Domenico Cotugno: differenze tra le versioni

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|GiornoMeseMorte = 6 ottobre
|AnnoMorte = 1822
|Epoca = 1700
|Epoca2 = 1800
|Attività = medico
|Attività2 = anatomista
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|Nazionalità = italiano
|Immagine = Domenico Cotugno 1736-1822.png
|PostNazionalità = , soprannominato "l'[[Ippocrate]] napoletano"
}}
Soprannominato “l’[[Ippocrate]] Napoletano“. Durante gli ultimi anni della sua vita era così famoso che si diceva che a [[Napoli]] “nessuno poteva morire senza il suo permesso“.
È considerato uno dei padri della [[medicina]] moderna<ref>{{cita web|url=https://storienapoli.it/2020/03/13/domenico-cotugno-storia-ippocrate-napoletano-medico/}}</ref>.
 
Soprannominato “l’[[Ippocrate]] Napoletano“. Durante gli ultimi anni della sua vita era così famoso che si diceva che a [[Napoli]] “nessuno poteva morire senza il suo permesso“permesso”.
 
È considerato uno dei padri della [[medicina]] moderna.<ref>{{cita web|url=https://storienapoli.it/2020/03/13/domenico-cotugno-storia-ippocrate-napoletano-medico/}}</ref>.
==Biografia==
Figlio di Michele e Chiara Assalemi si sa ben poco della sua infanzia: proveniva da una famiglia di modesti agricoltori di [[Ruvo di Puglia]], fu accudito da una sorella della madre e familiarizzò con un [[Ordine dei Frati Minori Cappuccini|cappuccino]], frate Paolo, che lo aiutò nei primi anni di formazione, soprattutto presso il [[Diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi|Seminario vescovile]] di [[Molfetta]]. Una volta ritornato a casa, si dedicò, per lo più da autodidatta, alla [[matematica]] e alla [[filosofia]]. La preparazione che ricevette nella cittadina natale fu prettamente umanistica e limitata a poche conoscenze scientifiche, anche se nel frattempo crebbe in lui la passione per le [[scienze naturali]] e per la [[medicina]]: è noto che, non potendo effettuare osservazioni dirette sui [[cadaveri]], studiasse l'[[anatomia]] sugli animali che egli stesso sezionava<ref>A. Borrelli, ''Istituzioni scientifiche Medicina e società. Biografia di Domenico Cotugno'', [[Leo S. Olschki]], Firenze 2000, p. 13.</ref>.
===Sguardo generale===
All'età di 16 anni si trasferì a [[Napoli]], dove fu introdotto alla [[fisica]] e alla medicina, e da allora Cotugno non ritornò più nella cittadina pugliese. Nella città [[Campania|campana]] conobbe [[Antonio Genovesi]], il quale lodò il giovane per «la bella scoverta degli acquedotti dell'orecchio»<ref>''Ivi'', p. 18.</ref>. La stima era reciproca, in quanto Cotugno seguì la strada indicata dal filosofo di [[Castiglione del Genovesi|Castiglione]]: abbandonare le «sottigliezze» e la «ciarleria» per recuperare il valore pratico delle [[scienze]]<ref>''Ivi'', p. 16.</ref>. Dal [[1754]] divenne prima assistente poi medico dell'[[Complesso degli Incurabili|Ospedale degli Incurabili]], che fu la sua vera palestra di sperimentazione medico-scientifica, dove sostituì il titolare di [[chirurgia]], ammalato. Tale esperienza gli fornì l'occasione di sperimentare lo stretto legame tra anatomia e chirurgia.
Figlio di Michele e Chiara Assalemi si sa ben poco della sua infanzia: proveniva da una famiglia di modesti agricoltori di [[Ruvo di Puglia]], fu accudito da una sorella della madre e familiarizzò con un [[Ordine dei Frati Minori Cappuccini|cappuccino]], frate Paolo, che lo aiutò nei primi anni di formazione, soprattutto presso il [[Diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi|Seminario vescovile]] di [[Molfetta]]. Una volta ritornato a casa, si dedicò, per lo più da autodidatta, alla [[matematica]] e alla [[filosofia]]. La preparazione che ricevette nella cittadina natale fu prettamente umanistica e limitata a poche conoscenze scientifiche, anche se nel frattempo crebbe in lui la passione per le [[scienze naturali]] e per la [[medicina]]: è noto che, non potendo effettuare osservazioni dirette sui [[cadaveri]], studiasse l'[[anatomia]] sugli animali che egli stesso sezionava<ref>A. Borrelli, ''Istituzioni scientifiche Medicina e società. Biografia di Domenico Cotugno'', [[Leo S. Olschki]], Firenze 2000, p. 13.</ref>.
All'età di 16 anni si trasferì a [[Napoli]], dove fu introdotto alla [[fisica]] e alla medicina, e da allora Cotugno non ritornò più nella cittadina pugliese. Nella città [[Campania|campana]] conobbe [[Antonio Genovesi]], il quale lodò il giovane per «la bella scoverta degli acquedotti dell'orecchio»<ref>''Ivi'', p. 18.</ref>. La stima era reciproca, in quanto Cotugno seguì la strada indicata dal filosofo di [[Castiglione del Genovesi|Castiglione]]: abbandonare le «sottigliezze» e la «ciarleria» per recuperare il valore pratico delle [[scienze]]<ref>''Ivi'', p. 16.</ref>. Dal [[1754]] divenne prima assistente poi medico dell'[[Complesso degli Incurabili|Ospedale degli Incurabili]], che fu la sua vera palestra di sperimentazione medico-scientifica, dove sostituì il titolare di [[chirurgia]], ammalato. Tale esperienza gli fornì l'occasione di sperimentare lo stretto legame tra anatomia e chirurgia.
 
Conseguita la [[laurea]] presso la [[Scuola medica salernitana]] nel [[1756]], incominciò ad impartire lezioni private di medicina, prima di tentare dei concorsi per l'insegnamento universitario, in particolare presso l'[[Università Federico II di Napoli|ateneo di Napoli]]. Qui, nel [[1758]], fu associato alla cattedra di notomia (anatomia descrittiva e patologica), della quale più tardi, appena trentenne, nel [[1766]], ottenne la titolarità. Ciò avvenne un anno dopo il suo viaggio, di circa tre mesi, per l'[[Italia]]. Del viaggio ha lasciato testimonianza nell'''Iter Italicum Patavinum'', che non è un insieme di considerazioni scientifiche ma un [[diario]] fatto di descrizioni [[paesaggio|paesaggistiche]] e vicende umane toccanti. Nell'opera non compaiono i motivi della sua peregrinazione, che però possono essere facilmente intuiti: il desiderio di conoscere nuove realtà geografiche e culturali, di lasciare la capitale dopo l'[[epidemia]] del [[1764]] a cui Cotugno aveva partecipato di persona e di incontrare gli [[scienziati]] che avevano discusso le sue teorie<ref>''Ivi'', p. 64.</ref>. A [[Roma]] visitò i principali [[monumenti]] con un accompagnatore, l'anatomista Natale Saliceti, dal quale volle sapere i particolari della vita di [[Giovanni Maria Lancisi]]. In effetti le caratteristiche delineate da Saliceti rappresentavano la figura ideale di [[medico]] professata da Cotugno: stare nelle grazie del [[Principe]], occuparsi di studi difficili, essere amato da tutti ma, al contempo, non amare nessuno.
A [[Bologna]] incontrò gli [[Accademia|accademici]] del posto, mentre a [[Padova]] conobbe [[Giovanni Battista Morgagni]]. Sul celebre medico [[forlivese]], una volta rientrato a Napoli, scrisse: «Egli è un uomo quanto savio tanto d'ottimo cuore, e sono a lui vivamente obligato, e lo sarò eternamente per le vere dimostrazioni d'amicizia, e cordialità che mi ha date»<ref>''Ivi'', p. 81.</ref>.
A [[Venezia]] s'incontrò con l'[[abate]] Stella, il quale descrisse a un Cotugno scettico le sue capacità di curare il mal di petto, facilitare il parto e rinvigorire le forze vitali. Ma, nella descrizione di quest'incontro, è come se il medico di [[Ruvo di Puglia|Ruvo]] volesse evidenziare la differenza tra le cure fondate sulla conoscenza scientifica e quelle fondate sui [[miracoli]] dei [[Ciarlatano|ciarlatani]]. L'ultima tappa del viaggio fu [[Firenze]].
Nel [[1781]], quando [[Anton Mario Lorgna]] decise di ampliare l'[[Accademia dei XL]], fu incluso anche Cotugno. Originariamente non era compreso nel progetto e la scarsa presenza degli scienziati del [[Mezzogiorno (Italia)|Meridione]] era confermata dai primi scritti della società, tutti di autori di area centro-settentrionale. Ma [[Anton Mario Lorgna]] era convinto della necessità di coinvolgere scienziati di ogni parte del Paese, polemizzando con quanti volessero sceglierli esclusivamente nel [[Veneto]]. In questi anni Cotugno effettuò due viaggi importanti: il primo in Italia e il secondo tra [[Austria]] e [[Germania]], divenendo medico di corte al seguito di re [[Ferdinando I delle Due Sicilie|Ferdinando IV di Napoli]]. Mentre non si hanno notizie sul nuovo viaggio nella Penisola, ci sono numerosi documenti sul soggiorno tedesco. A Roma ebbe in cura [[nobili]], [[cardinale|cardinali]], frequentò uomini di cultura e ottenne una lunga udienza dal [[Papa]]<ref>''Ivi'', p.139</ref>. La sua fama toccò l'apice durante il viaggio a [[Vienna]]: fece parte del seguito reale a causa dell'improvvisa malattia di Giuseppe Vairo, medico di camera e suo amico. Ha lasciato egli stesso un resoconto del viaggio, l'''Iter Germanicum'', un'opera che denota il carattere pragmatico di Cotugno nell'interesse per l'[[agricoltura]] e per le sue connessioni con la [[medicina]]. La nomina di Cotugno a medico di camera ebbe vasta risonanza a Napoli, da dove gli arrivarono congratulazioni e richieste di raccomandazioni<ref>''Ivi'', pp. 146- 150</ref>. Nel [[1794]] si sposò con Ippolita Ruffo, vedova del duca Francesco di Bagnara, «un matrimonio che sembrava però rispondere più a esigenze sociali (il suo ingresso a Corte), che ad altre necessità»<ref>''Ivi'', p. 151.</ref>. Da qui la scelta di una donna appartenente a una delle più antiche e illustri famiglie napoletane. Cotugno era sempre rimasto in contatto con i suoi parenti di Ruvo di Puglia, ma l'arrivo della moglie ruppe questo equilibrio. Non bisogna meravigliarsi perciò se i rapporti tra lei e i parenti di Cotugno non fossero buoni e se alla morte dello scienziato si dovesse ricorrere al tribunale per l'eredità.
 
Cotugno nei suoi numerosi viaggi aveva sempre manifestato interesse per ospedali, biblioteche e musei e si prefissò di allineare Napoli alle grandi città europee, ma i progetti intrapresi si interruppero dopo la [[Rivoluzione Napoletana (1799)|Rivoluzione del 1799]] per la mancanza di un vero e proprio piano di riforma dello [[Stato]]. Ciò che mancò fu la consapevolezza che la [[scienza]] avesse bisogno non di rari interventi ma di finanziamenti e riforme riguardanti ogni settore della vita pubblica. In particolare bisognava dare più spazio alle arti applicate, alla tecnica, più che alle scienze pure, per formare cittadini laboriosi nei vari campi della vita civile<ref>''Ivi'', p.173</ref>. A tale scopo venne fondato un Istituto a cui erano collegate tutte le società economiche delle province e del quale Cotugno divenne presidente fino al [[1808]], anno in cui fu nominato censore della classe di storia naturale.
A Napoli, dove diede inizio a misure [[profilassi|profilattiche]] contro la [[tubercolosi]], fu [[Preside|Decano]] della [[facoltà di medicina]], [[rettore (università)|rettore]] della medesima [[Università Federico II di Napoli|università partenopea]], introducendo l'esame di fisica e stabilendo l'incompatibilità tra la professione del [[medico]] e quella del [[farmacista]], e proto-medico generale del [[Regno delle Due Sicilie]], carica che consisteva nell'attribuire privilegi per l'esercizio della professione a medici, chirurghi e altri del settore. In particolare per poter effettuare meglio i controlli in tutto il Regno, il 16 dicembre [[1815]], periodo in cui era scoppiata una [[pestilenza]] in [[Puglia]], propose l'istituzione in ogni provincia di una Commissione dipendente dal Protomedicato generale. Nella sua attività Cotugno fu un sostenitore non solo della professionalità di coloro che operavano in campo sanitario, ma anche della loro correttezza. Infatti non a caso uno degli ultimi atti di Cotugno Protomedico fu un severo rimprovero a un tale Francesco Boccalino, dentista, che per procurarsi clienti aveva fatto ricorso persino a uno spettacolo di [[marionette]]<ref>''Ivi'', p. 193.</ref>. Nel [[1911|1811]] il ministro [[Giuseppe Zurlo]] approvò il ''Ricettario Farmaceutico napoletano'', un codice contenente la descrizione di rimedi semplici e composti e i prezzi dei vari medicamenti, al quale diede un apporto decisivo proprio Cotugno<ref>''Ivi'', p. 191.</ref>.
Fu, inoltre, socio di numerose accademie, italiane e straniere, quali quella di [[Copenaghen]] o quella medico-cerusica di Napoli, nonché [[consigliere di Stato]]. In particolare nell'Accademia delle Scienze e Belle Lettere ebbe un ruolo centrale nel miglioramento delle condizioni igieniche della capitale: i medici dovevano spostare il loro interesse scientifico, umano e professionale dalle [[malattie]] dei singoli a quelle della collettività<ref>''Ivi'', p. 133.</ref>. Fu pure membro della [[Massoneria]]<ref>[https://www.grandeoriente.it/napoli-massonica-la-citta-dei-fratelli-uno-stradario-esoterico-ansa/ Napoli massonica, la città dei ‘fratelli’: uno stradario esoterico/Ansa], Antonio Emanuele Piedimonte ''Le 99 vie massoniche di Napoli – La città dei fratelli, la storia della Massoneria meridionale nella toponomastica'', Edizioni Sub Rosa, 2024, pp. 314.</ref>.
 
===L'attività scientifica===
[[File:Domenicocotugnomonumentoruvo.JPG|thumb|Monumento di Domenico Cotugno in piazza Cavallotti a Ruvo di Puglia]]
Domenico Cotugno fu protagonista di importanti scoperte neurologiche, grazie a un'intensa attività clinica e anatomica, e fin dall'inizio mostrò i suoi interessi per l'[[anatomia]] sottile, cioè la ricerca dei piccoli e nascosti meccanismi che compongono il nostro organismo<ref>''Ivi'', p.27.</ref>. In tutte le sue indagini egli seguì il metodo indicato nella sua prima opera: mostrare la natura delle cose così come gli era apparsa non una o due volte, ma centinaia di volte, nell'esame dei [[cadaveri]].
 
Nel ''De aquaeductibus auris humanae internae'' ([[1761]]) descrisse per primo il [[nervo naso-palatino]], gli [[acquedotti]] del [[vestibolo (anatomia)|vestibolo]] e della [[Coclea (anatomia)|chiocciola]] dell'[[orecchio interno]], dimostrando inoltre che il labirinto era pieno di liquido e privo di aria, come invece stabiliva una teoria secolare risalente ad [[Aristotele]]. Cotugno dimostrò che il suono si poteva propagare anche nei liquidi: nel vestibolo c'è un umore, il liquido endolabirintico. Ebbe il sostegno di varie personalità, tra cui il ricordato Giovan Battista Morgagni, ma incontrò numerose obiezioni, ''in primis'' quella dei membri dell'[[Accademia delle Scienze di Bologna]], i quali sostenevano che la [[linfa (zoologia)|linfa]] fosse un elemento patologico e che non si potesse provare che l'orecchio contenesse del liquido; anzi sembrava impossibile che potesse racchiudere l'elevata quantità di liquido indicata da Cotugno<ref>''Ivi'', p. 45.</ref>.
 
Nel ''De ischiade nervosa commentarius'' ([[1764]]) descrisse le cause e la sede della [[sciatica]], provocata da un'infiammazione del nervo sciatico per una sostanza acida proveniente dalla cavità cranica o spinale, e il liquido cefalorachidiano (detto anche, in suo onore, ''liquor Cotumnii''); riconobbe inoltre la presenza di [[albumina]] nelle urine dei nefritici e nella seconda parte dell'opera dedicò ampio spazio ai rimedi terapeutici, quali [[incisioni]] e [[salassi]]. Il libro venne pubblicato in ritardo a causa della [[febbre]] epidemica che colpì il Regno nel periodo estivo. Cotugno fece parte dei medici incaricati di fronteggiare l'[[epidemia]] e pose l'esigenza di differenziare le singole febbri con la necessità di usare cure specifiche.
La maggior parte di queste scoperte era stata compiuta prima che compisse 20 anni; ma il "De ischiade", non essendo in contrasto con i dettami dell'[[anatomia]] classica, non scatenò la bufera della prima opera.
 
Secondo [[Benedetto Croce]], Cotugno potrebbe essere stato il vero autore del celebre trattato ''Delle virtù e dei premi'' (il secondo del suo genere dopo ''Dei delitti e delle pene'' di [[Cesare Beccaria]]) che, uscito anonimo nel [[1766]], fu ristampato l'anno seguente, anche in [[lingua francese|francese]], recando come autore il giurista aquilano [[Giacinto Dragonetti]] e a questi sempre attribuito<ref>[[Benedetto Croce|B. Croce]], ''Il libro "Delle virtù e dei premi" del Dragonetti'', in [[Benedetto Croce|Idem]], ''Nuove pagine sparse'', serie II, Ricciardi, Napoli 1948, pp. 235-237.</ref>.
 
Cotugno si interessò alla polemica sulla teoria di [[Albrecht von Haller]] sull'"irritabilità", proprietà specifica delle fibre muscolari, e sulla [[sensibilità (medicina)|sensibilità]], proprietà specifica delle sole fibre nervose. Mentre entrambe si manifestano dopo uno [[stimolo]] solo la seconda provoca evidenti sofferenze. I contrasti sorsero nello stabilire le parti del corpo dotate dell'"irritabilità", individuate da Haller nel glutine delle fibre muscolari. Per gli halleriani mentre non si poteva conoscere la causa precisa di questo fenomeno, come avveniva per altri fenomeni fisici, la sua localizzazione era certa. Gli oppositori di questa teoria sostenevano che ciò fosse tutt'altro che scontato in quanto il glutine era presente in altre parti del corpo non dotate di "irritabilità"<ref>A. Borrelli, ''op. cit.'', p. 100.</ref>.
 
Cotugno non era propenso ad accettare in blocco la teoria e a considerlarla come un nuovo fondamento della [[medicina]]. Egli non scrisse nulla di specifico sull'argomento ma affermò la presenza di [[nervo|nervi]] sulla [[dura madre]] in una ''Epistola anatomica prima ad amicum de nervis ad aurem pertinentibus''. [[Albrecht von Haller]] contestò tale scoperta affermando che in realtà il filamento osservato da Cotugno non era un [[nervo]], bensì un'[[arteria]] e perciò la [[dura madre]] era priva di sensibilità. Le posizioni dei due scienziati erano nettamente differenti: Haller negava, sbagliando, l'esistenza del liquido cefalo-rachidiano indicata da Cotugno e l'innervazione della [[dura madre]].
 
Nel [[1769]] pubblicò la sua terza opera fondamentale, il ''De sedibus variolarum syntagma'', un'indagine sul [[vaiolo]]: egli sosteneva che la sede fosse la cute esposta all'aria e che vi fosse la necessità di trovare rimedi specifici, rigettando per esempio la cura tradizionale dei bagni caldi. Descrisse la storia di persone di diverse condizioni sociali con il linguaggio oggettivo della [[scienza]] ma senza perdere di vista il lato umano dei malati. La parte più importante è il sostegno all'[[inoculazione (medicina)|inoculazione]] che lo avrebbe portato, in seguito, ad appoggiare la [[vaccinazione]] jenneriana.
Nel [[1778]] pubblicò il ''De animorum ad optimum disciplinam praeparatione'' in cui delineava in un periodo di crisi una figura d'[[intellettuale]] che non si facesse sopraffare, attraverso la ragione, dalle lusinghe della fantasia e dei piaceri. Volle delineare i rapporti tra conoscenza e morale in un momento in cui lo [[Stato]] stava rivoluzionando le istituzioni culturali. La formazione dei giovani non era solo un accumulo di conoscenze ma un cambiamento di mentalità e di costume. Mentre [[Giambattista Vico]] proponeva di istruire i giovani con la [[matematica]] e con la [[fisica]], Cotugno sosteneva la meditazione, che non aveva alcuna valenza mistica ma derivava dall'osservazione anatomica sul [[cervello]]<ref>''Ivi'', p. 129.</ref>.
 
Nel [[1772]] esce, infine, il ''Dello spirito della medicina'' in cui Cotugno voleva indagare le ragioni che avevano portato la [[medicina]] a non produrre "buone e utili conoscenze"<ref>''Ivi'', p. 116.</ref>. Cotugno riteneva che gli studenti dovessero liberarsi dalla soggezione nei confronti dei maestri e così esortava gli alunni dell'[[Complesso degli Incurabili|ospedale degli Incurabili]] affinché si affidassero all'osservazione della natura: «Ecco qual debba essere il vostro studio, la vostra applicazione, la vostra industria; non istancarvi mai di vederla, di conoscerla, d'ascoltarla. Le sue voci son mute, ma efficaci. Chi si familiarizza seco lei, diviene sacerdote suo vero»<ref>''Ivi'', p. 117.</ref>. Secondo lui era necessario che gli studenti entrassero subito negli [[ospedali]] e nei [[laboratori]]: «La medicina non è una scienza, è solo una cognizione...l'ha prodotta e presentata la sola natura»<ref>''Ivi'', p. 118.</ref>. Cotugno sosteneva che i medici dovessero abbandonare la presunzione di conoscere le cause ultime dei fenomeni poiché ciò generava l'epoca più infelice della [[medicina]]<ref>''Ibidem''.</ref>.
 
==Riconoscimenti==
[[File:L'Aquila 2011 -Palazzo del Convitto- by-RaBoe-213.jpg|thumb|La sede storica della biblioteca provinciale aquilana, complesso del Convitto nazionale dell'Aquila, intitolato a Cotugno]]
La città di Napoli gli ha intitolato un [[Ospedale Cotugno|intitolato un ospedale]] in cui si curano le [[malattia infettiva|malattie infettive]], mentre l'[[Complesso degli Incurabili|Ospedale degli Incurabili]], cui Cotugno aveva disposto un lascito, conserva un suo busto. All'[[L'Aquila|Aquila]] gli è stato intitolato il [[liceo classico Domenico Cotugno]], mentre a [[Ruvo di Puglia]], sua città natale, gli è stata intestata una scuola secondaria di primo grado.
 
==Pubblicazioni==
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* ''Lettere del 1761 fra D. Cotugno e [[Giovanni Battista Morgagni|G.B. Morgagni]]'', a cura di L. Belloni, in «Physis», XII (1970), pp.&nbsp;415–423.
* ''Domenico Cotugno: documenti d'archivio 1766-1833'', a cura di A. Borrelli, La città del sole, Napoli 1997.
 
==Riconoscimenti==
[[File:L'Aquila 2011 -Palazzo del Convitto- by-RaBoe-213.jpg|thumb|La sede storica della biblioteca provinciale aquilana, complesso del Convitto nazionale dell'Aquila, intitolato a Cotugno]]
La città di Napoli gli ha intitolato un [[Ospedale Cotugno|ospedale]] in cui si curano le [[malattia infettiva|malattie infettive]], mentre l'[[Complesso degli Incurabili|Ospedale degli Incurabili]], cui Cotugno aveva disposto un lascito, conserva un suo busto. All'[[L'Aquila|Aquila]] gli è stato intitolato il [[liceo classico Domenico Cotugno]], mentre a [[Ruvo di Puglia]], sua città natale, gli è stata intestata una scuola secondaria di primo grado.
 
==Note==
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==Collegamenti esterni==
* {{Collegamenti esterni}}
* {{cita web | 1 = http://Scuola%20Secondaria%20di%20Primo%20Grado%20Domenico%20Cotugno%20(Ruvo%20di%20Puglia) | 2 = http://www.scuolamediacotugno.it/ | accesso = 3 gennaio 2022 | dataarchivio = 20 febbraio 2017 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20170220175602/http://acn.com.ve/ | urlmorto = sì }}
 
{{Controllo di autorità}}
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[[Categoria:Professori dell'Università degli Studi di Napoli Federico II]]
[[Categoria:Membri dell'Accademia Nazionale delle Scienze]]
[[Categoria:Massoni]]