valentino.....colpito dalle sante parole persuasive di costui [papa Zaccaria] il re longobardo restituì al pontefice le città che aveva tolto ai Romani | lingua = it. |''Pauli Continuationes, III '', 9-18, traduzione personale | Veniens itaque ad civitatem Interamnis, ubi tunc dictus rex cum suis exercitibus erat, cum rex audiret eius adventum, omnes duces exercituum suorum maiores usque ad octo miliaria misit obviam illi. Sed et ipse rex usque ad medium miliare processit obvia Zachariae summo pontifice, illumque cum gaudio magno et summa reverentia intra civitatem suscepit. Cumque in ecclesia beati valentini ambo consedissent.....huius autem sanctis persuasionibus compunctus rex langobardus, ad mandatum pontificis civitates, quas Romanis abstulerat, restituit. | lingua = la}}
 
Durante la prima fase del dominio longobardo la diocesi ternana fu soppressa da [[Gregorio Magno]], forse più per mancanza di fedeli che per riduzione della popolazione e fu assorbita da quella di Narni.<ref>Gregorio magno, ''Epistulae'', IX, 60</ref>
 
Il passaggio ai [[Franchi]] non mutò radicalmente la situazione, poiché Terni continuò a dipendere dal Ducato di Spoleto. La diocesi alla fine dell' [[VIII secolo]] fu annessa a quella di Spoleto, ristabilendo, così, ma a favore del Regno, un'anomalia istituzionale. Proprio per questo motivo il Papato e la diocesi narnese non smisero mai di rivendicare la sovranità su Terni, facendosi forti della [[Promissio Carisiaca | ''Promissio Carisiaca'']] e dei [[capitolare | capitolari]] successivi, che affermavano la volontà dell'Impero di restituire Narni al Papa.<ref>Nonostante i fondati dubbi di autenticità e l'equivoco sull'oggetto della restituzione al Papato, dopo le guerre del re longobardo [[Desiderio]], la documentazione può essere reperita nei vari Diplomi imperiali consultando il sito http:\www.dmgh.de\</ref>
 
La questione sembrò schiarirsi nel febbraio del [[962]] quando [[Ottone I del Sacro Romano Impero | Ottone I di Sassonia]] all'interno di un suo notissimo [[Privilegium Ottonianum | ''privilegium'']], fra i numerosi provvedimenti, riconobbe al Papa, [[Giovanni XIII]] della Famiglia dei [[Crescenzi]], veri e propri feudatari del narnese, il possesso di ''Teramne'' con tutte le sue pertinenze. La cosa, però, non ebbe seguito, forse per le resistenze dei duchi e dei vescovi di Spoleto.
 
=== Il Basso Medioevo ===
 
Nel Marzo o Aprile del [[1174]] Terni fu distrutta dall'esercito del legato imperiale l'arcivescovo [[Cristiano di Magonza]], il più spietato collaboratore di [[Federico I del Sacro Romano Impero | Federico Barbarossa]] nel domare le città filo-papali.<ref>''Die Chronic des Popstes Burchard von Ursberg'' in ''Monumenta Germaniae Historica, Scriptores rerum germanicarum in usum scholarum separatim editi'', p. 52. Tuttavia, un documento imperiale sembra giustificare l'azione dei tedeschi come reazione al fatto che i ternani non pagavano le imposte come dovuto ai gabellieri di Narni ( Johan Friederich Bohmer, ''Regesta Imperii IV. Lothar III und åltere Staufer 1125-1197. 2 Abt.: Die Regesten des Kaiserreiches unter Friederich I 1152(1122)-1190. Lief 1168-1180'', Wien 2001, IV, 2,3, n.2070</ref>
 
Soltanto la decisa opera di annessione dell'intero Ducato di Spoleto, da parte di [[Innocenzo III]], nel [[1198]], riuscì a fare di Terni un pezzo del Patrimonio di S. Pietro in ''Tuscia''. Nel [[1218]], [[Papa Onorio III | Onorio III]]<ref>''[[Monumenta Germaniae Historica]], Epistulae saeculi XIII e regestis Pontificum Romanorum selectae'', Tomus I, Weidmannos, Berolini MDCCCLXXXIII, pp. 33-34</ref> ricostituì il Capitolo Cattedrale nella chiesa di S. Maria Assunta, ma dotandola di una competenza territoriale molto esigua, esposta alle rivendicazioni, da una parte di Narni, dall'altra di Spoleto.
 
Quando Terni entrò a far parte del [[potere temporale]] dei Papi era già un [[comune (storia) | Comune]], con la magistratura dei due [[Console (storia medievale)|consoli]] e il [[Parlamento]]. In quella occasione, Terni ebbe anche il [[Podestà]] e il [[Capitano del Popolo]], apparentemente in anticipo di qualche decennio rispetto ad altri comuni umbri.
 
Nel giugno del [[1241]] Terni si sottomise spontaneamente a [[Federico II del Sacro Romano Impero | Federico II]], che la individuò, forse per le sue vie di comunicazione con Roma, come base della sua presenza nell'Italia Centrale, allo scopo di tenere sotto controllo la crisi scoppiata con [[Papa Innocenzo IV]]. Sostò nelle vicinanze di Terni fra l'estate del [[1244]] e il Marzo del [[1245]]; attese invano Innocenzo IV, nel frattempo scappato, prima a [[Genova]], poi a [[Lione]], ma condusse con il cardinale Ottone di Porto, attestato a Narni, rimasta fedele al Papa, le trattative sulla sistemazione delle reciproche sfere di influenza in Lombardia. Quì ricevette, anche, Alberto, [[patriarca (cristianesimo) | Patriarca]] della [[Patriarcato di Antiochia | chiesa antiochena]], che tentò una mediazione fra Federico e il Cardinale diacono Ranieri, di S. Maria in Cosmedin, il quale conduceva, soprattutto nella Tuscia, un'incessante guerriglia contro le truppe arabe dell'Imperatore.<ref>''[[Monumenta Germaniae Historica, Constitutiones et acta publica Imperatorum et Regum'', Tomus II, Impensis Bibliopoli Hahniani, Hannoverae MDCCCXCVI, pp. 341, 347 e 354 </ref>.
 
Ritornò a Terni nel [[1247]] e sembra che convocò proprio in questa città la [[dieta]] che avrebbe designato a succedergli suo figlio [[Enrico VI | Enrico]].<ref>Johan Friedrich Bohmer, ''op.cit.'', RI V 1, 1, 3609a</ref> Ma con la morte del sovrano Terni tornò all'obbedienza papale, anche se lo fece molto tardivamente, nel [[1252]].
 
Nel [[1294]] il Comune si dotò di una nuova carica, i 'quattro di credenza' o difensori del Popolo e nel [[1307]] dei Priori.
 
Durante la [[Cattività avignonese]] continuò la resistenza al potere papale e, schiacciata fra due fortissimi Comuni, come Spoleto e Narni, fu costretta ad allearsi con Todi, che nominò fra il [[1338]] e il [[1354]] sette Podestà su dieci.<ref>Dario Ottaviani, ''Dal Comune all'Albero della Libertà'', Terni 1974, pp. 185-186</ref> Nel [[1354]] si sottomise al legato Papale, il cardinale [[Egidio Albornoz]], dietro pagamento di cinquecento fiorini annui per dieci anni, una condizione molto mite rispetto a quelle riservate ad altri comuni del Patrimonio.<ref>Daniel Waley, '' Lo Stato papale dal periodo feudale a Martino V'', in ''Storia d'Italia'', a cura di Giuseppe Galasso, UTET, Torino 1987, p. 297</ref>
 
Alla fine del [[XIV secolo]] cadde sotto la signoria di Andrea Tomacelli, uno dei fratelli di [[Bonifacio IX]], che ne fece una rocca di resistenza contro le mire espansionistiche dei [[Visconti]]. Fra il [[1408]] e il [[1415]] fu occupata dalle truppe di [[Ladislao I d'Angiò]], che la sfruttò per le sue operazioni contro Spoleto. Nel [[1416]] fu soggetta alla signoria di [[Braccio da Montone]], ma nel [[1420]] i mercenari al soldo di [[Martino V]] la ricondussero sotto il potere papale. L'occupazione nel [[1434]] e nel [[1448]] da parte delle truppe di [[Francesco Sforza]] furono soltanto sporadici episodi nel contesto della guerra per la supremazia fra [[Firenze]] e [[Milano]].
 
Fra il [[1444]] e il [[1448]], prima [[Papa Eugenio IV | Eugenio IV]], poi [[Niccolò V]] modificarono gli statuti comunali ed introdussero a Terni, come in altre parti del Patrimonio, il [[governatore | Governatorato]], dando così un'impronta accentratrice all'ammnistrazione pontificia.
 
=== Il dominio papale ===
[[Immagine:Terni_Duomo.jpg|thumb|right|Il duomo]]
 
 
Nel luglio del [[1527]] i [[Lanzichenecchi]], di ritorno dal [[sacco di Roma (1527) | sacco di Roma]], presero il campo a Terni, che si era schierata dalla parte degli imperiali e dei [[Colonna (famiglia) | Colonna]]; da quì diressero le operazioni contro Spoleto e contro [[Todi]], dove si erano attestate le truppe della [[Lega di Cognac]].<ref>Achille Sansi, op. cit., Cap. XXIII, pp. 210-214</ref>
 
L'appoggio alla politica dei Colonna e il benvenuto all'esercito imperiale derivarono da una vecchia insofferenza della città alle mire dominatrici del Papato, che, non solo fermò, spesso con durezza, l'espansionismo comunale, ma aveva provveduto anche ad alterare i vecchi ordinamenti municipali. Infatti, alle vibrate proteste e alle sommosse, nella seconda metà del [[1400]], contro la figura del Governatore e contro i simboli del potere papale, l'autorità pontificia aveva risposto, nel [[1501]] con la dichiarazione di 'città ribelle' e nel [[1515]] con il notevole ridimensionamento dei poteri del Podestà a favore di quelli del Governatore.<ref>Lodovico Silvestri, ''Collezione di Memorie Storiche della città di Terni dal 1387 al 1816'', Parte I, Edizioni Thyrus, Terni 2004, p. 188 e 202</ref>
 
Ma l'evento che portò alla definitiva scomparsa del Comune fu la rivolta dei [[Banderari]], scoppiata il [[25 Agosto ]] del [[1564]] per vecchie ruggini personali e per la scarsa rappresentatività dei Banderari nell'elezione del Podestà. L'uccisione di alcuni nobili da parte di componenti della fazione dei Banderari scatenò la repressione del [[papa Pio IV]], che inviò, come governatore per Terni, il cardinale Monte dei Valenti, con ampi poteri inquisitori e persecutori, a suo completo piacimento, anche ben oltre il dovuto per legge. E Monte dei Valenti eseguì gli ordini alla lettera: processi sommari, condanne a morte per decapitazione, esposizione delle teste mozzate sul portone del Palazzo Apostolico, confische di beni, demolizioni delle case dei colpevoli, riattamento delle mura e fortificazione del Palazzo Apostolico, addebito di tutte le spese al Comune. Fu così che la municipalità, non potendo far fronte alle ingentissime spese, decise di rinunciare alla sua secolare autonomia.<ref>Lodovico Silvestri, ''op. cit.'', pp. 304-308</ref>
 
=== Il XVII e il XVIII secolo
Dopo il [[Concilio di Trento]] iniziò un periodo di circa due secoli, in cui Terni, avendo perduto una sua precisa identità, trovò in Roma un punto di riferimento sicuro. Gli [[Aldobrandini]] e i [[Barberini]] furono per molti anni nel corso del [[XVII secolo]] patroni della città; [[Francesco Angeloni]], ternano, fu segretario del cardinale Ippolito Aldobrandini, Francesco Angelo Rapaccioli, anch'egli originario di Terni, fu legatissimo al cardinale Maffeo Barberini, il futuro [[Urbano VIII]]; a Roma fu deciso perfino il nuovo patrono, [[San Valentino]]. Così, importanti personaggi dell'arte e della cultura approdarono, da Roma, a Terni: [[Antonio da Sangallo il Giovane]] per dirigere i lavori della ''cava paolina'' alla Cascata delle Marmore e proprio a Terni trovò la morte; [[Jacopo Barozzi da Vignola]] e [[Carlo Fontana]] per la riedificazione del Ponte Romano, [[Carlo Maderno]] per la ''cava clementina'' e Girolamo Troppa come decoratore di ville e palazzi cittadini.
 
Nel [[1657]], per sei mesi, fra Maggio e Dicembre, imperversò la [[peste]], proveniente da [[Napoli]], dove l'estate precedente aveva mietuto molte vittime. Nonostante i provvedimenti di sanità pubblica e le suppliche ai Santi protettori della città, si contarono parecchi morti, tanto che il comune fu costretto ad approntare un'area cimiteriale apposita a sud-ovest delle mura cittadine.<ref>Ludovico Silvestri, ''op. cit'', Parte II, pp. 464-466</ref>
 
L'altro flagello, che colpì questa piccola comunità, furono i numerosi passaggi di truppe straniere durante la [[Guerra di successione spagnola]], la [[Guerra di successione polacca]] e, soprattutto, la [[Guerra di successione austriaca]], che comportò la presenza continuativa di armati fra il [[1742]] e il [[1748]]. Oltre agli episodi di diserzione, intolleranza e violenza contro la popolazione locale, si aggiunsero lo spoglio sistematico delle campagne, il dissanguamento delle casse comunali e le carestie.<ref>Aurelia Simonetti, ''Terni e le guerre di successione: 1700-1748'', in 'Memoria Storica', n. 13, 1998, pp21-34</ref>
 
Alla vigilia della temperie napoleonica Terni faceva parte della Delegazione di Spoleto, contava poco più di 8000 anime, di cui il 40% era distribuito nelle campagne ed il resto nel contesto cittadino. La diocesi aveva 17 parrocchie con 80 chiese e 10 case religiose. Il [[clero]] rappresentava una consistente porzione del tessuto sociale, aveva in mano le scuole, tutte improntate allo spirito della Controriforma, era titolare di gran parte degli enti di pubblica utilità. Le donazioni e le imposte erano quasi tutte distribuite alle fondazioni religiose, che le utilizzavano per mantenersi e per mantenere le opere pie. L'agricoltura, gestita con i contratti a [[mezzadria]], si basava soprattutto sulle colture arboricole, in particolare l'[[Olea europaea | olivo]]. Fra le industrie, che sfruttavano i numerosi corsi d'acqua della città, c'erano una segheria [[idraulica]], aperta dal [[1715]], una ramiera inaugurata nel [[1730]] e la ferriera, la cui concessione alla Famiglia Gazzoli fu rilasciata nel [[1794]].<ref>Giorgio Brighi, ''Terni giacobina (1798-99)'', in 'Memoria Storica', n.13, 1998, pp. 35-52</ref>
 
=== Da Napoleone al Risorgimento ===
 
Il sonno di questa piccola comunità fu bruscamente interrotto il 16 febbraio del [[1797]], quando il generale [[Louis Alexandre Berthier]] da Spoleto dettò le condizioni di resa all'Armata Francese. Nel marzo dello stesso anno Terni fu dichiarato Municipio cantonale urbano appartenente al [[Dipartimento]] del Clitumno, con capoluogo Spoleto. Geograficamente si trovava a poca distanza del confine fra il territorio della Repubblica Romana, termine con cui fu ridenominato il vecchio [[Stato Pontificio]], in mano ai francesi, e il [[Regno delle due Sicilie]], nelle mani dei [[Borbone di Napoli]]. L'occupazione francese non fu facile, nè indolore: alla laicizzazione delle scuole e della vita pubblica, nonché ai buoni propositi di sviluppo scientifico e tecnico, si aggiunsero la leva obbligatoria, la tassazione annonaria, gli espropri forzosi, le violenze gratuite degli armati francesi, accampati nella parte ovest della città e le ruberie dei briganti, imboscati a sud e ad est.
 
Una sollevazione popolare contro gli occupanti ed un vano tentativo di reprimerla precedettero soltanto di poche settimane l'arrivo, il 14 agosto del [[1799]], delle truppe austro-russe del generale Gerlanitz, che di fatto pose fine alla breve esperienza napoleonica.
 
Furono ben presto ristabilite le Magistrature comunali precedenti, ma, nonostante una sostanziale fedeltà alla Chiesa, rimaneva forte il bisogno di ridimensionare la pervasività del clero nelle vicende civili. Nel febbraio del [[1831]] Terni accolse le avanguardie dell'esercito del generale Sercognani che scendeva dalle Legazioni e dalla Marca, deciso a dirigersi su Roma ed entrò a far parte del territorio delle Province Unite, formalmente distaccatosi dal resto dello Stato POntificio. Per circa un mese le truppe raccogliticce dei rivoltosi usarono Terni come base per le imprese contro [[Rieti]] e [[Civita Castellana]], ma la resistenza papalina, il mancato aiuto della Francia e la reazione dell'Austria, che nel frattempo aveva ripreso le Legazioni, indussero Sercognani ad abbandonare l'impresa.
 
Il ritorno di Terni al Papa fu immediato e ne seguì un periodo di relativo benessere: nel [[1842]] fu ammodernata la ferriera, nel [[1846]] fu inaugurato un moderno cotonificio, arrivò la [[ferrovia]] che la collegava a Roma e ad Ancona.
 
Ma l'esperienza della Repubblica Romana del [[1848]] segnò l'inizio di una svolta politica: l'adesione popolare fu piuttosto consistente, tanto che Terni fu individuata come sede del Corpo di osservazione degli Appennini. Ma nel luglio di quell'anno anche questa breve fase di liberazione dal giogo pontificio si esaurì. Alcuni ternani seguirono [[Giuseppe Garibaldi]] che scappava verso la Romagna; uno di essi, [[collescipoli | Giovanni Froscianti]], diventerà uno dei suoi più fidati collaboratori.
 
=== Annessione al Regno d'Italia ===
 
 
I nuovi sentimenti popolari di chiara ribellione al potere papale, alimentati soprattutto dai mazziniani, sfociarono in dimostrazioni contro la tassa sul macinato nel [[1850]] e contro la tassazione delle attività artistiche ed artigiane nel [[1852]]. Fra il luglio e l'agosto del [[1860]], mentre Garibaldi tentava di penetrare nel territorio pontificio, un contigente di [[zuavi]], al comando del colonnello Pimodan, si acquartierò nella città e non fu anche questa un'esperienza indolore per Terni. Richiamati dal sopraggiungere delle truppe piemontesi nella [[Marche | Marca]], i francesi abbandonarono la città diretti a sostenere lo scontro di [[Battaglia di Castelfidardo | Castelfidardo]]. Il 20 settembre di quell'anno i bersaglieri piemontesi del colonnello Brignone entrarono a Terni, attraverso la Porta Spoletina e vi rimasero, poiché Terni diventò sede del comando della XV divisione. Il Plebiscito che seguì e formalizzò l'annessione al Regno d'Italia vide 1 solo voto contrario a fronte di 3461 voti favorevoli.
 
La sua posizione di città di confine fra il Regno e lo Stato Pontificio la fece diventare ben presto la base di appoggio per le iniziative politiche e militari tese alla liberazione di Roma. Nel giugno del [[1867]] un centinaio di patriotti ternani tentò di portarsi su Roma, ma furono fermati dalle truppe italiane. Poco dopo, [[Menotti Garibaldi ]] partì da Terni e si attestò a [[Nerola]] per attendere rinforzi che giunsero dalla città umbra il 13 di ottobre, quando attaccò e prese [[Montelibretti]]. A Terni fu organizzato il Comitato di soccorso per l'Affrancamento di Roma, che si affiancò al Comitato Nazionale, il quale, sotto la direzione di [[Francesco Crispi]] e [[Giuseppe Guerzoni]], si era da poco insediato in città. Nel frattempo, [[Fratelli Cairoli | Enrico e Giovanni Cairoli]] ruppero gli indugi e, partendo da Terni con appena 75 volontari, passarono il confine, ma furono fermati dai papalini a [[scontro di Villa Glori | Villa Glori]], dove Enrico trovò la morte. Garibaldi, fuggito da Caprera anche grazie all'aiuto di Froscianti, giunse il 22 ottobre a Terni, già piena di volontari da tutta Italia; partì e raggiunse il figlio e gli altri volontari a [[Passo Corese]]. Ma l'impresa fu arrestata dai fucili francesi, il 3 novembre, a [[battaglia di Mentana | Mentana]](per maggiori notizie vedi http://www.museomentana.it). Quello che non poterono i volontari garibaldini e mazziniani lo fecero la diplomazia e le truppe del generale [[Raffaele Cadorna]], che il 6 settembre [[1870]] organizzò a Terni il suo quartier generale, mentre le truppe del IV Corpo d'armata piemontese prendevano posizione ai confini; in città si organizzò un ospedale militare e il necessario per il vettovagliamento giornaliero dei soldati tramite ferrovia. L'[[11 settembre]] [[1870]] Cadorna lanciò il Proclama con cui iniziava la campagna di guerra; il 20 settembre, esattamente dieci anni dopo l'entrata a Terni, i bersaglieri sabaudi varcavano [[Porta Pia]].
 
=== L' Industrializzazione ===
 
Dopo l'annessione al Regno d'Italia, l'industria, come motore dell'economia cittadina, fu al centro delle volontà del Commissario per l'Umbria, [[Gioacchino Napoleone Pepoli]] e alle scelte degli amministratori locali, che, pur in presenza di gravi difficoltà finanziarie, vollero favorire gli insediamenti manifatturieri, offrendo lo sfruttamento potenziale di 200000 [[cavallo vapore | cavalli vapore]]. Nel [[1875]], dopo le sconfitte patite nella [[Terza guerra d'indipendenza | III Guerra d'Indipendenza]] lo Stato Maggiore premeva per avere un'industria militare nazionale; il portavoce di questa esigenza fu il Capitano Luigi Campofregoso, che ebbe dalla sua parte, sia la fattiva opera del deputato ed ex garibaldino [[Vincenzo Stefano Breda]], il quale era convinto che Terni fosse il luogo strategicamente ideale per l'impiantistica militare, sia la campagna di stampa della Gazzetta d'Italia, che sosteneva le tesi del Breda. L'edificazione della Fabbrica d'Armi fu iniziata nel [[1875]] ed entrò in funzione nel [[1881]].
 
Nel [[1879]] Cassian Bon, un imprenditore belga, acquistò la fonderia 'Giovanni Lucovich e C.', che era stata impiantata qualche anno prima da alcuni industriali milanesi e tedeschi. Nel [[1881]] lo stesso Cassian Bon fondò la 'Società degli Altiforni e Fonderia di Terni' e nel [[1886]], insieme a Vincenzo Stefano Breda, all'epoca Presidente della 'Società Veneta per le Imprese e le Costruzioni Pubbliche', un'azienda che utilizzava capitali dello Stato per le opere di edificazione e di impiantistica, cominciò a realizzare il grande progetto di uno stabilimento per la produzione dell'acciaio. Lo scopo dell'impresa, formalizzato da un'apposita Commissione nominata dal Ministro della Marina [[Benedetto Brin]], era quello di produrre corazze e cannoni per le [[nave da battaglia | navi da guerra]].
 
Nel [[1884]] il romano Angelo Sinigaglia acquistò ed ammodernò la ferriera; nel [[1885]] il genovese Alessandro Centurini iniziò la costruzione di un lanificio e jutificio; nel [[1890]] il torinese Antonio Bosco costruì uno stabilimento per la produzione di attrezzi agricoli; nel [[1896]] si costituì la 'Società Italiana del Carburo di Calcio, Acetilene ed altri Gas', che gestiva non solo stabilimenti per la produzione del [[carburo di calcio]] ma anche [[centrale idroelettrica | centrali idroelettriche]]. Terni fu la quarta città italiana, in ordine di tempo, ad avere l'illuminazione pubblica ad elettricità.
 
La forza lavoro, nel giro di qualche decennio, quadruplicò, soprattutto per l'arrivo di maestranze dal nord ed operai, quasi sempre di estrazione contadina, dal resto dell'Umbria, dal Lazio, dalle Marche, dalla Toscana. L' [[industrializzazione]] creò, tuttavia, dei grossi problemi logistici, per la scarsa disponibilità di case e l'inadeguatezza dei servizi pubblici, a cui si aggiunsero i pregiudizi della gente locale contro gli immigrati e la riottosità dei titolari di fondi a concedere le aree necessarie ed i diritti di sfruttamento delle acque per l'impiantistica e gli edifici; d'altra parte, le iniziative industriali vennero tutte da fuori e nessun ricco borghese locale ne risultò coinvolto. All'inizio del [[XX secolo]] Terni era, comunque, fra le prime città industriali italiane.
 
=== Fra i due Conflitti Mondiali ===
[[Immagine:Via Plebiscito.gif|thumb|left|150 px|Via Plebiscito verso Piazza della Repubblica]]
 
Il nuovo secolo iniziò con una progressiva affermazione delle iniziative industriali: la 'Società degli Altiforni, Fonderie e Acciaierie di Terni' acquisì tutte le centrali idroelettriche esistenti , brevettò metodi di fusione delle corazze derivati dal sistema Krupp, dismise i vecchi [[decarburazione | convertitori]] ed acquisì i più moderni Martin-Siemens, di cui brevettò una variante denominata 'Martin-Terni', che si diffuse in tutta la siderurgia mondiale dell'epoca. Nel [[1905]] fondò, a La Spezia, con l'inglese Vickers, uno stabilimento per la produzione di cannoni navali. Cominciò la produzione, oltre che delle corazze per le navi da battaglia, durante la [[Prima Guerra Mondiale]] anche di componenti dei cannoni e dei proiettili, almeno fino all'apertura degli stabilimenti [[Ansaldo]] di Genova. Nel [[1922]], dopo aver acquisito la 'Società Italiana per il Carburo di Calcio, Acetilene e altri Gas' si espanse nel settore energetico e in quello chimico, trasformando la sua denominazione in 'Terni Società per l'Industria e l'elettricità' . La 'Fabbrica d'Armi' produceva armi di vario tipo, fra le quali il fucile [[Carcano Mod. 91]], che equipaggiò l'esercito italiano per molti anni. La 'Bosco' si affermò nelle costruzioni per i rimessaggi aeronautici e nel [[1924]] iniziò la produzione di manufatti metallici, come idroestrattori, [[autoclave | autoclavi]] e bollitori. Nel [[1927]] il 'Lanificio e Jutificio Centurini' era, per dipendenti e produzione, il secondo opificio italiano del settore; nel [[1910]] il 'Tipografico Alterocca' imetteva sul mercato il 30% delle cartoline illustrate che si stampavano in Italia.
 
La presenza degli operai nel tessuto sociale cittadino fu enorme, se si considera che questa categoria costituiva, all'inizio del secolo, il 70% della popolazione residente. Nel [[1901]], dopo le leggi [[Luigi Pelloux | Pelloux]], fu ricostituita la 'Camera del Lavoro'. Nel [[1927]] contava quasi tremila iscritti e cinque società di mutuo soccorso, gestiva l'assistenza medica e l'istruzione per i lavoratori. Nelle elezioni politiche del [[1919]] i [[socialismo | socialisti]] riscossero una maggioranza del 71%. Nonostante nel 1921 vi operassero circa cinquecento [[Arditi del Popolo]], Terni rimase l'unico comune umbro ad amministrazione socialista fino al [[17 Ottobre]] [[1922]].
 
Sotto la spinta politica del [[Partito Nazionale Fascista | PNF]] la 'Terni', come era più brevemente chiamata, finanziò la costruzione di alloggi per gli operai, fino ad interi quartieri, perfino di due chiese; oltre al dopolavoro istituì gli spacci aziendali, promosse i circoli associativi, dotò la città di strutture sportive e ricreative. La concessione dello sfruttamento dell'intero sistema idrico Nera-Velino e le notevoli commesse militari spinsero la 'Terni' ad essere uno dei maggiori gruppi industriali italiani: entrata nell'[[Istituto per la Ricostruzione Industriale | IRI]] nel [[1933]], oltre a sfornare acciaio, produceva in un anno circa un miliardo di [[wattora | kilowattora]] di energia elettrica dalle [[centrale idroelettrica | centrali]] del sistema dei fiumi [[Salto (fiume) | Salto]] e [[Turano]]nel Lazio, e del [[Vomano]] in Abruzzo; produceva in esclusiva, negli stabilimenti chimici di Nera Montoro, l'[[ammoniaca]] secondo il processo Casale, carburo di calcio e composti azotati nel nuovo stabilimento di Papigno. In quegli anni si aggiunse un'altra iniziativa industriale, in parte sostenuta dalla 'Terni', la SIRI, 'Società Italiana per le Ricerche Industriali', specializzata nella elaborazione di brevetti per l'industria chimica, soprattutto nella produzione dell'ammoniaca, del [[metanolo]], e nella chimica degli [[idrocarburi]]. Nel [[1927]] la 'Società Umbra Prodotti chimici', modificatasi poi in 'Viscosa Umbra', iniziò la produzione di [[solfuro di carbonio]]. Nel [[1939]] fu costruito lostabilimento della 'Società Anonima Industria Gomma Sintetica' (SAIGS) per iniziativa dell'IRI e della [[Pirelli&C | Pirelli]], per la sintesi del [[butadiene]] dal carburo di calcio.
 
Alla prosperità dell'industria si accompagnarono, però, le difficoltà amministrative, poiché il [[Partito Nazionale Fascista]] (PNF) oscillò sempre fra chi sosteneva a spada tratta l'industria e chi si appoggiava, invece, al non mai sopito spirito anti-industriale. L'immobilismo dell'amministrazione fu in parte superato dopo il [[1930]], quando l'adozione di un piano regolatore generale permise di attuare i primi sostanziali interventi alle infrastrutture, anche se proprio ad iniziare da quel periodo la grande industria cominciò ad essere la vera promotrice della vita cittadina. La parte del PNF favorevole all'industria, capeggiata in prima persona da [[Mussolini]], decise nel [[1926]] di istituire la [[Provincia]] di Terni e il territorio comunale fu ampliato fino a comprendere ben sette comuni precedenti.
 
Nel [[1924]] la propaganda clandestina del [[Partito Comunista Italiano]] cominciò a fare proseliti all'interno delle Acciaierie; nel [[1931]] risultarono iscritti circa duecento operai. Addirittura nel [[1936]] si stamparono volantini di sostegno alla [[Guerra civile spagnola | Spagna Repubblicana]]. La clandestinità non valse ad evitare l'accusa di ricostituzione del Partito Comunista e di condanne al confino, inflitte a diverse decine di persone. Nel [[1943]], con l'apporto di molti operai, fu costituita la [[ Brigata Garibaldina Antonio Gramsci | brigata partigiana 'Antonio Gramsci']], che durante la [[Resistenza]] operò sull'Appennino umbro-marchigiano.
 
Nodo industriale di primaria importanza, Terni fu oggetto di oltre cento bombardamenti da parte degli [[Alleati]] durante la loro [[campagna d'Italia (seconda guerra mondiale) | campagna di guerra in Italia]]: l' [[11 agosto]] del [[1943]] un bombardamento aereo, senza che l'[[UNPA]] facesse in tempo a lanciare l'allarme, provocò un numero elevatissimo di vittime, quasi tutte civili, e la distruzione di gran parte degli edifici. Grazie all'azione dei lavoratori, i Tedeschi in ritirata non riuscirono nell'intento di sabotare gli impianti industriali, ad eccezione della produzione di energia elettrica e dello stabilimento della SAIGS. Gli inglesi del generale [[Harold Alexander | Alexander]] entrarono in città il [[13 Giugno]] del [[1944]]. Per i motivi di cui sopra, Terni è stata insignita della [[Croce di Guerra al Valor Militare]].
 
=== La Ricostruzione ===
 
Le dismissioni belliche risultarono deleterie per l'acciaio ternano: fra il [[1947]] e il [[1948]] furono licenziati oltre duemila lavoratori e dopo l'elaborazione del piano Sinigaglia, che spostava le produzioni strategiche sul mare, furono licenziate nel [[1952]] settecento e l'anno dopo altre duemila. Tuttavia, la capacità produttiva e le competenze delle maestranze sopravvissute alla guerra permisero di recuperare tutto il sistema idroelettrico e di ampliarlo con la costruzione di nuove centrali sul Nera e sul [[Tevere]]; fu costruita una linea diretta con [[Genova]] per l'alimentazione del nuovo stabilimento siderurgico dell'[[Ilva]] di [[Cornigliano (quartiere di Genova) | Cornigliano]]. Ma nel [[1962]], con l'istituzione dell'[[ENEL]], tutte le fonti energetiche della società ternana furono nazionalizzate. Seguì ,a breve, lo scorporo delle altre attività: l'elettrochimico di Nera Montoro fu ceduto all'[[Anic]], nel [[1967]] lo stabilimento di Papigno passò all'[[ENI]]; le attività siderurgiche furono incorporate nella [[Finsider]]. La stessa produzione dei manufatti in acciaio rimase di secondo piano, poiché tutte le iniziative industriali emergenti, come l'elettronucleare, furono boicottate dall 'IRI, che dirottò le produzioni su altri impianti, nonostante Terni eccellesse anche nella ricerca siderurgica: basti pensare alla scoperta dell' 'effetto Terni', cioè al paradosso dell'aumento di temperatura di grossi pezzi fusi, quando sono sottoposti al raffreddamento in acqua. Gli anni '80 sono stati particolarmente difficili con una notevole contrazione degli occupati ed un forte ridimensionamento delle produzioni; una via d'uscita fu individuata nel [[1988]], quando i vertici aziendali e l'IRI decisero di orientare le produzioni sugli acciai speciali.
 
Nel frattempo, negli anni '50 fu chiuso lo stabilimento della Viscosa, nel [[1970]] cessò l'attività il 'Lanificio e Jutificio Centurini' e nel giugno del [[1985]] chiuse i battenti la SIRI, nonostante i grandi successi industriali degli anni '50. Nel [[1949]] la SAIGS fu ceduta alla [[Montecatini]], che ricovertì gli impianti per la produzione dei polimeri sintetici. Nel [[1960]] iniziò la produzione del [[Polipropilene | 'Meraklon' ]], seguita dal 'Montivel' e dal 'Moplefan', tutto materiale progettato e sintetizzato nei laboratori di ricerca dello stabilimento, dove operò anche [[Giulio Natta]]. Agli inizi degli anni '70 lo stabilimento fu suddiviso in varie subunità produttive, imperniate sul polipropilene in granuli, fiocco, film, filo.
 
Negli ultimi quindici anni, Terni è diventata una città-cantiere: dai primi anni novanta non si sono fermati i lavori che via via stanno portando ad un radicale cambiamento del centro cittadino, imperniato sui "tre centri storici" del Quartiere Clai come centro della città romana, del Quartiere Duomo come centro della città medioevale e dell'asse Piazza Europa, Piazza della Repubblica, Corso Tacito come centro della città moderna.
 
Nel [[gennaio]] [[2006]] sono iniziati i lavori, con quasi venti anni di ritardo (il progetto preliminare era infatti del [[1987]]) di Corso del Popolo, dove al posto di un terrapieno adibito a parcheggio sorgerà un centro direzionale, un moderno parking multipiano interrato, edifici residenziali e un parco che farà da ''continuum'' tra i Giardini della Passeggiata e il Fiume [[Nera]].
 
=== Note ===
{{References | 2}}
 
 
=== Bibliografia ===
 
*Luigi Lanzi, ''Terni, la città e i dintorni''. Edizioni Thyrus, Terni 2002
*Elia Rossi Passavanti, ''Terni''. Alterocca, Terni 1974
*AAVV, ''Storia Illustrata delle Città dell'Umbria'', a cura di M. Giorgini. Elio Sellino Editore, Milano 1994
* ''L'Umbria - Manuali per il territorio, Terni''. Edindustria, Roma 1980
* Franco Bonelli, ''Lo sviluppo di una grande impresa in Italia. La Terni dal 1884 al 1962''. Einaudi, Torino 1975
* Valentina Leonelli, Paolo Renzi, Claudia Andreani, Cristina Ranucci, ''Interamna Nahartium - Materiali per il Museo Archeologico di Terni''. Edizioni Thyrus, Terni 1997
* Marcello Gaggiotti, Dorica Manconi, Liliana Mercando, Monika Verzàr, ''Guide Archeologiche Laterza, Umbria Marche''. Laterza, Roma-Bari 1980
* Ludovico Silvestri, ''Collezione di memorie storiche tratte dai protocolli delle antiche riformanze della città di Terni dal 1387 al 1816''. Edizioni Thyrus, Terni 1977
* Francesco Angeloni, ''Historia di Terni''. Roma 1666. III ed. Terni 1966
* Renato Covino (a cura di), ''Le industrie di Terni''. Giada, Perugia 2002
 
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