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{{Nota disambigua|il testo di [[Francesco Guicciardini]]|[[Storia d'Italia (Guicciardini)]]}}
{{storiaitalia}}
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Per '''storia d'Italia''' si intende per convenzione la [[storia]] della [[regione geografica italiana]] e dei popoli che l'hanno abitata, dotata - al di là delle molteplici differenze culturali e delle successive trasformazioni politiche - di una specifica identità che l'ha condotta nei secoli a essere riconosciuta come un unico soggetto storico. In un'accezione più ristretta, per storia d'Italia si intende invece la storia dello stato unitario, ossia la storia del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] e della [[Repubblica Italiana]], nonché degli eventi che condussero alla sua formazione, ossia la storia dell'espansione del [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]], tradizionalmente conosciuta come [[Risorgimento]].
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{{vedi anche|Italia preistorica e protostorica}}
===Preistoria===
Il popolamento del territorio italiano risale alla [[preistoria]], epoca di cui sono state ritrovate importanti testimonianze [[archeologia|archeologiche]]. L'Italia è stata abitata almeno a partire dal periodo [[Paleolitico]]. Tra i più interessanti siti archeologici italiani risalenti al paleolitico, si ricorda quello di [[Monte Poggiolo]], presso [[Forlì]] e la [[Grotta dell'Addaura]], presso [[Palermo]], nella quale si trova un vasto e ricco complesso d'incisioni, databili fra l'[[Epigravettiano]] finale e il [[Mesolitico]], raffiguranti uomini ed animali.
 
Tra i popoli insediatisi nel [[Neolitico]], quando l'uomo da cacciatore divenne anche pastore e agricoltore, si ricordano gli [[antichi Camuni]] (in [[Val Camonica]]).
 
===Etruschi e Genti Italiche===
[[ImmagineFile:Etruscan_civilization_italian_map.png|thumb|left|250px|Cartina con i maggiori centri [[Etruschi]], ed "espansione" della civiltà etrusca nel corso dei secoli]]
 
Le informazioni sulle genti abitanti la penisola in epoca preromana sono, in taluni casi, incomplete e soggette a revisione continua. Popolazioni di ceppo [[indoeuropeo]], trasferitesi in [[Italia]] dall'Europa Orientale e Centrale in varie ondate migratorie ([[veneti]], umbro-sabelli, [[latini]], ecc.), si sovrapposero ad etnie pre-indoeuropee già presenti nell'attuale territorio italiano, o assorbendole, oppure stabilendo una forma di convivenza pacifica con esse.
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Presumibilmente, queste migrazioni ebbero inizio in [[età del bronzo]] medio (e cioè attorno alla metà del [[II millennio a.C.]]) e si protrassero fino al [[IV secolo a.C.]] con la discesa dei [[Celti]] nella pianura padana. Fra i popoli di età preromana, meritano una particolare menzione gli [[Etruschi]] che, a partire dall'[[VIII secolo a.C.]], iniziarono a sviluppare una civiltà raffinata ed evoluta che influenzò notevolmente [[Roma]] e il mondo latino. Le origini di questo popolo non indoeuropeo, stabilitosi sul versante tirrenico dell'[[Italia]] centrale, sono incerte.
 
Secondo alcune fonti, la loro provenienza andrebbe ricercata in [[Asia Minore]], secondo altre, avrebbero costituito una etnia autoctona. Certo è che, già attorno alla metà del VI secolo a.C., riuscirono a creare una forte ed evoluta federazione di città-stato che andava dalla [[Pianura Padana]] alla Campania e che comprendeva anche [[Roma]] ed il suo territorio. In [[Italia settentrionale]], accanto ai [[Celti]] (comunemente chiamati [[Galli]]), vi erano i [[Liguri]] (originariamente non indoeuropei poi fusisi con i Celti) stanziati in [[Liguria]] e parte del [[Piemonte]] mentre nell'Italia nord-orientale vivevano i [[Paleoveneti|Veneti]] (paleoveneti) di probabile origine [[Illiri|illiricailliri]]ca o, secondo alcune fonti, provenienti dall'[[Asia Minore]].
 
Nell'Italia più propriamente peninsulare accanto agli [[Etruschi]], convivevano tutta una serie di popoli, in massima parte di origine indoeuropea, fra cui: [[Umbri]] in [[Umbria]]; [[Latini]], [[Sabini]], [[Falisci]], [[Volsci]] ed [[Equi]] nel [[Lazio]]; [[Piceni]] nelle [[Marche]] ed in [[Abruzzo]] Settentrionale; [[Sanniti]] nell'[[Abruzzo]] Meridionale, [[Molise]] e [[Campania]]; [[Apuli]], [[Messapi]] e [[Iapigi]] in [[Puglia]]; [[Lucani]] e [[Bruttii]] nell'estremo Sud; [[Siculi]], [[Elimi]] e [[Sicani]] (non indoeuropei, probabilmente autoctoni) in [[Sicilia]]. La [[Sardegna]] era abitata, fin dal II millennio a.C., dai [[Sardi]], risultato, forse, di un connubio tra le preesistenti popolazioni megalitiche presenti nell'Isola ed il misterioso popolo dei [[Shardana]].
 
Alcune di queste popolazioni, stanziate nell'[[Italia]] meridionale e nelle isole, si troveranno a convivere, dall'[[VIII secolo a.C.|VIII]] fino al [[III secolo a.C.]], con le colonie greche e fenicie (Puniche) successivamente assorbite dallo stato romano.
Fra le popolazioni citate, oltre agli [[Etruschi]], di cui si è già parlato, ebbero un ruolo importante in epoca preromana e romana i [[Sanniti]], che riuscirono a costituire un'importante federazione in una vasta area dell'Italia [[Appennini|appenninicaappennini]]ca e che contrastarono lungamente l'espansione romana verso l'Italia meridionale.
 
Nell'area laziale, invece, un posto a sé stante meritano i [[Latini]] protagonisti, insieme ai [[Sabini]], della primitiva espansione dell'Urbe e forgiatori, insieme agli [[Etruschi]] ed ai popoli italici più progrediti ([[Umbri]], [[Falisci]], ecc.), della futura civiltà romana.
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===Fenici e Cartaginesi===
{{vedi anche|Espansione cartaginese in Italia}}
Primi stanziamenti [[Fenici]] nell'attuale territorio italiano sono datati attorno all'[[VIII secolo a.C.]] quando, dopo una iniziale fase di precolonizzazione del [[Mediterraneo]] occidentale e di fondazione di città come [[Utica]] e [[Cartagine]], veri e propri colonizzatori si insediarono sulle coste della [[Sardegna]] e nell'area occidentale della [[Sicilia]]. Nascono [[Mozia]] (da cui più tardi [[Lilibeo]]), [[Palermo]], [[Solunto]] in [[Sicilia]] e [[Sulki|Sulci]], [[Nora (città)|Nora]], [[Tharros]], [[Bithia (archeologia)|Bithia]], [[Cagliari]] in [[Sardegna]].<ref> Cfr. [[Sabatino Moscati|S. Moscati]], ''Italia Punica'', Rusconi, Milano, 1995</ref>
 
Mentre in Sicilia l'installazione fenicia non incontrò grandi reazioni da parte degli autoctoni (a Monte Erice, per esempio, un tempio fu dedicato ad [[Astarte]], dea-madre dell'area cananea, che veniva frequentato dai Fenici e dagli Elimi<ref> Cfr. [[Sabatino Moscati|S. Moscati]], ''Italia Punica'', ''cit''.</ref>), in Sardegna i Fenici, per la decisa resistenza che incontrarono, non riuscirono a controllare territori molto ampi lontano dalle loro città.
 
A metà del VI secolo, con la spedizione del semileggendario [[Malco]] iniziò il tentativo di conquista, vera e propria delle isole maggiori. Cartagine, a tre secoli dalla fondazione, aveva raggiunto i limiti di espansione lungo la costa settentrionale dell'Africa dove, a est aveva fermato la colonizzazione greca vincendo gli scontri con [[Cirene]] e verso ovest intratteneva ottimi rapporti con [[Numidi]] e [[Mauretania|Mauri]]. Le coste della [[Spagna]] erano ben controllate, Gli [[Etruschi]] non impensierivano i punici. Solo la Sicilia vedeva la costante migrazione e i continui insediamenti delle popolazioni della [[Grecia]] che lentamente ma sicuramente spinsero i Fenici nell'estrema punta occidentale dell'isola.
[[ImmagineFile:Punici e greci (580 a.C.).png|thumb|right|250px|Dislocazione di alcuni insediamenti Cartaginesi e Greci nel 580 a.C.]]
Questa pressione demografica e -soprattutto- economica spinse Cartagine al tentativo di fermare i Greci o addirittura di conquistare l'intera Sicilia. Ciò avrebbe consentito il totale controllo dei due passaggi dal Mediterraneo Orientale a quello Occidentale. Una serie di interventi bellici nell'arco di due secoli (dal [[550 a.C.]] al [[275 a.C.]]) non portarono a grandi risultati. A fasi alterne le varie [[guerre greco-puniche]] allargarono la sfera di influenza cartaginese o greca in Sicilia senza che nessuno dei due popoli riuscisse a prevalere nettamente sull'altro. Tutto si concluse con lo scoppio della [[prima guerra punica]] che tolse ai Cartaginesi le aree siciliane e pose una pesante ipoteca su [[Siracusa]], unico regno siceliota di qualche importanza.
 
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Lo sforzo bellico in Sardegna riuscì a rendere l'isola un vero e proprio possedimento, come il territorio della costa libica, dove l'imperio Cartaginese poté dirigere la produzione mineraria e agricola in relazione alle necessità puniche e non solo autoctone.
 
Nel corso del tempo i Cartaginesi giunsero quindi a chiudere le coste dell'isola in un vero e proprio cerchio di fortezze e colonie<ref> ''Cfr.'' [[F. Barreca]], ''La civiltà fenicio-punica in Sardegna'', Sassari, 1986</ref>. L'agricoltura sarda, era dedicata principalmente alla produzione di grano tanto che già nel [[480 a.C.]] Amilcare, impegnato nella [[battaglia di Imera]], fece venire dalla Sardegna in Sicilia i rifornimenti di grano per le sue truppe.Dallo pseudo-aristotelico ''De mirabilibus auscultationibus'' sappiamo che Cartagine proibiva la coltivazione di piante da frutto per spingere la monocultura del grano.<ref> ''Cfr.'' [[Sabatino Moscati|S. Moscati]], ''Italia Punica'', ''cit''. p. 150-151</ref>. L'artigianato sardo era fortemente condizionato dagli stili artistici e dalle commesse che i cartaginesi portavano nell'isola.
 
Cartagine entrò anche nella storia d'Italia peninsulare riuscendo ad allearsi con gli Etruschi per combattere i greci di [[Alalia]], in [[Corsica]], che si erano dati alla pirateria. Le [[Lamine di Pyrgi]] ci mostrano quanto fosse sentito l'influsso cartaginese sulle coste toscane e laziali. È del [[509 a.C.]], infine, l'inizio di relazioni diplomatiche importanti fra Cartagine e Roma. La neonata [[Repubblica romana]] e i cartaginesi siglarono il primo dei [[Trattati Roma-Cartagine]], il primo riconoscimento che Cartagine offrì a Roma e che segnò l'inizio di stabili relazioni fra le due città. Altri trattati vennero, nel tempo, conclusi; la loro formulazione segue, nell'ampliarsi e restringersi delle concessioni dei Cartaginesi ai Romani, l'alternarsi dell'evoluzione territoriale e di potenza dell'Urbe.
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| header = [[Tetradracma]] di [[Siracusa]]
| hbkg = #E0E0FF <!--#abcdef-->
| image = ImmagineFile:SNGANS 259.jpg
| caption_left = Testa di Aretusa
| caption_right =[[Auriga]] alla guida di una [[quadriga]]
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| margin = 0
}}
Tra l'[[VIII secolo a.C.|VIII]] ed il [[VII secolo a.C.]], coloni provenienti dalla [[Grecia]] cominciarono a stabilirsi sulle coste del sud Italia e della Sicilia. Le prime componenti stabilitesi in Italia furono quelle ioniche e quelle peloponnesiache: gli [[Eubea|Eubei]] e i [[Rodi|Rodii]]i fondarono [[Cuma]], [[Reggio Calabria]], [[Napoli]], [[Giardini-Naxos|Naxos]] e [[Messina]], i Corinzi [[Siracusa]] (i quali a loro volta fonderanno la città di [[Storia di Ancona|Ankon]], l'odierna [[Ancona]]), i Megaresi [[Leontinoi]], gli Spartani [[Taranto]], mentre i coloni provenienti dall'[[Acaia]] fondarono [[Sibari]] e [[Crotone]]. Oltre a quelle sopra menzionate, altre importanti furono [[Metaponto]], fondata anch'essa da coloni Achei, [[Heraclea]] e [[Locri Epizefiri]].
 
L'importanza della colonizzazione greca per i popoli italici è dovuta al fatto che essi vennero così a contatto con forme di governo [[democrazia|democratiche]] caratterizzate da forti responsabilizzazioni del cittadino, e con espressioni artistiche e culturali elevate; basti pensare ai [[filosofia|filosofi]] e uomini di scienza dell'epoca, fra cui [[Pitagora]] ed [[Archimede]], nati in Grecia, e di cultura greca. Tra le principali città della Magna Grecia, vi fu soprattutto Napoli che, specialmente nel 420 a. C., in concomitanza col calo dell'influenza ateniese, il suo porto figurò tra i più importanti del mar mediterraneo <ref>Wanderlingh Attilio, I giorni di Neapolis, Edizioni Intra Moenia, Napoli aprile 2001</ref>.
 
I contrasti fra le colonie greche e gli indigeni furono frequenti, tuttavia i Greci cercarono di instaurare rapporti pacifici con le popolazioni locali, favorendo, in molti casi, un lento assorbimento delle stesse. La ricchezza e lo splendore delle colonie furono tali da far identificare l'Italia meridionale peninsulare dagli storici romani con l'appellativo di [[Magna Grecia]]. Nel [[III secolo a.C.]] tutte le colonie [[Italioti|italiote]] della Magna Grecia e quelle siciliane furono assorbite nello Stato romano. Per molte di esse iniziò un fatale declino.
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===Roma (753 a.C. - 476 d.C.)===
{{vedi anche|Storia romana}}
[[ImmagineFile:She-wolf_suckles_Romulus_and_Remus.jpg|thumb|right|200px|La scultura rappresenta la ''Lupa capitolina'' che allatta i gemelli [[Romolo e Remo]], che furono aggiunti, probabilmente da [[Antonio del Pollaiolo]], nel tardo [[XV secolo]].]]
 
Secondo la tradizione, la città di Roma fu fondata il [[21 aprile]] del [[753 a.C.]] da [[Romolo]] sul [[colle palatino]]. In realtà, già in precedenza erano sorti villaggi in quella posizione, fondamentale per la via di commercio del sale, ma solo alla metà dell'[[VIII secolo a.C.|VIII secolo]] questi si unirono in una sola città. La zona era dotata, inoltre, di un buon potenziale agricolo, e la presenza dell'[[isola Tiberina]] rendeva facile l'attraversamento del vicino fiume [[Tevere]].
 
==== Età regia (753 -o 509monarchica a.C.)====
[[File:Romolo_e_remo.jpg|thumb|225px|[[Pieter Paul Rubens]], ''[[Romolo e Remolo (Rubens)|Romolo e Remo]]'', [[1615]]-[[1616|16]] ([[Roma]], [[Pinacoteca Capitolina]]).]]
{{vedi anche|Età regia di Roma}}
====I primi quattro re====
Romolo instaurò nella città il [[monarchia|regime monarchico]]: fino al [[509 a.C.]], Roma fu retta, secondo la tradizione, da [[età regia di Roma|sette re]],<ref>È il numero tramandato dai racconti degli storici antichi, tra cui [[Tito Livio]], nel libro I della sua opera ''[[Ab Urbe condita libri|Ab Urbe condita]]''.</ref> che apportarono notevoli contributi allo sviluppo della società.
I primi [[re di Roma]] sono generalmente considerati come figure prettamente mitologiche, poiché la datazione proposta da [[Varrone]] - che considera un totale di 245 anni per i sette monarchi - è molto probabilmente troppo breve. La tradizione attribuisce ad ogni sovrano un particolare contributo nella nascita e nello sviluppo delle istituzioni romane e dello sviluppo socio-politico dell'Urbe. [[Numa Pompilio]], il secondo re, che regnò dal [[716 a.C.|716]] al [[673 a.C.]], è un nome tipicamente italico, di origine osco-umbra. La leggenda lo vuole creatore delle principali [[religione romana|istituzioni religiose]], tra cui i collegi sacerdotali delle [[vestali]], dei [[Flamine|flàmini]], dei [[pontefice (storia romana)|pontefici]], e degli [[augure|àuguri]]; istituì anche la carica di [[Pontefice massimo (storia romana)|pontefice massimo]] (''pontifex maximus''), nonché la suddivisione dell'anno in dodici mesi e la precisa regolamentazione di tutte le feste e le celebrazioni, precisando i giorni [[fasti (storia romana)|fasti e nefasti]]. Il terzo re, [[Tullo Ostilio]], succeduto subito al precedente, siede al trono fino al [[641 a.C.|641]], sconfiggendo i [[Sabini]] e conquistando [[Alba Longa]], con una iniziale espansione territoriale nel [[Lazio]]. Da un punto di vista storico si tratta di un fatto possibile, poiché alla metà del [[VII secolo a.C.]] si è osservato un abbandono dei villaggi limitrofi. Al re viene attribuita anche la prima pavimentazione del [[Foro romano|Foro]]. Il successore [[Anco Marzio]] - dal [[640 a.C.|640]] al [[617 a.C.]] - ne proseguì l'opera fondando la prima delle colonie, ossia [[Ostia (città antica)|Ostia]] (traducibile in [[lingua latina|latino]] come ''foci''); la costruzione della nuova città era dovuta probabilmente alla necessità di controllare la zona meridionale del [[Tevere]].
 
[[File:Lapis-niger.jpg|thumb|150px|left|Il celebre ''[[lapis niger]]'', dal [[Foro Romano|Foro]], fra i più antichi reperti romani ([[VII secolo a.C.]]).]]
Ognuno dei primi quattro, infatti, operò in un diverso ambito dell'"amministrazione statale": il fondatore [[eponimo]] Romolo diede il via alla prima guerra di espansione contro i [[Sabini]], originatasi dall'episodio del [[ratto delle Sabine]], e associò al trono il re nemico [[Tito Tazio]], allargando per primo le basi del neonato stato romano. Stabilì poi la suddivisione della popolazione in tre [[tribù]] e pose le basi per la ripartizione tra [[patrizio (storia romana)|patrizi]] e [[plebei]].
 
====I re etruschi====
Il suo successore [[Numa Pompilio]] istituì i primi collegi sacerdotali, come quello delle [[Vestali]], e riformò il calendario. In seguito, [[Tullo Ostilio]] riprese le ostilità contro i popoli vicini e sconfisse la città di [[Alba Longa]], mentre il successore [[Anco Marzio]] operò nel campo dell'urbanistica: costruì il primo ponte di legno sul Tevere, fortificò il [[Gianicolo]] e fondò il porto di [[Ostia]].
L'esistenza storica in particolare degli ultimi tre re pare essere accertata, sebbene sia possibile che i due Tarquini siano una duplicazione di uno stesso personaggio). Sotto questi sovrani, la città entrò nell'orbita [[Etruschi|etrusca]] ed ebbe una straordinaria fioritura. [[Tarquinio Prisco]], regnante dal [[616 a.C.|616]] per una generazione, effettuò diversi lavori pubblici, come il drenaggio delle zone pianeggianti attraverso la [[Cloaca Massima]]. Istituì anche un esercito guidato da tre ufficiali, i [[tribuno militare|tribuni militari]] (''tribuni militum''), a capo di 3.000 fanti e 300 cavalieri. Viene organizzato anche il sistema elettorale attraverso le curie (dal [[lingua latina|latino]] per ''co-viria'', intendendo una riunione di uomini). Il sesto re, [[Servio Tullio]], riorganizzò l'esercito nella nuova [[oplita|falange oplitica]], con una divisione dei cittadini in classi secondo il censo, e in tribù secondo la residenza; le tribù sono divise in quattro urbane (''Suburbana, Palatina, Esquilina, Collina'') e 17 rurali (poi divenute 31 dal [[V secolo a.C.|V secolo]]). Servio Tullio effettua anche un primo [[censimento]] e la tradizione lo vuole costruttore del tempio di [[Diana (divinità)|Diana]] sull'[[Aventino]]. Viene introdotto anche l<nowiki>'</nowiki>''[[aes signatum]]'', ossia pani di [[bronzo]] contrassegnati. L'ultimo re, [[Tarquinio il Superbo]], venne cacciato nel [[509 a.C.]], secondo la tradizione a causa dei suoi atteggiamenti arroganti e del disprezzo verso i suoi concittadini e verso le istituzioni romane: si tratta probabilmente delle conseguenze del decadere della potenza etrusca, della quale Roma approfittò per conquistarsi una maggiore autonomia.
 
=== Età repubblicana ===
Ai primi quattro re, di origine latina, fecero seguito altri tre di origine etrusca: verso la fine del [[VII secolo]], infatti, gli [[Etruschi]], all'apogeo della loro potenza, estesero la loro influenza anche su [[Roma]], che stava divenendo sempre più grande e la cui importanza a livello economico iniziava a farsi considerevole.
 
Era dunque fondamentale per gli etruschi assicurarsi il controllo su una zona che assicurava il passaggio delle rotte commerciali; comunque non si ebbe mai un reale controllo militare etrusco su Roma. Il primo re etrusco, [[Tarquinio Prisco]], combatté contro i popoli confinanti, ordinò la realizzazione di numerose opere pubbliche, tra cui il [[Circo Massimo]], la [[Cloaca Massima]] e il tempio di [[Giove Capitolino]] sul [[Campidoglio]] e apportò, infine, anche alcuni cambiamenti in campo culturale.
 
Il suo successore, [[Servio Tullio]], fu, secondo la leggenda, colui che ideò l'[[Comizi centuriati|ordinamento centuriato]], sostituendolo alla precedente ripartizione della popolazione; combatté anch'egli contro alcune delle principali città etrusche e latine limitrofe a Roma. Ultimo monarca a governare Roma fu [[Tarquinio il Superbo]] che fu allontanato dall'Urbe nel [[510 a.C.]], secondo la leggenda con l'accusa di aver commesso violenze nei confronti della giovane [[Lucrezia (Roma)|Lucrezia]]; il patriziato romano, comunque, non era più disposto a sottostare al potere centralizzato del re, ma desiderava acquisire un'influenza, in campo politico, pari a quella che già rivestiva negli altri ambiti della vita civile.
 
====Età repubblicana (509-58 a.C.)====
{{vedi anche|Repubblica Romana}}
[[File:Capitoline Brutus Musei Capitolini MC1183.jpg|thumb|225px|[[Lucio Giunio Bruto]] è uno dei fondatori della [[Repubblica romana]] nel [[509 a.C.]].]]
I rapporti internazionali di Roma, testimoniati dal primo trattato con Cartagine del [[508 a.C.]], furono bloccati temporaneamente per le tensioni e le guerre con i popoli confinanti quali gli Etruschi guidati da [[Porsenna]], i Latini, che furono sconfitti dai romani nel [[496 a.C.]] presso il lago Regillo, e varie popolazioni unite come Equi, Volsci e Sabini, che i romani sconfissero nel 431 sul monte Algido. Dopo la prima guerra offensiva di Roma contro Veio, per le Saline del [[Tevere]], la città venne stravolta nel [[390 a.C.]] da un incendio appiccato dai [[Galli]] guidati dal re [[Brenno]], che con successo avevano già invaso l'Etruria. L'intensità di quella vergogna verrà superata solo dal sacco di Roma nel [[410 d.C.]].
 
I Romani successivamente si scontrarono prima con i Sanniti (343-295 a.C.) e poi contro i Tarantini aiutati da Pirro (re dell'Epiro), sconfitti nel 275 a Maleventum (che da quel momento fu ribattezzato Beneventum). Nel [[270 a.C.]], con la vittoria sui [[Bruzi]] che detenevano fino a quel momento il controllo di molte città della magna grecia della Calabria centro settentrionale , anche le ''poleis'' greche vengono annesse al territorio romano.
=====La conquista dell'Italia=====
Roma si ritrovò a controllare un territorio che andava dallo stretto di Messina al fiume Rubicone.
Dopo la cacciata di [[Tarquinio il Superbo]] ed il fallimento (determinato, secondo la leggenda, dalle eroiche azioni di [[Muzio Scevola]], [[Orazio Coclite]] e [[Clelia]]) del suo tentativo di riprendere il potere con l'aiuto degli [[Etruschi]] condotti dal [[lucumone]] di [[Chiusi]], [[Porsenna]], fu instaurata, ad opera di [[Lucio Giunio Bruto]], organizzatore della rivolta antimonarchica, la forma di governo della [[Repubblica Romana|Repubblica]]. Essa prevedeva la spartizione tra più cariche dei poteri che prima erano appartenuti ad un uomo solo, il re: il potere legislativo fu assegnato alle assemblee dei [[comizi centuriati]] e del [[senato romano|senato]], e furono create numerose magistrature, [[console (storia romana)|consolato]], [[censore|censura]], [[pretore (storia romana)|pretura]], [[questore (storia romana)|questura]], [[edile (storia romana)|edilità]], che gestissero i vari ambiti dell'amministrazione. Tutte le cariche, alcune delle quali erano ''[[imperium|cum imperio]]'', erano [[collegialità|collegiali]], in modo tale che si evitasse l'affermazione di singoli uomini che potessero accentrare il potere nelle loro mani.
 
Le guerre contro le diverse popolazioni italiche, contro i galli, i cartaginesi e i macedoni, porteranno a consolidare il dominio sull'Italia e a iniziare l'espansione in [[Spagna]] e in [[Macedonia (provincia romana)|Macedonia]]. Data simbolo di questa espansione nel Mediterraneo è il [[146 a.C.]], anno in cui, dopo un [[assedio]] durato tre anni e altrettante guerre combattute nell'arco di più di un secolo contro Roma, cade definitivamente [[Cartagine]], la quale viene completamente rasa al suolo e cosparsa di sale dalle truppe romane comandate da [[Publio Cornelio Scipione Emiliano]]; viene conquistata e distrutta anche [[Corinto]], città simbolo della resistenza greca alla politica di espansione romana; con queste due grandi vittorie, Roma abbandona il ruolo di potenza regionale nel Mediterraneo Occidentale per assurgere a superpotenza incontrastata di tutto il bacino, il quale d'ora in poi, non a caso, verrà rinominato ''mare nostrum''. Le classi dirigenti si aprono all'influenza della cultura greca e vengono importate opere d'arte e di artigianato artistico in gran numero dalla Grecia e dalle province orientali di cultura ellenistica.
Roma si trovò subito a lottare contro le popolazioni [[latini|latine]] delle zone limitrofe, sconfiggendole nel [[499 a.C.]]<ref>Secondo altre fonti la battaglia fu combattuta nel [[496 a.C.]]</ref> nella [[Battaglia del Lago Regillo|battaglia del lago Regillo]], e federandole a sé nella [[Lega Latina]] mediante la firma del [[foedus Cassianum]], nel [[493 a.C.]]<ref>Secondo altre fonti, la firma del trattato fu istantaneamente successiva alla battaglia del Regillo.</ref> Combatté poi contro gli [[Equi]] e i [[Volsci]], e, una volta sconfitti, [[Roma e le guerre con Veio|si scontrò]] con la città etrusca di [[Veio]], che fu espugnata da [[Marco Furio Camillo]] nel [[396 a.C.]]
 
I problemi connessi ad una espansione così grande e repentina che la Repubblica dovette affrontare furono enormi e di vario genere: le istituzioni romane erano fino ad allora concepite per amministrare un piccolo stato; adesso le [[provincia romana|province]] (paragonabili alle colonie degli stati moderni, da non confondere con le colonie romane propriamente dette, le quali erano stanziamenti di cittadini romani a pieno titolo, ''cives optimo iure'' in territori extracittadini soggetti all'amministrazione e organizzazione diretta dello stato romano) si stendevano dall'[[Iberia (storia romana)|Iberia]], all'[[Africa]], alla [[Grecia]], all'[[Asia]].
I primi anni di vita della [[Repubblica Romana]] furono notevolmente travagliati anche nell'ambito della politica interna, in quanto le gravi disuguaglianze sociali che avevano portato alla caduta del regno non erano state cancellate. I [[plebe]]i iniziarono così una [[Conflitto degli Ordini|serie di proteste]] contro la classe dominante dei patrizi: nel [[494 a.C.]], infine, si ritirarono in secessione sul colle [[Aventino]]. La situazione si risolse con l'istituzione della magistratura del [[Tribuno della plebe|tribunato della plebe]] e con il riconoscimento del valore legale delle assemblee popolari. Importanti acquisizioni furono anche la redazione, nel [[450 a.C.]] da parte dei [[Decemviri#Decemviri Legibus Scribundis Consulari Imperio |decemviri]], delle [[leggi delle Dodici Tavole]], che garantivano una maggiore equità in ambito giudiziario, l'approvazione della ''[[lex Canuleia]]'', nel [[445 a.C.]]
 
[[File:Marius Carthage.jpg|thumb|left|250px|[[Gaio Mario]], un generale romano che riformò drasticamente l'[[esercito romano]]]]
Nel [[386 a.C.]], l'esercito romano fu sconfitto dai [[Galli]] guidati da [[Brenno]], che penetrarono nell'Urbe e la sottoposero ad un rovinoso saccheggio.<ref>La tradizione storiografica romana racconta della frase ''[[Vae victis]]'' pronunciata da Brenno in quell'occasione, e del retto comportamento di Furio Camillo, che impedì che Roma fosse riscattata mediante il pagamento di un oneroso tributo.</ref><ref>La memoria di quest'evento rimase sempre particolarmente viva, e, in occasione del [[grande incendio di Roma]] nel [[64|64 d.C.]], furono in molti a ricordare quello dei Galli di Brenno (Tacito, Annali, XV, 41, 2).</ref> Vent'anni dopo, nel [[367 a.C.]], furono promulgate le ''[[leges Liciniae Sextiae]]'', che costituivano un'ulteriore acquisizione di diritti da parte della plebe.
Le continue guerre in patria e all'estero, inoltre, immisero sul ''"mercato"'' una quantità enorme di schiavi, i quali vennero usualmente impiegati nelle aziende agricole dei [[patrizio (storia romana)|patrizi romani]], con ripercussioni tremende nel tessuto sociale romano. Infatti la piccola proprietà terriera andò rapidamente in crisi a causa della maggior competitività dei latifondi schiavistici (che ovviamente producevano praticamente a costo zero), ciò provocò da una parte la concentrazione dei terreni coltivabili in poche mani e una grande quantità di merci a buon mercato, dall'altra generò la nascita del cosiddetto sottoproletariato urbano: tutte quelle famiglie costrette a lasciare le campagne si rifugiarono nell'urbe, dove non avevano un lavoro, una casa e di che sfamarsi dando origine a pericolose tensioni sociali abilmente sfruttate dai politici più scaltri.
 
Anche la struttura originale della famiglia, delle relazioni sociali e della cultura romana subirono profondi sconvolgimenti: il contatto con la civiltà [[antica Grecia|greca]] e l'arrivo nella città di moltissimi schiavi ellenici (in molti casi più colti e istruiti dei loro stessi padroni) generò nel popolo romano, specialmente tra la classe dirigente, sentimenti e passioni ambivalenti: da una parte si desiderava (e alla fine in buona parte ci si riuscì) a rinnovare i costumi rurali romani - ''mos maiorum'' - introducendo usanze e conoscenze provenienti dall'Oriente. Questo comportamento fece sì effettivamente che il livello culturale dei Romani, almeno dei patrizi, crescesse significativamente - basti pensare all'introduzione della [[filosofia]], della [[retorica]], della [[letteratura]] e della [[scienza]] greca - ma indubbiamente generò altresì una decadenza dei valori morali, testimoniata dalla diffusione di costumi e abitudini perfino oggi moralmente discutibili.
Ormai potenza egemone nell'Italia centrale, Roma cominciò a meditare un'espansione verso Sud; per premunirsi, inoltre, da eventuali defezioni degli alleati latini, stipulò nel [[354 a.C.]] un'alleanza con i [[Sanniti]], contro i quali, tuttavia, combatté pochi anni più tardi, in difesa della città di [[Capua antica|Capua]]. Il conflitto, apertosi nel [[343 a.C.]], terminò nel [[341 a.C.]] senza alcun sostanziale mutamento dello ''[[status quo]]''. Tra il [[340 a.C.|340]] e il [[338 a.C.]], inoltre, Roma fu costretta a combattere una nuova e sanguinosa [[guerra latina|guerra contro i Latini]], e ottenne la vittoria solo con grandissimi sforzi. Nel [[327 a.C.]], poi, si riaprì il conflitto con i Sanniti: i Romani, dopo le sconfitte delle [[Battaglia delle Forche Caudine|Forche Caudine]] e di [[Battaglia di Lautulae|Lautulae]], riuscirono a volgere la situazione in loro favore, riportando una complessiva vittoria nel [[304 a.C.]] Contro i Sanniti Roma combatté, infine, una terza guerra tra il [[298 a.C.|298]] e il [[290 a.C.]], al termine della quale ogni resistenza poteva dirsi annientata.
 
Tutto ciò naturalmente non accadde senza provocare una strenua opposizione e resistenza da parte degli ambienti più conservatori, reazionari e anche retrivi della comunità romana. Costoro si scagliarono contro le culture extra-romane, tacciate di corruzione dei costumi, di indecenza, di immoralità, di sacrilegio nei confronti delle abitudini religiose romane. Questi due opposti schieramenti furono ben rappresentati da due gruppi di potere di eguale importanza ma di radicalmente opposta visione: il circolo culturale degli Scipioni, che diede a Roma alcuni tra i più dotati comandanti militari della storia (l'[[Publio Cornelio Scipione Africano|Africano]] su tutti), e il circolo di [[Marco Porcio Catone|Catone]], il quale lottò accanitamente contro l'ellenizzazione del modo di vivere romano con una tenacia e un vigore che diventarono leggendarie (o famigerate a seconda dei punti di vista), tutto a favore del ripristino del più antico, genuino ed originale ''mos maiorum'', quell'insieme di costumi e usanze tipiche della Roma arcaica che, secondo Catone, avevano permesso al popolo romano di rimanere unito di fronte alle avversità, di sconfiggere ogni sorta di nemico, di piegare il mondo al proprio volere.
Consolidata la propria egemonia sull'Italia centro-meridionale, Roma arrivò a scontrarsi con le città della [[Magna Grecia]] e con la potente [[Taranto]]: con il pretesto di soccorrere la città di [[Turi]], minacciata, Roma violò intenzionalemente un patto stipulato con Taranto nel [[303 a.C.]], scatenando la guerra. Taranto invocò allora l'aiuto del re d'[[Epiro]] [[Pirro]], che giunse in Italia nel [[280 a.C.]] portando con sé un esercito composto anche da numerosi [[Elefante da guerra|elefanti]]. L'epirota riuscì a sconfiggere i Romani a [[battaglia di Heraclea|Heraclea]] e ad [[Battaglia di Ascoli Satriano|Ascoli]], seppure a costo di gravissime perdite; decise dunque di consolidare il suo potere sul Sud dell'Italia, ma ottenne una sostanziale sconfitta in Sicilia, dove le colonie greche, preoccupate per le tendenze dispotiche di Pirro, si allearono con [[Cartagine]] e riuscirono a respingere l'invasore. L'epirota marciò dunque contro i Romani che, riorganizzatisi, erano tornati a minacciare Taranto, ma fu duramente sconfitto a [[Battaglia di Benevento (275 a.C.)|Maleventum]] nel [[275 a.C.]] e costretto a tornare oltre l'[[Adriatico]]. Taranto, dunque, fu nuovamente assediata e costretta alla resa nel [[272 a.C.]]: Roma era così potenza egemone nell'Italia peninsulare, a sud dell'Appennino Ligure e Tosco-Emiliano.
 
Questo scontro tra nuovo e antico, come è facile immaginare, non si placò fino alla fine della repubblica, anzi possiamo dire che questo scontro tra "conservatorismo" e "progressismo" (termini da usare, quando si discute di vicende romane, con molta accortezza, infatti parlare di ideologia progressista in senso moderno nella società romana, una società, al di là di ogni romanticismo, basata sullo schiavismo di massa, sulla romanizzazione anche forzata dei popoli, sull'autoritarismo, sulla repressione e su un atteggiamento intollerante e a volte anche feroce su chiunque osasse mettere in discussione il potere romano e le sue leggi, è a dir poco fuorviante) è stato presente in tutta la storia romana, anche nel periodo [[impero romano|imperiale]], a testimonianza di quale trauma deve essere stato la scoperta, il contatto e il confronto con civiltà al di fuori dei brulli paesaggi [[Lazio|laziali]].
=====Le Guerre Puniche e i conflitti in Oriente=====
{{vedi anche|Guerre Puniche|Guerre macedoniche|Guerra siriaca}}
La conquista dell'Italia portò, inevitabilmente, allo scontro con l'altra grande potenza del Mediterraneo Occidentale: [[Cartagine]]. Le [[guerre puniche|guerre]] che si scatenarono furono di inaudita ferocia e di notevole durata, ma videro infine il trionfo totale di [[Roma]].
[[Immagine:HannibalTheCarthaginian.jpg|thumb|right|200px|Annibale Barca]]
Nel [[264 a.C.]] Roma inviò un piccolo contingente in soccorso di [[Messina]], con l'intento di assicurarsi il controllo dello [[stretto di Messina|stretto]], fondamentale per il transito delle navi: i Cartaginesi, dunque, che ambivano anch'essi al controllo dell'isola, decisero di reagire con la [[prima guerra punica|guerra]]. Dopo una prima fase di scontri terrestri, in cui riuscì ad ottenere alcune vittorie, Roma decise di sfidare i Cartaginesi sul mare, e, approntata una flotta di navi dotate di [[corvo (arma)|corvi]], sconfisse i nemici nella [[Battaglia di Milazzo (260 a.C.)|battaglia di Milazzo]].
 
La piccola proprietà terriera messa in crisi dalle aziende agricole patrizie (che sfruttano il lavoro degli schiavi), e le nuove influenze culturali provocano forti tensioni sociali all'interno della società romana.
Nel tentativo di infliggere una decisiva sconfitta a Cartagine, Roma affidò al [[console (storia romana)|console]] [[Marco Atilio Regolo]] l'incarico di portare la guerra in suolo africano: sconfitta nuovamente la flotta nemica a [[Battaglia di Capo Ecnomo|Capo Ecnomo]], il generale riuscì a sbarcare in Africa ma, dopo alcune vittorie iniziali, fu pesantemente sconfitto e costretto alla resa. Nel [[241 a.C.]], dunque, Roma, approntata una nuova flotta guidata da [[Gaio Lutazio Catulo]], sconfisse nuovamente i Cartaginesi preso le [[Battaglia delle Isole Egadi|Isole Egadi]]: sottratto ai nemici il predominio sul mare i Romani poterono concludere anche le operazioni terrestri, espandendo il loro controllo su tutta la Sicilia, e costringendo Cartagine alla resa.<ref>[[Polibio]], ''Storie'', I, 62, 7.</ref>
 
Nel [[I secolo a.C.]] la Repubblica inizia a scricchiolare, si amplia il latifondo e si affermano forti poteri personali dei personaggi più influenti che, facendosi interpreti dei bisogni delle masse meno favorite o della necessità di mantenere il controllo nelle mani delle principali e più ricche ''gentes'', porteranno alla guerra civile. La Repubblica dovrà affrontare anche una rivolta di schiavi, capeggiata da [[Spartaco]].
Allontanato provvisoriamente il pericolo cartaginese, Roma si preoccupò di consolidare il proprio dominio riducendo la Sicilia in condizione di [[provincia romana|provincia]] e di estenderlo annettendo la [[Sardegna]] e la [[Corsica]]; sconfisse inoltre i [[pirati]] [[Illiria|illirici]] che, tacitamente supportati dalla regina [[Teuta]], infestavano le coste adriatiche e respinse un nuovo assalto dei [[Galli]] a Nord. Preoccupato dalla nuova espansione cartaginese nella penisola iberica, intanto, il Senato stipulò un nuovo patto con la potenza africana; quando tuttavia nel [[218 a.C.]] il generale punico [[Annibale Barca]] attaccò la città di [[Sagunto]], alleata di Roma, si decise di dichiarare nuovamente [[seconda guerra punica|guerra]] a Cartagine. Annibale, allora, portando con sé un solido esercito e alcuni elefanti, valicò le Alpi e attaccò Roma da Nord, sconfiggendo le legioni presso il [[battaglia del Ticino|Ticino]], la [[battaglia della Trebbia|Trebbia]] e il [[Battaglia del Lago Trasimeno|Trasimeno]]. Dopo una fase di stallo, durante la quale Roma poté riorganizzarsi, dovuta alla politica attuata dal ''[[dittatore romano|dictator]]'' [[Quinto Fabio Massimo]], soprannominato ''Cunctator'' (temporeggiatore), le legioni romane al comando dei consoli [[Lucio Emilio Paolo (console 219 a.C.)|Lucio Emilio Paolo]] e [[Gaio Terenzio Varrone]] marciarono nel [[216 a.C.]] contro Annibale a [[battaglia di Canne|Canne]], ma furono duramente sconfitte.
 
Arriveranno altre conquiste, la [[Gallia]] e la [[Britannia]] da parte di [[Gaio Giulio Cesare|Giulio Cesare]], ma i Romani arriveranno fino in [[Siria]] e in [[Armenia]].
Mentre numerose città si alleavano con i Cartaginesi e anche la [[Prima guerra macedonica|Macedonia]] di [[Filippo V di Macedonia|Filippo V]] scendeva in guerra contro Roma, Annibale si attardò nel Sud Italia, mentre i Romani, seppure provati, poterono lentamente ricostituire le proprie forze: il console [[Publio Cornelio Scipione]] riuscì a sconfiggere ripetutamente i Cartaginesi in Spagna. In Italia i [[console (storia romana)|consoli]] [[Marco Livio Salinatore]] e [[Gaio Claudio Nerone]] sconfissero e uccisero il fratello di Annibale, [[Asdrubale Barca|Asdrubale]], presso il [[Battaglia del Metauro|Metauro]], mentre si apprestava a portare rinforzi alle forze puniche in Italia. Contemporaneamente Roma otteneva numerose vittorie anche sul suolo italico, riconquistando le città che avevano defezionato per allearsi con Annibale. Stremato da un decennio di guerra e vistosi negare i rinforzi dalla madrepatria, lo stesso Annibale fu costretto a fare ritorno in Africa nel [[203 a.C.]], dopo che Scipione, conquistata la [[Penisola Iberica]] e ristabilita la situazione in Italia era sbarcato nel territorio nemico per tentare di ottenere una vittoria definitiva. I due generali si scontrarono nel [[202 a.C.]] a [[battaglia di Zama|Zama]], e l'esercito romano ottenne una sofferta ma decisiva vittoria. Cartagine, dunque, minacciata da vicino dalle forze nemiche, fu costretta a capitolare e ad accettare le [[seconda guerra punica#Dopo la guerra|condizioni di pace]] imposte da Roma.
 
=== Età imperiale ===
Ormai potenza egemone del Mediterraneo occidentale, Roma poté presto dimostrare le sue mire espansionistiche a danno degli stati ellenistici dell'Oriente: nel [[200 a.C.]], gli abitanti di [[Rodi]] e [[Pergamo]] inviarono a Roma, sentendosi minacciati dalla Macedonia di Filippo V, una richiesta di aiuto, e l'Urbe, inviato a sua volta un ultimatum a Filippo, decise di intervenire. Nel [[197 a.C.]] il console [[Tito Quinzio Flaminino]] inflisse alle truppe macedoni una sconfitta definitiva presso [[battaglia di Cinocefale|Cinocefale]], ed un anno più tardi proclamò ufficialmente la liberazione della Grecia dall'egemonia macedone.
{{vedi anche|Impero Romano}}
[[File:RomanEmpire 117 it.svg|thumb|300px|right|L'[[impero romano]] raggiunse la sua massima estensione nel [[116]]]]
 
La tesi secondo cui il dominio di [[Roma]] ormai si estenda su un territorio troppo vasto e sia troppo complicato per le strutture della Repubblica gestirlo, provocando la nascita del ''Principato'' è ampiamente superata. Le ragioni dell'ascesa di un modello di governo centrale su base sempre più spiccatamente personale si devono ricercare nel declino del governo [[senato (storia romana)|senatoriale]] della Repubblica Romana, il cui primo atto va riallacciato alla figura emblematica di Scipione Emiliano. La diffusione di un sempre più marcato senso individualistico a Roma ha sicuramente traccia della diffusione di [[monetazione romana|effigi monetali]] ritraenti non più solo il più rappresentativo degli antenati del magistrato in carica, ma spesso il magistrato medesimo. Questo processo si manifesta in concomitanza con la penetrazione dei valori della civiltà ellenistica, favorita indubbiamente dalla conquista romana delle pòleis elleniche sulle coste della [[Magna Grecia]] (Italia meridionale) e della [[Sicilia]], e sospinta dalla conquista romana della [[Macedonia (provincia romana)|Macedonia]], della [[Grecia]] moderna e di gran parte del mondo ellenistico, ad eccezione dell'[[Egitto]] dominato dalla dinastia Lagide, posto comunque sotto un sempre più pressante protettorato.
I Greci, tuttavia, consci di dover respingere i Romani per non essere annessi al loro stato, preferirono allearsi con il sovrano [[impero seleucide|seleucide]] [[Antioco III]]: Roma, dunque, nel [[191 a.C.]], dichiarò guerra ad Antioco, e, dopo averlo sconfitto presso le [[battaglia delle Termopili (191 a.C.)|Termopili]] nel 191 a.C. e presso [[battaglia di Magnesia|Magnesia]] nel [[188 a.C.]], lo costrinse a firmare una pace con cui cedeva a Roma alcune terre in [[Asia Minore]].
 
Il ricorso sempre più assiduo al mandato dittatoriale incominciato con [[Gaio Mario]] stravolge la portata costituzionale della magistratura dittatoriale, prevista dall'ordinamento repubblicano, fino all'esito della dittatura [[Lucio Cornelio Silla|sillana]], intesa come mandato a restaurare lo Stato romano in senso conservatore-oligarchico (a favore degli optimates) e non pervenuta ad un esito monarchico per l'esclusiva volontà di Silla. La dittatura cesariana ([[46 a.C.|46]]-[[44 a.C.]]) riprende in pieno il modello sillano, seppur partendo da un campo politico opposto (quello dei populares, gli oligarchi più propensi ad usare la demagogia sul popolino, il vulgus, per assumere il potere) e formalizza il rifiuto di un esito monarchico naturale adducendo la ragione del rifiuto culturale della Romanità per l'istituto monarchico ufficiale.
Nel [[171 a.C.]], il figlio di Filippo di Macedonia, [[Perseo di Macedonia|Perseo]], si sollevò nuovamente in armi contro i Romani, dando inizio alla [[terza guerra macedonica]]. Dopo alterne vicende, nel [[168 a.C.]] l'esercito romano guidato da [[Lucio Emilio Paolo Macedonico|Lucio Emilio Paolo]]<ref>Si tratta del figlio del console omonimo che fu sconfitto e trovò la morte a Canne.</ref> sconfisse duramente la truppe di Perseo a [[battaglia di Pidna|Pidna]], e Roma poté dividere il territorio macedone tra quattro repubbliche subalterne e tributarie.
 
[[File:Map of downtown Rome during the Roman Empire large.png|thumb|300px|left|Il centro di Roma al tempo dell'[[Impero Romano]]]]
Cartagine, intanto, fortemente provata dalle conseguenze della seconda guerra punica, era sottoposta ai continui attacchi del re [[Numidia|numida]] [[Massinissa]], alleato dei Romani, che approfittava della situazione per estendere sempre di più i propri possedimenti ai danni della stessa Cartagine. A Roma, dunque, giunsero ambasciatori dalla città africana, ma l'Urbe rifiutò di intervenire per mantenere la pace; nel [[50 a.C.]] Cartagine fu dunque costretta a violare gli accordi di pace e a reagire con la forza a Massinissa. Il senato, quindi, sobillato da [[Catone il Censore]], decise di attaccare Cartagine, e nel [[147 a.C.]] si risolse ad inviare in Africa il console [[Publio Cornelio Scipione Emiliano]]: questi, dopo un lungo assedio, nel [[146 a.C.]] espugnò e rase al suolo la città.
L'ascesa di [[Augusto]] (44-[[30 a.C.|30]]), attraverso la partecipazione ad un istituto apertamente sovversivo come il [[secondo triumvirato|"secondo" Triumvirato]], si formalizza nel [[27 a.C.]] nella rinuncia ai poteri dittatoriali ormai estesissimi in cambio di un cooptato riconoscimento senatoriale di un "bisogno dello Stato romano" ad una figura di guida e di ispirazione politica del governo: con l'appellativo di Augusto, Ottaviano inaugura quel particolare istituto costituzionale romano noto come Principato (erroneamente talvolta chiamato Impero per la presenza effettiva di imperatori, dimenticando che la carica di "imperator" è appellativo già repubblicano per il generale vittorioso, e che la creazione di un'amministrazione decentrata attraverso la creazione di ''provinciae'' risale al [[237 a.C.]], col caso siculo).
 
Per tutto il primo secolo continua l'accrescimento territoriale dell'impero, sotto le dinastie dei [[dinastia Giulio-Claudia|Giulio-Claudii]], e dei [[Dinastia dei Flavi|Flavi]]. Sotto [[Traiano]], con la conquista della [[Dacia (storia)|Dacia]] e di nuovi territori in Oriente, l'impero raggiunge la sua massima espansione. Sotto la [[dinastia degli Antonini]] si ha un periodo di pace e prosperità, sebbene verso la fine comincia ad essere sempre più pressante il compito di difendere i confini dell'impero dalla pressione dei nemici esterni.
Contemporaneamente, nel [[150 a.C.]] un tale [[Andrisco]], sostenendo di essere figlio di Perseo, guidò una nuova rivolta di Greci e Macedoni contro Roma: dopo alcuni iniziali successi, tuttavia, le forze ribelli furono duramente sconfitte. Nel [[146 a.C.]], infine, i Romani rasero al suolo Corinto. Con la sconfitta dei nemici contro cui combatteva da anni su entrambi i fronti, Roma era diventata padrona del Mediterraneo.
 
La crisi del Principato, avviatasi già alla morte di [[Marco Aurelio]], si concretizza nell'ascesa di [[Settimio Severo]] ([[193]]-[[211]]) e nella riforma dell'istituto del principato, ormai estraneo alle dinamiche dell'ambito senatoriale e dominato da quelle dell'[[esercito]]. La monarchia militare severiana (193-[[235]]), seppure ripesca talvolta la necessità di una legittimazione senatoria, prelude all'avvento del Dominato ([[285]]-[[641]]), dopo la fase assai dinamica dell'anarchia militare (235-285).
Le nuove conquiste, tuttavia, portarono anche notevoli cambiamenti nella società romana: i contatti con la cultura [[ellenismo|ellenistica]], temuta e osteggiata dallo stesso Catone, modificarono profondamente gli usi che fino ad allora si rifacevano al ''[[mos maiorum]]'', trasformando radicalmente la società dell'Urbe.
 
Dopo la [[dinastia dei Severi]], per tutto il [[III secolo]] saranno le legioni a proclamare imperatori che spesso regnano solo per brevi periodi e sono perennemente impegnati nelle campagne militari. La crisi economica è anche crisi ideale e si diffonde il Cristianesimo, in parte combattuto ed in parte tollerato.
=====I Gracchi=====
 
Con la [[Tetrarchia]] voluta da [[Diocleziano]] inizia la divisione dell'impero e vengono sviluppate profonde riforme nel tentativo di fissare lo status quo. Roma perde il suo ruolo di sede imperiale a favore di metropoli più vicine alle frontiere da difendere. Viene fondata da [[Costantino I]] sul sito della città di [[Bisanzio]] la "Nuova Roma", [[Costantinopoli]].
Gli immensi territori che la [[Repubblica Romana]] aveva conquistato ebbero una serie di nefaste conseguenze per essa stessa e per l'[[Italia]]: in primis, l'enorme numero di [[schiavi]] che vi affluì, fece sì che questi soppiantassero del tutto i lavoratori, grazie al loro basso costo, dando via al fenomeno che vedeva i coltivatori diretti sempre più assorbiti dai [[latifondo|latifondisti]], con conseguenze devastanti sul piano economico e produttivo.
 
La progressiva adozione della [[religione cristiana]] (che di converso si istituzionalizza a contatto con lo Stato romano, assumendone tratti organizzativi e alcuni modelli iconografici) avviata da Costantino ([[306]]-[[337]]), si conclude, dopo periodi di oscillazione tra scelte protoereticali ([[Costanzo II]],337-[[361]]) e tentativi di restaurazione dei culti tradizionali, mediante l'organizzazione di un'istituzione ecclesiale parallela a quella cristiana ([[Flavio Claudio Giuliano|Giuliano]], 361-[[363]]), con l'adozione ufficiale del culto cristiano ([[Teodosio I]],[[379]]-[[395]]).
A tentare una riforma che ponesse un rimedio alla crisi fu, per primo, [[Tiberio Sempronio Gracco (tribuno della plebe 133 a.C.)|Tiberio Sempronio Gracco]], che emanò una legge che limitava l'occupazione delle terre dello stato a 125 ettari e riassegnava le terre eccedenti ai contadini in rovina: una famiglia nobile poteva avere 500 iugeri di terreno, più 250 per ogni figlio, ma non più di 1000; i terreni confiscati furono distribuiti in modo che ogni famiglia della plebe contadina avesse 30 iugeri (7,5 ettari).
 
Nel successivo [[IV secolo]] il cristianesimo diviene progressivamente l'unica religione e gli imperatori sono costretti ad accettare lo stanziamento dei barbari nei territori dell'impero, cercando di farne degli alleati.
Colpendo in questo modo gli interessi delle classi aristocratiche, finì assassinato ma il [[Senato Romano]] non revocò le sue leggi, che comunque diedero qualche iniziale risultato. La riforma fu poi continuata dal fratello, [[Gaio Sempronio Gracco]], che finì suicida braccato dagli stessi [[sicario|sicari]] del fratello.
 
=== Fine dell'Impero romano d'Occidente ===
=====Mario=====
{{vedi anche|Tarda antichità|Impero romano d'Occidente|Impero romano d'Oriente}}
{{Vedi anche|Gaio Mario|Guerre contro Giugurta}}
Nel [[V secolo]] l'impero d'Oriente e quello d'Occidente sono ormai stabilmente divisi. L'impero d'Occidente è ridotto quasi alla sola Italia e Roma subisce il sacco dei [[Visigoti]] di [[Alarico I]] nel [[410]] e quello dei [[Vandali]] di [[Genserico]] nel [[455]]. Sono ormai i generali barbari che difendono l'impero ed esercitano un enorme potere, arrivando a creare e deporre imperatori a loro piacimento. Nel [[476]] il re barbaro [[Odoacre]] depone l'imperatore [[Romolo Augusto]] e rimanda le insegne imperiali all'imperatore d'Oriente, segnando anche formalmente la fine dell'Impero romano.
Dopo la morte dei due fratelli Gracchi, il malcontento del popolo nei confronti dell'aristocrazia si fece più forte. Ad alimentarlo contribuirono tanto la corruzione della classe senatoria quanto le elezioni [[Console (storia romana)|consolari]] del [[109 a.C.]], alle quali [[Gaio Mario]], un popolare, si presentò con forti possibilità di vincere. [[Quinto Cecilio Metello Numidico]], [[Console (storia romana)|console]] precedente, si oppose a questa candidatura, sebbene [[Gaio Mario]] fosse un suo luogotenente nelle [[Guerre contro Giugurta]] solo perché questi non era di origine aristocratica. L'Assemblea si schierò dunque compatta con il candidato popolare, che così vinse facilmente.
 
== L'Alto Medioevo ==
Mario, una volta eletto, reclamò il posto di [[Quinto Cecilio Metello Numidico]] nella [[Guerre contro Giugurta|guerra giugurtina]], e la guerra si concluse in pochi mesi, con il trionfo di [[Gaio Mario]]. Per sei anni, l'Assemblea gli confermò il mandato da [[Console (storia romana)|console]], durante i quali [[Gaio Mario|Mario]] si trovò a fronteggiare diverse minacce, ''in primis'' quella dei [[Cimbri]] e dei [[Teutoni]], massacrati nella [[battaglia di Aquae Sextiae|Aquae Sextiae]] ed in [[Battaglia dei Campi Raudii|quella dei Campi Raudii]], vicino [[Vercelli]]. [[Gaio Mario]] varò quindi una riforma dell'esercito, che da "esercito nazionale" divenne "esercito mercenario", poiché non fu più composto dai cittadini, ma da nullatenenti e disperati, che venivano regolarmente pagati e a cui venivano assegnate terre dopo ogni vittoria.
{{vedi anche|Italia medievale}}
===La prima dominazione germanica (476-568)===
{{vedi anche|Guerra gotica (535-553)}}
Nel 476 lo [[sciri|sciro]] [[Odoacre]], che comandava un’armata di mercenari [[eruli]] depose [[Romolo Augusto]], l’ultimo [[imperatore romano]] [[Impero Romano d'Occidente|d'Occidente]] e decise di non nominarne un altro, diversamente da quanto avevano fatto i suoi predecessori con gli ultimi nove imperatori romani. Regnò come ''rex gentium'' – una formula del tutto nuova – teoricamente alle dipendenze di [[Zenone (imperatore)|Zenone]], sovrano [[Impero Romano d'Oriente|d’Oriente]]. Governò per diciassette anni, servendosi del personale amministrativo romano, e lasciando libertà di culto ai [[cristianesimo|cristiani]]. Combatté i [[Vandali]] che occupavano la [[Sicilia]], nonché altre tribù germaniche che tentavano irruzioni in Italia.
 
Ma nel [[489]] Zenone allontanò gli [[Ostrogoti]] dalla zona del [[Danubio]] e li inviò in Italia. Dopo cinque anni di guerra, il re goto [[Teodorico]] riuscì ad uccidere Odoacre. Così agli Eruli succedettero i [[Goti]]. Teodorico, che aveva vissuto a lungo a [[Bisanzio]], regnò servendosi anche lui del personale romano. Alla fine della sua vita, dopo trent'anni di regno, lanciò una persecuzione nei confronti dei cristiani facendo condannare a morte anche il filosofo [[Severino Boezio]]. Gli succedette il [[Atalarico]] ([[526]]-[[534]]. In questo periodo i [[bizantini]], con l' aiuto dei [[longobardi]], conquistarono le regioni corrispondenti alle attuali [[Slovenia]], [[Croazia]], [[Bosnia]], [[Italia]], [[Francia]] meridionale.
Ma nella [[politica]], [[Gaio Mario]] ebbe meno fortuna: alleatosi con [[Lucio Appuleio Saturnino]], [[tribuno della plebe]], e con [[Gaio Servilio Glaucia]], [[Pretore (storia romana)|pretore]], scoprì ben presto che la politica romana era troppo marcia: i due alleati, infatti, proposero ed ottennero di abbassare ancora il [[calmiere]] del [[grano]], che mise in pericolo il bilancio dello Stato. [[Gaio Mario]], così, fu costretto a liquidare i suoi amici, schierandosi con i conservatori. Il bagno di sangue che seguì lo rese impopolare ad entrambi gli schieramenti, e così si ritirò dalla vita politica, partendo per l'[[Oriente]].
 
Nel [[535]] il nuovo e ambizioso sovrano bizantino [[Giustiniano]] ([[527]]-[[565]]) prese di mira la penisola nel suo tentativo di ricomporre l’unità dell’impero romano. Da lì iniziò la lunga [[Guerra gotica (535-553)|guerra gotica]], che per oltre quindici anni infuriò in Italia, portando ulteriore devastazione dopo le [[invasioni barbariche]]. Roma dopo quattro assedi consecutivi era ridotta a poche migliaia di abitanti. Dopo tre secoli la [[peste]] fece la sua ricomparsa nella Città Eterna. La situazione era davvero drammatica, ma divenne tragica quando una nuova invasione di un popolo germanico toccò l’Italia intera.
=====La guerra sociale=====
{{Vedi anche|Guerra sociale}}
Nel [[91 a.C.]] fu eletto [[tribuno della plebe]] [[Marco Livio Druso (tribuno)|Marco Livio Druso]], che propose tre riforme per salvare lo stato dalla crisi: distribuire nuove terre fra i poveri; ridare il [[monopolio]] nelle giurie al [[Senato Romano]], dopo avervi aggiunto altri 300 membri; conferire la [[cittadinanza romana]] a tutti gli abitanti della [[Italia (provincia romana)|provincia d'Italia]]. L'Assemblea approvò i primi due punti, ma non il terzo, che costò a [[Marco Livio Druso (tribuno)|Marco Livio Druso]] la vita: fu assassinato mentre spiegava i motivi della sua proposta.
 
===I [[Longobardi]], lo [[Stato della Chiesa]] e i [[Bizantini]] (568-774)===
Scoppiò così la guerra sociale: dopo secoli di unione a [[Repubblica Romana|Roma]], la [[Italia (provincia romana)|provincia d'Italia]] non ci stava ad essere trattata ancora come una semplice provincia conquistata. La mancanza di rappresentanti in [[Senato Romano|Senato]] e le due leggi, del [[126 a.C.]] e del [[95 a.C.]], che rispettivamente impediva agli italiani di provincia di emigrare a Roma e scacciava quelli che vi erano già, fecero il resto. Salvo in [[Etruria]] ed [[Umbria]], la ribellione fu totale, ed ai cittadini si unirono anche gli [[schiavi]], che fondarono una repubblica federale con capitale a [[Corfinium]].
{{vedi anche|Esarcato d'Italia|Regno longobardo}}
I goti erano ormai annientati, ma i bizantini non riuscirono a fermare l’avanzata dei Longobardi. Questa tribù germanica si era stanziata in [[Pannonia]], ma abbandonò la terra sotto la pressione degli [[avari]], un popolo proveniente dall' Asia. In pochi anni i longobardi scorazzarono per tutto il nord Italia, conquistando anche la [[Toscana]] e buona parte del centro-sud. I Longobardi erano di [[arianesimo|religione ariana]], non riconoscevano l’autorità imperiale, saccheggiavano tutto quello che potevano e rendevano schiavi i vinti. I primi due re, [[Alboino]] ([[?]] -[[572]]) e [[Clefi]] ([[572]]-[[574]]) morirono assassinati. Seguirono dieci anni di anarchia, con le varie fazioni in guerra fra loro. La penisola era frazionata in tre zone di influenza: longobarda, romana e bizantina.
 
Tentò di approfittarne il Papa, alleato con i [[Franchi]]. Questi ultimi contavano sull'autorità della Chiesa per legittimare le loro conquiste. I longobardi tuttavia respinsero i tentativi franchi e con i nuovi re [[Agilulfo]] ([[590]]-[[616]]) e [[Rotari]] ([[636]]-[[652]]) ripresero ai bizantini il controllo dell’[[Emilia]], la [[Liguria]] e il [[Veneto]] interno. In breve dovettero cercare anch’essi una forma di dominio più organizzata: arrivarono le leggi scritte, dei funzionari regi con compiti di giustizia e supervisione ([[Gastaldo|gastaldi]]), e, nel [[603]], la conversione al cattolicesimo per opera della regina Teodolinda dopo che un primo tentativo di conversione per opera del Papa [[Gregorio Magno]] non aveva avuto successo.
[[Roma]] chiamò [[Gaio Mario]] per fronteggiare l'ennesima guerra: questi reclutò un suo esercito e massacrò i ribelli, causando 300.000 morti. La pace che seguì fu quella di un [[cimitero]]: il [[Senato Romano]] propose la pace offrendo la [[cittadinanza romana]] ai ribelli ed agli abitanti di [[Etruria]] ed [[Umbria]], come premio di fedeltà. I ribelli accettarono e la guerra sociale si concluse.
 
Contemporaneamente però i papi dovettero combattere strenuamente per mantenere l’ortodossia a fronte delle sempre più vigorose eresie orientali e delle decisioni dell’imperatore d’Oriente. Con un editto del [[648]] [[Costante II]] impose il [[monotelismo]] e fece deportare il [[papa Martino I]] in quanto questi non l’accettava. Nel [[726]] invece iniziò l’[[iconoclastia]], la lotta alle immagini, da parte dell’imperatore [[Leone III]]. Seguì un periodo di alterne vicende che durò poco più di un secolo, durante il quale l'iconoclastia venne alternativamente approvata o bandita.
=====Silla=====
Parallelamente in questo periodo si affermò il fenomeno del [[monachesimo]], grazie anche alle opere di [[San Benedetto]].
[[Immagine:Sulla Glyptothek Munich 309.jpg|thumb|right|180px|Lucio Cornelio Silla]]
{{vedi anche|Guerra civile tra Mario e Silla}}
[[Lucio Cornelio Silla]] fu eletto [[console (romano)|console]] nell'[[88 a.C.]], poco dopo la fine della [[guerra sociale]]. Già noto al popolo ai tempi delle [[guerre contro Giugurta]], e di quelle contro i [[Teutoni]] ed i [[Cimbri]], durante le quali era stato luogotenente di [[Gaio Mario]], aveva iniziato il proprio ''[[cursus honorum]]'' nel [[99 a.C.]].
 
Intanto il re longobardo [[Liutprando]] ([[713]]-[[744]]) fece nuove conquiste che furono aumentate dal suo successore [[Astolfo (re longobardo)|Astolfo]] ([[749]]-[[756]]) che allontanò i bizantini da [[Ravenna]] e si accinse ad unificare l'Italia conquistando il [[Lazio]]. Ma il [[papa Stefano II]] ([[752]]-[[757]]) chiamò in suo soccorso il re dei franchi [[Pipino di Landen|Pipino]]. Questi sconfisse Astolfo e donò le terre di Ravenna (l'[[esarcato]]) al papa. In questo periodo circolò la falsa notizia che lo Stato della Chiesa era in possesso del Papa grazie alla [[Donazione di Costantino]]. La storia si ripeté: il nuovo re longobardo [[Desiderio (re)|Desiderio]] ([[756]]-[[774]]) riconquistò Ravenna e il [[papa Adriano I]] ([[772]]-[[795]]) chiamò in soccorso il nuovo re francese [[Carlo Magno|Carlo]] - il futuro Carlo Magno -
Nominato [[console (romano)|console]], mentre stava per partire alla volta delle [[Guerre mitridatiche]] in [[Asia Minore]], gli giunse la notizia che [[Gaio Mario]] stava per sostituirlo alla guida dell'esercito. Così corse a [[Nola]], radunò l'esercito e lo portò a [[Roma]], dove sconfisse [[Gaio Mario]], che scappò nella [[Africa (provincia romana)|provincia d'Africa]].
che sconfisse pesantemente Desiderio ponendo fine alla dinastia longobarda.
 
===I [[Franchi]], il [[feudalesimo]], le ultime invasioni (774-1000)===
[[Lucio Cornelio Silla|Silla]] si nominò ''[[proconsole]]'' (che gli dava il controllo dell'esercito), fece eleggere due nuovi [[console (romano)|consoli]] ([[Gneo Ottavio]] e [[Lucio Cornelio Cinna (console 87 a.C.)|Lucio Cornelio Cinna]]), e finalmente partì per la [[Asia (provincia romana)|provincia d'Asia]].
 
Nel [[774]] Carlo, re dei Franchi, vinse i [[Longobardi]] grazie all'uso della [[cavalleria]] pesante. Assunse il titolo di re dei Longobardi, annettendo al suo dominio tutti i ducati longobardi, escluso quello di [[Benevento]]. I gastaldi vennero sostituiti con dei conti, ma in buona parte il personale amministrativo rimase lo stesso. Carlo importò anche il sistema del [[feudalesimo]], le sue grandi ville agricole e l'esigenza di rendere i contadini dei [[servitù della gleba|servi della gleba]], non più liberi di pagare le tasse, ma costretti a pesanti [[corvée]]s e legati alla terra ereditariamente.
=====La guerra civile=====
Appena partito [[Lucio Cornelio Silla]], i due [[console (romano)|consoli]] erano già alle armi: i conservatori (''[[optimates]]'') capeggiati da [[Gneo Ottavio]] ed i democratici (''[[populares]]'') da [[Lucio Cornelio Cinna]]. Era la [[Guerra civile tra Mario e Silla|guerra civile]].
 
Nell'[[800]] il [[papa Leone III]] ([[795]]-[[816]]) era accusato dai suoi nemici di essersi insediato sul soglio pontificio illegalmente. Ancora una volta a risolvere la situazione fu Carlo che giunse a Roma e - come giudice supremo - lo dichiarò innocente. Ormai la sua autorità era enorme. Il giorno di Natale dell'anno 800 il natale il papa incoronò Carlo imperatore in nome di Dio. Era il primo imperatore d'Occidente dal 476. L'incoronazione avvenuta per mano del Papa fu vista come un primato della Chiesa nei confronti dell'Imperatore. (1000 anni dopo, memore di ciò, Napoleone, tolse dalle mani del Papa le insegne dell'Imperatore e se le impose da solo). Nel [[812]] [[Michele I Rangabe]] riconobbe il titolo di Carlo, in cambio della neonata [[Venezia]], dell'[[Istria]] e della [[Dalmazia]].
[[Gneo Ottavio]] batté [[Lucio Cornelio Cinna]], che fuggì nella [[Africa (provincia romana)|provincia d'Africa]], dove [[Gaio Mario]] si era ritirato. Questi allestì un nuovo esercito e mosse guerra a [[Gneo Ottavio]], rimasto a [[Roma]]. Fu un massacro:
 
Il figlio di Carlo, [[Ludovico il Pio]] (814-840) accusò ingiustamente Bernardo, suo nipote e re d'Italia, di alto tradimento e lo fece accecare causandone la morte. Dopo vari intrighi di corte e col papa, lasciò il regno ai suoi tre figli, che si fecero guerra accanitamente per arrivare al [[trattato di Verdun]] ([[843]]). [[Lotario I]] ricevette l'Italia e il titolo di imperatore, [[Carlo il Calvo]] la Francia e [[Ludovico il Germanico|Ludovico]] la Germania. L'Italia - cui era associato anche il titolo imperiale - passò successivamente a [[Ludovico II il Germanico]] ([[839]]-[[875]]) e a [[Carlo il Grosso]] ([[875]]-[[887]]). Nell'877 Carlo il Calvo emanò il [[capitolare di Quierzy]], col quale si sanciva per legge quella che ormai era diventata una consuetudine: i [[conte|conti]], i [[duca|duchi]], i [[marchese|marchesi]] avevano il possesso del feudo e potevano trasmetterlo ereditariamente.
{{quote|[[Gneo Ottavio]] aspettò la morte con calma, seduto sul suo scranno di console. Le teste dei senatori, issati sulle picche, furono portate a spasso per le strade. Un tribunale rivoluzionario condannò migliaia di [[patrizi]] alla pena capitale. [...] Avvoltoi e cani mangiavano per le strade i cadaveri, cui si era rifiutata la sepoltura.|[[Indro Montanelli]], ''Storia d'Italia''}}
 
[[File:Castello_di_Fenis.jpg |right|340px|thumb|Il [[castello di Fenis]]]]
La situazione non migliorò con la morte di [[Gaio Mario]], che fu sostituito da [[Lucio Valerio Flacco]]. Assieme a [[Lucio Cornelio Cinna]] continuarono a spargere il terrore, finché [[Lucio Valerio Flacco]] non fu mandato in [[Oriente]] a deporre [[Lucio Cornelio Silla]]. Ma quando i due s'incontrarono, [[Lucio Cornelio Silla|Silla]] riuscì a convincere [[Lucio Valerio Flacco]] a schierarsi con lui. Nell'[[83 a.C.]] arrivarono a [[Brindisi|Brindisium]], e, contemporaneamente, a [[Roma]], [[Lucio Cornelio Cinna]] fu ucciso dalla popolazione in rivolta.
La dissoluzione dell'impero carolingio fu affrettata dalle invasioni [[normanni|normanne]] e [[arabi|arabe]]. I vichinghi conquistarono varie zone costiere della Francia e della Germania, colpendo nel [[secolo IX]] anche le coste della [[Penisola Iberica]]. Gli Arabi, che avevano già conquistato fin dal [[711]] la [[Spagna]], dettero vita all'[[emirato di Cordova]], del tutto autonomo rispetto al [[Califfo|Califfato]] abbaside di [[Baghdad]].<br />
''Longa manus'' degli Abbasidi, nell'800 erano giunti in [[Nordafrica]] ([[Ifriqiya|Ifrīqiya]]) gli [[Aghlabidi]] che, a partire dall'[[827]], si impossessarono della [[Sicilia]] per dominarla per due secoli, alterando tutti gli equilibri del quadrante centrale del [[Mar Mediterraneo]].<br />
Dall'[[895]] in poi anche gli [[Magiari|Ungari]] fecero incursioni devastanti nella [[pianura padana]]. L'autorità regia era del tutto indebolita ed i signori feudali dovettero provvedere in proprio alla difesa. I vescovi facevano ricostruire le mura cittadine, i conti, i marchesi, i duchi si proteggevano in [[castello (architettura)|castelli]] turriti.
 
Il titolo imperiale era ormai squalificato ma i signori feudali italiani ci tenevano in modo particolare e se lo contesero per ottant'anni ([[887]]-[[962]]). È l'epoca di [[Berengario I]], marchese del Friuli, [[Lamberto duca di Spoleto]], cui si aggiungono [[Arnolfo di Carinzia]] e [[Ugo di Provenza]]. Anche l'autorità del papa divenne sempre meno elevata, visto che la sua elezione divenne materia di intrighi politici di bassissimo livello. Protagonisti principali furono [[papa Formoso]] e la nobildonna romana [[Marozia]].
[[Gaio Mario il Giovane]], figlio di [[Gaio Mario]], radunò un esercito tra i conservatori e si preparò allo scontro frontale: nella [[Battaglia di Porta Collina]], oltre 50.000 uomini nelle schiera di [[Gaio Mario il Giovane]] furono uccisi ed altri furono imprigionati. La [[guerra civile tra Mario e Silla|guerra civile]] era finita. Era il [[27 gennaio]] dell'[[81 a.C.]].
 
Infine la corona imperiale passò alla casa degli Ottoni che aveva unificato la monarchia in Germania. [[Ottone I]] venne incoronato nel 962 e stabilì che l'imperatore dovesse avere l'ultima parola sull'elezione del papa. L'impero di Carlo Magno sembrava finalmente restaurato, anche se comprendeva solo Germania e Italia del nord. Ma [[Ottone II]] ([[973]]-[[983]]) e [[Ottone III]] ([[983]]-[[1002]]) morirono in giovane età e non poterono sviluppare ulteriormente l'Impero.
=====La dittatura di Silla=====
[[Lucio Cornelio Silla]] divenne così ''[[dictator]]'', e lo restò per 2 anni, durante i quali lasciò il segno in diversi modi:
 
===La [[riforma gregoriana|Chiesa riformata]], la [[lotta per le investiture]], la [[prima crociata]] (1000-1100)===
* inventò il [[culto della personalità]], facendo coniare monete con la sua effigie ed introducendo nel [[calendario]] la festa della sua vittoria:
[[File:Italy 1000 AD-it.svg|thumb|300 px|L'Italia nell'anno 1000]]
* trattò [[Roma]] da semplice città conquistata, facendola presidiare da un esercito;
Nell'XI secolo l'ufficio del papa era in piena decadenza, conteso fra le sanguinarie famiglie romane e i tentativi moderati dell'imperatore. Ma si rivelò altrettanto difficile governare le città italiane. Pavia si ribellò ad [[Enrico II il Santo|Enrico II]] ([[1002]]-[[1024]]) che fu l'ultimo esponente della casa dei sassoni. A lui succedette [[Corrado II il Salico|Corrado II]] di Franconia ([[1027]]-[[1039]]) contro cui si ribellarono i [[valvassori]] della Lombardia, guidati dal vescovo [[Ariberto d'Intimiano]]. Nel [[1037]] Corrado fu così costretto a concedere anche ai feudatari minori quello che il [[Capitolare di Quierzy]] aveva concesso ai maggiori: l'ereditarietà (''[[Constitutio de feudis]]'').
* represse ogni forma di dissenso, uccidendo 40 senatori e 2600 cavalieri che avevano simpatie per [[Gaio Mario]]. Tra i [[Proscrizione|proscritti]] c'era anche un giovane di nome [[Gaio Giulio Cesare]], nipote di [[Gaio Mario]], che si salvò grazie all'aiuto di amici in comune con una semplice condanna al confino;
* estese la [[cittadinanza romana]] a tutti gli italiani, ed a molti [[Galli]] ed [[Iberi]];
* distribuì terre ai veterani del suo esercito;
* abolì le distribuzioni gratuite di [[grano]];
* ristabilì la regola dei dieci anni di intervallo per chi concorreva al consolato per la seconda volta.
* congedò l'esercito ed emanò una legge che vietasse a qualunque esercito di sostare in Italia.
 
In questo periodo si levò alta la protesta contro la corruzione e l'abiezione del papato. Se da una parte ci furono movimenti religiosi di stampo pauperistico ed eremita - come quello di [[San Romualdo]] - dall'altra ebbe molta fortuna il nuovo [[Congregazione cluniacense|monachesimo cluniacense]], che si nutriva solo delle donazioni dei feudatari, ma che proponeva uomini di grande autorità morale, di spessa cultura e abili capacità politiche e amministrative. Più tardi nacquero l'ordine dei [[monaci certosini]] e quello dei [[cistercensi]], che puntavano l'attenzione alla vita solitaria e contemplativa, e che si diffusero a macchia d'olio. Anche gli abitanti delle città si opponevano alla corruzione del clero, biasimando in particolar modo la [[simonia]], cioè la compravendita delle cariche, e il [[nicolaismo]], cioè la pratica del [[Concubinato|concubinaggio]], dando vita al movimento dei "[[patari]]", movimento che fornì alla Chiesa anche il [[papa Alessandro II]] ([[1061]]-[[1073]]).
Compiute queste riforme, decise, tra lo sbigottimento generale, di lasciare ogni carica e di ritirarsi a vita privata nella sua villa di [[Cuma]]. Quello stesso giorno, tornato ad essere un semplice ''cittadino'', un passante lo inseguì ingiuriandolo e facendogli sberleffi. [[Lucio Cornelio Silla]] neppure si voltò, ma si limitò a dire ai pochi amici che lo accompagnavano:
 
Mentre la Chiesa si stava rinnovando, si accese la [[lotta per le investiture]] fra [[papa Gregorio VII]] ([[1073]]-[[1085]]) e l'imperatore [[Enrico IV di Franconia|Enrico IV]] ([[1056]]-[[1105]]). Il problema erano i [[vescovi-conti]], quei vescovi che possedevano dei feudi, ma che alla morte non potevano tramandarli ereditariamente, cossiché essi tornavano nelle mani dell'imperatore. Sia il papa sia l'imperatore volevano essere gli unici a gestire questi vescovi, ad "investirli" dell'ufficio. Nel [[1122]] si arrivò al compromesso di Worms, fra il [[papa Callisto II]] ed [[Enrico V di Franconia|Enrico V]], in cui ognuna delle due parti rinunciava ad un pezzo del suo potere, ma essenzialmente - anche in questo caso - si decretò una realtà di fatto.
{{quote|Che imbecille! Dopo questo gesto, non ci sarà più un dittatore al mondo disposto ad abbandonare il potere!}}
 
Nel frattempo un altro monaco di Cluny, Ottone di Lagery, era diventato papa con nome di [[papa Urbano II|Urbano II]] ([[1088]]-[[1099]]). Egli stimolò gli animi cristiani dei cavalieri affinché la smettessero di farsi guerra fra loro e si dirigessero a [[Gerusalemme]], per salvarla dal dominio islamico dei [[Fatimidi]], mentre nel cuore del Califfato abbaside s'erano fortemente insediati i [[Turchi]] [[Selgiuchidi]] e alle porte di [[Costantinopoli]] altri Turchi, chiamati "di [[Rūm]]". Ma l'appello fu colto anche dalla gente comune che entusiasticamente e senza alcuna preparazione partì alla volta dell'Oriente, compiendo saccheggi per tutto il percorso e finendo travolta dai Turchi del [[Sultano|Sultanato]] di Rūm. I re e l'imperatore invece non partirono. La [[prima crociata]] fu portata avanti da duchi e da conti, che massacrarono i Turchi e, con un lungo percorso terrestre, giunsero in [[Siria]]-[[Palestina]] e conquistarono Gerusalemme nel [[1099]].
=====La rivolta di Spartaco=====
{{vedi anche|Terza guerra servile}}
Pochi anni dopo la morte di [[Lucio Cornelio Silla|Silla]], la situazione politica romana precipitò di nuovo nel caos: prima la ribellione della [[Spagna romana|Spagna]], che fu domata da [[Gneo Pompeo Magno|Pompeo]], poi la ben più grave rivolta degli schiavi, capeggiata da [[Spartaco]].
 
===I [[Comune medievale|Comuni]], il Regno di Sicilia (1100-1250)===
Nel [[73 a.C.]], infatti, un gruppo di quasi cento schiavi della scuola di [[Lentulo Batiato]] di Capua, si ribellarono e fuggirono. Nominato loro capo [[Spartaco]], un [[gladiatore]] [[Tracia|tracio]], chiamarono nelle loro fila qualunque schiavo desideroso di libertà, ed in poco tempo il loro esercito arrivò a contarne settantamila.
 
A causa dell'assenza del potere imperiale, già a metà del XI secolo le famiglie più potenti delle città italiane del nord e del centro estromisero i conti e i vescovi dall'esercizio del potere. Esse si riunivano in associazioni - ''communes'' - che governavano su ogni aspetto della vita pubblica cittadina. Nonostante lo sviluppo dell'economia a capo di queste associazioni risiedevano comunque militari e aristocratici di basso livello che avevano lottato per l'ereditarietà dei propri feudi.
Le prime battaglie sorrisero agli insorti, che batterono gli eserciti romani e mossero verso le [[Alpi]]. Persero una battaglia, ne vinsero un'altra, e si trovarono d'improvviso alle porte di [[Roma]]. Il [[Senato Romano]] mandò allora contrò i ribelli un esercito guidato da [[Marco Licinio Crasso (console 70 a.C.)|Crasso]] e composto dal fiore dell'aristocrazia romana, mentre dalla [[Spagna romana|Spagna]] stava ritornando [[Gneo Pompeo Magno|Pompeo]]: [[Spartaco]] preferì così affrontare apertamente l'esercito romano, e fu sconfitto in via definitiva, morendo in battaglia. I ribelli catturati vivi furono crocifissi lungo la [[Via Appia]].
Da ricordare fra queste città le [[repubbliche marinare]].
 
Intanto in Germania la corona divenne una carica elettiva. Non solo dunque gli imperatori faticavano a controllare duchi e arcivescovi, ma erano questi a loro volta che eleggevano l'imperatore. Attorno al 1150
=====La Congiura di Catilina=====
si produsse la rivalità fra Welfen e Hohenstaufen, noti in Italia come [[Guelfi e Ghibellini]]. Questi ultimi erano fautori della totale indipendenza del potere imperiale dal papa, mentre i guelfi erano più possibilisti.
{{vedi anche|Congiura di Catilina}}
Di lì a poco, parve che la democrazia fosse tornata dopo la restaurazione di [[Lucio Cornelio Silla|Silla]]. Ma poco dopo la partenza di [[Gneo Pompeo Magno|Pompeo]], emerse la possibile minaccia di [[Lucio Sergio Catilina]]. Questi era un aristocratico che si era schierato apertamente coi popolari, con un programma radicale, che prevedeva tra le altre cose, l'annullamento dei debiti per tutti i cittadini.
 
L'imperatore [[Federico Barbarossa|Federico I Hohenstaufen]] ([[1155]]-[[1190]]), detto in Italia il Barbarossa, cercò di ripristinare i suoi diritti sia nei confronti del papa sia dei comuni. [[Milano]] venne distrutta nel [[1162]]. Papa Alessandro III (1159-1181) scomunicò Federico che gli aveva opposto un antipapa. Nel [[1174]] L'esercito imperiale, che aveva stipulato una alleanza con la flotta [[venezia]]na, assediò invano [[Ancona]] che oltre ad essere un libero comune era invisa al [[Federico Barbarossa|Barbarossa]] anche perché alleata dell'[[Impero Romano d'Oriente]]. Nel 1176 i comuni, alleati nella [[Lega Lombarda]], sconfissero i tedeschi a [[Legnano]]. Nel [[1183]] si firmò la [[pace di Costanza]] che sostanzialmente riconobbe le pretese dei comuni.
[[Lucio Sergio Catilina|Catilina]] si presentò alle elezioni, ma perse. Radunò così a [[Fiesole]] un migliaio di seguaci, con i quali si presentò l'anno dopo nuovamente alle elezioni. Ma ancora una volta fu battuto da [[Cicerone]], che lo accusò di aver organizzato un complotto per ucciderlo.
 
Contemporanemanete al sud si andava formando il [[Regno di Sicilia]]. Nel [[1059]] in normanno [[Roberto il Guiscardo]] strinse un patto con [[Papa Niccolò II]] con cui si dichiarava formalmente suo vassallo, ottenendo in cambio il titolo di duca di Puglia (che comprendeva anche la Basilicata), la Calabria, parte della Campania e Sicilia (che era però ancora in mano ai musulmani). I Normanni riuscirono ben presto a cacciare dal Meridione la presenza bizantina e poterono ben presto dedicarsi alla Sicilia.
Il [[7 novembre]] del [[63 a.C.]] davanti al [[Senato Romano]], [[Cicerone]] pronunciò il suo famoso discorso (''le [[Catilinarie]]'') che durò per tre giorni. Il [[3 dicembre]] fu emesso un mandato d'arresto per Lentulo, Cetego ed altri presunti cospiratori, che il [[5 dicembre]] furono giustiziati. L'unica voce del [[Senato Romano|Senato]] che difendeva i sentenziati era quella di un giovane di nome [[Gaio Giulio Cesare]]. Alla fine della requisitoria, alcuni senatori tentarono di ucciderlo, ma [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] riuscì a fuggire. [[Cicerone]] fece così eseguire la sentenza, mentre [[Gaio Antonio Ibrida|Caio Antonio]], l'altro console, partì con un esercito contro [[Catilina]].
 
[[Ruggero I di Sicilia|Ruggero ''Bosso'' d'Altavilla]], fratello di Roberto, alla testa di un folto gruppo di cavalieri nel [[1061]] sbarcò a [[Messina]] e invase l'isola, riuscendo nel [[1072]] ad arrivare a [[Palermo]], che venne poi eletta capitale. Solo con suo figlio, [[Ruggero II di Sicilia|Ruggero II]], le due corone si unirono per formare il [[Regno di Sicilia]], creando così in Italia uno stato di dimensioni considerevoli: il Regno di Sicilia.
Nella [[battaglia di Pistoia]], che si combatté nel [[gennaio]] del [[62 a.C.]], i sostenitori di [[Catilina]] si batterono con coraggio, ma furono sterminati. Lo stesso [[Catilina]] perse la vita.
 
Il potere dei Normanni nell'Italia meridionale ebbe termine tra il [[1194]] (morte di [[Tancredi di Sicilia|Tancredi di Lecce]]) e il [[1198]], quando [[Enrico VI di Svevia|Enrico VI di Svevia, Imperatore del Sacro Romano Impero]] (morto nel [[1197]]), in virtù del suo matrimonio con [[Costanza d'Altavilla]] (morta nel [[1198]]), unì alla corona imperiale quella di re di Sicilia. Il regno subì una svolta accentrativa sotto la direzione di [[Federico II di Svevia|Federico II]] ([[1211]]-[[1250]]), il quale fu scomunicato tre volte, partecipò alla sesta [[crociata]] (da lui stessa indetta), e conquistando [[Gerusalemme]] senza versare sangue ma attraverso trattative con il sultano d'Egitto Al-Kamil, e infine tentò nuovamente di estendere la sua egemonia sui comuni dell'Italia del nord, in una lunga guerra senza successo.
==== Cesare (58 a.C.- 44 a.C.)====
{{vedi anche|Gaio Giulio Cesare}}
[[Gaio Giulio Cesare]], nipote di [[Gaio Mario|Mario]], aveva già fatto carriera negli anni tumultuosi seguiti alla [[dittatura]] di [[Lucio Cornelio Silla|Silla]], ed era scampato ad un paio di agguati, come quello avvenuto mentre difendeva [[Catilina]].
 
In questo periodo si affacciano nel panorama religioso potenti [[movimenti ereticali medievali|eresie]], che infine vengono controllate dall'istituzione del tribunale dell'[[Inquisizione]].
Quando [[Gneo Pompeo Magno|Pompeo]] si trovò in contrasto con il [[Senato romano]], [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] ebbe la prontezza di proporgli il primo triumvirato: [[Gneo Pompeo Magno|Pompeo]] avrebbe finanziato l'impresa, [[Marco Licinio Crasso|Crasso]] avrebbe prestato la sua influenza sulle classi ricche dell'alta borghesia, ed infine [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] avrebbe fatto da garante per il popolo. L'[[aristocrazia]] fu tagliata così fuori dal potere.
 
===L'apogeo del medioevo, la crisi del Trecento, le signorie (1250-1492)===
=====Il primo Triumvirato=====
====Il meridione sotto Angioini e Aragonesi (1250-)====
{{vedi anche|Primo triumvirato}}
Il papa, approfittando della morte di Federico II, cercò di insediare al trono del [[Regno di Napoli]] [[Carlo d'Angiò]], fratello del re di [[Francia]]. Carlo trovò però l'opposizione di [[Manfredi]], figlio di [[Federico II]] che inizialmente ottenne una serie di successi, tanto che il partito [[ghibellini|ghibellino]] si affermò in molti comuni italiani, primo tra tutti [[Firenze]]: le milizie [[guelfi|guelfe]] della città furono sconfitte a [[Battaglia di Montaperti|Montaperti]] ([[1260]]) dai [[Siena|Senesi]], ghibellini, aiutati dalle truppe dello stesso Manfredi. Costui fu tuttavia sconfitto pesantemente a [[Battaglia di Benevento|Benevento]] da [[Carlo d'Angiò]] provocando un improvviso crollo del partito ghibellino in tutta [[Italia]].
 
La dominazione Angioina impose tasse potenti e mise in posti di comando numerosi baroni francesi, alienandosi presto le simpatie del popolo, che nel [[1282]] diede inizio a [[Palermo]] a una sanguinosa rivolta ([[Vespri siciliani]]). I rivoltosi chiamarono in loro aiuto [[Pietro III d'Aragona]], che aveva sposato la figlia di [[Manfredi]]. Ebbe così inizio la cosiddetta [[Guerra del Vespro]] che si concluse soltanto nel [[1302]] con la [[Pace di Caltabellotta]], in seguito alla quale la [[Sicilia]] sarebbe passata a un ramo cadetto della [[Aragona|Casa d'Aragona]]. Il [[Regno di Napoli]] restò invece sotto la dominazione [[Angiò|Angioina]].
[[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] vince così facilmente le elezioni a [[console romano]], mentre per l'[[aristocrazia]] salì [[Marco Calpurnio Bibulo]]. [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] mantenne i suoi impegni: distribuì terre ai soldati di [[Gneo Pompeo Magno|Pompeo]] (che era stato uno dei motivi di contrasto col [[Senato romano]]), e ne ratificò gli impegni in [[Oriente]]. Poi varò tutte le leggi proposte dai [[Gracchi]], che ci avevano rimesso la vita. Inventò il primo [[quotidiano]], chiamato ''[[Acta Diurna]]'', in cui tutte le decisioni del [[Senato romano|Senato]] venivano spiegate, motivate e commentate. Essendo gratuito, ed affisso sui muri della città, il [[Senato romano]] si ritrovò così a dover dare conto all'intera popolazione delle sue scelte.
 
{{Vedi anche|Regno di Napoli}}
Dopo una serie di matrimoni combinati con ''[[gentes]]'' influenti della [[politica]] [[romana]], [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]], poco prima della scadenza del mandato, si fece nominare [[proconsole]] della [[Gallia Cisalpina]] e [[Gallia Narbonense|Narbonense]]: questo incarico gli conferì così il comando delle truppe a nord dell'[[Italia]] (la legge vietava che ce ne fossero a sud del [[Rubicone]]), rendendolo il padrone del paese.
[[File:Alfonso-V-el-Magnanimo.jpg|200px|right|thumb|[[Alfonso I di Napoli]]]]
Gli angioini, ottenuto il dominio su tutto il [[Mezzogiorno (Italia)|Mezzogiorno]] d'Italia, esclusa la [[Sicilia]], stanziarono a [[Napoli]] la sede del potere regio e conservarono nel nuovo regno l'assetto amministrativo di origine sveva, con [[giustizierati]] e [[università del Regno|universitates]]. Le ultime [[regalia|regalie]] del napoletano furono però perse, quali il diritto del sovrano di nominare degli amministratori regi nelle diocesi con sedi vacanti<ref name= Galasso95 >Galasso G., ''Storia d'Italia'' Vol XV, Utet, Torino 1995</ref>. Con [[Roberto d'Angiò]] a Napoli fiorirono le scienze umanistiche: egli istituì una scuola di teologi scolastici e commissionò importanti traduzioni dal greco, da Aristotele a Galeno, per la biblioteca di Napoli. Furono anche gli anni in cui fiorì la cultura greca di [[Calabria]], grazie alla quale il [[neoplatonismo]] e la cultura ellenistica entrarono nella tradizione italiana, dal [[Petrarca]] a [[Pico della Mirandola]].
 
Morto Roberto, seguirono anni di incertezze politiche. Scoppiò una guerra di successione fra [[Giovanna I di Napoli]] e [[Carlo di Durazzo]], finché il regno non finì per breve tempo nelle mani di [[Luigi II d'Angiò]]. [[Ladislao I di Napoli|Ladislao I]] infine, figlio di Giovanna, riconquistò Napoli e, sfruttando le incertezze politiche, intraprese una guerra contro lo [[Stato Pontificio]] e i comuni toscani, arrivando ad occupare buona parte dell'Italia centrale: il [[Regno di Napoli]] acquisiva per breve tempo buona parte della penisola italiana.
Con le sue truppe a guardia dell'[[Italia]], l'elezione a [[console romano|consoli]] di [[Aulo Gabinio]] e [[Lucio Calpurnio Pisone Cesonino]] (che gli dovevano l'appoggio) e di [[Publio Clodio Pulcro]] a [[tribuno della plebe]] (che gli doveva un'assoluzione), l'appoggio di [[Gneo Pompeo Magno|Pompeo]], i denari di [[Marco Licinio Crasso|Crasso]], ed il [[Senato romano|Senato]] sotto controllo, [[Gaio Giulio Cesare]] si dedicò così alla [[conquista della Gallia]].
 
Nel 1414 però Ladislao morì e il regno tornò presto nei confini originari. Prese il suo posto al trono Giovanna II, l'ultima sovrana angioina nel napoletano; non avendo avuto eredi diretti, Giovanna adottò un aragonese come figlio, [[Alfonso V d'Aragona]], diseredandolo poi del regno, in favore di [[Renato d'Angiò]]. Alla morte di costei Alfonso rivendicò il diritto di successione e dichiarò guerra a Napoli. Col sostegno del [[ducato di Milano]] in breve tempo tutto il [[Mezzogiorno (Italia)|Mezzogiorno]] fu conquistato da [[Alfonso V d'Aragona]], che divenne intanto [[Alfonso I di Napoli]], col titolo di ''Rex Utriusquae Siciliae''. Costui, come poi suo figlio Ferrante, contribuì ampiamente all'ammodernamento del territorio dominato sul modello economico aragonese, tramite il sostegno giuridico della [[transumanza]], i fori boari, il contrasto dei privilegi feudali e l'adozione del [[lingua napoletana|napoletano]] come lingua di stato.
=====La conquista della Gallia=====
{{vedi anche|Conquista della Gallia}}
[[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] intervenne in [[Gallia]] chiamato a difenderla dalle stesse tribù alla vigilia di un'invasione di [[Elvezi]] e di [[Germani]]. Cercata e non trovata una soluzione diplomatica con [[Ariovisto]], capo dei [[Germani]], [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] li affrontò in due battaglie campali: prima furono sbaragliati gli [[Elvezi]], che tornarono in [[Rezia]] ed accettarono il [[vassallaggio]] a [[Repubblica Romana|Roma]]; poi toccò ai [[Germani]], che furono annientati ad [[Ostheim]].
 
====L'affermazione delle signorie nel nord italia (1259-1328)====
[[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] chiese così alla [[Gallia]] di accettare la sua protezione da future invasioni, ma le tribù rifiutarono, chiamando in aiuto i [[Belgi]]: questi furono a loro volta sterminati, e [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] proclamò, prematuramente, la [[Gallia]] conquistata. Seguì una nuova invasione di [[Germani]], ancora una volta annientati, ed una piccola spedizione di [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] in [[Britannia]], da cui però dovette ritornare per la rivolta delle tribù galliche, che per la prima volta si erano riunite sotto il comando di un solo uomo: [[Vercingetorige]].
Le Signorie furono l'evoluzione istituzionale di molti [[Comune medievale|comuni]] urbani dell'[[Italia]] [[Italia centrale|centro]]-[[Italia settentrionale|settentrionale]] attorno alla metà del [[XIII secolo]].
 
Esse si svilupparono a partire dal conferimento di cariche [[podestà (medioevo)|podestarili]] o popolari ai capi delle famiglie preminenti, con poteri eccezionali e durata spesso vitalizia. In tal modo si rispondeva all'esigenza di un [[governo]] stabile e forte che ponesse termine all'endemica instabilità instituzionale ed ai violenti conflitti politici e sociali, soprattutto tra magnati e popolari.<ref>[[Franco Cardini]] e Marina Montesano, ''Storia Medievale'', Firenze, Le Monnier Università/Storia, 2006, pag. 389 "Questi "signori", che non erano dotati di specifiche prerogative istituzionali ma che governavano di fatto fornendo con la loro forza e il loro prestigio la cauzione agli altrimenti esausti governi comunali (ma che in pratica svuotavano quei governi stessi di contenuto), si appoggiavano di solito a titoli di legittimazione che venivano loro "dal basso", dalla costituzione cittadina: potevano quindi essere "podestà" o "capitani del popolo", ma detenere per lungo tempo o addirittura a vita quelle cariche che, di solito, mutavano di breve periodo in breve periodo."</ref>
Dopo una serie di battaglie minori, [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] si ritrovò circondato e ricorse alla mossa più audace: [[assedio di Alesia|assediare Alesia]], la città dove [[Vercingetorige]] aveva radunato l'esercito. Dopo sette giorni di assedio, senza ricevere rifornimenti (i 240.000 [[galli]] che erano arrivati furono respinti dalle [[legione|legioni]]), [[Vercingetorige]] chiese la resa.
 
I signori più forti e ricchi riuscirono quindi ad ottenere la facoltà di designare il proprio successore, dando così inizio a dinastie signorili attraverso la legittimazione dell'[[imperatore]], che concedeva il titolo di [[Duca]] (spesso dietro forti compensi da parte dei Signori). Rimanevano tuttavia funzionanti le [[Comune medievale|istituzioni comunali]], sebbene spesso si limitassero a ratificare le decisioni del Signore.
===== Dal Rubicone a Farsalo =====
{{vedi anche|Battaglia di Carre|Guerra civile tra Cesare e Pompeo|Battaglia di Farsalo}}
Mentre [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] conquistava la [[Gallia]], [[Repubblica Romana|Roma]] agonizzava: [[Marco Licinio Crasso|Crasso]] era stato ucciso a [[Carre]], durante la guerra coi [[Parti]] che egli stesso aveva mosso; [[Gneo Pompeo Magno|Pompeo]] non si mosse ed anzi sembrò voler approfittare dell'occasione che gli fornirono l'assassinio di [[Publio Clodio Pulcro]], [[tribuno della plebe]] in carica per conquistare il potere.
 
Le più importanti furono quelle dei [[De Medici]], [[Gonzaga]] e [[Sforza]].
Questi, infatti, era stato ucciso, e [[Gneo Pompeo Magno|Pompeo]] fece presidiare dal suo esercito la città. Catturato e giustiziato l'assassino, l'esercito rimase a presidio dei punti strategici di [[Roma]], condizione che lo rendeva unico padrone dell'[[Urbe]]. Subito dopo, [[Gneo Pompeo Magno|Pompeo]] fece ripristinare la condizione di essere presenti in città per potersi candidare a [[console]], che di fatto escludeva [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]], il cui mandato scadeva il [[1 marzo]] di quell'anno, il [[49 a.C.]], dalle elezioni, che si trovava ancora in [[Gallia]].
Ma anche quelle dei [[Della Torre]], [[Visconti]], [[Da Montefeltro|Montefeltro]], [[Estensi]], [[Della Scala]] e [[Malatesta]] ebbero, in momenti diversi, notevole importanza.
 
Inizialmente, le Signorie si presentarono come "cripto-Signorie", cioè delle "Signorie nascoste"; infatti, queste non erano delle istituzioni legittime di cui il popolo conosceva gli aspetti, ma erano appunto "nascoste". Vengono così dette poiché si aggiunsero alle istituzioni comunali senza mostrarsi apertamente e senza mostrare cambiata l'istituzione vigente. Con questa Signoria ancora in ombra (ma già forte) salirono al potere molti avventurieri, ma soprattutto famiglie di antica nobiltà feudale. Queste, dopo aver governato per una o due generazioni, decisero di legittimare il loro potere e di renderlo ereditario. Nel [[XIV secolo]] ottennero il titolo di vicario imperiale e tra il [[XIV secolo|XIV]] e il [[XV secolo|XV]] secolo i titoli di [[duca]] e [[marchese]]. L'assegnazione di questi titoli è indice della stabilizzazione dei poteri signorili. In quel tempo, nell'Italia settentrionale, gli imperatori tedeschi pretendevano la sovranità feudale. Tuttavia, già dalla seconda metà del [[Trecento|'300]], questi non riuscivano a governare le regioni settentrionali. Così si rese possibile l'affermazione delle Signorie.
[[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] si trovò a scegliere tra due soluzioni: o sciogliere l'esercito e consegnarsi alla [[Repubblica Romana|Repubblica]], che lo voleva evidentemente morto, oppure marciare in armi fino a [[Roma]] per scacciare [[Gneo Pompeo Magno|Pompeo]] ma ritrovandosi ad essere un pericoloso criminale (perché la legge non permetteva agli eserciti di bivaccare in territorio [[italia]]no).
 
Alla fine le Signorie si evolsero in Principati con dinastie ereditarie. Ciò avvenne quando i Signori, riconoscendo l'imperatore e pagando una quantità di denaro, vennero legittimati e riconosciuti come autorità da sudditi e principi. Questo cambiamento fu reso possibile grazie all'incapacità dei sovrani tedeschi di mantenere l'ordine nell'Italia del nord e grazie alla poca difficoltà che i Signori incontravano per essere riconosciuti come autorità legittima.
Il [[10 gennaio]] del [[49 a.C.]] fu presa la decisione di varcare il [[Rubicone]] (che segnava il confine tra la [[Gallia Cisalpina]] e l'[[Italia]]), e quindi di marciare in armi verso [[Roma]]. La sua marcia fu incruenta: i volontari affluivano nel suo esercito da ogni città, ed il [[16 marzo]] arrivò nella [[Roma|capitale]], lasciando l'esercito fuori le sue mura.
 
====Il declino del Papato e dell'Impero (1302-1414)====
[[Gneo Pompeo Magno|Pompeo]] era intanto fuggito nell'[[Epiro (provincia romana)|Epiro]], dove stava allestendo un esercito, mentre i suoi alleati occupavano le province di [[Spagna romana|Spagna]] e d'[[Africa (provincia romana)|Africa]]. [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] attaccò prima gli alleati in [[Spagna romana|Spagna]], che furono abilmente battuti, poi puntò sull'[[Epiro (provincia romana)|Epiro]], dove lo attendeva [[Gneo Pompeo Magno|Pompeo]], che fu annientato nella [[battaglia di Farsalo]] e fuggì in [[Egitto (provincia romana)|Egitto]], per tentare un'ultima disperata resistenza.
L'importanza dell'impero nel mondo politico medioevale, e in particolare in quello italiano, era notevolmente calata dopo la sconfitta di [[Federico Barbarossa]] a [[Legnano|Battaglia di Legnano]] nel [[1176]] e quella di [[Manfredi]] nel [[1266]] a [[Benevento]], che avevano segnato la fine del potere politico dell'impero rispettivamente nel Nord e nel Sud [[Italia]].
 
[[Enrico VII di Lussemburgo]] tentò dopo la sua ascesa al soglio imperiale nel [[1308]] di restaurare l'antico potere imperiale in [[Italia]] trovando però la fiera opposizione del libero comune di [[Firenze]] di papa [[Clemente V]] e di [[Roberto d'Angiò]]. La sua discesa in Italia con la conseguente incoronazione come Imperatore del [[Sacro Romano Impero]] (titolo vacante dalla morte di [[Federico II]], durante il cosiddetto [[grande interregno]]) rimmarrà quindi un gesto puramente simbolico. Nel [[1313]] muore mentre si trova ancora in territorio italiano deludendo così coloro che avevano sperato in una unificazione del suolo italiano sotto la sua bandiera.
===== Cleopatra e la fine del primo triumvirato =====
{{vedi anche|Cleopatra VII|Cesarione|Battaglia di Zela|Veni, Vidi, Vici|Battaglia di Tapso|Battaglia di Munda}}
 
Anche il [[Papato]], l'altra grande istituzione medioevale, attraversa un periodo di crisi. Entrambe quese istituzioni si vedono costrette ad accettare la crescente influenza degli [[Stati nazionali]], supportati dalla sempre più potente classe borghese, e la crisi del sistema [[feudale]]simo. [[Bonifacio VIII]] asceso al soglio pontificio nel [[1296]], cercherà di restaurare il potere papale scontrandosi però con [[Filippo IV il Bello]], re di [[Francia]]. Nel punto culminante del conflitto Filippo scese in Italia e, con un gesto impensabile qualche secolo prima, imprigionò il papa ad [[Anagni]] (1303) dove sembra che abbia ricevuto addirittura uno schiaffo ([[Schiaffo di Anagni]]). Nel [[1305]], [[Clemente V]] spostò a sede papale ad [[Avignone]] dove resterà per i successivi settanta anni. I papi avignonesi restarono succubi dei r di Francia e non mancarono di destare scandalo tra i loro contemporanei. Nel [[1377]] si aprirà lo [[Scisma d'occidente]] in seguito al ritorno a [[Roma]] di papa [[Gregorio XI]]: alla sua morte infatti i cardinali romani elessero al soglio pontifico [[urbano VI]] mentre i cardinali francesi [[Clemente VII]]. Lo scisma si compicherà ancor più dopo il [[Concilio di Pisa]] ([[1409]]) che, nel tentativo di unificare di nuovo la cristianità, elesse un altro papa. L'Europa era divisa tra i seguaci dei due (poi tre) "papi" fino alla definitiva fine dello scisma avvenuta col [[Concilio di Costanza]] ([[1414]]).
[[Tolomeo XIII]], il re d'Egitto vassallo di [[Repubblica Romana|Roma]], per ingraziarsi [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]], uccise a tradimento [[Gneo Pompeo Magno|Pompeo]], che cercava rifugio in quelal provincia. [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] si recò subito in [[Egitto (provincia romana)|Egitto]] per recuperare il corpo di [[Gneo Pompeo Magno|Pompeo]], ma qui rimase coinvolto in un intrigo amoroso con la moglie e sorella di [[Tolomeo XIII]], la regina [[Cleopatra VII]]. I malumori degli egizi e di parte dei soldati romani sfociarono in una rivolta, che [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] riuscì a domare. Restò poi nove mesi in [[Egitto (provincia romana)|Egitto]], dopo i quali [[Cleopatra VII]] diede alla luce un figlio: [[Cesarione]].
 
Lo scisma aveva mostrato la debolezza di una istituzione che era stata un punto di riferimento fondamentale nei secoli passati. Così mentre dal punto di vista culturale il papa perdeva un'egemonia quasi millenaria dal punto di vista politico la [[Cattività avignonese]] e lo Scisma favorirono il distacco definitivo del [[Ducato di Urbino]], già iniziato sotto [[Guido da Montefeltro]] e la nascita per breve tempo di una [[repubblica romana]] tra il [[1347]] e il [[1354]] guidata da [[Cola di Rienzo]]. Questi dopo essersi impadronito del potere tentò di organizzare una repubblica simile a quella romana ma alla fine della sua carriera sconfinò nel delirio e venne linciato dai suoi stessi concittadini che lo avevano sostenuto.
[[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] quindi decise di ripartire per l'[[Italia]]: prima si recò in [[Asia (provincia romana)|Asia Minore]] per combattere una ribellione di [[Farnace II]], figlio di [[Mitridate VI]], che fu annientata nella [[battaglia di Zela]], poi sbarcò a [[Taranto]] con [[Cleopatra VII|Cleopatra]], il neonato [[Cesarione]] ed i suoi fedeli soldati.
 
====Le lotte tra gli stati italiani (1412-1454)====
Dall'[[Italia]] partì per [[Tapso|Thapsus]], nella [[Africa (provincia romana)|provincia d'Africa]], per combattere gli ultimi irriducibili seguaci di [[Gneo Pompeo Magno|Pompeo]]. Sbarcò nell'[[aprile]] del [[46 a.C.]] e vi trovò ad aspettarlo 80.000 uomini, comandati da [[Quinto Cecilio Metello Pio Scipione Nasica|Quinto Metello Scipione]], [[Marco Porcio Catone Uticense]], [[Tito Labieno]] e [[Giuba I]], re di [[Numidia]]. Il [[6 febbraio]] del [[46 a.C.]] si ebbe così la [[battaglia di Tapso]], che fu tremenda, e dove trovarono la morte quasi tutto l'esercito repubblicano ed i suoi comandanti. Solo [[Tito Labieno]] riuscì a scappare in [[Spagna romana|Spagna]], dove fu raggiunto e definitivamente sconfitto nella [[battaglia di Munda]] il [[17 marzo]] del [[45 a.C.]] assieme ai suoi sostenitori.
Nella prima metà del XV secolo si ebbe un lungo periodo di guerre che interessò l'intera penisola e fu segnato dai ripetuti tentativi degli Stati più forti di estendere la propria egemonia. Nell'area centro-settentrionale i maggiori contendenti furono il Ducato di [[Milano]] e le Repubbliche di [[Venezia]] e [[Firenze]], impegnati in una politica di espansione territoriale avviata già nel [[XIV secolo|Trecento]] col progressivo assoggettamento del contado da parte delle città.
 
Il regno di [[Napoli]] fu scosso da una lunga crisi dinastica iniziata nel [[1435]] con la morte dell'ultima regina [[Angioini|angioina]], [[Giovanna II di Napoli|Giovanna II]], e conclusasi solo nel [[1442]] con la vittoria di [[Alfonso V d'Aragona]], che ebbe la meglio sul rivale [[Renato d'Angiò]]. L'avvento della dinastia [[Aragona|aragonese]] dei [[Trastamara]] segnò anche la riunificazione ''de facto'' dei regni di Napoli e [[Sicilia]] e l'avvio di un periodo di stabilità dinastica destinato a durare fino alla fine del secolo.
===== Le riforme e le idi di marzo =====
{{vedi anche|Tu quoque Brute fili mi}}
Rientrato a [[Roma]] da trionfatore, fu nominato ''[[dictator]]'' a vita, e poté così iniziare la sua gigantesca opera riformista. I principali punti furono l'estensione della [[cittadinanza romana]] a tutti gli [[italia]]ni ed una radicale riforma dei quadri della burocrazia e dell'esercito. Cercò, inoltre, di riempire i vuoti causati dalle guerre con nuovi elementi della borghesia rurale. Perdonò diversi alleati di [[Gneo Pompeo Magno]], ed anzi li promosse a governatori di province. Ma preparava anche altre guerre: la vendetta contro i [[Parti]], che avevano ucciso [[Marco Licinio Crasso|Crasso]] e la conquista della [[Germania Magna]] e della [[Scizia]].
 
Il dominio sui mari fu invece l'obiettivo che contrappose gli interessi delle antiche [[repubbliche marinare]]: estromessa [[Amalfi]] già nel [[XII secolo]], lo scontro proseguì tra [[Pisa]], [[Genova]] e [[Venezia]]. Genovesi e Pisani combatterono ripetutamente per il controllo del [[Mar Tirreno|Tirreno]] e nel [[1406]] Pisa fu conquistata da Firenze, perdendo definitivamente la propria autonomia politica. Agli inizi del secolo la contesa era dunque ridotta a un duello fra Genovesi e Veneziani. Per tutto il Quattrocento perdurò uno stato di conflittualità tra le due repubbliche ma non si ebbero battaglie decisive. La potenza di Genova andò affievolendosi nel corso del secolo e Venezia si affermò come padrona dei mari, raggiungendo il culmine della propria ascesa agli inizi del [[XVI secolo]].
Tutti questi piani di guerra erano ancora in corso, quando il [[15 marzo]] del [[44 a.C.]] fu assassinato da un gruppo di congiurati capitanati da [[Marco Giunio Bruto]] e [[Gaio Cassio Longino]], che vedevano nelle loro fila anche [[Gaio Trebonio]], [[Decimo Giunio Bruto Albino]], [[Lucio Minucio Basilo]] e [[Servio Sulpicio Galba (pretore 54 a.C.)|Servio Sulpicio Galba]]. I malumori repubblicani, infatti, non si erano ancora sopiti, ed i seguaci della [[Repubblica Romana]] vedevano in [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] un aspirante [[re]] e credettero, eliminandolo, di restituire la sovranità al [[Senato romano|Senato]] e la libertà al popolo .
 
Col progressivo declino dell'[[Impero bizantino]], l'altro grande rivale di Venezia - la caduta di [[Costantinopoli]] data al [[1453]] - la ''Serenissima'' poté interessarsi ad una politica di espansione territoriale sulla terraferma che prese avvio proprio agli inizi del XV secolo. Le iniziative militari veneziane entrarono in conflitto con gli interessi del ducato di Milano, impegnato a sua volta in una politica espansionistica guidata della famiglia [[Visconti]]. Nello scontro si inserì anche la repubblica di Firenze, minacciata dall'aggressività viscontea e alleatasi con i Veneziani. La Serenissima riportò una vittoria decisiva nella [[battaglia di Maclodio]] del [[1427]], assumendo una posizione egemone che allarmò i Fiorentini, i quali preferirono rompere l'alleanza e schierarsi dalla parte di Milano. La guerra si protrasse con operazioni di minore portata fino al [[1454]], quando le due rivali siglarono a Lodi una pace destinata a stabilizzare l'assetto politico della Penisola per quarant'anni: Venezia e Milano fissavano sull'[[Adda]] il confine fra i rispettivi territori e rinunciavano ad ulteriori tentativi di espansione, mantenendo in una condizione di equilibrio la frammentata realtà politica italiana.
In realtà, i congiurati ottennero l'esatto opposto: il popolo era nettamente dalla parte di [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]], e già il [[18 marzo]], quando si tennero i solenni funerali, i congiurati capirono che era meglio fuggire. All'apertura del [[testamento]], si scoprì che [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] aveva disposto la divisione del suo patrimonio (100 milioni di [[sesterzio|sesterzi]]) tra tutti i cittadini, mentre al [[municipium]] andavano i suoi beni immobili. Il resto era da dividere tra i tre nipoti, tra cui [[Augusto|Caio Ottavio]], nominato suo erede e perciò chiamato "Caio Giulio Cesare Ottaviano".
 
====La Pace di Lodi e la politica dell'equilibrio (1454-1492)====
[[Marco Antonio]], fidato luogotenente di [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]], che era stato trattenuto con l'inganno fuori dal [[Senato romano|Senato]] il giorno della congiura per evitare potesse difendere l'amico, ne rimase deluso, e mandò sia [[Marco Giunio Bruto]] che [[Gaio Cassio Longino]] a governare due province lontane per sottrarli alla folla. Rimasto da solo, cercò di diventare il successore di [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]], ma doveva così scontrarsi con [[Augusto|Ottaviano]], che saputo di essere erede stava rientrando dall'[[Apollonia (Albania)|Apollonia]], dove si trovava al momento dell'assassinio dello zio.
La Pace di Lodi, firmata nella [[Lodi|città lombarda]] il [[9 aprile]] [[1454]]<ref name="majocchipace"/><ref name="treccani"/>, mise fine allo scontro fra [[Repubblica di Venezia|Venezia]] e [[Ducato di Milano|Milano]]<ref name="treccani"/> che durava dall'inizio del [[XV secolo|Quattrocento]]<ref name="agebassi55e56">[[Agenore Bassi]], ''Storia di Lodi'', Lodi, Edizioni Lodigraf, 1977, pagg. 54-55. ISBN 8871210182.</ref>.
 
La rilevanza storica del trattato risiede nell'aver garantito all'[[Italia (regione geografica)|Italia]] quarant'anni di pace stabile<ref name="treccani"/><ref name="ambreck"/>, contribuendo di conseguenza a favorire la rifioritura [[arte|artistica]] e [[letteratura|letteraria]] del [[Rinascimento]]<ref name="bottini"/>.
==== Augusto (43 a.C. - 14 d.C.)====
{{vedi anche|Augusto|Marco Antonio}}
[[Augusto|Ottaviano]], appena rientrato dai [[Balcani]], chiese a [[Marco Antonio]] di rispettare il testamento di [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] e quindi di distribuire il tesoro ai cittadini; al rifiuto, si fece prestare i soldi necessari dagli amici dello zio e poté provvedere di persona. [[Marco Antonio]] diffuse quindi la notizia di un complotto del giovane contro di lui, ed armò due legioni per catturarlo. Il [[Senato Romano|Senato]] si schierò con [[Augusto|Ottaviano]], il quale affrontò le legioni nemiche a [[Modena]], sbaragliondole. [[Marco Antonio]] fuggì, ed [[Augusto|Ottaviano]] tornò a [[Roma]] da eroe.
 
Venezia e Milano conclusero una pace definitiva il [[9 aprile]] [[1454]] presso la residenza di [[Francesco Sforza]] a [[Lodi]]<ref name="majocchipace"/>; il trattato fu ratificato dai principali [[Antichi Stati italiani|Stati regionali]]<ref name="agebassi55">[[Agenore Bassi]], ''Storia di Lodi'', Lodi, Edizioni Lodigraf, 1977, pag. 55. ISBN 8871210182.</ref> (prima fra tutti Firenze, passata da tempo dalla parte di Milano).
Si proclamò quindi [[console (storia romana)|console]] ed annullò l'amnistia ai congiurati che avevano ucciso [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]], decretandone la condanna a morte. Infine, invitò [[Marco Antonio]] far parte del [[Secondo triumvirato]], aggiungendo anche [[Marco Emilio Lepido (triumviro)|Marco Emilio Lepido]], che ne sarebbe stato il garante per la neutralità.
 
Il [[Italia settentrionale|Nord Italia]] risultava in pratica spartito fra i due Stati nemici, nonostante persistessero alcune potenze minori (i [[Casa Savoia|Savoia]], la [[Repubblica di Genova]], i [[Gonzaga]] e gli [[Estensi]]). In particolare, stabilì la successione di [[Francesco Sforza]] al [[Ducato di Milano]]<ref name="treccani"/>, lo spostamento della frontiera tra i suddetti stati sul fiume [[Adda]]<ref name="treccani"/>, l'apposizione di segnali confinari lungo l'intera demarcazione (alcune croci scolpite su roccia sono tuttora esistenti) e l'inizio di un'alleanza che culminò nell'adesione – in tempi diversi – alla [[Lega Italica (1454)|Lega Italica]].
===== Il Secondo Triumvirato =====
{{vedi anche|Secondo triumvirato|Battaglia di Filippi}}
===== La guerra civile =====
{{vedi anche|Guerra civile tra Ottaviano e Marco Antonio}}
===== La Pax Romana =====
====Principi della Famiglia Claudia (14-69 d.C.)====
====Principi della Famiglia Flavia (69-96 d.C.)====
====Gli Imperatori adottivi (96-193 d.C.)====
====I Severi (193-235 d.C.)====
 
L'importanza della Pace di Lodi consiste nell'aver dato alla penisola un nuovo assetto politico-istituzionale che – limitando le ambizioni particolari dei vari Stati – assicurò per quarant'anni un sostanziale equilibrio territoriale<ref name="treccani"/><ref name="ambreck"/> e favorì di conseguenza lo sviluppo del [[Rinascimento italiano]]<ref name="bottini"/>.
====La grande anarchia (235-312 d.C.)====
Con la morte di [[Alessandro Severo]], l'Impero romano attraversò un periodo di forte instabilità interna, detto [[anarchia militare]]; la causa di questa instabilità era dovuta al fatto che in questo periodo era l'esercito a eleggere l'Imperatore e ciò determinava che a volte una legione dell'esercito potesse nominare Imperatore imperatori non legittimi, detti usurpatori, che combattevano contro l'Imperatore legittimo per impadronirsi del potere. Questi conflitti interni indebolirono l'Impero, che nel frattempo doveva affrontare pure minacce esterne come i temibili Germani e i [[Sasanidi]] di Persia. Nonostante la forte debolezza interna l'Impero cedette ai barbari solo la [[Dacia]] e gli [[Agri Decumati]] in Germania.
 
A farsi garante di tale equilibrio politico sarà poi – nella seconda parte del [[XV secolo|Quattrocento]] – [[Lorenzo de' Medici|Lorenzo il Magnifico]], attuando la sua famosa [[politica dell'equilibrio]].
Nel 260-270 circa l'Impero si era addirittura diviso in tre parti: l'[[Impero delle Gallie]] (governato da usurpatori tra cui [[Postumo]] e [[Tetrico]]) a ovest, l'Impero legittimo al centro (Italia e Africa) e il [[Regno di Palmira]] a est (governato dalla regina [[Zenobia]]). Tuttavia l'Impero si riprese in parte dalla crisi con l'ascesa dei cosidetti Imperatori illirici: uno di questi, [[Aureliano]], sconfisse gli usurpatori delle Gallie e di Palmira riunificando così l'Impero (per questo ricevette il titolo onorifico di ''restitutor orbis''). Dopo la morte di [[Caro]] e [[Numeriano]], salì al trono nel [[285]] [[Diocleziano]], che decise di porre fine alle lotte interne con un ingegnoso sistema, detto tetrarchia: essa consisteva nella divisione dell'Impero in quattro parti, ognuna governata da un cesare o un Augusto; i due Augusti erano i veri Imperatori mentre i due Cesari erano subordinati ai due Augusti; alla morte o all'abdicazione dei due Augusti diventavano Augusti i due Cesari che designavano altri due cesari; in questo modo si risolveva il problema della successione.
 
====Il Rinascimento italiano====
Tuttavia, nonostante le riforme di [[Diocleziano]], l'Impero dopo l'abdicazione degli Augusti [[Diocleziano]] e [[Massimiano]], affrontò un nuovo periodo di conflitti interni: infatti dal [[306]] al [[324]] si combatté una vera e propria guerra civile tra i vari Cesari e Augusti ([[Costantino]], [[Massenzio]], [[Galerio]], [[Massimiano]], [[Massimino Daia]], [[Licinio]], [[Severo]]). Alla fine la spuntò [[Costantino]] che riunificò così l'Impero.
{{Vedi anche|Rinascimento italiano}}
Il Rinascimento italiano è la civiltà culturale ed artistica che, nata a [[Firenze]] e da lì diffondendosi in tutta Europa dalla metà del [[XIV secolo]] a tutto il [[XVI secolo]], voleva riappropriarsi della cultura classica antica, che ad alcuni sembrava alterata dalla [[Medio evo|religiosità medioevale]], proponendosi di recuperarne l'originalità ed il senso della ''naturalità'' dell'uomo.
 
L'epicentro dell'[[Umanesimo]]-[[Rinascimento]] è [[Firenze]], da dove arriverà alla corte [[Napoli|napoletana]] [[Aragona|aragonese]] di [[Alfonso I]], a quella [[papa]]le di [[Pio II]], il papa [[umanesimo|umanista]], e di [[Leone X]], e a quella [[Milano|milanese]] di [[Ludovico il Moro]].
==== Da Costantino ad Odoacre (312-476 d.C.)====
Costantino nel 313 con l'Editto di Milano pose fine alle persecuzioni contro i Cristiani. Con lui e con i suoi successori vennero concessi sempre più privilegi ai Cristiani e l'Imperatore Teodosio proclamò il cristianesimo religione di stato. Secondo molti storici (come gli illuministi) la diffusione del Cristianesimo fu una delle cause principali della caduta dell'Impero in quanto privò i Romani del loro spirito combattivo, li rese più deboli. Senza contare che la lotta contro le varie eresie minava la stabilità interna dell'Impero.<ref>Gibbon e Saunders, pag. 449-450.</ref> Negli anni 360 l'Imperatore Giuliano, detto l'''Apostata'' in quanto rinnegatore della fede cristiana, tentò di restaurare il paganesimo ma fallì nel suo intento: morì durante una campagna contro i Persiani Sasanidi e il suo successore, Gioviano, restaurò il Cristianesimo. Gioviano regnò per pochi mesi e l'unico avvenimento degno di nota del suo regno è il vergognoso trattato di pace contro i Persiani, con il quale l'Impero cedette loro le province al di là del Tigri.<ref>Gibbon e Saunders, pag. 340.</ref>
 
Politicamente l'Umanesimo in Italia si accompagna alla trasformazione dei [[Comune|Comuni]] in [[Signoria|Signorie]]. L'umanesimo infatti è l'espressione della [[borghesia]] che ha consolidato il suo patrimonio e aspira al potere politico.
A Gioviano succedettero Valentiniano in Occidente e Valente in Oriente. Durante il loro regno si ebbe una durissima persecuzione contro tutti quelli accusati (spesso ingiustamente) di stregoneria; la persecuzione fu talmente forte che nelle province più colpite dalla persecuzione il numero di prigionieri e fuggiaschi costituiva la maggioranza della popolazione.<ref>Gibbon e Saunders, pag. 346.</ref> Pare che uno dei passatempi preferiti di Valentiniano fosse quello di osservare la sua orsa Innocenza sbranare i condannati a morte; tuttavia l'Imperatore, nonostante tali passatempi crudeli, promulgò alcune leggi a favore del popolo (istituendo per esempio l'ordine dei Difensori, una sorta di avvocati del popolo) e difese efficacemente i confini dell'Impero dai Barbari; durante una campagna contro i Quadi, per la rabbia gli scoppiò una vena e morì. Nel frattempo gli Unni stavano migrando verso ovest, invadendo i territori di altre popolazioni barbariche, come i Goti. Questi ultimi, per scappare dagli Unni, migrarono anch'essi verso ovest chiedendo ospitalità ai Romani. Valente accettò lo stanziamento dei Goti in territorio romano a patto che i barbari consegnassero tutte le loro armi e si separassero dai figli.<ref>Gibbon e Saunders, pag. 373.</ref> I Goti accettarono le condizioni ma dopo alcuni mesi, dati i maltrattamenti subiti, decisero di rivoltarsi: scoppiò così la Guerra Gotica.
 
Gli sviluppi dell'umanesimo rientrano nella formazione delle [[stato assoluto|monarchie nazionali]] in Europa.
Durante questa guerra i Romani conobbero una delle più grandi disfatte: la battaglia di Adrianopoli (378) nella quale perì Valente. Alla fine il suo successore Teodosio riuscì a raggiungere la pace con i Barbari, riconoscendo i Goti come Foederati dell'Impero. Sotto Teodosio, noto come colui che rese il Cristianesimo religione di stato, l'Impero restò per l'ultima volta unito: alla sua morte, nel 395, l'Impero venne spartito tra i figli: ad Arcadio andò la parte orientale, a Onorio quella Occidentale.
 
==La sottomissione degli Stati italiani fra 500 e 700==
Mentre l'Impero romano d'Oriente riuscì a sopravvivere per un altro millennio, la parte occidentale crollò in poco meno di un secolo. I motivi del crollo furono molteplici: invasioni barbariche, crescente debolezza interna dell'Impero (incapace di opporsi alle invasioni), la divisione dell'Impero in due parti.
[[File:Grandi Casate Italiane nel 1499.png|thumb|right|250px|L'Italia nel 1499]]
{{vedi anche|Guerre d'Italia del XVI secolo}}
Il [[1494]] segna la fine della politica dell'equilibrio e l'inizio di quel lungo periodo di conflitti che va sotto il nome di [[Guerre d'Italia del XVI secolo|guerre d'Italia]]. Secondo una fortunata formula storiografica, questa data coincide con la ''fine della libertà italiana'': la Penisola cade sotto l'egemonia delle potenze straniere (prima la [[Francia]], poi la [[Spagna]] e infine l'[[Austria]]), una soggezione dalla quale si libererà solo nel [[1866]] con gli esiti vittoriosi della [[Terza guerra di indipendenza italiana|terza guerra di indipendenza]].
 
===La discesa di Carlo VIII in Italia===
Poiché Onorio era troppo giovane per regnare da solo, Teodosio aveva affidato la reggenza dell'Impero al generale Stilicone, che si oppose con qualche successo ai saccheggi dei Goti di Alarico; quando Stilicone venne fatto assassinare dall'Imperatore, Alarico riuscì a espugnare e a saccheggiare Roma (410); era dai tempi dei Galli di Brenno che Roma non veniva espugnata da una popolazione barbarica. Qualche anno prima, il 31 dicembre del 406, numerose tribù barbariche attraversarono il Reno e invasero le Gallie; l'Impero non riuscì a frenare tali invasioni e ben presto gran parte della Gallia e della Spagna andarono perse, occupate dai Barbari ''Foederati''. Nel 410 le truppe romane abbandonarono la Britannia, perdendola per sempre, mentre nel 430 i Vandali di Genserico invasero il Nord Africa; in dieci anni riuscirono a conquistarla tutta. In quei anni si distingueva per il suo valore tra i Romani il generale Ezio, che sembrava a quel punto l'unico in grado di risollevare le sorti dell'Impero. Quando gli Unni di Attila, dopo aver saccheggiato e costretto a pagare un pesante tributo l'Impero d'Oriente, invasero anche l'Impero d'Occidente, Ezio riuscì a vincere la temibile popolazione barbarica salvando temporaneamente l'Impero. L'anno dopo Attila invase l'Italia ma arrivato nei pressi di Roma fu persuaso dal Papa a ritirarsi; morì poco dopo e il suo vasto impero si frantumò.
La riapertura delle ostilità dopo il quarantennio di pace seguito agli accordi di Lodi scaturì dall'iniziativa del re di Francia [[Carlo VIII di Francia|Carlo VIII]], che discese in Italia alla testa di un esercito di venticinquemila uomini con l'obiettivo di riconquistare il regno di Napoli, sul quale vantava diritti in virtù del legame dinastico con gli Angioini. La conquista del reame napoletano rappresentava per Carlo la premessa indispensabile per estendere il proprio controllo all'intera penisola e per affrontare direttamente la minaccia [[Turchi|turca]].
 
La spedizione del re francese incontrò il favore di molti principi italiani, che intendevano approfittare della sua potenza per conseguire obiettivi propri: il duca di Milano [[Ludovico il Moro]] ottenne grazie all'appoggio di Carlo VIII la cacciata del nipote [[Gian Galeazzo Visconti]], che insidiava il suo potere; a Firenze gli avversari dei [[Medici]] aprirono le porte della città ai Francesi costringendo alla fuga [[Piero il Fatuo]] e restaurando la repubblica sotto la guida di [[Savonarola]]. Anche i [[cardinali]] [[roma]]ni ostili ad [[Papa Alessandro VI|Alessandro VI Borgia]] puntavano alla sua deposizione, ma il papa spagnolo scongiurò colpi di mano garantendo al re il passaggio attraverso i territori pontifici e offrendo suo figlio [[Cesare Borgia|Cesare]] come guida in cambio del giuramento di fedeltà.
Dopo l'assassinio di Ezio ordinato dall'Imperatore Valentiniano III (che morì poco dopo), i Vandali saccheggiarono Roma (455). Dal 457 al 461 resse le sorti dell'Impero Maggioriano, che ottenne dei successi contro i Visigoti in Gallia e tentò di sottrarre le province africane ai Vandali; tuttavia la sua spedizione fallì a causa dell'incendio della sua flotta ad opera di traditori assoldati dai Vandali. Al ritorno dalla spedizione Maggioriano venne deposto e ucciso dal generale romano di origini barbariche Ricimero, che, pur non diventando mai Imperatore, nei successivi dieci anni regnò incontrastato manovrando come delle marionette i successori di Maggioriano. Nel 468 gli Imperi d'Oriente e di Occidente si coalizzarono per combattere i Vandali ma la spedizione fu un insuccesso a causa dell'inettitudine del generale romano/bizantino Basilisco. Con l'Impero ridotto ad Italia e Dalmazia e governato de facto da generali romano-barbarici, che controllavano come delle marionette gli Imperatori, la fine non sembrava lontana: infatti nel 476 una rivolta delle truppe mercenarie barbariche, facenti parte dell'esercito romano e capeggiate da Odoacre, causò la deposizione dell'ultimo Imperatore Romolo Augusto e di conseguenza la caduta formale dell'Impero d'Occidente; infatti Odoacre decise di non nominarsi Imperatore romano ma semplicemente Re d'Italia, ponendo definivamente fine all'Impero. Si noti il fatto che, per ironia della sorte, l'ultimo imperatore romano (escludendo gli imperatori d'Oriente, che si considerarono ''romani'' fino alla conquista turca di Costantinopoli del 1453, ma che vengono chiamati ''bizantini'' dalla storiografia moderna) si chiamasse Romolo Augusto, cioè i nomi del fondatore della Città Eterna e del primo Imperatore romano.
 
Il [[22 febbraio]] [[1495]] Carlo VIII entrò a Napoli, sostenuto da buona parte dei baroni del regno che si erano schierati dalla sua parte contro [[Ferdinando II d'Aragona]]. Ma la conquista non poté essere consolidata, vista l'avversione che la sua impresa aveva suscitato anche da parte di coloro che inizialmente l'avevano favorita: Milano, Venezia e il papa costituirono una lega antifrancese, alla quale diedero il proprio appoggio anche l'[[Massimiliano I d'Asburgo|imperatore Massimiliano]] e la Spagna dei ''Re Cattolici''. Carlo fu costretto a risalire la penisola e a incontrare le truppe della lega a [[Battaglia di Fornovo|Fornovo sul Taro]] nel [[luglio]] del 1495. Anche se non sconfitto, il sovrano dovette riparare in Francia.
== L'Alto Medioevo ==
{{vedi anche|Italia medievale}}
Nel [[476]] il re degli [[Eruli]] [[Odoacre]], ultimo di una lunga schiera di condottieri [[germani]]ci che nel periodo di decadenza dell'[[Impero romano d'Occidente]] avevano condotto le proprie orde in territorio italico, depose l'ultimo imperatore d'occidente, [[Romolo Augusto]]. Convenzionalmente, la data del 476 segna il passaggio dall'[[Antichità]] al [[Medioevo]].
 
Le ostilità ripresero nel [[1499]] con la discesa in Italia di [[Luigi XII di Francia|Luigi XII]], successore di Carlo. Il nuovo sovrano conquistò il ducato di Milano in forza dei diritti ereditati dalla nonna [[Valentina Visconti]] e nel [[1501]] i Francesi occuparono Napoli, ma furono sconfitti dai rivali spagnoli nella [[Battaglia del Garigliano (1503)|battaglia sul Garigliano]] del [[1503]].
Inizialmente appoggiato dall'[[Impero Romano d'Oriente|imperatore d'Oriente]] [[Zenone di Bisanzio|Zenone]], che lo aveva insignito del titolo di ''dux Italiae'' ("duca d'Italia") per indicarlo - almeno formalmente - come suo rappresentante, Odoacre presto si proclamò, per la prima volta nella storia, ''[[Re d'Italia|rex Italiae]]'' ("re d'Italia"). Nel [[489]] Zenone invitò gli [[Ostrogoti]], altro popolo germanico allora stanziato nel bacino del basso [[Danubio]], a intervenire in Italia per scacciarne Odoacre, allentando in questo modo la pressione che esercitavano sulla sua stessa capitale, [[Costantinopoli]]. Gli Ostrogoti, guidati da [[Teodorico]], sconfissero definitivamente Odoacre nel [[493]].
 
Fra il 1499 e il 1503 si colloca anche la folgorante carriera militare di Cesare Borgia, il figlio del papa Alessandro VI. Con l'appoggio della Francia e grazie ad una politica violenta e spregiudicata, il ''Duca Valentino'' (così soprannominato in quanto investito del ducato di [[Valentinois]]) conquistò un dominio a cavallo fra le [[Marche]] e la [[Romagna]] che non gli riuscì di consolidare ed espandere a causa della morte del pontefice nell'[[agosto]] del 1503: la rovina dei Borgia travolse anche il fragile regno del Valentino, che morì sotto le mura della città di [[Viana (Spagna)|Viana]], in [[Navarra]], nel [[1507]], combattendo a difesa del cognato [[Giovanni III d'Albret]].
===Il Regno ostrogoto (494-535)===
[[Immagine:RavennaMausoleum.jpg|thumb|right|200px|Il ''[[Mausoleo di Teodorico]]'' a [[Ravenna]]]]
{{vedi anche|Regno ostrogoto}}
Teodorico proseguì in gran parte la politica del suo predecessore e avversario, assegnando ai suoi Ostrogoti i compiti di sicurezza e di difesa e delegando ai Latini (o [[Romanici]]) le funzioni amministrative. Tra i collaboratori latini del sovrano si contarono anche i grandi intellettuali [[Cassiodoro]] e [[Boezio]], anche se quest'ultimo cadde in seguito in disgrazia, venne imprigionato e fu infine ucciso.
 
===Carlo V e Francesco I===
La struttura [[latifondo|latifondista]] della società e dell'economia italiana fu sostanzialmente preservata; la nuova ripartizione delle terre introdotta da Teodorico assegnò un terzo dei fondi ai conquistatori e i due terzi agli antichi abitanti. Durante il regno del sovrano germanico furono costruite nuove opere pubbliche, come il ''[[Mausoleo di Teodorico]]'' a [[Ravenna]], e cercò, almeno nei primi anni, di mantenere pacifici i rapporti tra la maggioritaria [[Chiesa cattolica]] e gli aderenti al [[cristianesimo]] [[arianesimo|ariano]], tra i quali si contava la maggior parte degli Ostrogoti e lo stesso re.
{{vedi anche|Rapporti tra Carlo V e Francesco I}}
[[File:Tizian 081.jpg|right|thumb|Carlo V in un ritratto di [[Tiziano]]]]
Con la formazione della [[Lega di Cambrai]] ([[1508]]), voluta dal papa [[Papa Giulio II|Giulio II della Rovere]] in funzione antiveneziana, i Francesi fecero ritorno in Italia, destando le preoccupazioni dei principi della penisola. Il pontefice costituì allora una [[Lega Santa (1511)|Lega Santa]] che nel [[1513]] costrinse gli ingombranti vicini alla ritirata. Le mire francesi sull'Italia furono ereditate nel [[1515]] da [[Francesco I di Valois]], che sarà protagonista insieme al rivale [[Carlo V d'Asburgo|Carlo V]] di una lunga lotta per l'egemonia continentale che avrà in Italia il suo principale teatro. Col [[trattato di Noyon]] del [[1516]] le due grandi contendenti riconoscevano le rispettive conquiste: alla [[Francia]] veniva confermato il possesso del Ducato di Milano, alla [[Spagna]] quello del Regno di Napoli. Ma l'accordo non bastò a spegnere le rivalità, che esplosero nuovamente nel [[1519]] con l'elezione a [[Sacro Romano Imperatore|imperatore]] di Carlo V, già re di Spagna, Napoli e Sicilia. Nel [[1521]] le armate francesi scesero nuovamente in Italia con l'obiettivo di riconquistare il reame napoletano, ma furono sconfitte nelle battaglie della [[Battaglia della Bicocca|Bicocca]], di [[Romagnano Sesia|Romagnano]] e [[Battaglia di Pavia|di Pavia]], durante la quale lo stesso Francesco I fu fatto prigioniero e condotto a [[Madrid]] per poi essere rilasciato solo dopo la [[Trattato di Madrid|cessione di Milano agli Spagnoli]] ([[1525]]).
 
[[File:Jean Clouet 001.jpg|230px|left|thumb|Francesco I di Valois]]
Alla morte di [[Teodorico]] ([[526]]) il trono passò al giovane nipote [[Atalarico]], sotto la reggenza della madre [[Amalasunta]], e in seguito al secondo marito della regina madre, [[Teodato]] (a sua volta nipote di Teodorico). Amalasunta perseguì una politica apertamente favorevole al cattolicesimo, che determinò una frattura tra il potere regio e la nobiltà gotica; la divisione favorì i progetti di riconquista dell'Italia del nuovo [[imperatore bizantino|imperatore d'Oriente]], [[Giustiniano]], che nel [[535]] lanciò l'armata del generale [[Belisario]] contro gli Ostrogoti.
L'allarme per la crescente potenza degli [[Asburgo]] portò alla costituzione della [[Lega di Cognac]], promossa dal papa [[Papa Clemente VII|Clemente VII de' Medici]] e siglata dal sovrano francese insieme alle repubbliche di Venezia e Firenze. Un'alleanza fragile che non fu in grado di evitare il terribile [[Sacco di Roma (1527)|sacco di Roma]] del [[maggio]] [[1527]], episodio che suscitò orrore e costernazione in tutto il mondo cattolico: i [[Lanzichenecchi]], soldati imperiali di origine prevalentemente [[Germania|tedesca]] e fede [[Luteranesimo|luterana]], misero sotto assedio la [[Roma|Città Eterna]], che fu espugnata e saccheggiata per giorni. Il papa, asserragliato in [[Castel Sant'Angelo]], fu costretto alla pace con l'imperatore, dal quale ottenne la restaurazione dei Medici a Firenze, dove si era costituita una repubblica ([[1527]]-[[1530]]). Il [[5 agosto]] [[1529]] venne stipulata la [[pace di Cambrai]], con la quale la Francia rinunciava alle mire sull'Italia mentre la Spagna vedeva riconosciuto il possesso di Napoli e Milano.
 
L'equilibrio fu nuovamente infranto nel [[1542]], con l'inizio di una nuova fase di conflitti franco-spagnoli in territorio italiano. Gli scontri ebbero esiti alterni, sanciti da deboli trattati di pace (come la [[pace di Crépy]] del [[1544]]) e continuarono anche dopo la morte di Francesco I e l'ascesa al trono del suo successore [[Enrico II di Francia|Enrico II]] nel [[1547]]. Ma lo scenario internazionale mutò di colpo nel [[1556]], quando Carlo V abdicò dopo aver diviso i suoi possedimenti fra il figlio [[Filippo II di Spagna|Filippo II]] e il fratello [[Ferdinando I d'Asburgo|Ferdinando I]]. Furono proprio Enrico e Filippo a stipulare nel [[1559]] la [[pace di Cateau-Cambrésis]], che mise fine definitivamente allo scontro tra Francia e Spagna per l'egemonia europea. La Spagna consolidò la propria posizione di dominio in Italia, destinata a durare fino al [[1714]], anno della conclusione della [[guerra di Successione spagnola]] e dell'avvento dell'[[Asburgo d'Austria|Austria]] come potenza egemone sulla penisola. La pace chiuse un sessantennio di guerre continue e sancì quella ''fine della libertà italiana'' avviata dalla spedizione di Carlo VIII nel 1494.
===Dalla guerra gotica all'invasione longobarda (535-568)===
{{vedi anche|guerra gotica (535-553)|esarcato d'Italia|Longobardi}}
[[Immagine:Justinien 527-565.svg|thumb|left|200px|L'impero bizantino durante il regno di [[Giustiniano]]. La penisola italiana venne inglobata totalmente nel [[553]]]]
La riconquista giustinianea della penisola fu completata solo nel [[553]]. Il conflitto si protrasse quindi per quasi un ventennio, devastando l'intera Italia tanto da portarla a una grave crisi demografica, economica, politica e sociale. I sovrani ostrogoti che si succedettero al comando (Teodato, [[Vitige]], [[Totila]], [[Teia]]), forti anche del sostegno fornito dai vicini [[Franchi]] e [[Burgundi]], altri [[Germani]] stanziati in [[Gallia]] (l'odierna [[Francia]]), riuscirono a resistere a lungo agli attacchi dei Bizantini, a lro volta indeboliti da una rivalità tra i due comandanti, Belisario e [[Narsete]]. La definitiva sconfitta degli Ostrogoti nella [[Battaglia dei Monti Lattari]], dove Narsete piegò Teia, portò l'intera Italia sotto la sovranità bizantina, ma gli anni seguenti furono funestati, oltre che da un aggravamento delle condizioni di vita dei contadini a causa della forte pressione fiscale, anche da una terribile [[pestilenza]] che spopolò ulteriormente la penisola ([[559]]-[[562]]).
 
Da questo momento si può considerare esaurita la parabola del Rinascimento: l'Italia è quasi interamente soggetta alla corona spagnola ed è interessata da quel processo di reazione della [[Chiesa cattolica]] al luteranesimo che va sotto il nome di [[Controriforma]]. Il periodo che seguì la fine delle guerre d'Italia - dalla seconda metà del XVI a tutto il [[XVII secolo]] - è stato a lungo etichettato come ''Età della decadenza'', una formula per molti versi semplicistica che è stata fatta oggetto di profonda revisione da molti storici del [[XX secolo]] <ref>AA. VV. ''Storia moderna'', Donzelli editore, Roma 1998 - Cap. XIV, saggio di Marcello Verga ''Gli antichi Stati italiani'' pp. 355-357</ref>.
L'Italia bizantina, indebolita e impoverita, non ebbe la forza di opporsi a una nuova [[invasioni barbariche|invasione germanica]], quella dei [[Longobardi]] capeggiati da [[Alboino]]. Tra il [[568]] e il [[569]] i Longobardi, che trovarono spesso appoggio tra la popolazione esasperata dalla fiscalità bizantina, occuparono gran parte dell'Italia centro-settentrionale. Questa regione, che da allora sarebbe stata detta ''[[Langobardia Maior]]'' ("[[Langobardia]] Maggiore"), costituì il nucleo del [[Regno longobardo]], con capitale [[Pavia]], ma contingenti germanici si spinsero anche nell'Italia meridionale, dove costituirono i [[ducati longobardi|ducati]] della ''[[Langobardia Minor]]'' ("Langobardia Minore"): [[Ducato di Spoleto|Spoleto]] e [[Ducato di Benevento|Benevento]]. L'intero Regno longobardo fu infatti ripartito in numerosi ducati, ampiamente autonomi rispetto al potere centrale.
 
===La dominazione spagnola===
Con la invasione longobarda l'Italia rimase quindi suddivisa in due grandi zone d'influenza. I Longobardi occuparono le aree continentali della penisola, mentre i [[Bizantini]] conservarono il controllo di gran parte delle zone costiere, incluse le isole. Fulcro delle province bizantine in Italia furono l'[[Esarcato d'Italia]], corrispondente grosso modo all'odierna [[Romagna]] (detta ''Romania'' nel [[latino]] dell'epoca, proprio per sottolineare la sua appartenenza all'[[Impero Romano d'Oriente]]) con [[Ravenna]] capitale, e la limitrofa [[Pentapoli bizantina]], serie di città fortificate lungo la costa [[Adriatico|adriatica]]. Il potere supremo era esercitato dal luogotenente generale dell'imperatore bizantino, l'[[esarca]], che aveva poteri quasi assoluti - sia vicili, sia militari - e doveva rispondere del suo operato soltanto all'imperatore. Formalmente bizantina era anche [[Roma]] con il suo contado (il [[Ducato romano]]), ma in realtà la città era governata in modo quasi del tutto autonomo dal [[papa]], in un primo embrione del futuro [[Stato della Chiesa]].
{{vedi anche|Predominio spagnolo in Italia}}
L'egemonia spagnola in Italia venne ratificata dalla [[pace di Cateau-Cambrésis]]. La Spagna esercitò da allora, e per oltre un secolo e mezzo, il dominio diretto su tutta l'Italia meridionale ed insulare, sul [[Ducato di Milano]] e sullo [[Stato dei Presidi]] nel sud della [[Toscana]]. Lo [[Stato della Chiesa]], il [[Granducato di Toscana]], la [[Repubblica di Genova]] ed altri stati minori furono costretti di fatto ad appoggiare la politica imperiale spagnola. Il Ducato di Savoia, tendente a convertirsi in ago della bilancia fra Francia e Spagna divenne nella realtà dei fatti un campo di battaglia fra queste due potenze. Solo la [[Repubblica di Venezia]] riuscì a conservare una relativa indipendenza che però non fu sufficiente a preservarla da una lenta ma inesorabile decadenza.
 
====Condizioni dell'Italia nel seicento====
===Il Regno longobardo (568-774)===
In età moderna, l'Italia, e, più in generale, tutta l'Europa meridionale, ebbe a soffrire dello spostamento delle grandi rotte commerciali dal [[mar Mediterraneo|Mediterraneo]] all'[[Oceano atlantico|Atlantico]], chiaramente percepibile a partire dagli ultimi decenni del '500. Le devastazioni belliche a seguito della [[guerra dei trent'anni]] colpirono soprattutto l'Italia settentrionale: il principale di questi scontri che vide contrapposti gli interessi imperiali a quelli francesi fu la [[guerra di successione di Mantova e del Monferrato]].
[[Immagine:Corona ferrea, monza.jpg|thumb|right|200px|left|La ''[[Corona Ferrea]]'' che cingeva il capo dei [[re d'Italia]] longobardi, oggi conservata nel [[duomo di Monza]]]]
{{vedi anche|Regno longobardo}}
 
La forte pressione fiscale esercitata dalla Spagna sui suoi domini, dovuta alle esorbitanti spese di guerra, invece si fece sentire con gravissime conseguenze in tutto il meridione ed in Lombardia, mentre i vuoti lasciati dalla grave pestilenza del [[1630]] ebbero effetti devastanti sull'economia italiana del tempo. È un dato di fatto che fin dal quarto decennio del [[XVII secolo]] quasi tutta l'Italia era passata ad essere un'area con gravi problemi di sottosviluppo economico, politicamente amorfa, socialmente disgregata. Fame e malnutrizione regnavano incontrastate in molte regioni peninsulari e nelle due isole maggiori.
====Il VI secolo====
Dopo la morte di [[Alboino]], vittima nel [[572]] di una congiura ordita dalla moglie [[Rosmunda (regina)|Rosmunda]], la corona fu affidata a [[Clefi]]. Tra i Longobardi il re era infatti generalmente eletto dall'assemblea del popolo in armi (''[[Gairethinx]]''), anche se non sarebbero mancati tentativi di rendere ereditaria la trasmissione del potere. A essere eletti re, comunque, erano in genere gli esponenti di alcuni gruppi famigliari, tanto che nel corso della storia longobarda figurano diverse dinastie.
 
Il declino culturale dell'Italia non marciò di pari passo con quello politico, economico e sociale. È questo un fenomeno riscontrabile in molti paesi, Spagna compresa. Se nel '500 il [[rinascimento]] italiano produsse i suoi frutti più maturi e si impose all'Europa del tempo, l'arte ed il pensiero barocchi, elaborati a [[Roma]] a cavallo fra '500 e '600 avranno una forza di attrazione ed una proiezione internazionale non certo inferiori. È comunque un dato di fatto che ancora per tutta la prima metà del '600 ed oltre, l'Italia continuò ad essere un paese vivo, capace di elaborare un pensiero filosofico ([[Giordano Bruno]], [[Tommaso Campanella]], [[Paolo Sarpi]]) e scientifico ([[Galileo Galilei]], [[Evangelista Torricelli]]) di altissimo profilo, una pittura sublime ([[Caravaggio]]), un'architettura unica in Europa ([[Gianlorenzo Bernini]], [[Borromini]], [[Baldassare Longhena]], [[Pietro da Cortona]]) ed una musica, sia strumentale ([[Arcangelo Corelli]], [[Girolamo Frescobaldi]], [[Giacomo Carissimi]]) che operistica ([[Claudio Monteverdi]], [[Francesco Cavalli]]) che fece scuola. A questo proposito ricordiamo che il melodramma è una tipica creazione dell'età barocca.
Clefi estese ulteriormente i confini del regno e tentò di continuare la politica del suo predecessore, volta a spezzare gli istituti giuridico-amministrativi consolidatisi durante il dominio ostrogoto e bizantino attraverso l'eliminazione dell'aristocrazia latina, l'occupanzione delle sue terre e l'acquisizione dei suoi patrimoni. A differenza degli Ostrogoti, quindi, i Longobardi esautorarono del tutto l'elemento [[Romanici|romanico]], accentrando nelle mani dei [[duca|duchi]] ogni potere. Nel [[574]] anche Clefi venne assassinato e per un decennio, detto [[Periodo dei Duchi]], non fu nominato alcun successore e i duchi regnarono autonomamente sui loro possedimenti (574-[[584]]).
 
====La rivolta di Masaniello====
L'interregno ebbe termine quando i duchi si resero conto che, separati, non avrebbero saputo reggere alla pressione militare dei Bizantini e dei [[Franchi]]; la corona venne quindi assegnata ad [[Autari]], figlio di Clefi. Il nuovo re respinse entrambe le minacce e rafforzò la stabilità del regno alleandosi con i [[Bavari]]. L'accordo fu siglato con le nozze del re con la principessa bavara [[Teodolinda]]; rimasta presto vedova ([[590]]), la regina si risposò con il [[duca di Torino]] [[Agilulfo]], che subito dopo ([[591]]) fu proclamato [[re dei Longobardi]]. La coppia, fondatrice della [[dinastia Bavarese]], regnò congiuntamente e rafforzò ulteriormente il regno, garantendone i confini esterni e ampliandone l'area a danno die Bizantini. Il potere centrale venne rafforzato a danno di quello dei duchi, che furono affiancata da funzionari di nomina regia (gli [[sculdascio|sculdasci]]), fu avviata una maggior integrazione con i Romanici, anche attraveso l'avvio della conversione dei Longobardi dall'[[arianesimo]] al [[cattolicesimo]], e stimolata la produzione artistica, grazie all'abate evangelizzatore irlandese [[San Colombano]], fondatore a [[Bobbio]] nel [[614]] della futura [[Abbazia di San Colombano]]; questo dopo l'[[Espansione del Cristianesimo in Europa tra V e VIII secolo]].
[[File:Aniello Falcone - Ritratto di Masaniello.jpg|200px|thumb|left|Masaniello ritratto da [[Aniello Falcone]], 1647.]]
{{vedi anche|Masaniello}}
Gli spagnoli oppressero la popolazione italiana con tasse elevate, suscitando il malcontento della popolazione che in alcuni casi insorse. Una delle rivolte alla dominazione spagnola più note di questo periodo è quella del pescatore Masaniello a Napoli. La rivolta fu scatenata dall'esasperazione delle classi più umili verso le gabelle imposte sugli alimenti di necessario consumo. Il grido con cui Masaniello sollevò il popolo il 7 luglio fu: «Viva il re di Spagna, mora il malgoverno», secondo la consuetudine popolare tipica dell'''[[Ancien régime]]'' di cercare nel sovrano la difesa dalle prevaricazioni dei suoi sottoposti. Dopo dieci giorni di rivolta che costrinsero gli spagnoli ad accettare le rivendicazioni popolari, a causa di un comportamento sempre più dispotico e stravagante Masaniello fu accusato di pazzia, tradito da una parte degli stessi rivoltosi ed assassinato all'età di ventisette anni.
 
Con la fine di Masaniello la rivolta tuttavia non si spense ed anzi assunse, sotto la guida del nuovo capopopolo [[Gennaro Annese]], un marcato carattere antispagnolo. Gli scontri contro la nobiltà ed i soldati si susseguirono violentissimi nei mesi successivi, fino alla cacciata degli spagnoli dalla città. Il [[17 dicembre]] fu infine proclamata la [[Real Repubblica Napoletana]] sotto la guida del duca francese [[Enrico II di Guisa]], che in qualità di discendente di [[Renato d'Angiò]] rivendicava diritti dinastici sul trono di Napoli. L'esempio di Masaniello fu poi seguito anche da popolani di altre città: da [[Giuseppe d'Alesi]] a [[Palermo]], e da [[Ippolito di Pastina]] a [[Salerno]]. La parentesi rivoluzionaria si concluse solo il [[6 aprile]] [[1648]], quando [[don Giovanni d'Austria (1629-1679)|don Giovanni d'Austria]], figlio naturale di [[Filippo IV di Spagna|Filippo IV]], alla guida di una flotta proveniente dalla Spagna riprese il controllo della città.
====Il VII secolo====
La debole reggenza assunta alla morte di Agilulfo ([[616]]) da Teodolinda in nome del figlio [[Adaloaldo]] favorì l'opposizione della fazione più aggressiva dei duchi, ancora ariani e contrari alla poitica di pacificazione con i Bizantini e di integrazione con i Romanici. Nel [[626]] un [[colpo di Stato]] esautorò Adalaoaldo e portò sul trono l'ariano [[Arioaldo]], che tuttavia dovette concetrare il suo impegno bellico a parare le minacce esterne portate dagli [[Avari]] a est e dai Franchi a ovest. Il suo successore [[Rotari]], re dal [[636]] al [[652]], ampliò ulteriormente i domini longobardi, rafforzò l'autorità centrale anche sui duchi della ''Langobardia Minor'' e promulgò la prima raccolta scritta del [[diritto longobardo]], l'[[Editto di Rotari]]. La nuova legislazione era d'[[diritto germanico|ispirazione germanica]], ma introduceva anche elementi desunti dal [[diritto romano]] e sostituì la [[faida]] (vendetta privata) con il [[guidrigildo]] (risarcimento in denaro stabilito dal re).
 
====La guerra di successione spagnola====
Da segnalare nel 619 la rivolta dell'esarca bizantino Eleuterio che si autoproclamò Imperatore d'Occidente con il nome di ''Ismaelius''. Tuttavia la rinascita dell'Impero d'Occidente fu effimera, in quanto l'Imperatore usurpatore venne ucciso dai suoi soldati mentre si stava dirigendo verso Roma, dove intendeva farsi incoronare dal Senato romano. Già prima della rivolta di Eleuterio l'Impero d'Occidente rischiò di rinascere: infatti i successori di Giustiniano Tiberio II Costantino e Maurizio Tiberio intendevano dividere alla loro morte l'Impero d'Oriente (ora estesosi, dopo le conquiste di Giustiniano, su buona parte dell'Occidente) in una parte occidentale, con capitale Roma, e in una parte orientale, con capitale Costantinopoli. Tali piani tuttavia non si realizzarono mai.
[[File:Western Europe Utrecht Treaty.jpg|200px|thumb|left|L'europa nel 1713, dopo la pace di Utrecht.]]
{{vedi anche|Guerra di successione spagnola}}
Il [[1º novembre]] [[1700]] moriva [[Carlo II di Spagna]], da tempo malato. Cinque giorni dopo, per [[testamento|disposizione testamentaria]] del defunto re, veniva proclamato nuovo re di [[Spagna]] il duca Filippo d'Angiò, nipote del re di [[Francia]] [[Luigi XIV di Francia|Luigi XIV]], il quale assumeva il nome di [[Filippo V di Spagna|Filippo V]]. A causa delle pessime condizioni di salute in cui versava Carlo II fin dalla nascita, già molto tempo prima che egli scomparisse, le grandi [[monarchia|monarchie]] d'[[Europa]] avevano cominciato ad avanzare varie ipotesi di successione, ratificate in accordi segreti. La maggior parte delle dinastie regnanti al momento vantava parentele con l'illustre moribondo ed erano interessate al trono di Spagna, che sarebbe rimasto vacante con la morte di Carlo II. Con Carlo II ancora in vita, le cancellerie degli Stati interessati iniziarono intense consultazioni diplomatiche al fine di definire un progetto di spartizione che non alterasse gli equilibri geopolitici in Europa e, contemporaneamente, non alterasse neppure le economie dei singoli Stati. La decisione di Carlo II di designare come unico erede Filippo d'Angiò scontentò tutti gli altri regnanti che ambivano al trono di Spagna; poiché il designato [[Filippo V di Spagna|Filippo d'Angiò]], sostenuto dal re di Francia, non avrebbe mai rinunciato ai benefici testamentari di cui era stato gratificato da Carlo II, fu inevitabile il ricorso alle armi.
 
Il conflitto prese piede con la grande alleanza dell'[[L'Aia|Aja]] del [[7 settembre]] [[1701]], con la quale l'[[Inghilterra]], i [[Paesi Bassi]] e l'[[Austria]] si impegnavano ad impedire che le volontà testamentarie del defunto re di Spagna trovassero definitiva attuazione; sarebbe stato infatti molto difficile fronteggiare un'unica sovranità borbonica da entrambe le parti dei [[Pirenei]]. La guerra durò ben dodici anni e si concluse con la [[Pace di Utrecht]] ([[1713]]). Tale pasce stabiliva per quanto riguarda l'Italia che:
[[Immagine:Rotari's Italy.svg|thumb|200px|left|L'Italia longobarda e bizantina alla morte di [[Rotari]] ([[652]])]]
# La Spagna cedeva all'Austria il [[regno di Napoli]] e quello di Sardegna, nonché il [[Ducato di Milano]] e lo [[Stato dei Presidi]] in [[Toscana]].
La seconda metà del [[VII secolo]] fu caratterizzata dal prevalere dei sovrani della [[dinastia Bavarese]] ([[Ariperto I]], [[Pertarito]], [[Godeperto]], [[Cuniperto]]), che ripresero la consueta politica di pacificazione con i Bizantini e di integrazione con i Romanici sudditi del regno, tanto da arrivare infine alla completa conversione dei Longobardi al cattolicesimo. La continuità dinastica fu tuttavia interrotta da tentativi di usurpazione ispirati dalle residue frange ariane: nel [[662]] il [[duca di Benevento]], [[Grimoaldo]], riuscì a esautorare Pertarito e a regnare per una decina d'anni con una pienezza di poteri maggiore di ogni suo predecessore; i suoi sudditi ne apprezzarono (come testimonia il grande [[storico]] longobardo [[Paolo Diacono]]) la saggezza legislativa, l'opera [[mecenate|mecenatistica]] e il valore guerriero. Egli riuscì inoltre a contrastare con successo l'aggressione da parte dei Bizantini di Costante II del Ducato di Benevento, mandando in fumo l'ultimo vero e proprio tentativo di riconquista bizantina dell'Italia. Costante II fu il primo Imperatore bizantino a risiedere in Italia per alcuni anni; infatti dopo la fallita campagna contro i Longobardi, l'Imperatore pose la propria residenza imperiale a Siracusa. Tuttavia la sua tirannia e avidità (in Italia saccheggiò le chiese e alzò di molto le tasse) lo resero odiato dal popolo e alla fine venne assassinato nel 668 a Siracusa mentre si faceva il bagno. I congiurati nominarono Imperatore Mecezio, che tuttavia venne deposto dal legittimo imperatore Costantino IV, figlio di Costante.
# Al duca Vittorio Amedeo II di Savoia venne assegnata la [[Regno di Sicilia|Sicilia]] con il relativo titolo regio, nonché [[Casale Monferrato|Casale]] e tutto il [[Monferrato]], parte della [[Lomellina]] e la [[Valsesia]].
# La città di [[Mantova]] rimaneva all'Austria.
La pace di Utrecht segnò dunque la fine della dominazione spagnola in Italia e l'inizio di quella austriaca.
 
===La dominazione austriaca===
====L'VIII secolo====
Come conseguenza della [[Guerra di successione spagnola]] (1701 –1714) [[Filippo V di Spagna|Filippo di Borbone]] fu riconosciuto re di Spagna, ma il regno perse con il [[trattato di Utrecht]] i suoi possedimenti in [[Italia]]. Il [[ducato di Milano]], il [[regno di Napoli]] e quello di [[Sardegna]] finirono alla casa degli [[Asburgo]] mentre la [[Sicilia]] dovette essere assegnata alla [[Casa Savoia|casa di Savoia]], regnante [[Vittorio Amedeo II di Savoia|il duca Vittorio Amedeo II]], che nell'occasione era divenuto re. In questo modo era iniziata la dominazione austriaca in Italia, che si protrarrà fino al 1866.
L'[[VIII secolo]] si aprì con una grave crisi dinastica, che per più di dieci anni vide il Regno longobardo dilaniato da colpi di Stato, guerre civili e regicidi; soltanto nel [[712]], con l'ascesa al trono di [[Liutprando]], l'Italia longobarda ritrovò compattezza. Quello di Liutprando è anzi considerato il periodo di maggior splendore del Regno longobardo, caratterizzato da pacificazione interna, fermezza del potere centrale, grande rilievo internazionale e creatività artistica (la cosiddetta "[[Rinascenza liutprandea]]").
 
====La guerra della Quadruplice Alleanza====
Alla morte di Liutprando ([[744]]) il trono, dopo il brevissimo regno di [[Ildebrando]], passò al [[duca del Friuli]], [[Rachis]]. Definito "il re monaco", Rachis fu un sovrano debole, incapace di opporsi tanto alle spinte autonomiste dei duchi quanto alle pressioni esercitate dal [[papa]] e dai suoi alleati [[Franchi]]; nel [[749]] fu deposto e sostituito dal fratello [[Astolfo (re longobardo)|Astolfo]], che riprese la via dell'espansione territoriale a danno dei residui possedimenti bizantini. Sotto la sua guida il Regno longobardo toccò la massima espansione territoriale, arrivando a occupare l'intero [[Esarcato d'Italia|Esarcato]] (compresa la capitale [[Ravenna]]), ma tanto potere preoccupò il pontefice, che vedeva minacciato direttamente il suo [[Ducato romano]]. [[Papa Stefano II]] invocò quindi l'aiuto del nuovo re dei [[Franchi]], [[Pipino il Breve]], che sconfisse Astolfo in due occasioni e lo costrinse a rinunciare alle sue conquiste.
[[File:Elisabetta Farnese1.jpg|thumb|right|200 px|Elisabetta Farnese, Regina di Spagna]]
{{vedi anche|Guerra della Quadruplice Alleanza}}
La Spagna, per mano del nuovo primo ministro Cardinal [[Giulio Alberoni|Alberoni]], aveva adottato una politica aggressiva verso gli altri paesi cofirmatari dei trattati; e le motivazioni che l’avevano spinta a tanto erano essenzialmente due. Innanzitutto l'insoddisfazione del nuovo Re per la perdita di tutti i possedimenti europei seppur in cambio di un trono. La seconda ragione risiedeva nel fatto che la Regina, [[Elisabetta Farnese]], desiderasse ottenere ducati in Italia per i propri figli. Alberoni e Filippo V la sostennero in questo sforzo, poiché entrambi ambivano a ricostruire la ex Grande Spagna. Perciò accamparono pretese del regno spagnolo su Sardegna e Sicilia.
 
La Spagna, decisa a conquistare i territori perduti in Italia, nel [[1717]]-[[1718]] prese l'iniziativa occupando prima la [[Sardegna]], in mano agli Asburgo, poi la [[Sicilia]] neoterritorio sabaudo. Questa iniziativa provocò la formazione di una triplice alleanza ([[1717]]), del tutto atipica, tra la Francia, l'Inghilterra e l'Olanda, cui si aggiunse successivamente anche l’Austria, la quale, un anno dopo diede i suoi primi risultati mediante il conseguimento di una importante vittoria a [[Capo Passero]], dove la flotta spagnola fu pesantemente sconfitta (1718).
Alla morte di Astolfo, nel [[756]], il trono passò a [[Desiderio (re)|Desiderio]], che ne proseguì la politica con maggior accortezza: puntò soprattutto sulla coesione interna del regno e favorì la massima integrazione con i Romanici e con la [[Chiesa cattolica]], fino a costringere il papa ad accettare una forma di tutela da parte del re longobardo.
[[File:The Battle of Cape Passaro.jpg|thumb|left|250 px|La battaglia navale di Capo Passero]]
 
Nello stesso anno la guerra ebbe fine con il [[trattato dell'Aia (1720)|trattato dell'Aia]] e vi fu un cambio di isole italiane tra Asburgo e Savoia: ai primi andò la Sicilia (allora più ricca rispetto all'isola sarda) e il titolo regio di Vittorio Amedeo II cambiò da Re di Sicilia (trattato di Utrecht) a Re di Sardegna; i Savoia porteranno questo titolo fino all'unificazione del Regno d'Italia. Al figlio di Elisabetta Farnese, [[Carlo III di Spagna|Carlo]] (1716 – 1788), furono promessi i ducati di [[Parma]], di [[Piacenza]] e di [[Toscana]], che dopo la prossima estinzione della linea maschile dei Farnese gli sarebbero stati attribuiti.
===La conquista carolingia (774-814)===
[[Immagine:Dürer karl der grosse.jpg|thumb|right|200px|left|Carlo Magno in un dipinto di [[Albrecht Dürer]]]]
{{vedi anche|Impero carolingio}}
Nel [[771]] [[papa Stefano III]] invocò l'intervento del nuovo re dei Franchi, [[Carlo Magno]], contro Desiderio. La guerra tra Franchi e Longobardi si concluse nel [[774]] con la vittoria di Carlo, che assunse il titolo di ''Rex Francorum et Langobardorum'' ("Re dei Franchi e dei Longobardi") e unificò la parte dell'Italia che aveva conquistato (sostanzialmente la ''[[Langobardia Maior]]'') al suo Regno dei Franchi. Il papa riacquistò una piena autonomia, garantita da Carlo stesso, mentre a sud, nella ''[[Langobardia Minor]]'', sopravvisse in piena indipendenza il longobardo [[Ducato di Benevento]], presto elevato al rango di principato.
 
La Spagna negli anni successivi uscirà dal suo isolamento e con la [[Guerra di successione polacca]] (1733 – 1738) riuscirà persino a portare sotto il suo controllo Napoli e la Sicilia.
Nel [[781]] Carlo affidò l'Italia, sotto la sua tutela, al figlio [[Pipino d'Italia|Pipino]]. Il giovane sovrano avviò varie campagne di espansione verso nord, ma morì nell'[[810]]; pochi anni dopo morì anche il padre, Carlo Magno ([[814]]).
 
====La guerra di successione polacca====
===Il ''Regnum Italiae'' entro il Sacro Romano Impero (814-1002)===
{{vedi anche|RegnumGuerra Italiaedi successione polacca}}
La guerra di successione polacca prese avvio nell'anno [[1733]] con la morte del Re di Polonia [[Federico Augusto I di Sassonia|Augusto II]], appartenente alla dinastia [[Wettin]]. L’interesse delle dinastie regnanti in [[Europa]] pretendenti al trono vacante di Polonia era quello di installare sul trono polacco uno che facesse gravitare il suo regno in una certa zona di influenza piuttosto che in un'altra e che, al momento opportuno, in caso di conflitto o di negoziati diplomatici aumentasse il peso di un'alleanza piuttosto che di un'altra. La situazione politica europea dell'anno [[1733]] vedeva schierati da una parte la triplice alleanza costituitasi nell'anno precedente tra [[Russia]], [[Prussia]] e [[Austria]]. Dall'altra, l’alleanza tra Francia e Spagna, entrambi [[Borbone]] e legati dal vecchio patto che aveva già visto uniti i rispettivi troni nel corso della precedente "[[guerra di successione spagnola]]"; ad essi si aggiunsero i Savoia.
====Il IX secolo====
Dopo la morte di Pipino, il potere venne assunto dal suo figlio illegittimo [[Bernardo d'Italia|Bernardo]]. Nell'[[817]], però, suo zio l'imperatore [[Ludovico il Pio]] assegnò l'Italia al prprio figlio, [[Lotario I]]; Bernardo tentò la ribellione, ma venne imprigionato e a partire dall'[[822]] il dominio di Lotario sulla penisola divenne effettivo. Tra i suoi provvedimenti, uno statuto sulle relazioni tra papa e imperatore riservò il potere supremo alla potenza secolare; Lotario emise inoltre varie ordinanze per favorire un governo efficiente dell'Italia. La morte di Ludovico, avvenuta nel [[840]] causò vari tumulti tra gli eredi; Lotario si scontrò più volte con i fratelli, venendo infine sconfitto.
 
Il primo ministro francese [[André-Hercule de Fleury|Andrea de Fleury]] riuscì a porre sul trono polacco il Leszczyński, ma l’intervento militare russo costrinse quest’ultimo alla fuga consentendo all’altro candidato Augusto III di Sassonia di insediarsi a sua volta sul trono polacco. Ciò mortificò la Francia che, per vendetta, scatenò una offensiva bellica contro l’Austria. Lo scacchiere era sempre lo stesso: il sud Italia, la [[Renania]] e la [[Lorena (regione francese)|Lorena]]. Questa volta, però, le operazioni militari si protraevano stancamente, anche perché Carlo d’Asburgo aveva necessità di farsi riconoscere la [[Prammatica Sanzione]] da parte delle altre case regnanti d’[[Europa]], tra cui i Borboni di Francia e Spagna con i quali l’Austria si trovava in guerra. Carlo d’Asburgo, quindi, più che controbattere, subiva la guerra con la Francia. Nel 1734 con la [[battaglia di Bitonto]], i Regni di Napoli e Sicilia ritornano formalmente indipendenti, dopo oltre due secoli di dominazione politica prima spagnola e poi austriaca. Sul trono di Napoli si insediarono i [[Borboni]] di [[Spagna]].
Il titolo di re d'Italia venne inizialmente detenuto dai sacri romani imperatori ([[Ludovico II del Sacro Romano Impero|Ludovico II]], [[Carlo il Calvo]], [[Carlo III il Grosso]]), ma con l'indebolimento della compagine imperiale i territori del ''Regnum Italiae'' finirono in una sorta di [[anarchia]] [[feudale]], dominata dai signori locali nonostante alcuni deboli monarchi si avvicendassero sul trono, arrivando anche talora a venire incoronati dal papa. Tra l'[[888]] e il [[924]] il titolo, al quale tuttavia non corrispondevano reali poteri, fu conteso da fra numerosi feudatari locali, sia di origine italiana sia provenienti da regioni limitrofe: [[Berengario del Friuli]], [[Guido da Spoleto]], [[Lamberto da Spoleto]], [[Arnolfo di Carinzia]], [[Ludovico III il Cieco]] e [[Rodolfo II di Borgogna]].
 
Dopo due anni di azioni belliche, la Francia e l’Austria sottoscrissero il [[3 ottobre]] [[1735]] un preliminare di pace contenente il riassetto degli Stati italiani. Gli accordi prevedevano l’assegnazione del Granducato di Toscana a [[Francesco I di Lorena|Francesco III Stefano di Lorena]], una volta scomparso [[Gian Gastone de' Medici|Gian Gastone]], ultimo rappresentante della dinastia [[de' Medici]], per compensare l’assegnazione della Lorena al Leszczyński. L’Austria manteneva il porto franco di [[Livorno]] ma cedeva a don Carlos di Borbone lo [[Stato dei Presidi]], il [[Regno di Napoli]] nonché il [[Regno di Sicilia]] che essa aveva scambiato con la [[Sardegna]] nel [[1720]] a seguito della Pace dell’[[L'Aia|Aja]]. Il Piemonte sabaudo veniva potenziato con l’acquisizione delle [[Langhe]] e dei territori orientali del milanese e veniva autorizzato, inoltre, alla costruzione di piazzeforti nei territori appena conquistati. All’Austria veniva riconosciuta la “prammatica sanzione” e veniva restituito il [[Ducato di Parma e Piacenza]].
====Il X secolo====
Un momento di maggior solidità del ''Regnum'' fu il governo di [[Ugo di Provenza]], che tra il [[926]] e il [[946]] regnò e cercò di risolvere le diatribe ereditarie sul titolo associandolo subito a suo figlio [[Lotario II d'Italia|Lotario II]]. Questi però scomparve già nel [[950]], per cui gli successe il [[marchese d'Ivrea]] [[Berengario II]], che a sua volta elesse come successore il figlio [[Adalberto]]. Berengario, temendo lotte e trame per il potere, fece perseguire la vedova di Lotario II, [[Adelaide del Sacro Romano Impero|Adelaide]], che si rivolse all'imperatore tedesco [[Ottone I]], chiedendogli aiuto a fronte di quella che riteneva l'usurpazione della corona da parte di Berengario.
 
I preliminari di [[Vienna]] del [[1735]], innanzi descritti, furono recepiti prima nel terzo trattato di Vienna del 1738 e poi nella Pace di Parigi del 1739 che pose definitivamente fine alla guerra, stabilendo l'ascesa al trono di Polonia del candidato austro-russo. Gli accordi sottoscritti dalla Francia e dall’Austria con il trattato di Vienna del 1738 avrebbero dovuto costituire per gli Stati italiani una sistemazione definitiva e stabile nel quadro della politica di equilibrio tra tutte le maggiori potenze europee della prima metà del [[XVIII secolo]]. Ma l’assetto geopolitico dell’Italia, nato a conclusione della guerra di successione polacca, sarebbe stato nuovamente turbato nello spazio di qualche anno.
Ottone colse il pretesto e scese in Italia, già nelle sue mire per via delle vie di comunicazione che l'attraversavano, per la possibilità di avviare un confronto con l'Imperatore bizantino, che possedeva ancora numerosi territori nella penisola (costa adriatica, Italia meridionale) e per instaurare un rapporto diretto con il papa. Dopo aver sconfitto, Berengario entrò nella capitale [[Pavia]], sposò Adelaide e si cinse della corona italiana nel [[951]], legandola a quella dell'Impero romano-germanico. Da allora la corona d'Italia fu istituzionalmente connessa a quella imperiale, per cui fu automaticamente ereditata dai successori di Ottone I ([[Ottone II]] e [[Ottone III]]) fino al [[1002]].
 
====Guerra di successione austriaca====
===Lo Stato della Chiesa e il monachesimo===
{{vedi anche|StatoGuerra delladi Chiesa|Monachesimosuccessione austriaca}}
{{Quote|L'Italia è un carciofo, bisogna mangiarne una foglia alla volta.|[[Carlo Emanuele III di Savoia]], in seguito alla mancata acquisizione di Milano.<ref>''La Storia d'Italia a fumetti'' di Enzo Biagi, capitolo "Un altro italiano a Madrid", pag. 319</ref>}}
Durante l'intero [[Alto Medioevo]] la [[Chiesa cattolica]] fu l'unico potere che si dimostrò capace di conservare, tramandare e sviluppare la cultura latina, sia attraverso il monachesimo, sia mediante la creazione di un potere temporale concretizzatosi nel centro Italia con lo Stato della Chiesa e capace di conservare la propria autonomia.
Nel mese di ottobre del [[1740]], all'età di soli 56 anni, moriva improvvisamente, privo di figli maschi, [[Carlo VI d'Asburgo]] e saliva al trono d'[[Austria]] la figlia primogenita Maria Teresa, di soli 23 anni, sposa di [[Francesco I di Lorena|Francesco Stefano di Lorena]]. L'ascesa al trono di [[Maria Teresa d'Asburgo]] provocò l'insorgere di numerosi dissensi tra le case regnanti in Europa che sfociarono in una sanguinosa guerra, passata alla storia come guerra di successione austriaca. Nel corso di questa guerra, che si combattè anche in Italia, la città di Genova venne occupata per un breve periodo dagli Austriaci (1746). I Genovesi però non ci stavano a sottostare alla dominazione austriaca e si rivoltarono. La rivolta iniziò grazie al gesto patriottico di un ragazzino, Balilla, che lanciò un sasso contro un soldato austriaco. I Genovesi riuscirono alla fine a cacciare gli Austriaci. La fine della guerra fu siglata dalla [[Pace di Aquisgrana]] ([[1648]]).
 
Il [[cristianesimo]] fu uno dei più potenti collanti che, a partire dai [[regni romano-barbarici]], permisero la convivenza e in seguito l'integrazione tra due mondi distanti tra loro: quello [[romanici|romanico]] e quello [[germani]]co. Favorito dalla condivisione della religione cristiana, dalla progressiva integrazione tra il [[diritto latino]] e il [[diritto germanico]] e dall'intersezione culturale tra gli elementi germanici di più recente insediamento in territorio italico e quelli di più antica formazione, di derivazione latina, nacque uno spirito propriamente europeo. Ovviamente tale fusione fu instabile e ci vollero secoli prima di trovare un equilibrio. Equilibrio che però, una volta raggiunto, portò ad apici di cultura e spiritualità, quali non solo le innovazioni tecnologiche, ma anche la fioritura delle [[università]] come luoghi di diffusione e di ricerca del sapere.
 
Nei secoli più travagliati, invece, l'eredità culturale classica era stata custodita prima con i [[monasteri]] [[cluniacensi]], poi con quelli [[cistercensi]]. I monasteri medievali infatti si impegnarono a custodire il sapere di ogni tipo, dalla letteratura pagana (classici greci e latini) ai testi arabi di filosofia, matematica e medicina. È anche grazie alla lungimiranza dei monaci medievali che sono potuti fiorire i secoli dell'età moderna.
 
==Il Basso Medioevo==
===La lotta per le investiture: Enirico IV e Gregorio VII (1073-1122)===
La posizione ambigua dei [[vescovo-conte|vescovi-conti]], vassalli dell'imperatore che avevano anche cariche religiose, creati da [[Ottone I]] portò il papato e l'impero a scontrarsi su chi li avrebbe dovuti nominare. Il Papato reclamava per sè il diritto di nominarli, in quanto vescovi mentre l'impero reclamava lo stesso diritto, in quanto vassalli. Alle origini della disputa, chiamata [[lotta per le investiture]], vi era anche il [[Privilegium Othonis]] del [[962]], una legislazione secondo la quale l'elezione del Pontefice sarebbe dovuta avvenire soltanto col consenso dell'Imperatore. Nel [[1059]] il Concilio Laternanense abolì questa legislazione.
 
La lottà entrò nel vivo con l'imperatore [[Enrico IV del Sacro Romano Impero|Enrico IV]] e il papa [[Gregorio VII]]. Quest'ultimo pubblicò nel [[1075]] il [[Dictatus Papae]], documento nel quale sosteneva che solo il [[Papa]] può nominare e deporre i vescovi. Enrico continuò nella sua politica e anzi, alle minacce di scomunica, convocò un [[sinodo]] a [[sinodo di worms|Worms]] nel quale dichiarava il Papa deposto. Gregorio rispose scomunicando l'imperatore e dispensando quindi i suoi sudditi dal dovere di servirlo. Preoccupato da una rivolta di baroni che aveva approfittato della sua scomunica, Enrico si recò a [[Canossa]] dove il Pontefice si era rifugiato presso [[Matilde di Canossa]] e si umiliò pubblicamente invocando il perdono del Pontefice che ottenne (vedi [[umiliazione di Canossa]]).
 
La lotta riprese nel [[1080]] quando Enrico venne di nuovo colpito da scomunica. Egli nominò subito un [[antipapa]] ([[Clemente III]]) e scese in Italia occupando [[Roma]], ma il normanno [[Roberto il Guiscardo]], alleato col Papa, lo costrinse alla ritirata. L'intervento normanno si tradusse, però, in un saccheggio e [[Gregorio VII]] fu costretto a seguire il Guiscardo a [[Salerno]], dove morì nel [[1085]].
 
Il contenzioso continuò tra i successori del Papa e dell'Imperatore fino al [[1122]] quando le due parti firmarono il [[concordato di Worms]]. Le lotte tra papa e imperatore erano però ben lungi dalla fine.
 
===I Normanni nell'Italia meridionale (1030-1189)===
{{Vedi anche|Normanni}}
{{Vedi anche|Battaglie dei Normanni}}
I [[Normanni]], popolo di avventurieri provenienti dalla [[Normandia]], arrivarono nel [[XI secolo]] nel sud Italia. Aiutando militarmente vari Signori [[longobardi]], in lotta tra di loro, riuscirono ad avere i primi possedimenti, prime tra tutte la Contea di [[Aversa]],nel [[1030]], e la [[Contea di Puglia]] nel [[1043]]. Allarmato dall'espansione normanna, papa [[Leone IX]] tentò di arginarla, ma fu sconfitto a [[Battaglia di Civitate|Civitate]] nel [[1053]].
 
Negli anni seguenti i Normanni si adoperarono per migliorere i rapporti con il papato e espansero ulteriormente i loro territori nel Meridione. Nel [[1059]] papa [[Niccolò II]] nel [[concilio di Melfi I]] riconobbe i territori normanni e, anzì, affidò a [[Roberto il Guiscardo]] il titolo di ''duca di [[Puglia]] e di [[Sicilia]]'', nonostante l'isola fosse allora ancora sotto il controllo degli [[Arabi]].
 
[[Immagine:Martorana RogerII.jpg|thumb|left|200px|Mosaico rappresentante [[Ruggero II]] incoronato da [[Gesù]] re di [[Sicilia]]. ]]
Tra il [[1061]] e il [[1091]] [[Ruggero d'Altavilla]], fratello di Roberto, inziò la conquista della [[Sicilia]] sconfiggendo a più riprese gli Arabi. Nel [[1071]], infine, gli
ultimi baluardi bizantini, [[Brindisi]] e [[Bari]], caddero in mano normanna. Nel [[1113]] [[Ruggero II]] riuscì a riunire nelle sue mani tutti i possedimenti normanni creando uno stato fortemente accentrato simile per molti versi ai moderni stati nazionali. Nel [[1130]] nacque il [[Regno di Sicilia]], per volontà dell'[[antipapa]] [[Anacleto II]] espressa al [[concilio di Melfi]]
 
===La rinascita economica e la formazione dei Comuni (XI-XII secolo)===
{{Vedi anche|Comune medievale}}
Intorno al [[XI secolo]] si ha in [[Europa]] la fine delle invasioni: i [[magiari]] sono definitivamente sconfitti, i [[saraceni]] smettono di saccheggiare le coste italiane e i [[normanni]] si stabilizzano in [[Normandia]] e nel sud Italia. A ciò si unisce una generale ripresa demografica e l'introduzione di nuove tecniche agricole come la [[rotazione triennale]] e l'[[aratro|aratro pesante]] che permettono di avere raccolti più abbondanti. La popolazione tende a trasferirsi dalle campagne alle città che divengono i nuovi centri della società. Si sviluppano l'artigianato e il [[commercio]] e conseguentemente la [[moneta]] assume un'importanza maggiore. I mercati tendono ad allargarsi e si forma dunque una nuova classe media di [[mercanti]] e [[banchiere|banchieri]] che mal si concilia con le istituzioni feudali.
 
Così molte città del nord e del centro Italia tendono a staccarsi dalle istituzioni feudali e a divenire indipendenti dal potere imperiale. È questo il caso di città come [[Milano]], [[Verona]], [[Bologna]], [[Firenze]], [[Siena]] e di molte altre che si costituisco "[[Comune medievale|Liberi Comuni]]". Inizialmente il comune è retto da un Consiglio generale (spesso chiamto Arengo) che elegge due [[console (storia medievale)|consoli]]. Successivamente in molti comuni fu isituito il [[potestà]], una persona, possibilmente straniera che reggeva il comune e che si presumeva essere al di sopra delle parti. Spesso i cittadini si riunivano in [[Corporazioni delle arti e mestieri|corporazioni]] o arti in modo da tutelare e regolamentare gli apparteneti a una stessa categoria professionale.
[[Immagine:CoA Marina Militare Italiana.svg|thumb|right|190px|Lo stemma della [[marina militare]] contenente gli stemmi dell quattro repubbliche marinare: nell'ordine quello di Venezia, di Genova di Amalfi e di Pisa.]]
Il protrarsi degli scontri tra impero e chiesa, la nascita di una borghesia mercantile, i cui interessi si opponevano frequentemente a quelli delle aristocrazie rurali, la lotta delle classi dirigenti urbane per acquisire quote di autonomia sempre più ampie, portò la società comunale del tempo a dar vita a tutta una serie di correnti e schieramenti spesso contrapposti. Particolare rilievo ebbero, a partire dal [[XII secolo]] e fino almeno agli ultimi decenni del [[XIV secolo]], le fazioni dei [[Guelfi]] e [[Ghibellini]]; i primi sostenuti dall'autorità papale, i secondi da quella imperiale.
 
===La nascita delle repubbliche marinare (1015-1114)===
{{Vedi anche|Repubbliche marinare}}
Analogamente ai Comuni nell'entroterra si formano sulla costa le [[Repubbliche Marinare]] città che riescono ad affermarsi e a svilupparsi rendendosi indipendenti dal potere feudale tramite il commercio marittimo. Le principali furono [[Amalfi]], [[Pisa]], [[Genova]] e [[Venezia]], ma di un certo spessore furono anche [[Repubblica di Ragusa|Ragusa]] ed [[Repubblica di Ancona|Ancona]].
 
[[Amalfi]] fu la prima a svilupparsi e per lungo tempo mantenne il monopolio commerciale con l'[[Impero Bizantino]] (di cui formalmente faceva parte). Fu la prima delle città occidentali
ad adottare la [[bussola]] e la prima a satbilire un codice commerciale (le famose [[Tavole amalfitane]]). Lo sviluppo di Amalfi fu però stroncato dall'affermazione del [[regno normanno]]
nel sud della penisola che, con la sua organizzazione fortemente accentrata, lasciò poco spazio allo sviluppo della città.
 
[[Genova]] e [[Pisa]] allontanitisi più tardi dal contesto feudale in cui erano inserite riuscirono ad imporre la loro egemonia sul [[Mar Tirreno]] scacciando, tra il [[1015]] e il [[1091]] i Saraceni dalla [[Sardegna]] e dalla [[Corsica]]: Nel [[1115]] Pisa riesce a scacciare gli Arabi dalle [[Isole Baleari]]. I rapporti tra Pisa e Genova, inizialmente ottimi andarono via via peggiorando nel corso del tempo fino a sfociare in una guerra aperta nel [[XIII secolo]] che si concluderà con la definitiva scofitta di [[Pisa]].
 
[[Venezia]], città fondata su di una laguna durante le [[invasioni barbariche]] doveva la sua stessa esistenza alla pratica commerciale. Entrata nell'orbita dell'[[impero Bizantino]], riuscì a conquistarsi, alla fine del [[IX secolo]], una posizione di indipendenza. Venezia divenne presto un importante nodo commerciale in quanto era in ottimi rapporti con [[Bisanzio]] e già nell'[[Alto Medioevo]] commerciava il [[sale]] e le [[spezie]] con l'[[oriente]]. Nel [[1082]] Venezia riuscì ad ottenere dai Bizantini la libertà di commercio in tutto l'impero e l'esenzione dalle imposte commerciali. La città era governata da un [[Doge]] che veniva eletto tra le famiglie più ricche. Nel [[1172]] si formò il [[Maggior Consiglio]] composto da 480 membri rinnovabili annualmente.
 
===I primi secoli dei Giudicati Sardi (X - XII sec.)===
{{Vedi anche|Storia della Sardegna}}
Sotto le mire ora di Bisanzio, ora delle potenze occidentali è la [[Sardegna]] del X-XI secolo, coinvolta in un originale fenomeno politico-geografico: allentatasi progressivamente l'influenza bizantina nel bacino del [[Mediterraneo]] Occidentale, l'isola tirrenica si ritrova a doversi gestire autonomamente, isolata dal continente a causa del controllo marittimo ormai prerogativa degli stati musulmani. Già assegnata ad un luogotenente in epoca bizantina, la [[Sardegna]] del X secolo è sotto la reggenza di un ''arconte'' o ''dux'', per riaffiorare nei documenti del [[1015]]-[[1016]], (quando il papato chiede l'ausilio delle repubbliche marinare di Pisa e Genova contro l'invasione della Sardegna da parte di Mughaid), già divisa in quattro entità statuali indipendenti: i [[Giudicati]]. [[Cagliari]] o Pluminos, [[Arborea]], [[Torres]] o [[Logudoro]], [[Gallura]], sono retti da quattro ''judices'', provenienti probabilmente da rami della stessa famiglia originaria.
 
[[Barisone I d'Arborea]] fu il primo dei giudici sardi a tentare militarmente e diplomaticamente l'annessione di tutti i territori dell'isola al suo regno, facendosi dichiarare ''Rex Sardiniae'' il 10 agosto [[1164]] nella [[Basilica di San Siro]] a [[Pavia]] da [[Federico Barbarossa]].
Proprio i quattro giudicati, entreranno progressivamente dal XII sec., attraverso donazioni, concessioni e legami dinastici, nelle mire espansionistiche delle Repubbliche Marinare di Genova e soprattutto Pisa, che ne farà perno della propria egemonia nel Mediterraneo occidentale, godendo delle copiose rendite agricole (grano) e minerarie (argento, ferro).
 
===Federico Barbarossa e la lotta con i comuni (1152-1189)===
Nel [[1152]] fu incoronato imperatore del [[Sacro Romano Impero Germanico|Sacro Romano Impero]] [[Federico I Hohenstaufen]] detto ''Barbarossa''. Egli tentò di attuare una politica di restaurazione dell'antico potere imperiale venendo inevitabilmente in conflitto con il [[papato]] e con i comuni del nord italia che si erano guadagnati vaste autonomie.
[[Immagine:Friedrich-barbarossa-und-soehne-welfenchronik 1-1000x1540.jpg|thumb|left|190px|Miniatura di Federico I Barbarossa]]
In due diete, presso [[Dieta di Roncaglia|Roncaglia]] nel [[1154]] e nel [[1158]] egli afferma gli antichi privilegi [[feudalesimo|feudali]] sulle città che si erano rese di fatto indipendenti e ordina che siano ricondotte di nuovo sotto il potere imperiale. Per attuare questo programma manda dei messi imperiali in molti [[Comune medievale|Comuni]] del nord Italia. In molte cittadine questi messi vengono scacciati provocando così la durissima reazione del [[Federico I del Sacro Romano Impero|Barbarossa]] che distrugge [[Crema]] ([[1159]]) e assedia [[Milano]], aiutato da varie città lombarde come [[Como]], [[Cremona]] e [[Pavia]] che colgono l'occasione di danneggiare la potente rivale. Dopo due anni d'assedio nel [[1162]] Milano fu costretta alla resa e rasa al suolo dalle forze imperiali. Il Barbarossa, inoltre, tentò con due assedi ([[1167]] e [[1173]]) la presa di [[Ancona]], però senza mai riuscirvi.
 
Intanto nel [[1159]], tentando di influire nella nomina del successore di papa [[Adriano IV]], si era inimicato il papato dando inizio a una nuova lotta. Federico nominò un antipapa ([[Vittore IV]]) in opposizione a quello scelto dai cardinali romani. Intanto si cominciano a formare leghe anti-imperiali tra i Comuni, appoggiate anche dal papato e da [[Venezia]]. Nel [[1167]] le due principali leghe anti-imperiali, capeggiate da [[Verona]] e da [[Cremona]] si fondono per formare la [[Lega lombarda]]. Contro di questa nel [[1174]] Federico Barbarossa scese di nuovo in [[Italia]] ma fu sconfitto rovinosamente nella [[Battaglia di Legnano]] ([[29 maggio]] [[1176]]) che segnò la definitiva sconfitta dell'imperatore che nella [[pace di Costanza]] ([[1183]]) si vide costretto a riconoscere ampie autonomie ai Comuni.
 
===Il Meridione dagli Svevi alla Guerra del Vespro (1189-1302)===
Se la politica del Barbarossa aveva fallito miseramente nei comuni Italiani egli riuscì, tramite un'accorta politica matrimoniale, ad insediare sul trono del [[Regno di Napoli]] suo figlio [[Enrico VI]] costituendo così un'unità territoriale che andava dal Sud Italia alla [[Germania]], chiudendo in una morsa il [[papato]]. All'improvvisa morte di Enrico nel [[1197]] il figlio di questi, [[Federico II|Federico]], fu preso in tutela dal pontefice [[Innocenzo III]] che sperava di farne un fedele alleato del papato e che si adoperava per restaurarne il potere. Salito al trono del regno di Napoli e dell'Impero nel [[1220]] Federico II continuò la politica accentratrice dei sovrani normanni firmando nel [[1231]] le [[Costituzioni di Melfi]] che accentravano il potere nelle mani del sovrano e riducevano la potenza dei feudatari.
 
Scomunicato da [[Gregorio IX]] per il mancato adempimento della promessa di una [[crociate|Crociata]] in [[Terra Santa]], partì alla volta di [[Gerusalemme]] dove però riuscì a ottenere grosse concessioni per i [[cristianesimo|cristiani]] con l'uso della diplomazia. Sfruttando l'evento, che appariva come uno scandalo, il [[pontefice]] riuscirà a costituire una lega anti-imperiale alla quale presero parte anche i [[Comune medievale|Comuni]] italiani. La lottà andrà avanti tra alterne vicende fino alla morte dell'imperatore nel [[1250]].
 
Il papa, approfittando della situazione, cercò di insediare al trono del [[Regno di Napoli]] [[Carlo d'Angiò]], fratello del re di [[Francia]]. Carlo trovò però l'opposizione di [[Manfredi]], figlio di [[Federico II]] che inizialmente ottenne una serie di successi, tanto che il partito [[ghibellini|ghibellino]] si affermò in molti comuni italiani, primo tra tutti [[Firenze]]: le milizie [[guelfi|guelfe]] della città furono sconfitte a [[Battaglia di Montaperti|Montaperti]] ([[1260]]) dai [[Siena|Senesi]], ghibellini, aiutati dalle truppe dello stesso Manfredi. Costui fu tuttavia sconfitto pesantemente a [[Battaglia di Benevento|Benevento]] da [[Carlo d'Angiò]] provocando un improvviso crollo del partito ghibellino in tutta [[Italia]].
 
La dominazione Angioina impose tasse potenti e mise in posti di comando numerosi baroni francesi, alienandosi presto le simpatie del popolo, che nel [[1282]] diede inizio a [[Palermo]] a una sanguinosa rivolta ([[Vespri siciliani]]). I rivoltosi chiamarono in loro aiuto [[Pietro III d'Aragona]], che aveva sposato la figlia di [[Manfredi]]. Ebbe così inizio la cosiddetta [[Guerra del Vespro]] che si concluse soltanto nel [[1302]] con la [[Pace di Caltabellotta]], in seguito alla quale la [[Sicilia]] sarebbe passata a un ramo cadetto della [[Aragona|Casa d'Aragona]]. Il [[Regno di Napoli]] restò invece sotto la dominazione [[Angiò|Angioina]].
 
===Firenze e i comuni toscani (1182-1302)===
I primi comuni a svilupparsi in [[Toscana]] furono [[Lucca]], [[Siena]] e [[Pisa]]. [[Lucca]] si era arricchita commerciando la lana con la [[Francia]], [[Siena]] grazie alla sua posizione sulla [[via Francigena]] che portava i pellegrini dal Nord Europa a [[Roma]]. Inoltre si erano sviluppate le [[banca|banche]], come quella create dai [[Salimbeni]].
 
Tra queste si va affermando, nei primi decenni del [[XIII secolo]] la città di [[Firenze]], inizialmente centro economico secondario. Governata prima dagli aristocratici [[ghibellini]], passò nel [[1250]] nelle mani dei [[guelfi]]. Nel [[1260]], come si è detto, i ghibellini fuoriusciti alleati con [[Siena]] e con [[Manfredi]] sconfissero i fiorentini a [[Battaglia di Montaperti|Montaperti]] e restaurarono il dominio aristocratico della città. Ma quando nel [[1266]] [[Manfredi]] fu sconfitto a [[Benevento]] la città passo definitivamente ai Guelfi.
 
Firenze iniziò allora una politica di prepotente espansionismo, sconfisse nel [[1269]] [[Siena]] e nella [[battaglia di Campaldino]] ([[1289]]) inflisse una clamorosa sconfitta ad [[Arezzo]]. Pistoia venne sottomessa e nel [[1293]] anche [[Pisa]] dovette adattarsi all'egemonia [[Firenze|fiorentina]].
 
Alla fine del [[XIII secolo]] ripresero le lotte interne tra i [[Guelfi Bianchi]] sostenuti dalla famiglia dei [[Cerchi]] e i [[Guelfi Neri]], sostenuti dai [[Donati]]. Il conflitto sfociò in una guerra civile che si concluse nel [[1302]], con l'intervento del papa [[Bonifacio VIII]] con l'esilio dei Bianchi (tra cui anche [[Dante Alighieri]]). A questo periodo risale anche la riforma di [[Giano della Bella]] che aumentava il numero delle [[Corporazioni delle arti e mestieri|Arti]] e istituiva il [[Gonfaloniere di Giustizia]], rappresentante del popolo posto a salvaguardia degli interessi dei ceti più umili.
 
<!-- ===Genova e Venezia (1204-1381)===-->
===La rinascita culturale nei Comuni===
Durante il XIII e il XIV secolo, parallelamente a una generale ripresa economica, si ebbe una rinascita culturale notevole che portò alla formazione della lingua italiana volgare. Tra coloro che contribuirono a questa rinascita ricordiamo [[Iacopone da Todi]] che scrisse delle famose [[Lauda|Laude]] e soprattutto [[Francesco Petrarca]] che affiancò a varie opere scritte in latino alcune importanti composizioni in volgare italiano tra cui il ''[[Canzoniere (Petrarca)|Canzoniere]]''. Petrarca in particolare fu promotore di una riscoperta del [[classicismo]] che sarà proseguita dagli intellettuali [[rinascimento|rinascimentali]].
 
In quegli anni si sviluppò a [[Firenze]] una nuova corrente culturale: il [[Dolce Stil Novo]], che rappresentava per certi versi la continuazione e l'evoluzione del vecchio [[Amor cortese]] dei romanzi cavallereschi. I principali esponenti di tale corrente furono [[Guido Cavalcanti]], [[Guido Guinizzelli]], e soprattutto [[Dante Alighieri]] che rivoluzionò in modo profondo la letteratura italiana e che produsse opere come la ''[[Vita Nova]]'' e la ''[[Divina Commedia]]'', universalmente riconosciuta come uno dei capolovori letterari di ogni tempo e che viene ancora oggi studiata approfonditamente nelle scuole italiane.
 
Da ricordare è anche il contributo del fiorentino [[Giovanni Boccaccio]] che scrisse il ''[[Decameron]]''. In questa opera egli racconta di alcuni giovani che per fuggire alla [[peste]] si rifugiano nelle campagne vicino [[Firenze]], e delle cento storie, molto spesso a carattere faceto, da raccontare per passare il tempo. Anche il ''Decameron'' è da annoverarsi tra le più gradi opere delle letteratura italiana e, al pari delle altre sopra indicate, contribuì alla nascita di un volgare italiano, o più propriamente, di un dialetto fiorentino che sarebbe poi diventato la base dell'attuale [[lingua italiana]].
 
Forte è anche la fioritura dell'arte, con artisti come [[Giotto]], [[Duccio di Buoninsegna]], [[Simone Martini]], [[Arnolfo di Cambio]] e [[Jacopo della Quercia]]. Anche qui [[Firenze]] (affiancata comunque dalle altre città [[Toscana|toscane]]) si dimostra un centro culturale attivo oltre che un centro politico importante.
 
<!--===L'affermazione delle signorie nel nord italia (1259-1328)=== -->
 
===Il declino del Papato e dell'Impero (1302-1414)===
L'importanza dell'impero nel mondo politico medioevale, e in particolare in quello italiano, era notevolmente calata dopo la sconfitta di [[Federico Barbarossa]] a [[Legnano|Battaglia di Legnano]] nel [[1176]] e quella di [[Manfredi]] nel [[1266]] a [[Benevento]], che avevano segnato la fine del potere politico dell'impero rispettivamente nel Nord e nel Sud [[Italia]].
 
[[Enrico VII di Lussemburgo]] tentò dopo la sua ascesa al soglio imperiale nel [[1308]] di restaurare l'antico potere imperiale in [[Italia]] trovando però la fiera opposizione del libero comune di [[Firenze]] di papa [[Clemente V]] e di [[Roberto d'Angiò]]. La sua discesa in Italia con la conseguente incoronazione come Imperatore del [[Sacro Romano Impero]] (titolo vacante dalla morte di [[Federico II]], durante il cosiddetto [[grande interregno]]) rimmarrà quindi un gesto puramente simbolico. Nel [[1313]] muore mentre si trova ancora in territorio italiano deludendo così coloro che avevano sperato in una unificazione del suolo italiano sotto la sua bandiera.
 
Anche il [[Papato]], l'altra grande istituzione medioevale, attraversa un periodo di crisi. Entrambe quese istituzioni si vedono costrette ad accettare la crescente influenza degli [[Stati nazionali]], supportati dalla sempre più potente classe borghese, e la crisi del sistema [[feudale|feudalesimo]]. [[Bonifacio VIII]] asceso al soglio pontificio nel [[1296]], cercherà di restaurare il potere papale scontrandosi però con [[Filippo IV il Bello]], re di [[Francia]]. Nel punto culminante del conflitto Filippo scese in Italia e, con un gesto impensabile qualche secolo prima, imprigionò il papa ad [[Anagni]] (1303) dove sembra che abbia ricevuto addirittura uno schiaffo ([[Schiaffo di Anagni]]). Nel [[1305]], [[Clemente V]] spostò a sede papale ad [[Avignone]] dove resterà per i successivi settanta anni. I papi avignonesi restarono succubi dei r di Francia e non mancarono di destare scandalo tra i loro contemporanei. Nel [[1377]] si aprirà lo [[Scisma d'occidente]] in seguito al ritorno a [[Roma]] di papa [[Gregorio XI]]: alla sua morte infatti i cardinali romani elessero al soglio pontifico [[urbano VI]] mentre i cardinali francesi [[Clemente VII]]. Lo scisma si compicherà ancor più dopo il [[Concilio di Pisa]] ([[1409]]) che, nel tentativo di unificare di nuovo la cristianità, elesse un altro papa. L'Europa era divisa tra i seguaci dei due (poi tre) "papi" fino alla definitiva fine dello scisma avvenuta col [[Concilio di Costanza]] ([[1414]]).
 
Lo scisma aveva mostrato la debolezza di una istituzione che era stata un punto di riferimento fondamentale nei secoli passati. Così mentre dal punto di vista culturale il papa perdeva un'egemonia quasi millenaria dal punto di vista politico la [[Cattività avignonese]] e lo Scisma favorirono il distacco definitivo del [[Ducato di Urbino]], già iniziato sotto [[Guido da Montefeltro]] e la nascita per breve tempo di una [[repubblica romana]] tra il [[1347]] e il [[1354]] guidata da [[Cola di Rienzo]]. Questi dopo essersi impadronito del potere tentò di organizzare una repubblica simile a quella romana ma alla fine della sua carriera sconfinò nel delirio e venne linciato dai suoi stessi concittadini che lo avevano sostenuto.
 
<!-- ===La crisi del Trecento e la rivolta dei Ciompi (1378)===
===Gli stati regionali===
===La signoria dei Visconti (1311-1402)===
===Affermazione dei Medici a Firenze (1382-1434)=== -->
 
===Il regno di Napoli tra Angioini e Aragonesi (1309-1442)===
{{Vedi anche|Regno di Napoli}}
[[Immagine:Alfonso-V-el-Magnanimo.jpg|200px|right|thumb|[[Alfonso I di Napoli]]]]
Gli angioini, ottenuto il dominio su tutto il [[Mezzogiorno]] d'Italia, esclusa la [[Sicilia]], stanziarono a [[Napoli]] la sede del potere regio e conservarono nel nuovo regno l'assetto amministrativo di origine sveva, con [[giustizierati]] e [[università del Regno|universitates]]. Le ultime [[regalia|regalie]] del napoletano furono però perse, quali il diritto del sovrano di nominare degli amministratori regi nelle diocesi con sedi vacanti<ref name= Galasso95 >Galasso G., ''Storia d'Italia'' Vol XV, Utet, Torino 1995</ref>. Con [[Roberto d'Angiò]] a Napoli fiorirono le scienze umanistiche: egli istituì una scuola di teologi scolastici e commissionò importanti traduzioni dal greco, da Aristotele a Galeno, per la biblioteca di Napoli. Furono anche gli anni in cui fiorì la cultura greca di [[Calabria]], grazie alla quale il [[neoplatonismo]] e la cultura ellenistica entrarono nella tradizione italiana, dal [[Petrarca]] a [[Pico della Mirandola]].
 
Morto Roberto, seguirono anni di incertezze politiche. Scoppiò una guerra di successione fra [[Giovanna I di Napoli]] e [[Carlo di Durazzo]], finché il regno non finì per breve tempo nelle mani di [[Luigi II d'Angiò]]. [[Ladislao I di Napoli|Ladislao I]] infine, figlio di Giovanna, riconquistò Napoli e, sfruttando le incertezze politiche, intraprese una guerra contro lo [[Stato Pontificio]] e i comuni toscani, arrivando ad occupare buona parte dell'Italia centrale: il [[Regno di Napoli]] acquisiva per breve tempo buona parte della penisola italiana.
 
Nel 1414 però Ladislao morì e il regno tornò presto nei confini originari. Prese il suo posto al trono Giovanna II, l'ultima sovrana angioina nel napoletano; non avendo avuto eredi diretti, Giovanna adottò un aragonese come figlio, [[Alfonso V d'Aragona]], diseredandolo poi del regno, in favore di [[Renato d'Angiò]]. Alla morte di costei Alfonso rivendicò il diritto di successione e dichiarò guerra a Napoli. Col sostegno del [[ducato di Milano]] in breve tempo tutto il [[Mezzogiorno]] fu conquistato da [[Alfonso V d'Aragona]], che divenne intanto [[Alfonso I di Napoli]], col titolo di ''Rex Utriusquae Siciliae''. Costui, come poi suo figlio Ferrante, contribuì ampiamente all'ammodernamento del territorio dominato sul modello economico aragonese, tramite il sostegno giuridico della [[transumanza]], i fori boari, il contrasto dei privilegi feudali e l'adozione del [[lingua napoletana|napoletano]] come lingua di stato.
 
<!-- ===Le lotte tra gli stati italiani (1412-1454)===
===La Pace di Lodi e la politica dell'equilibrio (1454-1492)===
===Il Rinascimento italiano===
{{Vedi anche|Rinascimento italiano}} -->
 
==Dal Medioevo al Quattrocento==
[[Immagine:Dante Doré.jpg|thumb|right|180px|Dante fu a capo dei [[Guelfi Bianchi]], ed a causa delle sue idee politiche venne esiliato da [[Firenze]]]]Agli inizi dell'[[XI secolo]], le turbolenze politiche portarono ad una crescente autonomia delle città italiane del centro-nord, che fu la premessa per la ripresa del commercio e dell'industria, con l'inizio di una nuova era di prosperità economica e culturale, che durò fino al [[XVI secolo]] e portò al grande sviluppo intellettuale ed artistico del [[Rinascimento]].
 
Per quanto riguarda il meridione, nell'[[XI secolo]] si ebbe l'invasione dei [[Normanni]] che riuscirono a creare un Regno moderno, efficiente e fortemente centralizzato, grazie anche ad uno stretto controllo del territorio. Questa eredità passò alle dinastie angioine ed aragonesi che, a partire dal [[XIII secolo]], si succedettero alla guida dello Stato. Nel centro-nord dell'Italia assistiamo invece ad un progressivo sfaldamento del [[Feudalesimo]].
 
Per difendere la propria autonomia dall'Impero al nord, dallo Stato della Chiesa al centro, e dalle invasioni arabe al sud, i [[Comuni]] iniziarono a costituire leghe che non furono mai, però, sufficientemente forti da potersi opporre all'influenza papale o feudale a causa di forti rivalità interne. Si segnalarono, però, alcune città, come [[Milano]] (importante nucleo urbano del Regno d'Italia, e quindi dell'Impero) per quanto riguarda la lotta contro il potere imperiale, [[Forlì]] e [[Perugia]], (città nominalmente comprese nello Stato della Chiesa) per quanto riguarda la lotta contro il dominio pontificio. Il protrarsi degli scontri tra impero e chiesa, la nascita di una borghesia mercantile, i cui interessi si opponevano frequentemente a quelli delle aristocrazie rurali, la lotta delle classi dirigenti urbane per acquisire quote di autonomia sempre più ampie, portò la società italiana del tempo a dar vita a tutta una serie di correnti e schieramenti spesso contrapposti. Particolare rilievo ebbero, a partire dal [[XII secolo]] e fino almeno agli ultimi decenni del [[XIV secolo]], le fazioni dei [[Guelfi]] e [[Ghibellini]]. [[Immagine:Lorenzo de' Medici-ritratto.jpg|thumb|left|175px|Ritratto di [[Lorenzo il magnifico]]]]Altro fenomeno che vide unite motivazioni politiche e religiose furono le [[Crociata|Crociate]], cui parteciparono attivamente molte entità statuali italiane con il deliberato proposito di contrapporsi al crescente potere islamico e nel contempo di poter espandere i propri commerci verso l'Oriente. Come conseguenza di queste guerre di religione, vi fu anche tra il [[XV_secolo|XV]] e il [[XVIII secolo]] una ondata migratoria dall'[[Albania]] che portò alla fondazione di vari paesi di lingua e cultura albanese sparsi dalla [[Sicilia]] alle [[Marche]], che ancora oggi rappresentano la più consistente minoranza linguistica autoctona, gli [[Arbëreshë]].
 
Per quanto riguarda le forme di governo, si assistette, negli ultimi secoli del Medioevo, all'affiancamento di Signorie di recente costituzione e di governi legati a famiglie nobili, spesso rappresentanti l'antica feudalità, (come i [[Visconti]] e gli [[Sforza]] a [[Milano]], i [[Gonzaga]] a [[Mantova]], gli [[Este]] a [[Ferrara]], gli [[Ordelaffi]] a [[Forlì]], ed i [[Casa Savoia|Savoia]], nel [[Savoia|Ducato omonimo]] ed in [[Piemonte]]), con forme di governo repubblicane (come a [[Venezia]], [[Genova]] e [[Firenze]], quest'ultima prima dell'avvento della casa [[De' Medici]]).
 
==La sottomissione degli Stati italiani fra 500 e 700==
[[File:Grandi Casate Italiane nel 1499.png|thumb|right|250px|L'Italia nel 1499]]
===Le invasioni francesi (1494-1516)===
Agli inizi del [[XVI secolo]] l'Italia divenne meta di invasioni da parte di stati stranieri. La [[Francia]] fu il primo tra questi a tentare la conquista della penisola. Nel [[1494]] il re [[Carlo VIII]] decise di varcare le [[Alpi]] e diede quindi inizio alle [[guerre d'Italia]]. L'obiettivo del sovrano transalpino era la conquista del [[Regno di Napoli]], su cui vantava un diritto, in quanto erede degli angioini, e controllare [[Milano]] e [[Genova]] e la sua flotta.
 
Il re francese scese quindi indisturbato lungo la penisola, incoraggiato anche dal signore di Milano [[Ludovico Sforza]], e raggiunse Napoli nel febbraio del [[1495]], occupandola. Preoccupati per la propria indipendenza e l'eccessivo potere che Carlo VIII poteva assumere, vari stati italiani, tra cui [[Repubblica di Venezia|Venezia]], [[Stato Pontificio]] e [[Ducato di Milano]], oltre all'[[Austria]], si unirono in una lega, che sconfisse le truppe francesi nella [[Battaglia di Fornovo]]. Il sovrano transalpino fu quindi costretto a rientrare in patria senza aver ottenuto gli obiettivi che si era prefisso.
 
Il passaggio di Carlo VIII causò, comunque, la cacciata dei [[Medici (famiglia)|Medici]] da [[Firenze]] e la creazione di una [[Repubblica fiorentina|repubblica]], su cui aveva grande influenza il frate domenicano [[Girolamo Savonarola]].
 
Nel [[1498]], poi, la salita al trono francese di [[Luigi XII]] riportò le ambizioni espansionistiche francesi sulla penisola italiana. Ludovico Sforza, intanto cercò di costruire un'alleanza che comprendesse Milano, Firenze e Napoli, lasciando esclusa Venezia. La [[Serenissima]] strinse allora un accordo con la Francia nel tentativo di contenere la politica espansionistica lombarda. Questo prevedeva la cessione a Venezia di [[Cremona]] e altri territori limitrofi in cambio dell'aiuto prestato al sovrano francese per la conquista di Milano.
 
Nel luglio del 1499 iniziarono quindi le operazioni militari e in breve le truppe franco-venete costrinsero il duca alla fuga. Il successivo tentativo di Sforza di re-impossessarsi dei propri possedimenti portò alla sua caduta definitiva: venne catturato a [[Battaglia di Novara|Novara]] e condotto in Francia, dove morì prigioniero nel [[1508]].
 
Luigi XII, intanto, propose al re di Spagna [[Ferdinando II d'Aragona]] un'alleanza contro il [[Regno di Napoli]]. I due sovrani conquistarono in breve tempo lo stato nemico, ma cominciarono subito gli scontri per la divisione dei territori. Alla vittoria spagnola seguì poi il [[Trattato di Lione]], in base al quale veniva riconosciuto ai francesi il possesso del [[Ducato di Milano]] e agli spagnoli quello dell'Italia meridionale.
 
===Scontro tra Spagna e Francia===
I primi anni videro anche l'espansione dello [[Stato Pontificio]], grazie a varie campagne intraprese dal papa [[Giulio II]], il quale nel [[1506]] conquistò [[Bologna]] e [[Perugia]]. Si dovette al papa stesso la sottomissione della penisola italica a potenze straniere, in quanto nel [[1512]], quando scacciò i francesi oltre le [[Alpi]], si dovette alleare con altre potenze, in primo luogo la [[Spagna]]. Lo scontro tra francesi e spagnoli per il dominio della penisola continuò infatti negli anni, culminando nella battaglia di [[Pavia]] del ([[1525]]), vinta dai celebri ''tercios'' castigliani, ed il crollo delle posizioni francesi in una Regione chiave come la [[Lombardia]], iniziò, di fatto, l'egemonia spagnola in Italia ratificata, una trentina d'anni più tardi, dalla [[pace di Cateau-Cambrésis]]. La Spagna esercitò da allora, e per oltre un secolo e mezzo, il dominio diretto su tutta l'Italia meridionale ed insulare, sul [[Ducato di Milano]] e sullo [[Stato dei Presidi]] nel sud della [[Toscana]]. Lo [[Stato della Chiesa]], il [[Granducato di Toscana]], la [[Repubblica di Genova]] ed altri stati minori furono costretti di fatto ad appoggiare la politica imperiale spagnola. Il Ducato di Savoia, tendente a convertirsi in ago della bilancia fra Francia e Spagna divenne nella realtà dei fatti un campo di battaglia fra queste due potenze. Solo la [[Repubblica Veneta]] riuscì a conservare una relativa indipendenza che però non fu sufficiente a preservarla da una lenta ma inesorabile decadenza. Dopo la pace di [[Utrecht]] ([[1713]]), l'eredità degli [[Asburgo]] di Spagna fu raccolta dal ramo austriaco di questa grande famiglia che riuscì ad insediarsi stabilmente in Lombardia e successivamente anche in Toscana (con gli [[Asburgo-Lorena]]). Nei primi decenni del [[XVIII secolo]] i sovrani d'Austria si impossessarono anche del [[Regno di Napoli]], ceduto nel [[1734]], dopo la [[battaglia di Bitonto|disfatta di Bitonto]], ai [[Borboni]] di Spagna.
 
==L'età moderna==
In età moderna, l'Italia, e, più in generale, tutta l'Europa meridionale, ebbe a soffrire dello spostamento delle grandi rotte commerciali dal [[mar Mediterraneo|Mediterraneo]] all'[[Oceano atlantico|Atlantico]], chiaramente percepibile a partire dagli ultimi decenni del '500. Le devastazioni belliche a seguito della [[guerra dei trent'anni]] colpirono soprattutto l'Italia settentrionale: il principale di questi scontri che vide contrapposti gli interessi imperiali a quelli francesi fu la [[guerra di successione di Mantova e del Monferrato]].
La forte pressione fiscale esercitata dalla Spagna sui suoi domini, dovuta alle esorbitanti spese di guerra, invece si fece sentire con gravissime conseguenze in tutto il meridione ed in Lombardia, mentre i vuoti lasciati dalla grave pestilenza del [[1630]] ebbero effetti devastanti sull'economia italiana del tempo. È un dato di fatto che fin dal quarto decennio del [[XVII secolo]] quasi tutta l'Italia era passata ad essere un'area con gravi problemi di sottosviluppo economico, politicamente amorfa, socialmente disgregata. Fame e malnutrizione regnavano incontrastate in molte regioni peninsulari e nelle due isole maggiori.
 
Con gli accordi di [[Aquisgrana]], l'Italia aveva subito un riassetto tale da trasformarla in un insieme di stati dall'equilibrio stabile per lungo tempo. L'Austria aveva ripreso il possesso del milanese e ripristinato la propria influenza sul [[Ducato di Modena]]. Il [[Regno di Sardegna|regno sardo]] aveva acquisito ampliamenti territoriali verso la valle padana e si era consolidato con la riappropriazione di [[Nizza]] e della [[Savoia (dipartimento francese)|Savoia]]. La Spagna era stata tacitata mediante la cessione del Ducato di Parma e Piacenza a Felipe di Borbone, mentre il fratello di questi rimaneva nel pieno possesso dei regni di Napoli e della Sicilia, per nulla rimessi in discussione. L'Italia si avviava, quindi, ad un lungo periodo di stabilità che sarà scosso soltanto sul finire del secolo a seguito del coinvolgimento della penisola nei fatti legati alla rivoluzione francese e all'epopea bonapartista.
Il declino culturale dell'Italia non marciò di pari passo con quello politico, economico e sociale. È questo un fenomeno riscontrabile in molti paesi, Spagna compresa. Se nel '500 il [[rinascimento]] italiano produsse i suoi frutti più maturi e si impose all'Europa del tempo, l'arte ed il pensiero barocchi, elaborati a [[Roma]] a cavallo fra '500 e '600 avranno una forza di attrazione ed una proiezione internazionale non certo inferiori. È comunque un dato di fatto che ancora per tutta la prima metà del '600 ed oltre, l'Italia continuò ad essere un paese vivo, capace di elaborare un pensiero filosofico ([[Giordano Bruno]], [[Tommaso Campanella]], [[Paolo Sarpi]]) e scientifico ([[Galileo Galilei]], [[Evangelista Torricelli]]) di altissimo profilo, una pittura sublime ([[Caravaggio]]), un'architettura unica in Europa ([[Gianlorenzo Bernini]], [[Borromini]], [[Baldassare Longhena]], [[Pietro da Cortona]]) ed una musica, sia strumentale ([[Arcangelo Corelli]], [[Girolamo Frescobaldi]], [[Giacomo Carissimi]]) che operistica ([[Claudio Monteverdi]], [[Cavalli]]) che fece scuola. A questo proposito ricordiamo che il melodramma è una tipica creazione dell'età barocca.
 
====Condizioni dell'Italia nel settecento====
Attorno agli anni '30 del [[XVIII secolo]], si assiste ad una timida ripresa dell'economia italiana che si consolidò, soprattutto nel meridione, nei decenni successivi. L'[[illuminismo]], nato in [[Inghilterra]], ma diffusosi in Italia attraverso l'intermediazione dei ''philosophes'' francesi iniziò a far sentire i suoi benefici influssi nel nord ([[Parma]]) come a [[Napoli]] e in [[Sicilia]], dove regnò uno dei più grandi sovrani europei del tempo: il futuro [[Carlo III]] di Spagna. L'Austria, che, come abbiamo già visto, si era sostituita alla Spagna come potenza egemonica in Italia, soprattutto nella sua parte centro-settentrionale, fu governata da alcuni monarchi particolarmente capaci, [[Maria Teresa]] e [[Giuseppe II]] in particolare, che introdussero in Lombardia, nel [[Trentino]] e nella regione di [[Trieste]] (la futura Venezia Giulia) delle riforme atte a fomentare lo sviluppo economico e sociale di quelle terre.
 
==L'Italia sotto il dominio napoleonico==
{{Vedi anche|Età napoleonica}}[[ImmagineFile:Italy 1803.jpg|thumb|right|200px|L'Italia nel [[1803]]]]
Verso la fine '700 sulla scena politica italiana si affacciò [[Napoleone Bonaparte]]. Questi nel [[1796]], comandò, come generale, la campagna italiana, al fine di far abbandonare al [[Regno di Sardegna]] la [[Prima coalizione]], creata contro lo stato francese, e per far arretrare gli austriaci.
 
Gli scontri iniziarono il [[9 aprile]], contro i piemontesi e nel breve volgere di due settimane [[Vittorio Amedeo III di Savoia]] fu costretto a firmare l'armistizio. Il [[15 maggio]] poi il generale francese entrò a [[Milano]], venendo accolto come un liberatore. Successivamente respinse le controffensive austriache e continuò ad avanzare, fino ad arrivare in [[Veneto]] nel [[1797]]. Qui si verificò anche un episodio di ribellione a causa dell'oppressione francese chiamato [[Pasque Veronesi]], che tenne occupato Napoleone per circa una settimana. Con il diretto intento di danneggiare il pontefice fu proclamata nel [[1797]] la [[Repubblica Anconitana]] con capitale [[Ancona]] che fu poi unita alla [[Repubblica Romana (1798-1799)|Repubblica Romana]]: il tutto ebbe però breve durata, poiché nel [[1800]] lo [[Stato Pontificio]] fu ripristinato.
 
A ottobre del [[1797]] venne firmato il [[Trattato di Campoformio]] con il quale la [[Repubblica di Venezia]] fu annessa allo stato austriaco, causando quindi la delusione dei patrioti italiani. Il trattato riconobbe anche l'esistenza della [[Repubblica Cisalpina]], la quale comprendeva [[Lombardia]], [[Emilia-Romagna]] oltre a piccole parti di [[Toscana]] e [[Veneto]], mentre il [[Piemonte]] venne annesso alla [[Francia]] provocando qualche [[Massa cristiana|moto di ribellione]]. Nel [[1802]] venne poi denominata [[Repubblica Italiana (1802-1805)|Repubblica Italiana]], con [[Napoleone Bonaparte]], già Primo Console della [[Francia]], in qualità di Presidente.
[[ImmagineFile:Napoleon iron crown.jpg|thumb|left|200px|Napoleone con la corona ferrea]]
 
Il [[2 dicembre]] [[1804]] Napoleone fu incoronato Imperatore dei Francesi. In conformità col nuovo assetto monarchico francese Napoleone divenne anche Re d'Italia, tramutando la Repubblica italiana in Regno d'Italia. Questa decisione lo mise in contrasto con l'Imperatore del neonato [[Impero austriaco]] [[Francesco II]] che, essendo prima di tutto Imperatore dei Romani, risultava [[de iure]] pure Re d'Italia. La situazione si risolse con la guerra contro la [[Terza coalizione]]: l'Austria venne sconfitta ([[2 dicembre]] [[1805]]) e il [[trattato di Presburgo]] ([[26 dicembre]] [[1805]]) pose di fatto fine al [[Sacro Romano Impero]] che verrà però sciolto solo nel [[1807]].
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Proprio nel [[1808]] il Regno d'Italia subì un ampliamento con le annessioni di [[Toscana]] e [[Marche]].
 
Nel [[1809]], Bonaparte occupò [[Roma]], in seguito a contrasti con il papa, che l'aveva scomunicato, e per mantenere in efficenza il proprio stato<ref>{{cite bookCita libro| last cognome= | first nome= | title titolo= Dalle grandi rivoluzioni alla Restaurazione | publisher editore= La biblioteca di Repubblica|datedata=2004| pages pp= p.342| isbn =}}</ref>, relegandolo prima a [[Savona]] e poi in [[Francia]].
Nella conquista della [[Russia]], che Napoleone intraprese nel [[1811]], fu determinante l'appoggio degli abitanti della penisola italiana, ma questa si risolse con una sconfitta e molti italiani trovarono la morte.
Dopo la fallimentare campagna di Russia gli altri stati europei si riorganizzarono, coalizzandosi tra loro e sconfiggendo Bonaparte a [[Lipsia]]. I suoi stessi alleati, primo tra tutti [[Gioacchino Murat|Murat]], lo abbandonarono alleandosi con l'[[Austria]].<ref>{{cite bookCita libro| last cognome= | first nome= | title titolo= Dalle grandi rivoluzioni alla Restaurazione | publisher editore= La biblioteca di Repubblica|datedata=2004| pages pp= p.349| isbn =}}</ref> Ormai abbandonato dagli alleati e sconfitto a [[Parigi]] il [[6 aprile]] [[1814]] Napoleone fu costretto ad abdicare e venne mandato in esilio all'[[Isola d'Elba]]. Sfuggito alla sorveglianza riuscì a ritornare in [[Francia]] e a riprendere il potere. Guadagnò nuovamente l'appoggio di [[Gioacchino Murat]], il quale tentò di esortare, senza successo, gli italiani a combattere con il [[Proclama di Rimini]]. Sconfitto Bonaparte, anche Murat venne [[Guerra austro-napoletana|battuto e ucciso]]. I regni creati in Italia scomparvero ed iniziò quindi il periodo storico della [[Restaurazione]].
 
==La Restaurazione==
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==Il Regno di Sardegna==
{{vedi anche|Regno di Sardegna}}
[[ImmagineFile:SardiniePiemont.jpg|200px|thumb|right|Il regno di Sardegna]]La storia d'Italia è indissolubilmente legata alla storia dello Stato che la unificò sotto un'unica guida, il Regno di Sardegna. Fu creato sulla carta da [[Papa Bonifacio VIII]] nel [[1297]], con la denominazione di “Regno di Sardegna e Corsica”<ref>L'intitolazione relativa alla Corsica scomparirà dalle monete e dai documenti di cancelleria aragonesi già nel corso del XIV secolo (vedi: F. Sedda, ''La vera storia della bandiera dei sardi'', Cagliari, 2007, p. 55 e segg.) e definitivamente anche dalle intitolazioni regie allorché il regno di Aragona si unirà a quello di Castiglia nella corona di Spagna, nel 1479</ref> per risolvere la crisi politica e diplomatica tra [[Regno d'Aragona|corona d'Aragona]] e ducato d'[[Angiò]] sulla [[storia della Sicilia|Sicilia]] (la ''[[vespri siciliani|guerra del vespro]]''). La realizzazione concreta del Regno di Sardegna vedrà dapprima la guerra dei catalano-aragonesi contro i [[storia di Pisa|pisani]].
 
[[Ferdinando II di Aragona]] e [[Isabella di Castiglia]] si sposarono a [[Valladolid]] il [[17 ottobre]] [[1469]], con un accordo conosciuto anche come la ''concordia di Segovia''. Nel [[1475]], i due sovrani avevano giurato di non fondere le due corone in un unico Stato e ciascuna entità conservò le sue istituzioni e le sue leggi: entrambi infatti si fregiavano del titolo di Re di Sardegna. Con il matrimonio della loro figlia [[Giovanna di Aragona e Castiglia|Giovanna]] con [[Filippo I di Castiglia|Filippo d'Asburgo]] e la nascita di [[Carlo V del Sacro Romano Imperod'Asburgo|Carlo V]], la corona passò alla [[Asburgo|dinastia austriaca]], prima di Spagna, poi da quelli d'Austria ([[1708]]). A seguito della [[guerra di successione spagnola]] e del [[Trattato dell'Aia (1720)|trattato dell'Aia]] ([[20 febbraio]] [[1720]]) la corona passò a [[Vittorio Amedeo II di Savoia]].
 
Lo Stato si estinse nel [[1861]] con la proclamazione del [[Regno d'Italia]] da parte del suo XXIV e ultimo sovrano, [[Vittorio Emanuele II]] di [[Casa Savoia|Savoia]].
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===I Savoia===
{{Vedi anche|Casa Savoia}}
[[ImmagineFile:Vittorio Amedeo II di Savoia.jpg|thumb|right|200 px|Vittorio Amedeo II, quindicesimo ed ultimo Duca di Savoia, poi incoronato re di Sicilia e di Sardegna]] [[Umberto Biancamano]] nel [[1032]] ottenne dall'imperatore [[Corrado II]] la signoria della [[Savoia]], della [[Moriana]] e [[Valle d'Aosta|d'Aosta]]. Attraverso varie successioni ereditarie, i Savoia ingrandirono nel tempo i loro territori a cavallo tra le [[Alpi]] Occidentali. Prima conti, poi duchi, nel [[1416]] ottennero pure il titolo nominale (senza territori) di [[Gerusalemme|re di Gerusalemme]] lasciato in eredità da Carlotta di Lusignano.
 
Riuscirono abilmente nel [[XVII secolo|XVII]] e nel [[XVIII secolo]] a difendersi dalle mire espansionistiche del [[Francia|regno di Francia]] mantenendo tenacemente la loro autonomia. Da quando poi [[Emanuele Filiberto di Savoia]] spostò la capitale da [[Chambéry]] a [[Torino]] per meglio difendersi dagli attacchi nemici, la dinastia prese le redini della storia piemontese mantenendo il dominio sul [[Ducato di Savoia|ducato]] prima e sul [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]] poi, fino alla unità d'Italia.
 
Nel 1720, con l'istituzione sovrana vennero a pieno titolo annoverati fra le grandi casate d'Europa, fregiandosi dei titoli di: Re di [[Regno di Cipro|Cipro]], di [[Regno di Gerusalemme|Gerusalemme]], d'[[Regno di Armenia|Armenia]]; [[Ducato di Savoia|duchi di Savoia]], di [[Monferrato]], [[Chablais]], [[Ducato di Aosta|Aosta]] e [[Genova]]; principi di [[Principato di Piemonte|Piemonte]] ed [[Oneglia]]; marchesi di [[Saluzzo]], [[Susa (Italia)|Susa]], [[Ivrea]], [[Ceva]], [[Maro]], [[Oristano]], [[Sezana]]; conti di [[Moriana]], [[Genova]], [[NiceNizza]], [[Tenda (Francia)|Tenda]], [[Asti]], [[Alessandria]], [[Goceano]]; baroni di [[Vaud]] e di [[Faucigny]]; signori di [[Vercelli]], [[Pinerolo]], [[Tarantasia]], [[Lumellino]], [[Val di Sesia]]; principi e vicari perpetui del [[Sacro Romano Impero]] in [[Italia]].
 
Il [[17 marzo]] [[1861]] ottennero la corona di [[Re d'Italia]]. Nel [[1936]] [[Vittorio Emanuele III di Savoia]] fu proclamato [[Imperatore]] d'[[Etiopia]], e nel [[1939]] Re d'[[Albania]].
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==I moti carbonari==
{{vedi anche|Carboneria}}
[[ImmagineFile:Arresto pellico maroncelli.jpg|thumb|left|200px|L'arresto di [[Silvio Pellico|Pellico]] e [[Piero Maroncelli|Maroncelli]] da parte delle forze austriache]]
Dopo la [[Restaurazione]], che aveva portato al ritorno degli antichi sovrani e alla cessione di regioni italiane all'[[Austria]] portarono alla nascita di forti ideali patriottici. Nacque così la [[Carboneria]] e si diffuse proprio nelle regioni cedute agli austriaci e in [[Romagna]], grazie anche a [[Piero Maroncelli]].
 
I primi moti carbonari nella penisola italiana vi furono nel [[Moti del 1820-1821|1820-21]] e colpirono il [[Regno di Napoli]] nel [[luglio]] [[1820]] e il [[Regno di Sardegna|Piemonte]] nel [[marzo]] [[1821]]. A Napoli il sovrano fu costretto a cedere la costituzione, obiettivo dei carbonari, ma l'intervento degli austriaci riportò tutto come prima, e stessa cosa nel Regno di Sardegna. Contemporaneamente in [[Lombardia]] e [[Veneto]] vi furono molti processi, i più famosi al conte [[Federico Confalonieri]], a [[Silvio Pellico]] e [[Piero Maroncelli]].
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===Prima guerra d'indipendenza===
{{Vedi anche|prima guerra di indipendenza italiana}}
[[ImmagineFile:IMG 4430 - Milano - Monumento a Carlo Cattaneo - Foto Giovanni Dall'Orto 20-jan 2007.jpg|thumb|right|200px|Monumento a [[Carlo Cattaneo]], protagonista delle [[Cinque Giornate di Milano]]]]
 
Dopo le [[Napoleone Bonaparte|campagne napoleoniche]], spinte nazionali e nazionalistiche appoggiate dai [[casa Savoia|Savoia]], che videro in queste l'opportunità di allargare il proprio [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]], portarono ad una serie di [[Guerre di indipendenza italiane|guerre di indipendenza]] contro l'[[Impero Austro-Ungarico]].
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===Seconda guerra d'indipendenza===
{{Vedi anche|seconda guerra di indipendenza italiana}}
[[ImmagineFile:Tranquillo Cremona - Vittorio Emanuele II.jpg|thumb|left|200px|[[Vittorio Emanuele II di Savoia]], il primo Re d'[[Italia]] di casa [[Savoia]]]]
Nel [[1852]] divenne primo ministro del [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno Sabaudo]] [[Camillo Benso Conte di Cavour]], il quale attuò numerose riforme economiche al fine di rendere lo stato di Sardegna più moderno, aumentando le [[ferrovie]], ampliando il porto di Genova e favorendo la nascita dell'industria, fino ad allora inesistente nel Paese.
 
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Ricevuti pareri favorevoli all'azione da [[Napoleone III]] nel [[1858]] i due strinsero un accordo segreto a [[Plombières]], con il quale i francesi avrebbero sostenuto i Savoia in caso di attacco austriaco a patto che fossero gli austriaci ad attaccare. I due però avevano scopi opposti: Cavour riteneva che controllando la parte più sviluppata d'Italia avrebbe di fatto controllato l'intera penisola, mentre Napoleone III era convinto che avendo sotto il suo dominio i due terzi della penisola, avrebbe di fatto controllato anche il Piemonte.
[[ImmagineFile:Giuseppe Garibaldi (1866).jpg|thumb|right|200px|[[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]] nel 1866]]
Adottando un comportamento provocatorio nei confronti degli austriaci Cavour riuscì nell'intento di farsi dichiarare guerra, dando inizio alla [[seconda guerra di indipendenza italiana]], che iniziò il [[29 aprile]] [[1859]]. Gli austriaci, sotto la guida del [[maresciallo]] [[Ferencz Gyulai]], inizialmente invasero il [[Piemonte]], senza incontrare resistenze. Un contrordine proveniente da [[Vienna]] impose poi il ritiro in [[Lombardia]]. L'arrivo di [[Napoleone III]], il [[14 maggio]], diede il via alle operazioni militari. Il [[20 maggio]] si ebbe il primo e vero scontro a [[Montebello della Battaglia|Montebello]], che vide la vittoria franco-italica. Dieci giorni dopo i piemontesi riportarono un'altra vittoria a [[Palestro]], sotto la guida stessa di [[Vittorio Emanuele II di Savoia|Vittorio Emanuele II]]. I francesi, invece, batterono gli austro-ungarici a [[Turbigo]] e [[Battaglia di Magenta|Magenta]]. Il [[5 giugno]] venne poi presa [[Milano]]. Nei giorni successivi gli austriaci vennero respinti in [[Veneto]] e, a questo punto, [[Napoleone III]] cominciò le trattative, a insaputa dei piemontesi, che terminarono con la cessione della [[Lombardia]]. Gli accordi di Plombières, prevedevano però la conquista del Veneto e Cavour deluso tentò, senza successo, di convincere il re a continuare da solo. Terminata la seconda guerra di indipendenza alcuni ducati vollero unirsi allo stato sabaudo ed erano Modena, Parma, Emilia, Romagna e Toscana. Gli accordi di Plombières prevedevano però la cessione di [[Nizza]] e della [[Savoia]], cosa che provocò varie proteste, in quanto non era stata mantenuta la promessa di conquistare anche il [[Veneto]].
 
Il [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]] comprendeva a questo punto i territori delle attuali regioni [[Piemonte]], [[Sardegna]], [[Lombardia]], [[Emilia-Romagna]], [[Liguria]] e [[Toscana]], mentre rimanevano esclusi quelli di [[Umbria]], [[Marche]] e [[Lazio]], sottoposti al dominio pontificio, oltre al sud.
 
Nel [[1860]] venne organizzata la [[spedizione dei Mille]], guidata da [[Giuseppe Garibaldi]]. Partiti da [[Quarto dei Mille|Quarto]] il [[5 maggio]], sbarcarono l'[[11 maggio|11]] a [[Marsala]]. Mentre Garibaldi, insieme ai ''picciotti'' siciliani conquistava l'isola, nella parte continentale del [[Regno delle due Sicilie]] i localiil ''movimentiComitato insurrezionaliper l'Unità Nazionale'' preparavanodi [[Napoli]] preparava la strada alla conquista didella [[Napoli|capitale]]: il [[18 agosto]] dello stesso anno, con l'insurrezione di [[Potenza (Italia)|Potenza]] la [[Basilicata]], guidata dal governo proditattoriale di [[Giacinto Albini]], dichiarò [[Insurrezione lucana (1860)|la sua annessione al Regno d'Italia]]. Il giorno seguente Garibaldi passò lo [[stretto di Messina]], e pochiil giorni[[21 agosto]] seguente la [[Puglia]] seguìdichiarò decaduti i [[Borbone di Napoli|Borbone]] con l'esempioinsurrezione deidi lucani[[Altamura]].
Il [[7 settembre]] Garibaldi entrò trionfalmente a [[Napoli]], abbandonata dal re [[Francesco II di Borbone]] in favore di [[Gaeta]]. La sconfitta finale dei borbonici avvenne sul [[Volturno]] il [[1º ottobre]] [[1860]]. Il [[21 ottobre]] si tennero i [[plebisciti]] che decretarono l'annessione dei territori delle [[Regno delle due Sicilie|Due Sicilie]] al [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno Sabaudo]].
 
Mancavano ancora [[Veneto]] e [[Friuli]], [[Roma]], [[Trentino-Alto Adige]] e [[Venezia Giulia]]. Il parlamento sardo decise allora di proclamare nel [[1861]] il [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] consegnando la corona a [[Vittorio Emanuele II]] e ai suoi eredi. Lo [[statuto albertino]] venne esteso a tutto il Regno.
 
===Terza guerra d'indipendenza===
[[ImmagineFile:Battaglia di custoza monte cricol.jpg|thumb|right|250px|La battaglia di Custoza]]
{{Vedi anche|terza guerra di indipendenza italiana}}
Per conquistare Veneto e Friuli nel [[1866]] il [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] dichiarò guerra all'[[Austria]] alleandosi con la [[Prussia]] e dando così iniziò alla [[Terza guerra di indipendenza italiana|terza guerra di indipendenza]]. Le sconfitte però furono molte, le più famose a [[Battaglia di Custoza|Custoza]] e [[Battaglia di Lissa|Lissa]]. Gli unici successi vennero ottenuti da [[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]]. La vittoria prussiana, però, fu d'aiuto all'[[Italia]], che poté quindi richiedere l'annessione di [[Veneto]] e [[Friuli]].
 
Mancava [[Roma]] e per due volte [[Giuseppe Garibaldi]] ne tentò la conquista con i suoi volontari: nel [[1862]] e nel [[1867]], venendo fermato nel primo caso dalla truppe italiane, nel secondo dall'esercito francese, che anche nel [[1862]] aveva costretto l'esercito regio a intervenire.
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== L'Italia liberale (1861-1914) ==
{{vedi anche|Regno d'Italia (1861-1946)|Storia}}[[File:Flag d'Italiaof Italy (1861-oggi1946)}}.svg|right|180px|thumb|[[Bandiera italiana|Bandiera nazionale del Regno d'Italia]]]]
Lo [[stato italiano]] nacque nel [[1861]] dopo l'esito della [[Seconda guerra di indipendenza italiana|seconda guerra di indipendenza]] e dopo i plebisciti degli altri territori conquistati. Con la prima convocazione del Parlamento italiano del [[18 febbraio]] [[1861]] e la successiva proclamazione del [[17 marzo]], Vittorio Emanuele II fu il primo re d'Italia ([[1861]]-[[1878]]).
[[Immagine:Flag of Italy (1861-1946).svg|right|180px|thumb|[[Bandiera italiana|Bandiera nazionale del Regno d'Italia]]]]
Lo [[stato italiano]] nacque nel [[1861]] dopo l'esito della [[seconda guerra d'indipendenza]] e dopo i plebisciti degli altri territori conquistati. Con la prima convocazione del Parlamento italiano del [[18 febbraio]] [[1861]] e la successiva proclamazione del [[17 marzo]], Vittorio Emanuele II fu il primo re d'Italia ([[1861]]-[[1878]]).
 
La popolazione, rispetto l'originario [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]], quintuplicò.
Istituzionalmente e giuridicamente, il Regno d'Italia venne configurandosi come un ingrandimento del [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]], esso fu infatti una monarchia costituzionale.
Il neonato Stato quindi si ritrovò, fin dai primi tempi, a tentare di risolvere problemi di standardizzazione delle leggi, di mancanza di risorse a causa delle casse statali vuote per le spese belliche, di creazione di una moneta unica per tutta la penisola e più in generale problemi di gestione per tutte le terre improvvisamente acquisite.
A questi problemi, se ne aggiungevano altri, come ad esempio l'analfabetismo e la povertà diffusa, nonché la mancanza di infrastrutture.
 
La questione che tenne banco nei primi anni della riunificazione d'Italia fu la [[questione meridionale]] ed il [[brigantaggio]] antisabaudo delle regioni meridionali (soprattutto tra il [[1861]] e il [[1869]]). Il problema era noto come la "[[questione meridionale]]". Ulteriore elemento di fragilità era costituito dall'ostilità della Chiesa cattolica e del clero nei confronti del nuovo Stato, ostilità che si sarebbe rafforzata dopo il [[1870]] e la presa di Roma ([[questione romana]]).
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===La destra storica ===
{{vedi anche|Destra storica}}
[[ImmagineFile:Riccio G. - ritratto di Marco Minghetti.jpg|right|thumb|200 px|Ritratto di Marco Minghetti]]
La Destra storica, composta principalmente dall'alta borghesia e dai proprietari terrieri, formò il nuovo governo, che ebbe come primi obiettivi il completamento dell'unificazione nazionale, la costruzione del nuovo stato (per il quale si scelse un modello centralista) e il risanamento finanziario mediante nuove tasse che produssero scontento popolare e accentuarono il [[brigantaggio]], represso con la forza.
 
In politica estera, la Destra storica mantenne la tradizionale alleanza con la [[Francia]], anche se le due nazioni si scontrarono in diverse questioni, prime fra tutte l'annessione del [[Veneto]] e la presa di [[Roma]].
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===La sinistra storica ===
{{vedi anche|Sinistra storica}}
[[ImmagineFile:Agostino Depretis.jpg|left|thumb|200 px|Agostino Depretis]]
 
La Sinistra abbandonò l'obiettivo del pareggio di bilancio e avviò delle politiche di democratizzazione e ammodernamento del paese, investendo nell'istruzione pubblica e allargando il suffragio, e avviando una politica protezionistica di investimenti in infrastrutture e sviluppo dell'industria nazionale coll'intervento diretto dello stato nell'economia.
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===L'epoca giolittiana===
{{vedi anche|Età giolittiana}}
[[ImmagineFile:Giolitti1Giolitti ritratto.jpg|thumb|right|200 px|Giovanni Giolitti]]Dal [[1901]] al [[1914]] la storia e la politica italiana fu fortemente influenzata dai governi guidati da [[Giovanni Giolitti]].
 
Come neo-presidente del Consiglio si trovò a dover affrontare, prima di tutto, l'ondata di diffuso malcontento che la politica [[Francesco Crispi|Crispina]] aveva provocato con l'aumento dei prezzi. Ed è con questo primo confronto con le parti sociali che si evidenziò la ventata di novità che Giolitti portò nel panorama politico a cavallo tra il [[XIX secolo|XIX]] ed il [[XX secolo]]. Non più [[repressione]] autoritaria, bensì accettazione delle proteste e quindi degli scioperi, purché non violenti né politici, con lo scopo (riuscito) di portare i socialisti nell'arco parlamentare.
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Attraverso i commercianti e gli studiosi italiani che frequentavano la zona, già dagli [[anni 1860|anni Sessanta]], l'[[Italia]] cercò di dividere i due Negus al fine di penetrare, prima politicamente e poi militarmente, all'interno dell'Etiopia. Tra i progetti ci fu l'occupazione della città santa di [[Harar]], l'acquisto di [[Zeila]] dai britannici e l'affitto del porto di [[Chisimaio]], posto alla foce del [[Giuba (fiume)|Giuba]], in [[Somalia]]. Tutti e tre i progetti non si conclusero positivamente.
[[ImmagineFile:Umberto I di Savoia.jpg|thumb|left|200 px|[[Umberto I di Savoia|Umberto I]], Re d'Italia dal 1878 al 1900]]
Nel [[1889]] l'Italia ottenne, tramite un accordo da parte del Console italiano di [[Aden]] con i i Sultani che governavano la zona, i protettorati su Obbia e su [[Migiurtina]]. Nel [[1892]] il [[Sultano]] di [[Zanzibar]] concesse in affitto i porti del [[Benadir]] (fra cui [[Mogadiscio]] e [[Brava]]) alla società commerciale "Filonardi". Il [[Benadir]], sebbene gestito da una società privata, fu sfruttato dal Regno d'Italia come base di partenza per delle spedizioni esplorative verso le foci del Giuba e dell'[[Omo]], e per ottenere il protettorato sulla città di [[Lugh]].
 
A seguito della sconfitta e della morte dell'Imperatore Giovanni IV in una guerra contro i [[dervisci]] sudanesi (1889), l'esercito italiano occupò una parte dell'altopiano etiopico, compresa la città di [[Asmara]], sulla base di precedenti accordi fatti con [[Menelik II d'Etiopia|Menelik]] il quale, con la morte del rivale, era riuscito a farsi riconoscere [[Negus]] Neghesti, cioè “Re di Re” (“Imperatore”). Con il trattato che seguì, [[Menelik II d'Etiopia|Menelik]] accettò la presenza degli italiani sull'altopiano etiope e riconobbe nell'Italia l'interlocutore privilegiato con gli altri paesi europei. Quest'ultimo riconoscimento fu interpretato dagli italiani come l'accettazione di un [[protettorato]] e negli anni seguenti sarà fonte di discordie fra i due paesi.
 
La politica di progressiva conquista dell'Etiopia si concretizzò con la [[campagna d'Africa Orientale]] (1895-1896) e terminò con la [[battaglia di Adua|sconfitta di Adua]] ([[1º marzo]] [[1896]]). Fu uno dei pochi successi della resistenza africana al [[colonialismo]] europeo del [[XIX secolo]]. Anche dopo questa cocente sconfitta la politica coloniale nel Corno d'africa continuò con il protettorato sulla [[Somalia]], dichiarata colonia nel [[1905]].
 
=== Dalla Sirte al Ciad ===
Uno dei tentativi di creare un Impero coloniale oltre il Corno d'Africa era quello di un'espansione che andasse dal [[mare Mediterraneo]] al [[golfo di Guinea]]. Il progetto non venne mai esplicitato pubblicamente, ma fu chiaro durante le trattative per il [[Trattato di Versailles (1919)]], dopo la [[prima guerra mondiale]], che causò frizioni diplomatiche con la [[Francia]]. Per realizzare questa intenzione, avendo già formale possesso della [[Libia]], il corpo diplomatico italiano chiese di avere la colonia tedesca del [[Camerun]] e cercò di ottenere, come compenso per la partecipazione alla guerra mondiale, il passaggio del Ciad dalla Francia all'Italia. Il progetto fallì quando il Camerun venne assegnato alla [[Francia]] e l'Italia ottenne solamente l'[[Oltregiuba]], oltre a una ridefinizione dei confini tra la Libia e ed il [[Ciad]], possedimento francese.
 
Una delle richieste italiane durante il [[Trattato di Versailles (1919)| Trattato di Versailles]] dopo la [[prima guerra mondiale]] fu quella di annettere la [[Somalia Francese]] e il [[Somaliland]] in cambio della rinuncia alla partecipazione nella ripartizione delle colonie tedesche tra le forze dell'[[Intesa]]. Il tentativo non ebbe seguito. Fu l'ultima manovra dello “stato liberale”, prima del [[fascismo]], relativa alla penetrazione nel [[Corno d'Africa]].
 
==== Fatti di sangue durante il dominio coloniale italiano ====
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===L'iniziale neutralità===
{{Vedi anche|Neutralità italiana (1914-1915)}}
[[ImmagineFile: Armando_Diaz.jpg|right|thumb|150px|[[Armando Diaz]]]]
Nella [[prima guerra mondiale]] l'Italia rimase inizialmente neutrale, per poi scendere al fianco degli alleati il [[23 maggio]] [[1915]] dopo la firma del segreto [[Patto di Londra]].
 
L'accordo prevedeva che l'[[Italia]] entrasse in guerra al fianco dell'Intesa entro un mese, ed in cambio avrebbe ottenuto, in caso di vittoria, il [[Trentino]], il [[Tirolo]] fino al [[Passo del Brennero|Brennero]] ([[Provincia autonoma di Bolzano|Alto Adige]]), la [[Venezia Giulia]], l'intera [[penisola istriana]], con l'esclusione di [[Fiume]], una parte della [[Dalmazia]].
 
Per quanto riguarda i possedimenti coloniale l'Italia avrebbe conquistato l'arcipelago del [[Dodecaneso]] (occupato, ma non annesso a colonia dopo la [[guerra italo-turca]]), la base di [[Valona]] in [[Albania]] , il bacino carbonifero di [[Adalia (Turchia)|Adalia]] in [[Turchia]], nonché un'espansione delle colonie africane, a scapito della Germania (l'Italia in Africa possedeva già [[Libia]], [[Somalia italiana|Somalia]] ed [[Colonia Eritrea|Eritrea]]).
 
===L'Italia in guerra (1915-1918)===
Lo stato italiano decise di entrare in guerra il [[24 maggio]] [[1915]].
[[ImmagineFile:Soca Kobarid.jpg|thumb|left|200 px|L'[[Isonzo]] vicino a [[Caporetto]]]]
Il comando dell'esercito venne affidato al generale [[Luigi Cadorna]], che aveva come obiettivo il raggiungimento di [[Vienna]] passando per [[Lubiana]]<ref>{{cite bookCita libro| last cognome= | first nome= | title titolo= L'età dell'imperialismo e la Prima guerra mondiale | publisher editore= La biblioteca di Repubblica|datedata=2004| pages pp= p.683| isbn =}}</ref>. All'alba del [[24 maggio]] il [[Esercito|Regio Esercito]] sparò il primo colpo di cannone contro le postazioni austro-ungariche asserragliate a [[Cervignano del Friuli]] che, poche ore più tardi, divenne la prima città conquistata. IlAll'alba frontedello apertostesso dall'Italiagiorno ebbela comeflotta teatroaustro-ungarica lebombardò [[Alpi]],la dallostazione [[Stelvio]]ferroviaria al maredi [[AdriaticoManfredonia]].; Loalle sforzo principale per sfondare il fronte fu concentrato nella regione delle valli [[Isonzo]]23:56, in direzione dibombardò [[LubianaAncona]]. DopoLo un'iniziale avanzata italiana, gli austro-ungarici ricevettero l'ordine di trincerarsi e resistere. Si arrivò così a una guerrastesso [[Guerra24 di trincea|posizionemaggio]] similecadde ail quellaprimo chesoldato si stava svolgendo sul fronte occidentale: l'unica differenza consisteva nel fatto cheitaliano, mentre sul [[FronteRiccardo occidentaledi (Prima guerra mondiale)|fronte occidentaleGiusto]] le trincee erano scavate nel fango, sul fronte italiano erano scavate nelle rocce e nei ghiacciai delle Alpi fino ed oltre i 3.000 metri di altitudine. Nelle ultime battaglie dell'Isonzo, combattute alla fine del 1915, le perdite italiane ammontarono a oltre 60.000 morti e più di 150.000 feriti, equivalenti a circa un quarto delle forze mobilitate.
 
Il fronte aperto dall'Italia ebbe come teatro le [[Alpi]], dallo [[Stelvio]] al mare [[Adriatico]]. Lo sforzo principale per sfondare il fronte fu concentrato nella regione delle valli [[Isonzo]], in direzione di [[Lubiana]]. Dopo un'iniziale avanzata italiana, gli austro-ungarici ricevettero l'ordine di trincerarsi e resistere. Si arrivò così a una guerra [[Guerra di trincea|posizione]] simile a quella che si stava svolgendo sul fronte occidentale. La guerra continuò con pochi risultati e molte perdite nel corso del 1915, 1916, 1917.
L'inizio del [[1916]] fu caratterizzato dalla [[quinta battaglia dell'Isonzo]] che non portò ad nessun risultato. In scontri che seguirono gli austro-ungarici sfondarono in [[Trentino]], occupando l'[[Altopiano dei sette comuni|altopiano di Asiago]]. Questa offensiva fu fermata a fatica dall'Esercito italiano che reagì con una controffensiva respingendo il nemico fino all'[[Carso|altopiano del Carso]]. Lo scontro fu chiamato [[battaglia degli Altipiani]]. Il [[4 agosto]] [[1916]] fu conquistata [[Gorizia]] che, pur non essendo di importanza strategica, fu presa a caro prezzo (20.000 morti e 50.000 feriti). Oltre la conquista di Gorizia, l'unico guadagno territoriale fu l'avanzamento del fronte di qualche chilometro in Trentino.
 
Il [[18 agosto]] [[1917]] iniziò la più imponente offensiva italiana nel conflitto, con 600 battaglioni e 5.200 pezzi d'artiglieria (a fronte, rispettivamente dei 250 e 2.200 austriaci). Nonostante lo sforzo la battaglia non portò a nessun acquisto territoriale né tantomeno alla conquista di postazioni strategie. Nell'[[ottobre]] [[1917]] la [[Russia]] abbandonò il conflitto a causa della rivoluzione [[Comunismo|comunista]]. Le truppe degli [[Imperi Centrali]] furono spostate dal [[Fronte orientale (Prima guerra mondiale)|fronte orientale]] a quello occidentale. Visti gli esiti dell'ultima offensiva italiana e i rinforzi provenienti dal fronte orientale, austro-ungarici e tedeschi decisero di tentare l'avanzata.
 
Visti gli esiti dell'ultima offensiva italiana e i rinforzi provenienti dal fronte orientale, austro-ungarici e tedeschi decisero di tentare l'avanzata.
{{vedi anche|Battaglia di Caporetto}}
Il [[24 ottobre]] gli austro-ungarici e i tedeschi ruppero il fronte convergendo su Caporetto e accerchiarono la 2<sup>a</sup> [[Armata]] comandato dal generale [[Luigi Capello]]. Il generale Capello e Luigi Cadorna da tempo avevano il sospetto di un probabile attacco, ma sottovalutarono le notizie e l'effettiva capacità offensiva delle forze nemiche. Gli austriaci avanzarono per 150&nbsp;km in direzione sud-ovest raggiungendo Udine in soli quattro giorni. L'unica armata che resistette al disastro<ref>Puntata del "La grande storia" dal tiolo "Casa Savoia" andata in onda su Rai Tre</ref> fu la 3<sup>a</sup>, guidata da [[Emanuele Filiberto di Savoia-Aosta| Emanuele Filiberto di Savoia]], cugino di Re [[Vittorio Emanuele III di Savoia|Vittorio Emanuele III]].
[[ImmagineFile:Battle of Caporetto.jpg|200px|thumb|left|Mappa dell'avanzata austro-ungarica tedesca in seguito alla rotta italiana]]
La rottura del fronte di Caporetto provocò il crollo delle postazioni italiane lungo l'Isonzo, con la ritirata delle armate schierate dall'[[Mare Adriatico|Adriatico]] fino alla [[Valsugana]], in Trentino. I 350.000 soldati dislocati lungo il fronte si diedero a una ritirata disordinata assieme a 400.000 civili che scappavano dalle zone invase. Ingenti furono le perdite di materiale bellico. A seguito della disfatta, il generale Cadorna, nel comunicato emesso il 29 ottobre 1917, indicò, in modo errato e strumentale «la mancata resistenza di reparti della II armata» come la motivazione dello sfondamento del fronte da parte dell'esercito austro-ungarico.
 
La disfatta portò alcune conseguenze: Cadorna venne rimosso dall'incarico e sostituito dal maresciallo [[Armando Diaz]] nel ruolo di capo di stato maggiore. Oltre a Cadorna perse il posto anche il generale [[Luigi Capello]], ritenuto principale responsabile della sconfitta. Un altro effetto della disfatta l'elevato malcontento nelle truppe. I disordini furono frequenti, e molti si concludevano con sommarie fucilazioni. Gli austro-ungarici fermarono gli attacchi in attesa della primavera del [[1918]], preparando un'offensiva che li avrebbe dovuti portare a penetrare nella pianura veneta.
 
L'offensiva austro-ungarica arrivò il [[15 giugno]]: l'esercito dell'Impero attaccò con 66 divisioni nella [[battaglia del solstizio]] ([[15 giugno|15]] - [[23 giugno]] 1918), che vide gli italiani resistere all'assalto. Gli austro-ungarici persero le loro speranze, visto che il paese era ormai a un passo dal tracollo, assillato dall'impossibilità di continuare a sostenere lo sforzo bellico sul piano economico e su quello sociale, data l'incapacità dello Stato di farsi garante dell'integrità dello stato multinazionale asburgico. Con i popoli dell'impero asburgico sull'orlo della rivoluzione, l'Italia anticipò di un anno l'offensiva prevista per il 1919 per impegnare le riserve austro-ungariche ed impedire loro la prosecuzione dell'offensiva sul fronte francese. Da [[Battaglia di Vittorio Veneto|Vittorio Veneto]], il [[23 ottobre]] partì l'offensiva, con condizioni climatiche pessime. Gli italiani avanzarono rapidamente in Veneto, Friuli e Cadore e il [[29 ottobre]] l'Austria-Ungheria si arrese. Il [[3 novembre]], a [[Villa Giusti (Padova)|Villa Giusti]], presso [[Padova]] l'esercito dell'Impero firmò l'armistizio.
{{Vedi anche|Offensiva del Piave|Battaglia di Vittorio Veneto}}
[[Immagine:Battle of Vittorio Veneto.jpg|thumb|right|250px|Schema della [[Battaglia di Vittorio Veneto]] nel [[1918]] risultata decisiva per la vittoria italiana nella guerra]]
La severa disciplina di Cadorna, i lunghi mesi in trincea e il disastro di Caporetto avevano fiaccato l'esercito. Per i militari più religiosi furono anche determinanti le parole di papa Benedetto XV sull'”inutile strage”. Diaz, per fronteggiare questi problemi e per raggiungere la vittoria, cambiò completamente strategia. Innanzitutto alleggerì la disciplina ferrea. Secondariamente, essendo il nuovo fronte meglio difendibile di quello lungo l'Isonzo, puntò ad azioni mirate alla difesa del territorio nazionale, piuttosto che a sterili ma sanguinosi contrattacchi. Ciò il compattamento delle truppe e della nazione, presupposto per la vittoria finale. Già nel [[1917]] furono chiamata alle armi la classe dei nati nel [[1899]] (i cosiddetti “[[Ragazzi del '99]]”).
 
===Esito===
Gli austro-ungarici fermarono gli attacchi in attesa della primavera del [[1918]], preparando un'offensiva che li avrebbe dovuti portare a penetrare nella pianura veneta ma tale offensiva fallì: l'Austria era ormai a un passo dal tracollo, assillato dall'impossibilità di continuare a sostenere lo sforzo bellico sul piano economico e su quello sociale, data l'incapacità dello Stato di farsi garante dell'integrità dello stato multinazionale asburgico. Da [[Battaglia di Vittorio Veneto| Vittorio Veneto]], il [[23 ottobre]] partì l'offensiva, con condizioni climatiche pessime. Gli italiani avanzarono rapidamente in Veneto, Friuli e Cadore e il [[29 ottobre]] l'Austria-Ungheria si arrese. Il [[3 novembre]], a [[Villa Giusti (Padova)|Villa Giusti]], presso [[Padova]] l'esercito dell'Impero firmò l'armistizio; i soldati italiani entrarono a [[Trento]] mentre i [[bersaglieri]] sbarcarono a [[Trieste]], chiamati dal locale comitato di salute pubblica, che però aveva richiesto lo sbarco di truppe dell'Intesa.
 
===L'esito del conflitto===
L'Italia completò la sua riunificazione nazionale acquisendo il [[Trentino-Alto Adige]], la [[Venezia Giulia]], l'[[Istria]] ed alcuni territori del [[Friuli]] ancora irredenti. Queste regioni avevano fatto parte, fino ad allora, della [[Cisleitania]] nell'ambito dell'[[Impero Austro-Ungarico]] (ad eccezione della città di [[Fiume]], incorporata nel Regno d'Italia nel [[1924]] e posta in [[Transleitania]]).
[[ImmagineFile:Kingdom of Italy 1919 map.svg|thumb|left|300px|L'[[Italia]] nel [[1924]], con [[Fiume (Croazia)|Fiume]], Zara e [[provincia di Zara|la sua provincia]].]]
Inoltre al [[Regno d'Italia]] furono assegnate alcune compensazioni territoriali in Africa, come l'[[Oltregiuba]] in [[Somalia]].
 
Ma il prezzo fu altissimo: 651.010 soldati, 589.000 civili per un totale 1.240.000 morti su di una popolazione di soli 36 milioni, con la più alta mortalità nella fascia di età compresa tra 20 e 24 anni.<ref>G. Mortara, ''La Salute pubblica in Italia durante e dopo la Guerra'', Yale University Press, New Haven, 1925.</ref> <ref> D. A. Glei S. Bruzzone G. Caselli, ''The effects of war losses on mortality estimates for Italy - A first attempt'' (L'effetto delle perdite di guerra nella stima della mortalità in Italia - Un primo tentativo)[http://www.demographic-research.org/Volumes/Vol13/15/default.htm]</ref> <ref>Dati Censimento Istat[http://dawinci.istat.it/daWinci/jsp/dawinci.jsp?q=pl01000100112000 Dati Censimento Istat]</ref> Le conseguenze sociali ed economiche furono pesantissime: l'Italia con la sua economia basata sull'agricoltura perse una grossa fetta della sua forza-lavoro causando la rovina di moltissime famiglie.
 
Le conseguenze sociali ed economiche furono pesantissime: l'Italia con la sua economia basata sull'agricoltura perse una grossa fetta della sua forza-lavoro causando la rovina di moltissime famiglie.
Tuttavia, l'Italia non vide riconosciuti i diritti territoriali acquisiti sulla [[Dalmazia]] con l'intervento a fianco degli alleati: in base al [[Patto di Londra]] con cui aveva negoziato la propria entrata in guerra, l'Italia avrebbe dovuto ottenere la Dalmazia settentrionale incluse le città di [[Zara]], [[Sebenico]] e [[Tenin]]. Infatti, in base al principio della nazionalità propugnato dal presidente americano [[Woodrow Wilson]], la Dalmazia venne annessa al neocostituito Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni, con l'eccezione di Zara (a maggioranza italiana) e dell'isola di Lagosta, che con altre tre isole vennero annesse all'Italia. Questo rifiuto degli Alleati di mantenere gli impegni sottoscritti nel Patto di Londra creò numerose tensioni nella politica italiana del primo dopoguerra, ed uno dei maggiori beneficiati fu Benito Mussolini con il suo "Fascismo".
 
Tuttavia, l'Italia non vide riconosciuti i diritti territoriali acquisiti sulla [[Dalmazia]] con l'intervento a fianco degli alleati: in base al [[Patto di Londra]] con cui aveva negoziato la propria entrata in guerra, l'Italia avrebbe dovuto ottenere la Dalmazia settentrionale incluse le città di [[Zara]], [[Sebenico]] e [[Tenin]].
== Il Fascismo ==
===Nascita del fascismo===
{{Vedi anche|Storia dell'Italia fascista|Vittoria mutilata|Rivoluzione italiana|Movimenti rivoluzionari nell'Italia del Primo Novecento}}
[[Immagine:Fasces lictoriae.svg|thumb|right|100px|Il [[fascio littorio]], simbolo del fascismo.]]
Dopo la [[Prima guerra mondiale|Grande Guerra]] la situazione interna italiana era precaria: il [[Trattato di Versailles (1919)|trattato di pace firmato a Versailles]] non aveva portato a nessun vantaggio importante all'Italia. Non furono accolte nemmeno le richieste più moderate. Le casse statali erano quasi vuote anche perché la [[lira italiana|lira]] durante il conflitto aveva perso buona parte del suo valore, a fronte di un costo della vita aumentato di almeno il 450%. Scarseggiavano le materie prime e le industrie faticavano a convertire la produzione bellica in produzione ''di pace'' e ad assorbire l'abbondanza di [[manodopera]] accresciuta dai soldati di ritorno dal fronte.
 
Infatti, in base al principio della nazionalità propugnato dal presidente americano [[Woodrow Wilson]], la Dalmazia venne annessa al neocostituito Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni, con l'eccezione di Zara (a maggioranza italiana) e dell'isola di Lagosta, che con altre tre isole vennero annesse all'Italia.
Per questi motivi nessun ceto sociale era soddisfatto, e soprattutto tra i benestanti s'insinuò il il timore di una possibile rivoluzione [[comunismo|comunista]], sull'esempio russo. L'estrema fragilità socio-economica portò spesso a disordini, che il più delle volte venivano stroncati con metodi sbrigativi e sanguinari dalle forze armate. Tra gli strati sociali più scontenti e più soggetti alle suggestioni ed alla propaganda nazionalista che, a seguito del [[Conferenza di pace di Parigi (1919)|Trattato di Pace]], si infiammò ed alimentò il mito della ''[[vittoria mutilata]]'', emersero le organizzazioni di reduci ed in particolare quelle che raccoglievano gli ex-''[[arditi]]'' (truppe scelte d'assalto), presso le quali, al malcontento generalizzato, si aggiungeva il risentimento causato dal non aver ottenuto un adeguato riconoscimento per i sacrifici, il coraggio e lo sprezzo del pericolo dimostrati in anni di duri combattimenti al fronte.
 
Questo rifiuto degli Alleati di mantenere gli impegni sottoscritti nel Patto di Londra creò numerose tensioni nella politica italiana del primo dopoguerra, ed uno dei maggiori beneficiati fu Benito Mussolini con il suo "Fascismo".
Tale era il contesto nel quale il [[23 marzo]] [[1919]] [[Benito Mussolini]] fondò a [[Milano]] il primo [[fascio di combattimento]], un nuovo movimento che espresse la volontà di «trasformare, se sarà inevitabile anche con metodi rivoluzionari, la vita italiana», autodefinendosi ''partito dell'ordine'' e riuscendo così a guadagnarsi la fiducia dei ceti più ricchi e conservatori, contrari a ogni agitazione e alle rivendicazioni sindacali che caratterizzarono il cosiddetto [[biennio rosso]]. Nel giro di qualche mese le squadre fasciste si diffusero in tutta Italia dando al movimento una forza paramilitare. Per due anni l'Italia fu percorsa da nord a sud dalle violenze dei movimenti politici rivoluzionari contrapposti di fascismo e bolscevismo che iniziarono a contendersi il campo, sotto lo sguardo di uno stato pressoché incapace di reagire tanto agli scioperi e alle occupazioni delle fabbriche da parte bolscevica, quanto alle "spedizioni punitive" degli squadristi.
 
==Il ventennio fascista==
Il [[12 novembre]] [[1921]] nasceva il [[Partito Nazionale Fascista]] (PNF), trasformando il movimento in partito e accettando alcuni compromessi legalitari e costituzionali con le forze moderate. In quel periodo il PNF giunse ad avere ben 300.000 iscritti (nel momento di massima espansione il [[Partito Socialista Italiano|PSI]] aveva superato di poco i 200.000 iscritti) forte anche dell'appoggio dei latifondisti [[Emilia-Romagna|emiliani]] e [[Toscana|toscani]]. Proprio in queste regioni le squadre guidate dai ''ras'' furono più determinate a colpire i sindacalisti e i socialisti, intimidendoli con la famigerata pratica del [[manganello]] e dell'[[olio di ricino]], o addirittura commettendo [[Omicidio|omicidi]] che restavano il più delle volte impuniti. In questo clima di violenze, alle elezioni del [[15 maggio]] [[1921]] i fascisti ottennero a sorpresa 45 seggi.
===Nascita del fascismo e marcia su Roma===
Le conseguenze sociali ed economiche furono pesantissime: l'Italia con la sua economia basata sull'[[agricoltura]] perse una grossa fetta della sua forza-lavoro causando la rovina di moltissime famiglie. Inoltre, l'Italia non vide riconosciuti i diritti territoriali sulla [[Dalmazia]] (incluse le città di [[Zara]], [[Sebenico]] e [[Tenin]]) acquisiti in base al [[Patto di Londra]], con cui aveva negoziato la propria entrata in guerra.
 
Tale era il contesto nel quale il [[23 marzo]] [[1919]] [[Benito Mussolini]] fondò a [[Milano]] il primo [[fascio di combattimento]], un nuovo movimento che espresse la volontà di «trasformare, se sarà inevitabile anche con metodi rivoluzionari, la vita italiana», autodefinendosi ''partito dell'ordine'' e riuscendo così a guadagnarsi la fiducia dei ceti più ricchi e conservatori, contrari a ogni agitazione e alle rivendicazioni sindacali che caratterizzarono il cosiddetto [[biennio rosso]].
===Marcia su Roma e primi anni di governo===
[[Immagine:March on rome 1.png|thumb|left|200px|Un momento della marcia su [[Roma]]]]Dopo il Congresso di Napoli, in cui 40.000 camicie nere inneggiarono a marciare su Roma, Mussolini diede seguito ai suoi piani insurrezionali contro il debole governo italiano: il momento pareva propizio, ed un forte contingente di 50.000 squadristi venne radunato nell'alto Lazio e condotto da un quadrumvirato, composto da [[Italo Balbo]] (uno dei ''[[ras]]'' più famosi), [[Emilio De Bono]] (comandante della Milizia), [[Cesare Maria De Vecchi]] (un generale non sgradito al [[Palazzo del Quirinale|Quirinale]]) e [[Michele Bianchi]] (segretario del partito fedelissimo di Mussolini che, invece, rimase prudentemente a Milano), mosse contro la Capitale, il [[26 ottobre]] [[1922]]. Mentre l'Esercito si preparava a fronteggiare il colpo di mano fascista (con [[Badoglio]] principale sostenitore della linea dura) il re [[Vittorio Emanuele III]] si rifiutò di firmare il decreto di stato d'emergenza, costringendo alle dimissioni il presidente del consiglio [[Luigi Facta]] ed il suo governo. Le camicie nere marciarono sulla Capitale il [[28 ottobre]], senza incontrare alcuna resistenza ed effettuando anche qualche azione violenta contro i comunisti e i socialisti della città.
 
Il momento pareva propizio per Mussolini, ed un forte contingente di 50.000 squadristi venne radunato nell'alto Lazio e mosse contro la Capitale, il [[26 ottobre]] [[1922]]. Mentre l'Esercito si preparava a fronteggiare il colpo di mano fascista (con [[Badoglio]] principale sostenitore della linea dura) il re [[Vittorio Emanuele III]] si rifiutò di firmare il decreto di stato d'emergenza, costringendo alle dimissioni il presidente del consiglio [[Luigi Facta]] ed il suo governo. Le camicie nere marciarono sulla Capitale il [[28 ottobre]], senza incontrare alcuna resistenza. Il [[30 ottobre]], dopo la [[marcia su Roma]], il re incaricò [[Benito Mussolini]] di formare il nuovo [[governo]]. Il capo del fascismo lasciò Milano per Roma, ed immediatamente si mise all'opera. A soli 39 anni Mussolini diveniva presidente del consiglio, il più giovane nella storia dell'Italia unita. Il nuovo [[Governo Mussolini|governo]] comprendeva elementi dei partiti moderati di centro e di destra e militari, e - ovviamente - molti fascisti.
 
Fra le prime iniziative intraprese dal nuovo corso politico vi fu il tentativo di "normalizzazione" delle squadre fasciste - che in molti casi continuavano a commettere violenze -, provvedimenti a favore dei mutilati e degli invalidi di guerra, drastiche riduzioni della spesa pubblica, la riforma della scuola ([[Riforma Gentile]]), la firma degli accordi di [[Washington (distretto di Columbia)|Washington]] sul disarmo navale, e l'accettazione dello status quo col regno di [[Iugoslavia]] circa le frontiere orientali e la protezione della minoranza italiana in [[Dalmazia]].
 
===Il fascismo diventa dittatura===
[[Immagine:MatteottiUna volta eletto Presidente del Consiglio, Mussolini decise di rafforzare il proprio potere.jpg|thumb|200px|Giacomo Matteotti]]In vista delle elezioni del [[6 aprile]] [[1924]] Mussolini fece approvare una nuova legge elettorale (c.d. "[[Legge Acerbo]]") che avrebbe dato i tre quinti dei seggi alla lista che avesse raccolto il 40% dei voti. La campagna elettorale si tenne in un clima di tensione senza precedenti con intimidazioni e pestaggi. Il ''listone'' guidato da Mussolini ottenne il 64,9% dei voti. Il [[30 maggio]] [[1924]] il deputato [[socialismo|socialista]] [[Giacomo Matteotti]] prese la parola alla [[Camera dei Deputati|Camera]] contestando i risultati delle elezioni. Il [[10 giugno]] [[1924]] Matteotti venne rapito e ucciso.
 
Il [[3 gennaio]] [[1925]] alla Camera Mussolini recitò il famoso discorso in cui si assunse ogni responsabilità per i fatti avvenuti:
Il [[30 maggio]] [[1924]] il deputato [[socialismo|socialista]] [[Giacomo Matteotti]] prese la parola alla [[Camera dei Deputati|Camera]] contestando i risultati delle elezioni. Il [[10 giugno]] [[1924]] Matteotti venne rapito e ucciso.
 
L'opposizione rispose a questo avvenimento ritirandosi sull'[[Aventino]] ([[Secessione aventiniana]]), ma la posizione di Mussolini tenne fino a quando il [[16 agosto]] il corpo decomposto di Matteotti fu ritrovato nei pressi di [[Roma]]. Uomini quali [[Ivanoe Bonomi]], [[Antonio Salandra]] e [[Vittorio Emanuele Orlando]] esercitarono allora pressioni sul re affinché Mussolini fosse destituito ma [[Vittorio Emanuele III]] appellandosi allo [[Statuto Albertino]] replicò: ''«Io sono sordo e cieco. I miei occhi e i miei orecchi sono la Camera e il Senato»'' e quindi non intervenne.
 
Ciò che accadde esattamente la notte di [[San Silvestro]] del [[1924]] non sarà forse mai accertato. Il [[3 gennaio]] [[1925]] alla Camera Mussolini recitò il famoso discorso in cui si assunse ogni responsabilità per i fatti avvenuti:
{{quote|Dichiaro qui, al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non invece una passione superba della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il fascismo è stato un'associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere! Se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico e morale, ebbene a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l'ho creato con una propaganda che va dall'intervento ad oggi.}}
 
Con questo discorso Mussolini si era dichiarato [[Dittatura|dittatore]]. Nel biennio [[1925]]-[[1926]] vennero emanati una serie di provvedimenti liberticidi: vennerofurono sciolti tutti i partiti e le associazioni sindacali non fasciste, venne soppressa ogni libertà di stampa, di riunione o di parola, venne ripristinata la [[pena di morte]] e venne creato un ''Tribunale speciale'' con amplissimi poteri, in grado di mandare al confino con un semplice provvedimento amministrativo le persone sgradite al regime.
 
===LaPolitica crisi economicainterna===
Il fascismo in politica interna tentò di risolvere il problema della svalutazione della lira con misure quali la messa in commercio di pane con meno farina, l'aggiunta di [[Etanolo|alcool]] alla [[benzina]], l'aumento delle ore da 8 a 9 senza variazioni di salario, l'istituituzione, la riduzione dei prezzi dei giornali, dei biglietti e dei francobolli ecc.
[[Immagine:CoA of the Regia Aeronautica.svg|thumb|200px|left|Stemma di Stato durante il fascismo.]]Il primo grosso problema che la dittatura dovette affrontare fu la pesante svalutazione della lira. La ripresa produttiva successiva alla fine della [[prima guerra mondiale]] portò effetti negativi quali la carenza di materie prime dovuta alla forte richiesta e ad un'eccessiva produttività rapportata ai bisogni reali della popolazione. Nell'immediato, i primi segni della crisi furono un generale aumento dei prezzi, l'aumento della disoccupazione, una diminuzione dei salari e la mancanza di investimenti in Italia e nei prestiti allo stato.
 
L'[[11 febbraio]] [[1929]] furono firmati i [[Patti lateranensi]], che stabilirono il mutuo riconoscimento tra il [[Regno d'Italia]] e lo Stato della [[Città del Vaticano]]. Con la ratifica del concordato la religione cattolica divenne la religione di stato in Italia, fu istituito l'[[insegnamento della religione cattolica]] nelle scuole e fu riconosciuta la sovranità e l'indipendenza della [[Santa Sede]].
Per risolvere il problema, come in [[Germania]], venne deciso di stampare ulteriore moneta per riuscire a ripagare i debiti di guerra contratti con [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] e [[Gran Bretagna]]. Ovviamente questo non fece altro che aumentare il tasso di inflazione e far perdere credibilità alla [[Lira_italiana|lira]], che si svalutò pesantemente nei confronti di [[dollaro]] e [[Sterlina britannica|sterlina]].
 
Il fascismo tentò pure di rendere "pura" la lingua italiana italianizzando i prestiti linguistici: per esempio "film" diventa "filmo", "taxi" diventa tassì", "cognac" diventa "arzante"; vengono italianizzati pure i toponimi stranieri in Valle d'Aosta e in Trentino Alto-Adige. Inoltre poiché il lei è considerato straniero, viene imposto l'uso del voi.
Le mosse per contrastare la crisi non si fecero attendere: venne messo in commercio un tipo di pane con meno farina, venne aggiunto [[alcool]] alla [[benzina]], vennero aumentate le ore di lavoro da 8 a 9 senza variazioni di salario, venne istituita la tassa sul celibato, vennero aumentati tutti i possibili prelievi fiscali, venne vietata la costruzione di case di lusso, vennero aumentati i controlli tributari, vennero ridotti i prezzi dei giornali, bloccati gli affitti e ridotti i prezzi dei biglietti ferroviari e dei francobolli.
 
L'[[11 ottobre]] [[1935]] l'[[Italia]] venne sanzionata per l'invasione dell'[[Etiopia]]. Le [[Sanzioni economiche all'Italia fascista|sanzioni]] in vigore dal [[18 novembre]] consistono essenzialmente nell'embargo. In realtà fu soltanto la [[Gran Bretagna]] a osservare le regole imposte dalle sanzioni. In seguito all'embargo, la propaganda politica spinse affinché si consumassero solo prodotti italiani. Fu in pratica la nascita dell'[[autarchia]], secondo la quale ''tutto doveva essere prodotto e consumato all'interno dello stato''. Per esempio venne sostituito: la [[lana]] con il [[lanital]] (la lana di caseina), la [[benzina]] con il ''carburante nazionale'' (benzina con l'85% di alcool) mentre il caffè venne sostituito con il "caffè" d'orzo.
===La conciliazione con la Chiesa===
[[Immagine:Patti Lateranensi.jpg|thumb|200px|I partecipanti e firmatari dei Patti [[Patti lateranensi|lateranensi]]]] L'[[11 febbraio]] [[1929]] furono firmati i [[Patti lateranensi]], che stabilirono il mutuo riconoscimento tra il [[Regno d'Italia]] e lo Stato della [[Città del Vaticano]].
Il rapporto tra Stato e Chiesa era precedentemente disciplinato dalla così detta [[legge delle Guarentigie]] approvata unilateralmente dal [[Parlamento italiano]] il [[13 maggio]] [[1871]] dopo la [[presa di Roma]], questa legge non venne mai riconosciuta dai pontefici.
 
Le sanzioni all'Italia avvicinarono Mussolini a Hitler, il dittatore nazista tedesco. Ben presto i due dittatori strinsero un alleanza. Per far piacere a Hitler, Mussolini nel 1938 promulgò delle leggi razziali che privavarono di molti diritti civili e politici gli Ebrei (e tutte le altre "razze inferiori"): molti persero il lavoro solo perché Ebrei.
Tra fascismo e Chiesa ci fu sempre un rapporto ostico: Mussolini si era sempre dichiarato ateo ma sapeva benissimo che per governare in [[Italia]] non si poteva andare contro la Chiesa e i cattolici. La Chiesa dal canto suo, pur non vedendo di buon occhio il fascismo, lo preferiva di gran lunga all'ideologia comunista.
 
===Politica estera===
Alla soglia del potere Mussolini affermò ([[1921|giugno 1921]]) che «il fascismo non pratica l'anticlericalismo» e alla vigilia della [[marcia su Roma]] informò la Santa Sede che non avrebbe avuto nulla da temere da lui e dai suoi uomini.
{{Vedi anche|Africa Orientale Italiana}}[[File:Italian_empire_1940.PNG|300px|right|thumb|L'Impero coloniale italiano nel [[1940]], nel momento di massima espansione.]]
 
A partire dal [[1926]]-27 l'[[Albania]] entrò gradualmente nella sfera d'influenza dell'Italia ma solo nell'aprile del [[1939]] fu occupata militarmente da questo paese che le impose come sovrano [[Vittorio Emanuele III]].
Con la ratifica del concordato la religione cattolica divenne la religione di stato in Italia, fu istituito l'[[insegnamento della religione cattolica]] nelle scuole e fu riconosciuta la sovranità e l'indipendenza della [[Santa Sede]].
 
===Imprese propagandistiche===
[[Immagine:Italobalbo.jpg|thumb|left|200px|Italo Balbo]]All'inizio degli [[anni 1930|anni '30]] la dittatura si era ormai stabilizzata ed era fondata su radici solide. I bambini, così come tutto il resto della popolazione, erano inquadrati in organizzazioni di partito, ogni opposizione era stroncata sul nascere, la stampa era profondamente asservita al fascismo.
 
Fu in questo clima che vennero organizzate diverse imprese aeronautiche. Dopo le crociere di massa nel mediterraneo e la prima trasvolata dell'[[Oceano Atlantico|Atlantico meridionale]] (1931), nel [[1933]] il quadrumviro della [[marcia su Roma]], [[Italo Balbo]], organizzò la seconda e più famosa trasvolata dell'Atlantico settentrionale per commemorare il decennale dell'istituzione della [[Regia Aeronautica]] ([[28 marzo]] [[1923]]). A bordo di 25 [[idrovolante|idrovolanti]] [[SIAI-Marchetti S.55|SIAI-Marchetti S.55X]] dal [[1 luglio]] al [[12 agosto]] [[1933]] Balbo e i suoi uomini compirono la traversata fino a [[New York]] e ritorno attraversando tutte le maggiori nazione europee e buona parte degli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]]. Per l'epoca fu un'impresa epica che diede al giovane ferrarese una fama addirittura superiore a quella di Mussolini.
 
===Gli anni del consenso===
Nel [[1929]] l'autarchia entrò anche nel linguaggio. Furono infatti bandite tutte le parole straniere da ogni comunicazione scritta ed orale: ad esempio [[chiave inglese]] diventò ''chiave morsa'', [[Cognac (liquore)|cognac]] diventò ''arzente'', [[ferry-boat]] diventò ''treno-battello pontone''. Conseguentemente vennero rinominate tutte le città con nome [[Lingua francese|francofono]] dell'[[Italia nord-occidentale]] e con nome [[Lingua tedesca|tedescofono]] dell'[[Italia nord-orientale]]: secondo la [[toponomastica]] fascista, per fare un paio di esempi, [[Courmayeur]] diventò ''Cormaiore'' e [[Caldaro sulla strada del vino|Kaltern]] diventò ''Caldaro''. Inoltre si scoprì che anche l'uso del ''lei'' aveva origini straniere, perciò venne inaugurata una campagna per la sostituzione del ''lei'' con il ''voi'', capeggiata dal segretario del partito [[Achille Starace]].
 
L'[[11 ottobre]] [[1935]] l'[[Italia]] venne sanzionata per l'invasione dell'[[Etiopia]]. Le [[Sanzioni economiche all'Italia fascista|sanzioni]] in vigore dal [[18 novembre]] consistevano in:
*Embargo sulle armi e sulle munizioni
*Divieto di dare prestiti o aprire crediti in Italia
*Divieto di importare merci italiane
*Divieto di esportare in Italia merci o materie prime indispensabili all'industria bellica
Paradossalmente, nell'elenco delle merci sottoposte ad embargo mancano [[petrolio]] e i semilavorati.
 
In realtà fu soltanto la [[Gran Bretagna]] a osservare le regole imposte dalle sanzioni. La [[Germania]] hitleriana così come gli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] furono i primi due paesi a schierarsi apertamente verso l'Italia, garantendo la possibilità di acquistare qualunque bene. La [[Russia]] rifornì di [[nafta]] l'[[esercito italiano]] per tutta la durata del conflitto, ed anche la [[Polonia]] si dimostrò piuttosto aperta.
 
In questo periodo l'Italia tutta si strinse intorno a Mussolini. La [[Gran Bretagna]] venne etichettata col termine di ''perfida Albione'', e le altre potenze furono etichettate come nemiche perché impedivano all'Italia il raggiungimento di un ''posto al sole''. Ritornò in voga il patriottismo e la propaganda politica spinse affinché si consumassero solo prodotti italiani. Fu in pratica la nascita dell'[[autarchia]], secondo la quale ''tutto doveva essere prodotto e consumato all'interno dello stato''. Tutto ciò che non poteva essere prodotto per mancanza di materie prime venne sostituito: il tè con il [[carcadè]], il [[carbone]] con la [[lignite]], la [[lana]] con il [[lanital]] (la lana di caseina), la [[benzina]] con il ''carburante nazionale'' (benzina con l'85% di alcool) mentre il caffè venne abolito perché ''«fa male»'' e sostituito con il "caffè" d'orzo.
 
===La guerra civile in Spagna===
{{vedi anche|guerra civile spagnola}}
[[Immagine:Pipistrellobombing.jpg|thumb|200px|FIAT C.R.32 del XVI Gruppo Autonomo "cucaracha" scortano un S.M.81 in una missione di bombardamento.]]Il [[18 luglio]] [[1936]] scoppiò in [[Spagna]] la guerra civile fra le sinistre del Fronte Popolare, al potere dalle elezioni del [[1936]], e la [[Falange spagnola|Falange]], una forza ideologicamente paragonabile al fascismo che grazie all'appoggio della Chiesa cattolica spagnola, al contributo militare della Germania e dell'Italia portò il potere nelle mani di [[Francisco Franco]].
 
Allo scoppio delle ostilità oltre 60.000 volontari accorsero da 53 nazioni in aiuto dei repubblicani mentre Mussolini e [[Adolf Hitler|Hitler]] fornirono in via ufficiosa l'appoggio alla Falange. In questo contesto non di rado italiani combattenti nelle due parti si scontrarono in una vera e propria lotta fratricida. Gli italiani accorsi a combattere per la [[Seconda Repubblica Spagnola]] erano fra i più numerosi, per nazionalità superati solo da tedeschi e francesi.
 
===L'Italia si scopre ''francamente razzista''===
Il [[14 luglio]] [[1938]] il fascismo scrisse una delle pagine più vergognose della [[storia d'Italia]]: in quel giorno infatti fu pubblicato sui maggiori quotidiani nazionali il ''"[[Manifesto della razza]]"''. In questa sorta di ''tavola'' redatta da cinque cattedratici ([[Arturo Donaggio]], [[Franco Savorgnan]], [[Edoardo Zavattari]], [[Nicola Pende]] e [[Sabato Visco]]) e da cinque assistenti universitari ([[Leone Franci]], [[Lino Businco]], [[Lidio Cipriani]], [[Guido Landra]] e [[Marcello Ricci]]) venne fissata la ''«posizione del fascismo nei confronti dei problemi della razza»''.
 
I dieci imperativi categorici erano:
#Le razze umane esistono
#Esistono grandi razze e piccole razze
#Il concetto di razza è un concetto puramente biologico
#La popolazione dell'Italia attuale è nella maggioranza ariana e la sua civiltà è ariana
#È una leggenda l'apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici
#Esiste ormai una pura ''"razza italiana"''
#È tempo che gli italiani si proclamino ''francamente razzisti''
#È necessario fare una netta distinzione fra i Mediterranei d'Europa (Occidentali) da una parte e gli Orientali e gli Africani dall'altra
#Gli ebrei non appartengono alla razza italiana
#I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli Italiani non devono essere alterati in nessun modo
 
Con questo manifesto si dava il via a quel processo che portò alla promulgazione delle [[leggi razziali]].
 
===L'alleanza con la Germania Nazista===
Dal [[1938]] in [[Europa]] si iniziò a respirare aria di guerra: [[Adolf Hitler|Hitler]] aveva già annesso l'[[Austria]] e i [[Sudeti]] e con la successiva [[Conferenza di Monaco]] gli venne dato il lasciapassare per l'annessione di tutta la [[Cecoslovacchia]], mentre [[Benito Mussolini|Mussolini]] dopo l'[[Etiopia]] stava cercando nuove prede per non perdere il passo dell'alleato d'oltralpe.
 
La vittima designata venne trovata nell'[[Albania]]. In due soli giorni ([[7 aprile|7]]-[[8 aprile]] [[1939]]) con l'ausilio di 22.000 uomini e 140 carri armati [[Tirana]] fu conquistata.
 
Il [[22 maggio]] tra [[Germania]] e [[Italia]] venne firmato il [[Patto d'acciaio]]. Tale patto assumeva che la guerra fosse imminente, e legava l'Italia in una alleanza stretta con la Germania. Alcuni membri del governo italiano si opposero, e lo stesso [[Galeazzo Ciano]], firmatario per l'Italia, definì il patto una ''«vera e propria dinamite»''
 
==L'Impero==
{{Vedi anche|Africa Orientale Italiana}}[[Immagine:Italian_empire_1940.PNG|300px|right|thumb|L'Impero coloniale italiano nel [[1940]], nel momento di massima espansione.]]A partire dal [[1926]]-27 l'[[Albania]] entrò gradualmente nella sfera d'influenza dell'Italia ma solo nell'aprile del [[1939]] fu occupata militarmente da questo paese che le impose come sovrano [[Vittorio Emanuele III]].
 
Nel [[1928]], inoltre, gli italiani cominciarono a penetrare in [[Etiopia]], divenuta ormai il principale interesse del fascismo, e gli etiopi ad attaccare il territorio italiano in Eritrea. L'incidente più importante, però, avvenne a [[Incidente di Ual Ual|Ual Ual]], nel [[1934]], e Mussolini lo usò in seguito per giustificare la sua guerra contro lo stato etiopico.
 
Mussolini, quindi, nel gennaio [[1935]] prese accordi con il ministro degli esterni francese, [[Pierre Laval]] per assicurarsi un sostegno diplomatico contro l'Etiopia.<ref>Langer, William L. ed., ''An Encyclopaedia of World History''. Houghton Mifflin Company, Boston, 1948, p. 990.</ref> Pochi mesi più tardi la [[società delle nazioni]] riconobbe la buona fede di entrambi i Paesi, ma prima l'Etiopia, che presentò ricorso a marzo dello stesso anno, e l'Italia poi, con una dichiarazione del duce a [[Cagliari]] non erano soddisfatti.
 
Il [[2 ottobre]] del [[1935]], poi [[Benito Mussolini|Mussolini]] dichiarò guerra all'Etiopia ([[Guerra d'Etiopia]]) e il giorno successivo iniziarono le operazioni, con un doppio attacco italiano proveniente sia dalle basi eritree, sotto il comando di [[Emilio De Bono|De Bono]], che da quelle somale, sotto al guida di [[Rodolfo Graziani|Graziani]]. Contemporaneamente la Società delle Nazioni decise di sanzionare l'Italia per aver attaccato uno stato membro, con pesanti ripercussioni sull'economia italiana<ref>[http://www.tesionline.it/default/tesi.asp?idt=22063 Da “Tesi on-line]</ref>.
In poco tempo gli italiani avanzarono e sconfissero ripetutamente le truppe abissine. A novembre [[Pietro Badoglio]] sostituì De Bono e il [[7 maggio]] [[1936]] l'Etiopia venne sconfitta ed entrò a fare parte del Regno d'Italia, divenuto Impero. [[Vittorio Emanuele III]] assunse infatti il titolo di “Imperatore d'Etiopia”.
 
===La guerra d'Etiopia e la nascita dell'Impero ===
{{Vedi anche|Guerra d'Etiopia}}
Il [[fascismo]] cercò innanzitutto di presentarsi in maniera diversa nei confronti dell'[[Etiopia]] cercando di attuare un trattato di amicizia con l'amministrazione del reggente [[Haile Selassie]]. Tale accordo si concretizzò nel [[1928]]. In questa fase la colonia eritrea, sotto l'amministrazione del Governatore [[Jacopo Gasparini]] cercò di ottenere un protettorato sullo [[Yemen]] e creare una base per un impero coloniale sulla penisola araba, ma [[Benito Mussolini|Mussolini]] non volle inimicarsi la [[Gran Bretagna]] e fermò il progetto.
 
A seguito della completa conquista della Libia, avvenuta alla fine degli [[anni 1920|anni '20]], [[Benito Mussolini|Mussolini]] manifestò l'intenzione di dare un Impero all'Italia e l'unico territorio rimasto ''libero'' da ingerenze straniere era l'[[Abissinia]], nonostante fosse membro della [[Società delle Nazioni]]. Il progetto d'invasione iniziò all'indomani della conclusione degli accordi sul trattato di amicizia e si concluse con l'ingresso dell'esercito italiano ad Addis Abeba il [[5 maggio]] [[1936]]. Quattro giorni dopo venne proclamata la nascita dell'Impero italiano e l'incoronazione di [[Vittorio Emanuele III]] come Imperatore d'Etiopia (con il titolo di ''[[Qesar]]'', anziché quello di [[Negus Neghesti]]).
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Con la conquista di gran parte dell'Etiopia si procedette ad una ristrutturazione delle colonie del [[Corno d'Africa]]. [[Somalia]], [[Eritrea]] ed [[Abissinia]] vennero riunite nel vicereame dell'[[Africa Orientale Italiana]] (AOI). Il progetto coloniale terminò con l'occupazione britannica dei territori soggetti al dominio italiano nel [[1941]].
 
[[File:Benito Mussolini and Adolf Hitler.jpg|thumb|left|[[Benito Mussolini]] con [[Adolf Hitler]]]]
===Le colonie durante il fascismo ===
[[Immagine:Victor Emmanuel III of Italy.jpg|thumb|left|200 px|[[Vittorio Emanuele III di Savoia|Vittorio Emanuele III]], Re d'Italia dal 1900 al 1946 ed Imperatore d'Etiopia dal 1936 al 1943]]Durante il [[fascismo]] l'[[Eritrea]] fu oggetto di un ambizioso progetto di modernizzazione, voluto dal Governatore [[Jacopo Gasparini]], che cercò di tramutarla in un importante centro per la commercializzazione dei prodotti e materie prime. La colonia [[Eritrea]] venne inglobata nell'[[Africa Orientale Italiana]] nel [[1936]], diventando uno dei sei governi in cui era diviso il vicereame. Nel [[1941]] la colonia venne occupata, insieme al resto dell'[[Africa Orientale Italiana]], dalle truppe britanniche. All'inizio della seconda guerra mondiale, nel maggio [[1940]] le truppe italiane occuparono la Somalia britannica ([[Somaliland]]), che fu amministrativamente incorporata nella Somalia italiana. Nei primi mesi del [[1941]] le truppe inglesi occuparono tutta la Somalia italiana e riconquistarono anche il [[Somaliland]]. Dopo l'invasione da parte delle truppe alleate nella [[seconda guerra mondiale]] la [[Somalia Italiana]] fu consegnata all'[[Italia]] in amministrazione fiduciaria decennale nel [[1950]].
Nel [[1934]], Tripolitania e Cirenaica vennero riunite per formare la colonia di ''Libia'', nome utilizzato 1.500 anni prima da [[Diocleziano]] per indicare quei territori. L'Italia perse il controllo sulla Libia, quando le forze italo-tedesche si [[Campagna di Tunisia|ritirarono in Tunisia]] nel [[1943]]. Dopo la fine della guerra, la Libia venne provvisoriamente amministrata dalla [[Gran Bretagna]] fino al conseguimento definitivo dell'indipendenza nel [[1951]]. Negli [[anni 1920|anni Venti]] e [[anni 1930|Trenta]] l'amministrazione del [[dodecaneso]] da un lato portò degli ammodernamenti, come la costruzione di ospedali e acquedotti, ma si distinse anche per il tentativo di italianizzare con diversi provvedimenti le dodici isole, i cui abitanti erano a maggioranza di [[lingua greca]], con la presenza di una minoranza [[Lingua turca|turca]] ed [[lingua ebraica|ebraica]]. Nel settembre [[1943]] dopo l'[[Armistizio di Cassibile]], i soldati del [[Terzo Reich]] occuparono le isole. L'[[8 maggio]] del [[1945]] le forze britanniche presero possesso dell'isola di Rodi e tramutarono il Dodecaneso in un protettorato. Con il [[Trattato di Parigi (1947)]], gli accordi fra Grecia e Italia stabilirono il possesso formale delle isole da parte dello stato greco, che assunse pieno controllo amministrativo solamente nel [[1948]].
Durante il regime fascista furono ampliati i possedimenti coloniali. Oltre a [[Eritrea]], [[Somalia]], [[Libia]], [[dodecaneso]] e la [[Concessione italiana di Tientsin|concessione di Tientsin]], entrarono nella sfera d'influenza italiana la già citata [[Etiopia]], l'[[Albania]].
 
== L'Italia nella Seconda Guerra Mondiale (1940-1945)==
===Alleata con la Germania nazista (1940-1943)===
{{Vedi anche|Seconda guerra mondiale|Storia militare dell'Italia durante la seconda guerra mondiale}}
[[Immagine:AirRaidSomaliland.png|thumb|left|200px|Mezzi motorizzati inglesi distrutti da un attacco aereo italiano nel [[Somaliland]]]]
Nel [[1940]] l'Italia fu alleata con la [[Germania nazista]] nella [[Seconda Guerra Mondiale]] contro [[Francia]] e [[Regno Unito]], dichiarando nel [[1941]] guerra alla [[Unione Sovietica]] e con l'[[Impero giapponese]] agli [[Stati Uniti d'America]]. Mussolini credeva infatti in una guerra lampo a favore della [[Germania]] di [[Adolf Hitler|Hitler]] da cui poter trarre vantaggi come alleato. Il [[10 giugno]] [[1940]] l'[[Italia]] entrò quindi in guerra. I primi scontri ebbero luogo il [[21 giugno]] sulle [[Alpi]], contro la [[Francia]], ormai annientata dai tedeschi, che portò allo stato fascista italiano la sola conquista di una piccola striscia nel sud del Paese, riportando i confini a prima del [[1850]], con l'esclusione di [[Nizza]]. Il [[3 agosto]] venne attaccata la [[Somalia britannica]], che venne conquistata il [[19 agosto]]. Nello stesso momento lo stato maggiore fascista concentrò le sue mire espansionistiche in [[Grecia]]. Pensando di non trovare alcuna resistenza le truppe italiane avanzarono, ma tra novembre e dicembre i greci, aiutati anche dagli inglesi, passarono all'azione e costrinsero gli italiani a ritirarsi in [[Albania]]. Intanto la situazione peggiorò anche in [[Africa]]. Infatti nel dicembre 1940 gli inglesi iniziarono un'offensiva in Nord Africa, sconfiggendo le truppe italiane e riprendendosi [[Sidi el Barrani]] e la [[Baia di Sollum]].
 
Nel febbraio [[1941]] gli inglesi sconfissero nuovamente gli italiani, in [[Egitto]] penetrando anche in [[Libia]] nella regione della [[Cirenaica]]. Contemporaneamente si registrarono i primi insuccessi anche nelle colonie del corno d'Africa.
Nel marzo ripresero poi le operazioni in [[Grecia]], ma nonostante gli sforzi fatti da Cavallero, l'esercito italiano venne nuovamente sconfitto e questo fatto causò la fine della ''Guerra parallela'', così chiamata da [[Benito Mussolini|Mussolini]].<ref>{{cite book | last = | first = | title = La seconda guerra mondiale e il dopoguerra| publisher = La biblioteca di Repubblica|date=2004| pages = p.147| isbn =}}</ref>
Nell'aprile, quindi gli sforzi militari italiani si diressero verso la [[Jugoslavia]] al fine di anticipare i nazisti, senza ottenere grandi risultati. L'[[11 aprile]] i tedeschi si impossessarono dell'area balcanica, concedendo allo stato fascista di mettere nominalmente a capo dello stato croato un rappresentante di [[casa Savoia]]. L'influenza italiana si limitò solamente alle zone costiere e, in base ad accordi con il capo del governo croato [[Ante Pavelic]], l'Italia avrebbe avuto per 25 anni il dominio del litorale della [[Croazia]].<ref>{{cite book | last = | first = | title = La seconda guerra mondiale e il dopoguerra| publisher = La biblioteca di Repubblica|date=2004| pages = p.147| isbn =}}</ref>
 
L'intervento tedesco nei [[Balcani]] fece rinviare la campagna in [[Russia]], in quanto i nazisti avevano interesse a proteggere dagli inglesi gli stati satelliti. Nel giugno [[1941]], comunque venne intrapresa la campagna militare, con l'[[Operazione Barbarossa]]. Il governo italiano decise un'ampia partecipazione delle proprie truppe, temendo di avere un ruolo sempre più marginale nella guerra, mandando in azione il [[CSIR]] al comando del generale [[Giovanni Messe]]. In Russia il CSIR vinse alcune battaglie, ma, a partire da ottobre, l'inverno causò vari problemi ai soldati italiani, non muniti di sufficienti protezioni contro il freddo.
 
[[Immagine:Granatieri Roma.jpg|thumb|left|200px|I granatieri difendono [[Roma]] il [[9 settembre]] del [[1943]]]]
Nel [[1942]] le operazioni italiane si concentrarono in [[Unione Sovietica]] e [[Africa]]. In entrambi i fronti, grazie alle truppe tedesche si ebbero frequenti successi: in Russia si conquistarono vasti territori e si arrivò a controllare durante l'estate anche [[Stalingrado]], mentre nel nord Africa Rommel si spinse in [[Egitto]], conquistò varie città, più importante delle quali [[Tobruch]], facendo prigionieri molti inglesi, ma a causa degli attacchi dell'aviazione anglo-americana e dei rinforzi sempre meno frequenti si arrivò ad una sconfitta nella battaglia di [[Seconda_battaglia_di_El_Alamein|El Alamein]], che segnò la fine delle speranze dell'Asse di conquistare l'Egitto ed i campi petroliferi del [[Medio Oriente]]. A seguito di questa sconfitta cominciò la ritirata e gli italiani, non muniti di mezzi veloci vennero sconfitti dagli inglesi, con le divisioni [[Divisione Ariete|Ariete]] e [[Divisione Littorio|Littorio]] che vennero quasi completamente annientate dalla controffensiva.
 
La situazione peggiorò poi anche in [[Russia]] con l'avvicinarsi dell'inverno, infatti Mussolini non si era curato di rafforzare l'equipaggiamento delle truppe italiane appartenenti all'[[ARMIR]],<ref>{{cite book | last = | first = | title = La seconda guerra mondiale e il dopoguerra| publisher = La biblioteca di Repubblica|date=2004| pages = p.194| isbn =}}</ref> ex [[CSIR]]. Già nell'estate vi erano state pesanti decimazioni nell'esercito italiano e nel dicembre [[1942]] cominciano le prime pesanti sconfitte, seguite dalla ritirata.
 
Dal [[1938]] in [[Europa]] si iniziò a respirare aria di [[guerra]]: [[Adolf Hitler|Hitler]] aveva già annesso l'[[Austria]] e i [[Sudeti]] e con la successiva [[Conferenza di Monaco]] gli venne dato il lasciapassare per l'annessione di tutta la [[Cecoslovacchia]] mentre [[Benito Mussolini|Mussolini]], dopo l'[[Etiopia]], stava cercando nuovi obiettivi per non perdere il passo dell'alleato tedesco. La vittima designata venne trovata nell'[[Albania]]. In due soli giorni ([[7 aprile|7]]-[[8 aprile]] [[1939]]), con l'ausilio di 22.000 uomini e 140 carri armati, [[Tirana]] fu conquistata.
{{vedi anche|Repubblica Sociale Italiana}}
[[Immagine:SC180476.jpg|thumb|right|200px|Lo sbarco americano a [[Gela]] nel contesto dell'[[Operazione Husky]]]]
[[Image:Bundesarchiv Bild 101I-468-1419-26A, Zwei Frauen transportieren Krüge auf dem Kopf.jpg|thumb|right|250px|[[1943]]: due donne, nell'[[Italia meridionale]], che trasportano brocche d'acqua sulla testa]]
Le sconfitte sia sul fronte africano che su quello russo causarono in [[Italia]] vari [[scioperi]] e un calo di consensi nei confronti del fascismo e di Mussolini. Intanto, in [[Africa]], proseguì la resistenza delle truppe italiane, mentre in [[Russia]] procedeva la ritirata. A maggio venne presa [[Tunisi]], ultimo baluardo dell'esercito regio italiano e poche settimane più tardi anche le isole di [[Lampedusa]] e [[Pantelleria]], dando inizio all'[[Operazione Husky]].
 
Il [[22 maggio]] 1939 venne firmato il [[Patto d'acciaio]] tra [[Germania nazista|Germania]] e Italia.
Le difficoltà militari colpirono anche [[Benito Mussolini|Mussolini]]. Il [[24 luglio]] si riunì il [[Gran Consiglio del Fascismo]] e il mattino seguente il duce venne sfiduciato. [[Vittorio Emanuele III]] decise quindi di sostituirlo a capo del governo con [[Pietro Badoglio]]. Proprio mentre si trovava a colloquio con il re, Mussolini venne arrestato: il monarca aveva fatto circondare l'edificio dai carabinieri, e il duce viene portato a [[Ponza]], in carcere. Successivamente fu trasferito a [[La Maddalena]] e sul [[Gran Sasso]]. Intanto il nuovo capo del governo Badoglio annunciò il continuo della guerra a fianco dei tedeschi, ma contemporaneamente stava trattando l'[[armistizio]] con gli [[Alleati]], che venne firmato il [[3 settembre]] e reso pubblico l'[[8 settembre|8]].
 
==La seconda guerra mondiale==
Il giorno successivo [[Fuga del re Vittorio Emanuele III|il re e Badoglio fuggirono da Roma]], andando in [[Puglia]], sotto la protezione di inglesi e americani. Sempre in questi giorni le truppe italiane, che non avevano ordini precisi (e nella coscienza popolare l'8 settembre viene ricordato come il giorno del "Tutti a casa"), vennero catturate dai soldati tedeschi e molti componenti dell'esercito finirono prigionieri. Il [[12 settembre]] un reparto speciale tedesco liberò Mussolini, che venne incaricato di formare un nuovo regno nel nord Italia. Il Paese si trovò così diviso in due: il [[Regno del Sud]] a fianco degli alleati contro la [[Germania]] e la [[Repubblica Sociale Italiana]], formata dai reduci fascisti. Di fatto, erano entrambi due stati-fantoccio, rispettivamente degli anglo-americani e dei tedeschi. In questo quadro drammatico, nacquero però le prime formazioni partigiane, che soprattutto nel centro-nord diedero vita al primo nucleo dell'Italia libera; tutte le formazioni si schierarono contro i fascisti, responsabili della guerra, ma non tutte contro la monarchia. Gli stessi partigiani si divisero, dando inizio così alla guerra civile italiana.
{{vedi anche|Seconda guerra mondiale}}
===Alleata con la Germania (1940-1943)===
Il [[10 giugno]] [[1940]] l'Italia entrò nella [[Seconda Guerra Mondiale]] come alleata della Germania contro [[Francia]] e [[Regno Unito]]. Nel [[1941]] fu dichiarata guerra all'[[Unione Sovietica]] e con l'[[Impero giapponese]] agli [[Stati Uniti d'America]]. Mussolini, confortato dagli schiaccianti successi della Germania di [[Adolf Hitler|Hitler]], credeva in una guerra lampo risolta in breve tempo a favore dell'alleato tedesco, assieme al quale avrebbe potuto sedere al tavolo dei vincitori.
 
In realtà le difficoltà oggettive delle truppe italiane e le ingenti forze a disposizione dell'[[Alleati della seconda guerra mondiale|alleanza nemica]], portarono non poche sconfitte all'esercito regio. I primi scontri ebbero luogo il [[21 giugno]] sulle [[Alpi]], contro la [[Francia]], ormai attacata dai tedeschi con la tattica del [[blitzkrieg]], che portò allo stato fascista italiano la sola conquista di una piccola striscia nel sud del Paese, riportando i confini a prima del [[1850]], con l'esclusione di [[Nizza]]. Nello stesso momento lo stato maggiore fascista concentrò le sue mire espansionistiche in [[Grecia]]. Pensando di non trovare alcuna resistenza le truppe italiane avanzarono in territorio greco, ma tra novembre e dicembre i Greci, aiutati anche dagli inglesi, passarono all'azione e costrinsero gli italiani a ritirarsi in [[Albania]]. L'insuccesso in Grecia causò la fine della ''Guerra parallela'', così chiamata da [[Benito Mussolini|Mussolini]].<ref name="ReferenceA">{{Cita libro|cognome= |nome= |titolo= La seconda guerra mondiale e il dopoguerra|editore= La biblioteca di Repubblica|data=2004|pp= p.147}}</ref>
{{vedi anche|Brigata partigiana}}
I partigiani della [[resistenza italiana]] si divisero in tre grandi gruppi:
* i partigiani azzurri
* i partigiani rossi
* i partigiani verdi
Gli altri gruppi minori furono le [[Brigate bianche]] e le [[Brigate Matteotti]].
 
Contemporaneamente si registrarono i primi insuccessi anche nelle colonie del corno d'Africa, culminati il [[20 maggio]] con la resa del [[Amedeo di Savoia-Aosta (1898-1942)|Duca d'Aosta]] dopo la [[Seconda battaglia dell'Amba Alagi|battaglia sull'Amba Alagi]]. In questa occasione all'[[Regio Esercito|esercito italiano]] fu reso l'[[onore delle armi]] da parte dei britannici. L'[[11 aprile]] i tedeschi si impossessarono dell'area balcanica, concedendo allo stato fascista di mettere nominalmente a capo dello stato croato un rappresentante di [[casa Savoia]]. L'influenza italiana si limitò solamente alle zone costiere e, in base ad accordi con il capo del governo croato [[Ante Pavelic]], l'Italia avrebbe avuto per 25 anni il dominio del litorale della [[Croazia]].<ref name="ReferenceA"/>
Tutte le formazioni partigiane riconobbero, nella diversità dei loro ideali (da ex-ufficiali a comunisti, da cattolici a monarchici), l'obiettivo comune di cacciare dalla Penisola Mussolini ed il fascismo, considerati i responsabili del disastro che aveva colpito la nazione.
 
Nel [[1942]] le operazioni italiane si concentrarono in [[Unione Sovietica]] e [[Africa]]. In entrambi i fronti, grazie alle truppe tedesche si ebbero frequenti successi: in Russia si conquistarono vasti territori e si arrivò a controllare durante l'estate anche [[Stalingrado]], mentre nel nord Africa Rommel si spinse in [[Egitto]], conquistando varie città, ma a causa degli attacchi dell'aviazione anglo-americana e dei rinforzi sempre meno frequenti si arrivò ad una sconfitta nella battaglia di [[Seconda battaglia di El Alamein|El Alamein]], che segnò la fine delle speranze dell'Asse di conquistare l'Egitto ed i campi petroliferi del [[Medio Oriente]].
===La Resistenza ===
{{vedi anche|Resistenza Italiana}}
 
La situazione peggiorò poi anche in [[Russia]] con l'avvicinarsi dell'inverno, infatti Mussolini non si era curato di rafforzare l'equipaggiamento delle truppe italiane appartenenti all'[[ARMIR]],<ref>{{Cita libro|cognome= |nome= |titolo= La seconda guerra mondiale e il dopoguerra|editore= La biblioteca di Repubblica|data=2004|pp= p.194}}</ref> ex [[CSIR]]. Già nell'estate vi erano state pesanti decimazioni nell'esercito italiano e nel dicembre [[1942]] cominciano le prime pesanti sconfitte, seguite dalla ritirata. Le sconfitte sia sul fronte africano che su quello russo causarono in [[Italia]] vari [[scioperi]] e un calo di consensi nei confronti del fascismo e di Mussolini. Intanto, in [[Africa]], proseguì la resistenza delle truppe italiane, mentre in [[Russia]] procedeva la ritirata.
Con un paese troncato in due, occupato da diversi eserciti impegnati in una lotta all'ultimo sangue, gli [[Italia|italiani]] si ritrovarono in una posizione decisamente difficile.
A maggio venne presa [[Tunisi]], ultimo baluardo dell'esercito regio italiano e poche settimane più tardi anche le isole di [[Lampedusa]] e [[Pantelleria]], dando inizio all'[[Operazione Husky]].
 
===La caduta del fascismo, la Repubblica di Salò e la resistenza (1943-1945)===
Nel [[Italia meridionale|Sud]], la situazione era leggermente migliore perché gli anglo-americani lasciarono un minimo di libertà alle popolazioni, seppur litigando continuamente sulle azioni da intraprendere nei confronti del paese a guerra finita.
{{vedi anche|Resistenza Italiana|Repubblica Sociale Italiana}}
Le difficoltà militari colpirono anche [[Benito Mussolini|Mussolini]]. Il [[24 luglio]] [[1943]] si riunì il [[Gran Consiglio del Fascismo]] e il mattino seguente il duce venne sfiduciato. [[Vittorio Emanuele III]] decise quindi di sostituirlo a capo del governo con [[Pietro Badoglio]]. Proprio mentre si trovava a colloquio con il re, Mussolini venne arrestato. Intanto il nuovo capo del governo Badoglio annunciò il continuo della guerra a fianco dei tedeschi, ma contemporaneamente stava trattando l'[[armistizio]] con gli [[Alleati]], che venne firmato il [[3 settembre]] e reso pubblico l'[[8 settembre|8]].
 
Il giorno successivo [[Fuga del re Vittorio Emanuele III|il re e Badoglio fuggirono da Roma]], andando in [[Puglia]], sotto la protezione di inglesi e americani. Sempre in questi giorni le truppe italiane, che non avevano ordini precisi (e nella coscienza popolare l'8 settembre viene ricordato come il giorno del "Tutti a casa"), vennero catturate dai soldati tedeschi e molti componenti dell'esercito finirono prigionieri. Il [[12 settembre]] un reparto speciale tedesco liberò Mussolini, che venne incaricato di formare un nuovo regno nel nord Italia.
Al Nord, la situazione era difficile ed ingarbugliata: da un lato c'era uno stato fantoccio della [[Germania nazista]] (la [[Repubblica Sociale Italiana]]), che di libertà non ne lasciava neppure a [[Benito Mussolini|Mussolini]], dall'altro i partigiani, che al di là delle ideologie, lottano per l'obbiettivo comune che era la fine del fascismo prima e della guerra poi. Ma quando questi si trovarono a combattere contro altri italiani, mandati da [[Benito Mussolini|Mussolini]] a fianco dei tedeschi per frenare l'avanzata alleata, nacque una vera e propria guerra civile che ha avuto forti strascichi anche molti anni dopo la fine della guerra.
 
Il Paese si trovò così diviso in due: il [[Regno del Sud]] a fianco degli alleati contro la [[Germania]] e la [[Repubblica Sociale Italiana]], formata dai reduci fascisti. Di fatto, erano entrambi due stati-fantoccio, rispettivamente degli anglo-americani e dei tedeschi. In questo quadro drammatico, nacquero però le prime [[partigiani|formazioni partigiane]], che soprattutto nel centro-nord diedero vita al primo nucleo dell'Italia libera.
Sicuramente, è indubbio che chi combatté nelle file della [[Repubblica Sociale Italiana]] era dalla parte dei nazisti, ma bisogna ricordare che, di quei giovani, molti non avevano semplicemente "aderito" al [[fascismo]] ma vi erano "nati" dentro. Non avevano mai conosciuto altro regime che quello fascista, e si trovarono, così, plasmati dalla [[Fascismo|propaganda nera]], e dunque senza scelta. È in quest'ottica che si parla di "Guerra Civile".
 
[[ImmagineFile:Umberto4.jpg|thumb|right|[[Umberto II di Savoia|Umberto di Savoia]], "Luogotenente del Regno" dal [[5 giugno]] [[1944]]. Fu Re d'Italia dal [[9 maggio]] [[1946]] al [[13 giugno]] dello stesso anno]]
Il [[22 gennaio]] [[1944]] gli anglo-americani sbarcarono nell'[[Italia centrale]], nella zona compresa tra [[Anzio]] e [[Nettuno (Italia)|Nettuno]]. L'attacco, comandato dal [[Maggior generale|Maggiore Generale]] [[John P. Lucas]], aveva lo scopo di aggirare le forze tedesche attestate sulla [[Linea Gustav]] e di liberare [[Roma]]. La lunga battaglia che ne derivò è comunemente conosciuta come “battaglia di Anzio”. Il [[24 marzo]] i nazisti compirono l'[[eccidio delle Fosse Ardeatine]]. Fu un massacro, eseguito a [[Roma]] ai danni di 335 civili italiani, come atto di rappresaglia per un attacco eseguito da [[Resistenza italiana|partigiani]] contro le truppe germaniche ed avvenuto il giorno prima in [[via Rasella]]. Per la sua efferatezza, l'alto numero di vittime, e per le tragiche circostanze che portarono al suo compimento, è diventato l'evento simbolo della rappresaglia nazista durante il periodo dell'occupazione. Le "[[Fosse Ardeatine]]", antiche cave di [[pozzolana]] site nei pressi della [[via Ardeatina]], sono diventate un monumento a ricordo dei fatti e sono oggi visitabili.
 
Nel [[maggio]] [[1944]] si accresce la sottomissione della [[Repubblica Sociale Italiana]] nei confronti della [[Germania nazista]]. Il [[Trentino-Alto Adige]], la [[provincia di Belluno]] e [[Tarvisio]] sono annesse al [[Terzo Reich]]. Il [[5 giugno]] [[1944]], il giorno dopo la [[liberazione di Roma]], [[Vittorio Emanuele III di Savoia|Vittorio Emanuele III]] nomina il figlio ''Luogotenente Generale del Regno'' in base agli accordi tra le varie forze politiche che formano il [[Comitato di Liberazione Nazionale]], che prevedono di «congelare» la questione istituzionale fino al termine del conflitto. Umberto, dunque, esercita di fatto le prerogative del sovrano senza tuttavia possedere la dignità di re, che rimane a Vittorio Emanuele III, rimasto in disparte a [[Salerno]].
 
Grazie agli approvvigionamenti ottenuti nell'inverno tra il [[1944]] ed il [[1945]] in primavera gli alleati poterono lanciare l'offensiva contro l'esercito tedesco sfondando in più punti la [[linea gotica]] portando gli alleati alla liberazione il [[21 aprile]] [[1945]] di [[Bologna]]. L'arrivo degli alleati a [[Milano]] fu anticipato dalla insurrezione partigiana proclamata dal [[CNLCLN]] il [[25 aprile]], questa data sarà poi scelta come festività nazionale per ricordare la [[Resistenza italiana|liberazione]]. Le truppe nazi-fasciste capitolarono il [[29 aprile]] [[1945]], ed il [[2 maggio]] il comando tedesco firmò a [[Caserta]] la resa delle sue truppe in [[Italia]] e per procura anche la resa formale dei reparti della [[Rapubblica Sociale Italiana|RSI]].
 
=== Epilogo del conflitto e costo della guerra===
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Dalla fine della guerra fino agli [[Anni 1950|anni '50]] avvenne anche l'[[esodo istriano]] durante il quale circa gran parte della popolazione di [[lingua italiana]] (in quantità stimata tra un minimo 200.000 e un massimo 350.000 persone,
<ref>A tutt'oggi non vi è accordo fra gli storici su una più accurata valutazione del numero di profughi [http://www.adesonline.com/recensionelibroermannomattioli.htm Sintesi di un testo di Ermanno Mattioli] e [http://www.istoreto.it/pubblicazioni/studi_documenti/marenegliocchi.htm Sintesi di un testo dello storico Enrico Miletto]</ref>) abbandono' i territori [[Istria|istrianiistria]]ni e [[dalmazia|dalmati]], occupati dagli [[Jugoslavia|jugoslavi]], rifugiandosi come profughi in [[Italia]].
 
== L'Italia repubblicana ==
{{vedi anche|Nascita della Repubblica Italiana|Italia repubblicana|Prima Repubblica (Italia)}}
Dopo la fine della guerra in Italia lo scontento popolare, soprattutto nell'Italia settentrionale, nei confronti della [[monarchia]] era elevatissimo. Il [[2 giugno]] del [[1946]] un [[referendum]] istituzionale sancì la fine della [[monarchia]] e la nascita della [[Repubblica (forma statuale)|Repubblica]] [[Repubblica Italiana|Italiana]]; in contemporanea vennero eletti i delegati all'Assemblea Costituente. Per la prima volta in Italia, per questa occasione, anche la donne ebbero il [[Diritto di voto#In Italia|diritto al voto]]. Il [[1º luglio]] Enrico de Nicola viene nominato il primo [[Presidente della Repubblica Italiana]].
Il primo [[Presidente del Consiglio dei Ministri]] fu [[Alcide De Gasperi]], della [[Democrazia cristiana]] e, salvo poche eccezioni, dal [[1946]] al [[1993]] la [[Presidenza del Consiglio]] fu [[Democrazia Cristiana|democristiana]].
La nuova [[Costituzione della Repubblica Italiana|costituzione repubblicana]] entrò in vigore il [[1º gennaio]] [[1948]].
 
In questi anni si tentò di riparare i danni provocati prima dal [[fascismo]] e poi dalla guerra. L'Italia diventò un grande cantiere, anche grazie agli aiuti del [[Piano Marshall]]. Iniziava quello che fu chiamato il "miracolo economico". Il [[Prodotto interno lordo]] crebbe del 6.3%, un record nella storia del paese. Il [[reddito pro-capite]] passò da 350.000 a 571.000 lire. Tra il [[1958]] e il [[1959]] gli investimenti lordi crebbero del 10% e tra il [[1961]] e il [[1962]] l'incremento fu del 13%. Questi numeri ridussero sensibilmente il divario storico con i grandi Paesi europei: [[Inghilterra]], [[Germania]] e [[Francia]].
 
La crescita del reddito pro capite produsse l'aumento dei consumi individuali che registrarono una crescita media di cinque punti percentuali l'anno. La domanda di beni durevoli (automobili, elettrodomestici, ecc. ) raggiunse una crescita annua pari al 10.4%.
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L'industria registrò una crescita pari all'84% tra il [[1953]] e il 1961.
L'elevata disponibilità di [[manodopera]] era dovuta ad un forte flusso di migrazione dalle campagne alle città e dal sud verso il nord.
 
Questo notevole sviluppo fu possibile anche grazie all'intervento dello Stato nell'[[economia]] che intervenne con [[politica economica|politiche economiche]] di stampo [[John Maynard Keynes|Keynesiano]] soprattutto attraverso l'aumento della spesa pubblica e la creazione di società a partecipazione statale.
 
Infine, contribuì alla crescita dell'Italia un fattore esterno, cioè, la creazione del [[Mercato Europeo Comune|Mercato comune europeo (MEC)]], preceduta dalla creazione, nel 1951, della [[Comunità europea del carbone e dell'acciaio]] e la creazione della [[CEE]] nel 1957, a cui l'Italia aderì immediatamente. Con la creazione del MEC vi fu l'apertura delle frontiere europeee ai commerci, col conseguente aumento delle esportazioni e degli scambi commerciali europei.
 
[[File:falcone_borsellino.jpg|thumb|L'immagine più nota dei due giudici, Falcone e Borsellino]]
Il [[1968]] vide l'Italia trasformarsi radicalmente sul piano sociale, in seguito alle migliorate condizioni di vita dovute al [[boom economico]] degli anni precedenti ed al sorgere di movimenti radicali, soprattutto [[Comunismo|comunisti]], di giovani e operai, che portarono profonde modifiche al costume, alla mentalità generale e particolarmente alla scuola.
 
Negli [[anni 1970|anni '70]] alcuni dei numerosi movimenti politici, sorti negli anni precedenti, si estremizzarono e degenerarono nel [[terrorismo]] ''rosso'' (le [[Brigate Rosse]]), accompagnato da quello ''nero'' (i gruppi [[Neofascismo|neofascisti]] come i ''[[Nuclei Armati Rivoluzionari|NAR]]'') caratterizzando quelli che furono chiamati gli [[anni di piombo]].
 
Con gli [[anni 1980|anni '80]] iniziano quelli che [[Indro Montanelli]] chiamerà ''[[anni di fango]]''. La [[Strage di Bologna|strage di impronta fascista]] alla [[Stazione di Bologna]] e lo scandalo della [[P2|loggia massonica P2]] causarono un lento declino del potere dei sindacati e della partecipazione politica, crebbe inoltre la disaffezione per i partiti.
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Nel [[1992]] le indagini di [[Mani pulite]] sul fenomeno dilagante delle [[tangenti]] (lo scandalo venne chiamato "[[Tangentopoli]]"), portarono al coinvolgimento di numerosi esponenti nazionali e locali di tutto il [[pentapartito]] che, alle elezioni amministrative del [[1994]], fu duramente punito dall'indignazione degli elettori. Lo scandalo decretò la fine dei tradizionali partiti di governo.
 
Dagli anni del [[secondo dopoguerra]] fino ad oggi, [[Cosa nostra]], la più potente [[organizzazione criminale]] presente in [[Sicilia]] e in Italia, ha esteso il suo potere negli ambienti della [[finanza]] e della politica italiana, arrivando addirittura a corrompere uomini politici e banchieri. Tra gli [[Anni 1980|anni '80]] e gli [[Anni 1990|anni '90]], i giudici [[Sicilia|sicilianisicilia]]ni [[Giovanni Falcone]] e [[Paolo Borsellino]], vittime essi stesse per la causa, aiutati da valenti uomini della polizia, sono riusciti a fare arrestare i maggiori membri di [[Cosa nostra]].
 
Nel caos politico derivato dalla disintegrazione dell'ordine precedente emergeva un nuovo partito costituito dall'imprenditore [[Silvio Berlusconi]], [[Forza Italia]], che si poneva come alternativa al vecchio sistema pur inglobando alcuni dei suoi protagonisti. In questa fase, definita "[[Seconda Repubblica (Italia)|Seconda Repubblica]]", si consolida il principio del [[bipolarismo]] e l'alternanza fra i governi dei due schieramenti di [[centrosinistra]] e [[centrodestra]]: dal [[1996]] al [[2001]] i governi del[[l'Ulivo]], dal [[2001]] al [[2006]] quelli della [[Casa delle Libertà]], dal [[2006]] quello del[[l'Unione]], una nuova coalizione dei partiti di centro-sinistra e dal [[2008]] quello del [[Popolo della Libertà]].
 
==Note==
{{references|2}}
 
==Note==
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==Bibliografia==
===In italiano===
* {{cita libro|cognome=Rossi|nome=Paolo|titolo=Storia d'Italia|anno=1971|editore=U. Mursia|id=}}
* {{cita libro|cognome=De Seta|nome=Cesare|titolo=Storia d'Italia|anno=1982|editore=Einaudi|id=ISBN 8806054171=88-06-05417-1}}
* {{cita libro|cognome=Arnaldi|nome=Girolamo|titolo=Storia d'Italia|anno=1959|editore=Unione tipografico|id=}}
* {{cita libro|cognome=Ceppellini|nome=Vincenzo|titolo=Storia d'Italia|anno=1991|editore=De Agostini|id=ISBN 8840294406=88-402-9440-6}}
* {{cita libro|cognome=Mack Smith|nome=Denis|titolo=Storia d'Italia|anno=2000|editore=Editori Laterza|città=Roma-Bari|id=ISBN =88-420-6143-3}}
* Gerhard Muhm: ''La tattica tedesca nella campagna d'Italia''. In: Amedeo Montemaggi (Hrsg.): ''Linea gotica avamposto dei Balcani''. Edizioni Civitas, Roma 1993.
* {{cita libro|cognome=Romano|nome=Ruggiero |coautori=Corrado Vivanti |titolo=Storia d'Italia |anno=1976|editore=Einaudi|id=ISBN 8806342312=88-06-34231-2}}
* {{cita libro|cognome=Barbagallo|nome=Franceso|coautori=Giovanni Sabbatucci, Vittorio Vidotto, Romano Paolo Coppini, Cammarano Fulvio|titolo=Storia d'Italia|anno=1995|editore=Laterza|id=ISBN 8842047732=88-420-4773-2}}
* {{cita libro|cognome=De Bernardi|nome=Alberto|coautori=Luigi Ganapini|titolo=Storia d'Italia|anno=1996|editore=B.Mondadori|id=ISBN 8842493015=88-424-9301-5}}
* {{cita libro|cognome=Salvatorelli|nome=Luigi|coautori=Giovanni Mira|titolo=Storia d'Italia nel periodo fascista |anno=1964|editore=G.Einaudi}}
* {{cita libro|cognome=Montanelli|nome=Indro|wkautore=Indro Montanelli|coautori=[[Roberto Gervaso]], [[Mario Cervi]]|titolo=Storia d'Italia|anno=1959-1997|editore=Rizzoli|città=Milano}} In XXII volumi
* {{cita libro | cognome=Scullard | nome=Howard H. | titolo=Storia del mondo romano | editore=Rizzoli | città=Milano | anno=1992 | id=ISBN =88-17-11575-4 }}
* {{cita libro|autore=Theodor Mommsen|titolo=Storia di Roma antica|anno=1973|editore=Sansoni|città=Firenze}}
* {{cita libro|autore=Edward Gibbon (a cura di A. Dero Saunders)|titolo=Declino e caduta dell'Impero romano|anno=|editore=Mondadori|città= | id=ISBN =978-88-04-45284-3}}
 
===In francese===
* {{cita libro|cognome=Milza|nome=Pierre|titolo=Histoire de l'Italie|anno=2005|editore=|città=|id=}}
* {{cita libro|cognome=Negri|nome=Toni|titolo=Italia verde , bianco e rosso ! |anno=1985|editore=Hachette|città=Parigi|id=}}
 
===In tedesco===
* {{cita libro|cognome=Arnaldi|nome=Girolamo|titolo=Italien und seine Invasoren. Vom Ende des Römischen Reiches bis heute|anno=2005|editore=Wagenbach|città=Berlino|id=ISBN =3-8031-3617-2}}
* {{cita libro|cognome=Altgeld|nome=Wolfgang|titolo=Kleine italienische Geschichte|anno=2004|editore=Reclam|città=Stuttgart|id=ISBN =3-15015-10558010558-7}}
* {{cita libro|cognome=Brogini Künzi|nome=Giulia |titolo=Italien und der Abessinienkrieg 1935/36. Kolonialkrieg oder Totaler Krieg? |anno=2006|editore=Schöningh|città=Paderborn |id=ISBN =3-506-72923-3}}
* {{cita libro|cognome=Breuer|nome=Stefan|titolo=Nationalismus und Faschismus. Frankreich, Italien und Deutschland im Vergleich|anno=2005|editore=Wissenschaftliche Buchgemeinschaft|città=Darmstadt|id=ISBN =3-534-17994-3}}
* {{cita libro|cognome=Bruch|nome=Anne|titolo=Italien auf dem Weg zum Nationalstaat. Giuseppe Ferraris Vorstellungen einer föderal-demokratischen Ordnung|anno=2005|editore=Krämer|città=Hamburg|id=ISBN 3896220772=3-89622-077-2}}
* Martin Clark, ''Modern Italy, 1871 to the Present'', Broschiert – 624 Seiten – Longman, 3. Auflage 2008, ISBN 1405823526
* Carsten Drecoll: ''Idrísí aus Sizilien. Der Einfluß eines arabischen Wissenschaftlers auf die Entwicklung der europäischen Geographie''. Hänsel-Hohenhausen, Egelsbach 2000, ISBN 3-8267-1187-4.
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