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== Contesto storico ==
 
=== La nascita dei Fasci italiani di combattimento ===
{{Vedi anche|Fondazione dei Fasci italiani di combattimento}}
[[File:Italian_Arditi.jpg|sinistra|miniatura|Gruppo di [[arditi]], agitanti il pugnale]]
[[File:I_mutilati_chiedono_il_pane_al_Governo.jpg|miniatura|Manifestazione di protesta organizzata dall'Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi di Guerra]]
La [[Mobilitazione|smobilitazione]] avvenuta al termine della [[prima guerra mondiale]] aveva prodotto una grande quantità di reduci, che una volta rientrati nella vita civile si ritrovarono disoccupati e senza concrete prospettive di lavoro. Ai reduci lo Stato non concedeva alcun riconoscimento particolare per il ruolo ricoperto in guerra, anche se svolto nel ruolo di [[Ufficiali di complemento|ufficiale di complemento]] o in unità di élite come gli [[arditi]]. Alcuni di loro si erano battuti a favore dell'[[interventismo]] e avevano combattuto come volontari, perché mossi da ideali [[Nazionalismo|nazionalisti]] e [[Irredentismo|irredentisti]], pertanto al loro ritorno alla vita civile proseguirono la loro azione politica organizzandosi in maniera più o meno spontanea,<ref>[[Mario Piazzesi]], ''Diario di uno squadrista toscano''</ref> sia per propagandare la loro visione politica, sia per contrastare le organizzazioni socialiste, accusate di "[[disfattismo]]"<ref>Renzo De Felice, ''Mussolini il rivoluzionario'', p. 420: "Il 16 ottobre (1918) venne organizzata a Roma una riunione dei rappresentanti delle maggiori organizzazioni interventiste... (nella quale) venne proposto di 'ricercare i disfattisti ovunque si nascondano, ricorrendo ad azioni energiche e dirette sia contro di essi sia contro gli uffici sia contro i negozi dove si potranno nascondere'. Il giorno dopo una delegazione del Fascio parlamentare si recò da Orlando e gli chiese energici provvedimenti contro i 'disfattisti' e in particolare contro i socialisti"</ref> a causa delle loro posizioni [[Interventismo#I neutralisti|neutraliste]] nei confronti della guerra.<ref>[[Roberto Vivarelli]], ''Storia delle origini del fascismo'', volume I, Il Mulino, 2012, pp. 94-95</ref> Dal canto loro i socialisti trascurarono i sentimenti e le richieste dei combattenti, alienandosene la simpatia.<ref>Sven Reichardt, ''Camicie nere, camicie brune'', Bologna, Società Editrice Il Mulino, 2009, p. 179: "Soprattutto i socialisti, dopo la fine della guerra, avevano guardato con odio e disprezzo ai circa 154 mila ufficiali in congedo dell'esercito, i quali erano spesso andati in guerra direttamente dalla scuola o dall'università</ref> I reduci andarono allora a formare, insieme a [[Partito Politico Futurista|futuristi]], [[Sindacalismo rivoluzionario|sindacalisti rivoluzionari]] e alle associazioni di difesa sociale, [[Squadre d'azione|squadre organizzate]] per combattere contro i socialisti, che in quel momento si trovavano in forte ascesa.<ref name="ReferenceA">Giordano Bruno Guerri, "Fascisti", Milano, Oscar Mondadori (Le scie), 1995, pp. 76-77.</ref> Non mancavano elementi di ogni classe sociale tra i quali predominavano gli studenti universitari.<ref>[[Mario Piazzesi]], ''op. cit.''</ref>
 
Lo squadrismo contrastò infatti apertamente le iniziative politiche dei marxisti, considerate provocatorie e offensive nei confronti della Patria e dei reduci di guerra<ref>Sven Reichardt, ''Camicie nere, camicie brune'', Bologna, Società Editrice Il Mulino, 2009, p. 342: "La disumanizzazione dell'avversario e la metaforica guerresca dei fascisti furono giustificate con il fatto che la sinistra scorgesse il proprio modello non nella propria nazione, ma in Russia. I fascisti vi colsero un empio vilipendio della nazione: la dissacrazione dei valori nazionali."</ref>: l'ammainamento del tricolore (a favore della bandiera rossa) nelle istituzioni guidate dai socialisti, l'erezione di monumenti di carattere antimilitarista, l'esaltazione di imboscati e disertori in spregio agli ex-combattenti<ref>Mario Piazzesi, in ''Diario di uno squadrista toscano'', cita dei manifesti socialisti dove un candidato alle elezioni menava vanto di essere stato disertore e condannato: “Nello Tarchiani, tramviere, condannato per diserzione all'ergastolo dal Tribunale Militare”.</ref>. Uno di questi disertori, [[Francesco Misiano]], fu eletto in Parlamento, suscitando la violentissima reazione degli squadristi di [[Roberto Farinacci]] che, il 13 giugno 1921, lo cacciarono con la forza dall'aula di Montecitorio<ref name="mimmo">Mimmo Franzinelli, ''Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-1922'', Mondadori, Milano 2003, p. 338.</ref>. Particolarmente pesanti furono anche e soprattutto le aggressioni fisiche, talvolta mortali<ref>Pierluigi Romeo di Colloredo, ''La Battaglia del Solstizio'', Italia, 2008. A causa del ripetersi di simili episodi fu anche proibito agli ufficiali di mostrarsi in uniforme durante la libera uscita.</ref>, nei confronti di reduci, decorati e ufficiali dell'Esercito<ref>''"In ogni località dove erano alloggiate guarnigioni di Arditi, l'ordine pubblico era periodicamente turbato da aggressioni a cittadini e a esponenti di sinistra [...] La violenza non era da una parte sola, poiché laddove un Ardito, o anche un ufficiale dell'esercito, si trovava da solo in quartieri popolari o in borgate rosse veniva insultato e svillaneggiato, nonché percosso se accennava a una reazione: l'antimilitarismo delle sinistre incolpava i graduati dei lutti bellici. Di simili episodi, abbastanza frequenti nei grandi centri urbani, beneficiò indirettamente il fascismo in termini di popolarità e di adesioni fra gli ufficiali."'', Mimmo Franzinelli, ''Squadristi'', Oscar Mondadori, Milano, 2009, pp. 18-19, .</ref> (i fascisti giustificheranno le loro prime azioni proprio come rappresaglia a queste azioni<ref>"le manifestazioni socialiste contro la guerra impedirono perfino l'esposizione di [[Bandiera italiana|tricolori]] (visti dai socialisti come una provocazione) nel primo anniversario della vittoria, e che gli insulti e gli sputi per i reduci che uscivano in libera uscita in divisa erano all'ordine del giorno" in Marco Cimmino, ''Il primo dopoguerra''; B. Villabruna, ''Il combattentismo'' cit. in A. V. Savona – M. L. Straniero: ''Canti dell'Italia fascista'', Garzanti, 1979; [[Asvero Gravelli]], ''I canti della Rivoluzione'', Roma, Nuova Europa, 1929</ref>).
[[File:Il_popolo_d'italia_.jpg|miniatura|La prima sede dei [[Fasci Italiani di Combattimento]] e del [[Popolo d'Italia]], detto "Il Covo", qui l'ufficio di Mussolini]]
Il 23 marzo 1919 a [[Milano]] in [[piazza San Sepolcro]] avvenne la [[fondazione dei Fasci italiani di combattimento]], un [[movimento politico]] che esprimeva confuse istanze di rinnovamento in materia di politica e di economia<ref>Renzo De Felice, ''Mussolini il fascista. I. La conquista del potere 1921-1925'', Torino, Einaudi, 1966, p. 14.</ref>, associando tendenze socialiste e tendenze nazionaliste. Inoltre la presenza di elementi di origine [[Partito Politico Futurista|futurista]] e [[Arditi|arditista]] conferiva al fascismo un suo carattere di sovversione e di opposizione ai valori e alla cultura tradizionali della borghesia<ref>Mimmo Franzinelli, ''Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-1922'', Milano, Mondadori, 2003, p. 3.</ref>. Fu questo il momento in cui il futurista [[Filippo Tommaso Marinetti]], in un suo articolo pubblicato nel 1919, propose una sintesi fra nazionalismo e anarchia, basata sull'esperienza futurista che aveva esaltato "sia il patriottismo sia l'azione distruttiva degli amanti della libertà"<ref>Adrian Lyttelton, ''Cause e caratteristiche della violenza fascista: fattori costanti e fattori congiunturali'', in: AA. VV, ''Bologna 1920; le origini del fascismo'', a cura di Luciano Casali, Bologna, Cappelli, 1982, p. 41.</ref>. Ma l'originario progetto politico mussoliniano di creare uno schieramento progressista imperniato sul combattentismo rivoluzionario era destinato fin dall'inizio al fallimento, a causa di vari fattori: prima di tutto perché il Fascio di Milano, che aveva elaborato il [[programma di San Sepolcro]], era molto più a sinistra di quanto non fossero gli altri Fasci; poi perché i Fasci avrebbero potuto realizzare tale programma solo ottenendo l'appoggio delle masse degli operai e dei contadini, che invece davano il loro consenso al [[Partito Socialista Italiano]] (PSI) e alla [[Confederazione Generale del Lavoro]] (CGdL)<ref>Renzo De Felice, ''Mussolini il rivoluzionario 1883-1920'', Torino, Einaudi, 1965, pp. 518-519.</ref>. La maggioranza delle squadre formatesi autonomamente nelle città del nord Italia andarono andò in breve tempo a confluire nei [[Fasci italiani di combattimento]]. Ciononostante, a causa del basso numero di adesioni, almeno per tutto il [[1919]] l'iscrizione coincideva spesso con l'attività di squadrista.<ref>Sven Reichardt, ''Camicie nere, camicie brune'', Bologna, Società Editrice Il Mulino, 2009, p. 148</ref>
 
== Svolgimento della violenza squadrista ==
[[File:Bologna_1921_Manifestazione_dei_Fasci_italiani_di_Combattimento.jpg|miniatura|Manifestazione dei [[Fasci italiani di combattimento]] a [[Bologna]] nel 1921]]
Con l'intensificazione degli scioperi del "[[Biennio rosso in Italia|biennio rosso]]" la piccola e media borghesia reagì, organizzandosi nella primavera del 1920 in numerose leghe e associazioni "antibolsceviche" allo scopo di mitigare i disagi attraverso azioni di [[Crumiro|crumiraggio]].<ref>{{Cita|Gentile|pp. 81-82}}.</ref> A questo fenomeno si associarono anche i [[Fasci italiani di combattimento]] di [[Benito Mussolini]], che in estate ricevettero da parte del segretario [[Umberto Pasella]] l'incarico di formare delle [[squadre d'azione]], armate di rivoltelle e manganelli, per sopprimere gli scioperi e in generale tutte le organizzazioni dei lavoratori.<ref>{{Cita|Gentile|p. 99}}.</ref> Su impulso di [[Francesco Giunta]], lo [[squadrismo]] fascista si diffuse inizialmente in tutta la [[provincia di Trieste]] (ancora sotto occupazione militare) colpendo sistematicamente le sedi delle organizzazioni socialiste e della [[Sloveni in Italia|minoranza slovena]], come la redazione de [[Il Lavoratore|''Il Lavoratore'']] e il [[Narodni dom]].<ref>{{Cita|Gentile|p. 100}}.</ref> Alle [[Elezioni amministrative in Italia del 1920|elezioni amministrative del novembre 1920]], con l'occupazione delle fabbriche da poco conclusa, le forze "antibolsceviche": liberaldemocratici, nazionalisti e fascisti, si presentarono coalizzati nelle liste dei [[Blocchi Nazionali]] ottenendo la maggioranza in 33 [[Consiglio provinciale|consigli provinciali]] su 69, il [[Partito Socialista Italiano]] (PSI) ne conquistò 26, mentre il [[Partito Popolare Italiano (1919)|Partito Popolare Italiano]] (PPI) 10.<ref>{{Cita|Gentile|p. 104}}.</ref> L'offensiva fascista contro le nuove amministrazioni socialiste cominciò il 21 novembre 1920 da [[Bologna]] con la [[strage di Palazzo d'Accursio]];<ref>{{Cita|Gentile|pp. 105-106}}.</ref> in generale nel corso del 1921 lo squadrismo si diffuse in tutta la penisola nella sostanziale indifferenza delle forze dell'ordine, aggredendo tutte le organizzazioni legate PSI e alla [[Confederazione Generale del Lavoro]] (CGdL).<ref>{{Cita|Gentile|p. 111}}.</ref> Lo [[squadrismo]] si trasformò rapidamente in un fenomeno di massa: i Fasci italiani di combattimento passarono così dai {{M|20165}} iscritti del dicembre 1920 ai {{M|187588}} del maggio 1921.<ref>{{Cita|Gentile|p. 113}}.</ref> Col patrocinio dal [[Presidenti del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia|presidente del consiglio]] [[Giovanni Giolitti]], alle [[Elezioni politiche in Italia del 1921|elezioni politiche del maggio 1921]] furono riproposti i [[Blocchi Nazionali]],<ref>{{Cita|Gentile|p. 137}}.</ref> consentendo a 37 fascisti l'ingresso in parlamento.<ref>{{Cita|Gentile|p. 142}}.</ref> All'apertura della [[XXVI legislatura del Regno d'Italia|XXVI legislatura]] Mussolini però votò la sfiducia [[Governo Giolitti V|governo Giolitti]], che a causa dell'esigua maggioranza rassegnò le dimissioni, mentre rivolse al PSI una proposta di pacificazione.<ref name=":0">{{Cita|Gentile|p. 143}}.</ref> A luglio re [[Vittorio Emanuele III di Savoia|Vittorio Emanuele III]] affidò l'incarico di governo a [[Ivanoe Bonomi]], ministro del tesoro nel [[Governo Giolitti V|governo uscente]], che si adoperò per la buona riuscita del "[[patto di pacificazione]]".<ref name=":0" /> In seguito all'intervento delle forze dell'ordine nei [[fatti di Sarzana]] e all'efferatezza della violenza squadrista nel [[massacro di Roccastrada]], nonostante la contrarietà di molto fascisti, Mussolini proseguì per l'approvazione del patto di pacificazione, che fu firmato tra i fasci il PSI e la CGdL il 3 agosto 1921.<ref>{{Cita|Gentile|pp. 145-147}}.</ref> Le forti resistenze interne alla pacificazione, furono risolte a novembre al [[III Congresso dei Fasci italiani di combattimento]] in cui Mussolini si impegnò ad abbondonare la strada della pacificazione a patto di trasformare il movimento in partito, Il [[Partito Nazionale Fascista]] (PNF).<ref>{{Cita|Gentile|p. 169}}.</ref> Di fronte alla al fallimento del [[patto di pacificazione]], il 2 febbraio 1922 il [[Governo Bonomi I|governo Bonomi]] venne sfiduciato, innescando la più lunga crisi di governo della storia del Regno d'Italia.<ref>{{Cita|Gentile|p. 202}}.</ref> La crisi fu risolta quando re [[Vittorio Emanuele III di Savoia|Vittorio Emanuele III]] affidò a [[Luigi Facta]], ex ministro delle finanze nel [[Governo Giolitti V|governo Giolitti]], l'incarico di formare un [[governo di scopo]] tra le forze liberaldemocratiche e i popolari per l'organizzazione della [[conferenza di Genova]], ottenendo la fiducia il 18 marzo 1922, col voto favorevole dei fascisti.<ref>{{Cita|Gentile|p. 203}}.</ref>
[[File:Barricate_di_Parma,_l'erezione_in_via_Bixio.jpg|sinistra|miniatura|Barricate contro l'[[Fatti di Parma|assedio squadrista di Parma]] nell'agosto del 1922 dopo lo [[sciopero legalitario]]]]
Tra la fine di aprile e i primi di giugno del 1922, le squadre fasciste irruppero in tutti i maggiori centri della [[bassa padana]], "occupando" [[Ferrara]], [[Bologna]], [[Cremona]] e [[Ravenna]], e causando indirettamente la caduta del [[Governo Facta I|governo Facta]] il 20 luglio 1922.<ref name=":1">{{Cita|Nello|p. 46}}.</ref> Nel corso della crisi di governo le maggiori sigle sindacali, riunite nell'[[Alleanza del Lavoro|Alleanza del lavoro]], proclamarono il 31 agosto 1922 lo [[sciopero legalitario]] in segno di protesta contro le violenze fasciste.<ref name=":4">{{Cita|Nello|p. 47}}.</ref> Lo sciopero provocò la reazione delle squadre, che intimarono di sostituirsi alle forze dell'ordine, e che col sostegno dell'opinione pubblica borghese riuscirono ad agire anche nelle città più refrattarie al fascismo quali [[Genova]], [[Milano]], [[Livorno]], [[Parma]] e [[Ancona]].<ref name=":4" /> Con la formazione di un [[Governo Facta II|nuovo governo Facta]], ancora più debole del precedente, la dirigenza del PNF si organizzò per fare in modo di raggiungere il potere attraverso le elezioni anticipate, oppure nel caso di mancato scioglimento delle camere, attraverso un'insurrezione armata coordinata da [[Italo Balbo]], [[Michele Bianchi]], [[Emilio De Bono]] e [[Cesare Maria De Vecchi]].<ref>{{Cita|Nello|p. 48}}.</ref> Il 20 settembre 1922 [[Benito Mussolini]] nel [[discorso di Udine]] esternò il proprio sostegno alla [[Re d'Italia|monarchia]] e condusse da Milano le trattative per la formazione di un nuovo governo che vedesse la partecipazione dei fascisti, rimanendo costantemente in contatto con esponenti della [[Confindustria]] e della classe dirigente liberale, tra cui il prefetto [[Alfredo Lusignoli]], emissario di [[Giovanni Giolitti]].<ref name=":2">{{Cita|Nello|p. 49}}.</ref>
[[File:March_on_Rome_1922_-_Quirinale.jpg|miniatura|Sfilata delle squadre il 31 ottobre 1922 in seguito alla "[[marcia su Roma]]"]]
Il 24 ottobre 1922, al consiglio nazionale di Napoli, la dirigenza fascista organizzò i tempi e i modi dell'insurrezione, così nella notte tra il 27 e il 28 ottobre circa {{M|25000}} squadristi iniziarono ad affluire a [[Roma]], nonostante la presenza di alcuni sbarramenti organizzati dall'[[Regio Esercito|esercito]] e dalle [[Formazioni di difesa proletaria|formazioni antifasciste]].<ref>{{Treccani|marcia-su-roma_(Dizionario-di-Storia)|Marcia su Roma|data=2010}}</ref> La mattina della "[[marcia su Roma]]" il governo decise di decretare lo [[stato d'assedio]], ma il re [[Vittorio Emanuele III di Savoia|Vittorio Emanuele III]] rifiutò di firmarlo, provocando in questo modo le dimissioni del [[Presidenti del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia|presidente del consiglio]] [[Luigi Facta]].<ref name=":02">{{Cita|Nello|p. 50}}.</ref> Il re conferì allora ad [[Antonio Salandra]] l'incarico di formare un governo con la partecipazione dei fascisti, ma Mussolini si oppose, venendo così convocato a Roma il 30 ottobre 1922 per sottoporre al re la lista dei ministri.<ref name=":02" />
 
=== Lo squadrismo nel biennio rosso (aprile 1919 - ottobre 1920) ===
 
==== Lo squadrismo urbano ====
La prima azione squadrista avvenne il 15 aprile 1919 a Milano con l'[[assalto all'Avanti!]] dando così inizio al progressivo allontanamento del fascismo e la classe operaia.<ref>Renzo De Felice, ''Mussolini il rivoluzionario 1883-1920'', Torino, Einaudi, 1965, p. 519.</ref> Il primo nucleo di squadristi fu composto da circa 200 uomini, tutti [[Sindacalismo rivoluzionario|sindacalisti rivoluzionari]] e arditi, che sostanzialmente costituirono la guardia personale di Mussolini, il quale tempo dopo ebbe a dire al riguardo:
 
{{Citazione|Nel complesso erano alcune centinaia di uomini, suddivisi in gruppi agli ordini di ufficiali, e ovviamente ubbidivano tutti a me. Io ero una specie di capo di questo piccolo esercito.|[[Benito Mussolini]] sul [[Popolo d'Italia]] del 13 aprile [[1920]]<ref>Sven Reichardt, ''Camicie nere, camicie brune'', Bologna, Società Editrice Il Mulino, 2009, p. 233</ref>}}
 
Durante il "[[Biennio rosso in Italia|biennio rosso]]", nelle principali città italiane sorsero gruppi di volontari che si organizzarono in "leghe antibolsceviche", allo scopo di sostituire i dipendenti pubblici durante gli scioperi, assicurando la circolazione dei mezzi di trasporto pubblico e la pulizia delle strade. Questi volontari, perlopiù di estrazione borghese e mossi da ideali nazionalisti e antisocialisti, furono i precursori dello ''squadrismo urbano'', che fra il 1919 e l'estate del 1920 si realizzò soprattutto in attacchi dimostrativi contro manifestazioni socialiste e sedi del movimento operaio<ref>Mimmo Franzinelli, ''Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-1922'', Milano, Mondadori, 2003, pp. 3, 57.</ref>. Ulteriori atti squadristici avvennero poi a [[Mantova]], [[Brescia]] e [[Padova]] e nel [[1920]] in tutte le principali città dell'Italia settentrionale cominciarono a essere formate squadre d'azione armate e alle dipendenze del [[Fasci Italiani di Combattimento|Fascio di combattimento]] locale.
 
Le azioni squadriste - di norma caratterizzate da violenze contro persone e cose - avevano lo scopo, secondo ciò che affermavano gli squadristi, di impedire la realizzazione in [[Italia]] di una [[rivoluzione]] di ispirazione [[Bolscevismo|bolscevica]] e di rispondere alle crescenti rivendicazioni sociali degli operai e dei braccianti: gli squadristi cercarono di giustificare ideologicamente la loro attività presentandola come una risposta alle violente azioni e al clima di agitazione politica socialista e anarchica, nonché come un'affermazione di quei valori nazionalisti che (secondo gli squadristi) erano stati vilipesi dal socialismo; tale giustificazione ideologica valse a nascondere, soprattutto agli occhi degli attivisti più giovani, il reale carattere di classe delle azioni squadriste, ammantandole di illusorie motivazioni morali<ref>Mimmo Franzinelli, ''Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-1922'', Milano, Mondadori, 2003, p. 42: "La virulenza con cui lo squadrismo attaccò le organizzazioni di sinistra e i loro esponenti era sostenuta da motivazioni antiegualitarie e nazionaliste rivendicanti i valori sviliti e negati dal 'sovversivismo'; il velo dell'ideologia nascose a molti giovani il carattere classista di quelle violenze e presentò il fascismo come movimento 'altamente disinteressato e di valore principalmente morale'". Franzinelli cita fra virgolette il saggio di Felicita De Negri, ''Agitazioni e movimenti studenteschi nel primo dopoguerra in Italia'', in "Studi storici", A. XVI, n. 3, 1975, p. 741.</ref>. La giovane età della gran parte degli squadristi ha fatto interpretare ad alcuni autori la [[rivoluzione fascista]] come una rivoluzione generazionale<ref>Marcello Veneziani, ''Rovesciare il 68: pensieri contromano su quarant'anni di conformismo di massa'', Mondadori, 2008, p. 21; Curzio Malaparte, ''La rivolta dei santi maledetti'' (1923) e ''L'Europa vivente'' (1961); Patrizia Dogliani, ''Storia dei giovani'', Pearson Italia S.p.a., 2003, pp. 104 e ss., dove però si parla anche di "controrivoluzione generazionale"; ''Il Secolo dei giovani: le nuove generazioni e la storia del Novecento'', a cura di Paolo Sorcinelli e Angelo Varni, Donzelli, 2004 pp. 142 e ss. dove però è evidenziata anche la prudenza di Mussolini verso l'identificazione integrale del Fascismo a una "rivoluzione generazionale", rivendicata bensì da altri autori fascisti (cfr. Bottai, citato a p. 144); l'interpretazione è anche diffusa all'estero: cfr. Juan J. Linz, ''Some Notes Toward a Comparative Study of Fascism in Sociological Historical Perspective'' in ''Fascism, a reader's guide'', Penguin, 1979; Bruno Wanrooij ''The Rise and Fall of Italian Fascism as a Generational Revolt'', in ''Journal of Contemporary History'' luglio 1987 vol. 22 no. 3.</ref>.
 
Nonostante alcuni tentativi da parte di Mussolini di riavvicinare il PSI (principalmente nel 1919<ref>F. J. Demers, ''Le origini del fascismo a Cremona'', Roma-Bari, Laterza, 1979.</ref> e nel 1921<ref>Renzo de Felice ''Mussolini il fascista'', I, Torino, Einaudi, 1966.</ref>) i socialisti non condividevano le idee [[Nazionalismo|nazionaliste]] di fascisti, futuristi, sindacalisti rivoluzionari, interventisti, fiumani, reduci e arditi. Il tentativo di Mussolini di riavvicinarsi ai socialisti lo portò a polemizzare con tutti i movimenti politici degli ex combattenti<ref>[[Pietro Nenni]], ''[[Storia di quattro anni (1919-1922)]]'', Roma, Einaudi, 1946: "Fu questa svalutazione del fenomeno combattentistico il primo errore e forse il più fatale".</ref>. Il fallimento del progetto politico sansepolcrista divenne evidente con la disfatta fascista alle elezioni politiche del 16 novembre 1919, nelle quali i Fasci di combattimento mancarono l'obiettivo di concordare una lista unitaria nazionale della sinistra interventista, anche a causa delle forti diffidenze che specialmente i repubblicani e i sindacalisti rivoluzionari nutrivano nei confronti del fascismo e dello stesso Mussolini, accusati, il primo di essere un movimento apparentemente rivoluzionario ma in realtà reazionario e il secondo di eccessiva spregiudicatezza<ref>Renzo De Felice, ''Mussolini il rivoluzionario 1883-1920'', Torino, Einaudi, 1965, p. 534.</ref>. In queste elezioni i Fasci di combattimento riuscirono a presentare una propria lista solo per la circoscrizione di Milano, ottenendo in tutto 4&nbsp;657 voti (su circa 270&nbsp;000 votanti) e nessun eletto<ref>Renzo De Felice, ''Mussolini il rivoluzionario 1883-1920'', Torino, Einaudi, 1965, pp. 570-572.</ref>.
 
==== Lo squadrismo nella Venezia Giulia ====
Nella [[Venezia Giulia]], assegnata all'Italia con il [[Trattato di Saint-Germain-en-Laye (1919)|trattato di Saint Germain]], e che quindi viveva un periodo di forte esaltazione nazionalistica, l'adesione ai Fasci italiani di combattimento assunse subito caratteri di massa. Ciò fu dovuto principalmente alla vicinanza della Venezia Giulia stessa al confine orientale che, sottoposto a rivendicazioni territoriali e politiche ([[irredentismo]]), convogliò sui Fasci di combattimento le simpatie dei nazionalisti. A questi si aggiunsero inoltre numerosi legionari dannunziani reduci dell'[[Impresa di Fiume]], che ne costituirono il nerbo iniziale. La prima [[Squadre d'azione|squadra d'azione]] giuliana venne formata a [[Trieste]] il 20 maggio [[1920]] e furono queste squadre delle città provinciali e di campagna quelle grazie alle quali il fascismo irruppe, a partire dalla fine del 1920, in tutta la [[Valle Padana]] e oltre.<ref>Almerigo Apollonio, ''Dagli Asburgo a Mussolini'', Goriziana, 2001.</ref>
 
=== L'espansione del fascismo (ottobre 1920 - maggio 1921) ===
 
=== Il patto di pacificazione (maggio 1921 - novembre 1921) ===
 
=== L'offensiva nazionale (novembre 1921 - ottobre 1922) ===
 
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=== Le squadre d'azione ===
{{Vedi anche|Squadre d'azione}}
 
=== Le motivazioni degli squadristi ===
 
== Stato liberale e squadrismo ==