Discussione:Storia d'Italia/Sandbox: differenze tra le versioni
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{{Nota disambigua|il testo di [[Francesco Guicciardini]]|[[Storia d'Italia (Guicciardini)]]}}
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Per '''storia d'Italia''' si intende per convenzione la [[storia]] della [[regione geografica italiana]] e dei popoli che l'hanno abitata, dotata - al di là delle molteplici differenze culturali e delle successive trasformazioni politiche - di una specifica identità che l'ha condotta nei secoli a essere riconosciuta come un unico soggetto storico. In un'accezione più ristretta, per storia d'Italia si intende invece la storia dello stato unitario, ossia la storia del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] e della [[Repubblica Italiana]], nonché degli eventi che condussero alla sua formazione, ossia la storia dell'espansione del [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]], tradizionalmente conosciuta come [[Risorgimento]].
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{{vedi anche|Italia preistorica e protostorica}}
===Preistoria===
Il popolamento del territorio italiano risale alla [[preistoria]], epoca di cui sono state ritrovate importanti testimonianze [[archeologia|archeologiche]]. L'Italia è stata abitata almeno a partire dal periodo [[Paleolitico]]. Tra i più interessanti siti archeologici italiani risalenti al paleolitico, si ricorda quello di [[Monte Poggiolo]], presso [[Forlì]] e la [[Grotta dell'Addaura]], presso [[Palermo]], nella quale si trova un vasto e ricco complesso d'incisioni, databili fra l'[[Epigravettiano]] finale e il [[Mesolitico]], raffiguranti uomini ed animali.
Tra i popoli insediatisi nel [[Neolitico]], quando l'uomo da cacciatore divenne anche pastore e agricoltore, si ricordano gli [[antichi Camuni]] (in [[Val Camonica]]).
===Etruschi e Genti Italiche===
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Le informazioni sulle genti abitanti la penisola in epoca preromana sono, in taluni casi, incomplete e soggette a revisione continua. Popolazioni di ceppo [[indoeuropeo]], trasferitesi in [[Italia]] dall'Europa Orientale e Centrale in varie ondate migratorie ([[veneti]], umbro-sabelli, [[latini]], ecc.), si sovrapposero ad etnie pre-indoeuropee già presenti nell'attuale territorio italiano, o assorbendole, oppure stabilendo una forma di convivenza pacifica con esse.
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Presumibilmente, queste migrazioni ebbero inizio in [[età del bronzo]] medio (e cioè attorno alla metà del [[II millennio a.C.]]) e si protrassero fino al [[IV secolo a.C.]] con la discesa dei [[Celti]] nella pianura padana. Fra i popoli di età preromana, meritano una particolare menzione gli [[Etruschi]] che, a partire dall'[[VIII secolo a.C.]], iniziarono a sviluppare una civiltà raffinata ed evoluta che influenzò notevolmente [[Roma]] e il mondo latino. Le origini di questo popolo non indoeuropeo, stabilitosi sul versante tirrenico dell'[[Italia]] centrale, sono incerte.
Secondo alcune fonti, la loro provenienza andrebbe ricercata in [[Asia Minore]], secondo altre, avrebbero costituito una etnia autoctona. Certo è che, già attorno alla metà del VI secolo a.C., riuscirono a creare una forte ed evoluta federazione di città-stato che andava dalla [[Pianura Padana]] alla Campania e che comprendeva anche [[Roma]] ed il suo territorio. In [[Italia settentrionale]], accanto ai [[Celti]] (comunemente chiamati [[Galli]]), vi erano i [[Liguri]] (originariamente non indoeuropei poi fusisi con i Celti) stanziati in [[Liguria]] e parte del [[Piemonte]] mentre nell'Italia nord-orientale vivevano i [[Paleoveneti|Veneti]] (paleoveneti) di probabile origine [[
Nell'Italia più propriamente peninsulare accanto agli [[Etruschi]], convivevano tutta una serie di popoli, in massima parte di origine indoeuropea, fra cui: [[Umbri]] in [[Umbria]]; [[Latini]], [[Sabini]], [[Falisci]], [[Volsci]] ed [[Equi]] nel [[Lazio]]; [[Piceni]] nelle [[Marche]] ed in [[Abruzzo]] Settentrionale; [[Sanniti]] nell'[[Abruzzo]] Meridionale, [[Molise]] e [[Campania]]; [[Apuli]], [[Messapi]] e [[Iapigi]] in [[Puglia]]; [[Lucani]] e [[Bruttii]] nell'estremo Sud; [[Siculi]], [[Elimi]] e [[Sicani]] (non indoeuropei, probabilmente autoctoni) in [[Sicilia]]. La [[Sardegna]] era abitata, fin dal II millennio a.C., dai [[Sardi]], risultato, forse, di un connubio tra le preesistenti popolazioni megalitiche presenti nell'Isola ed il misterioso popolo dei [[Shardana]].
Alcune di queste popolazioni, stanziate nell'[[Italia]] meridionale e nelle isole, si troveranno a convivere, dall'[[VIII secolo a.C.|VIII]] fino al [[III secolo a.C.]], con le colonie greche e fenicie (Puniche) successivamente assorbite dallo stato romano.
Fra le popolazioni citate, oltre agli [[Etruschi]], di cui si è già parlato, ebbero un ruolo importante in epoca preromana e romana i [[Sanniti]], che riuscirono a costituire un'importante federazione in una vasta area dell'Italia [[
Nell'area laziale, invece, un posto a sé stante meritano i [[Latini]] protagonisti, insieme ai [[Sabini]], della primitiva espansione dell'Urbe e forgiatori, insieme agli [[Etruschi]] ed ai popoli italici più progrediti ([[Umbri]], [[Falisci]], ecc.), della futura civiltà romana.
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===Fenici e Cartaginesi===
{{vedi anche|Espansione cartaginese in Italia}}
Primi stanziamenti [[Fenici]] nell'attuale territorio italiano sono datati attorno all'[[VIII secolo a.C.]] quando, dopo una iniziale fase di precolonizzazione del [[Mediterraneo]] occidentale e di fondazione di città come [[Utica]] e [[Cartagine]], veri e propri colonizzatori si insediarono sulle coste della [[Sardegna]] e nell'area occidentale della [[Sicilia]]. Nascono [[Mozia]] (da cui più tardi [[Lilibeo]]), [[Palermo]], [[Solunto]] in [[Sicilia]] e [[Sulki|Sulci]], [[Nora (città)|Nora]], [[Tharros]], [[Bithia (archeologia)|Bithia]], [[Cagliari]] in [[Sardegna]].<ref>
Mentre in Sicilia l'installazione fenicia non incontrò grandi reazioni da parte degli autoctoni (a Monte Erice, per esempio, un tempio fu dedicato ad [[Astarte]], dea-madre dell'area cananea, che veniva frequentato dai Fenici e dagli Elimi<ref>
A metà del VI secolo, con la spedizione del semileggendario [[Malco]] iniziò il tentativo di conquista, vera e propria delle isole maggiori. Cartagine, a tre secoli dalla fondazione, aveva raggiunto i limiti di espansione lungo la costa settentrionale dell'Africa dove, a est aveva fermato la colonizzazione greca vincendo gli scontri con [[Cirene]] e verso ovest intratteneva ottimi rapporti con [[Numidi]] e [[Mauretania|Mauri]]. Le coste della [[Spagna]] erano ben controllate, Gli [[Etruschi]] non impensierivano i punici. Solo la Sicilia vedeva la costante migrazione e i continui insediamenti delle popolazioni della [[Grecia]] che lentamente ma sicuramente spinsero i Fenici nell'estrema punta occidentale dell'isola.
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Questa pressione demografica e -soprattutto- economica spinse Cartagine al tentativo di fermare i Greci o addirittura di conquistare l'intera Sicilia. Ciò avrebbe consentito il totale controllo dei due passaggi dal Mediterraneo Orientale a quello Occidentale. Una serie di interventi bellici nell'arco di due secoli (dal [[550 a.C.]] al [[275 a.C.]]) non portarono a grandi risultati. A fasi alterne le varie [[guerre greco-puniche]] allargarono la sfera di influenza cartaginese o greca in Sicilia senza che nessuno dei due popoli riuscisse a prevalere nettamente sull'altro. Tutto si concluse con lo scoppio della [[prima guerra punica]] che tolse ai Cartaginesi le aree siciliane e pose una pesante ipoteca su [[Siracusa]], unico regno siceliota di qualche importanza.
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Lo sforzo bellico in Sardegna riuscì a rendere l'isola un vero e proprio possedimento, come il territorio della costa libica, dove l'imperio Cartaginese poté dirigere la produzione mineraria e agricola in relazione alle necessità puniche e non solo autoctone.
Nel corso del tempo i Cartaginesi giunsero quindi a chiudere le coste dell'isola in un vero e proprio cerchio di fortezze e colonie<ref>
Cartagine entrò anche nella storia d'Italia peninsulare riuscendo ad allearsi con gli Etruschi per combattere i greci di [[Alalia]], in [[Corsica]], che si erano dati alla pirateria. Le [[Lamine di Pyrgi]] ci mostrano quanto fosse sentito l'influsso cartaginese sulle coste toscane e laziali. È del [[509 a.C.]], infine, l'inizio di relazioni diplomatiche importanti fra Cartagine e Roma. La neonata [[Repubblica romana]] e i cartaginesi siglarono il primo dei [[Trattati Roma-Cartagine]], il primo riconoscimento che Cartagine offrì a Roma e che segnò l'inizio di stabili relazioni fra le due città. Altri trattati vennero, nel tempo, conclusi; la loro formulazione segue, nell'ampliarsi e restringersi delle concessioni dei Cartaginesi ai Romani, l'alternarsi dell'evoluzione territoriale e di potenza dell'Urbe.
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| header = [[Tetradracma]] di [[Siracusa]]
| hbkg = #E0E0FF <!--#abcdef-->
| image =
| caption_left = Testa di Aretusa
| caption_right =[[Auriga]] alla guida di una [[quadriga]]
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Tra l'[[VIII secolo a.C.|VIII]] ed il [[VII secolo a.C.]], coloni provenienti dalla [[Grecia]] cominciarono a stabilirsi sulle coste del sud Italia e della Sicilia. Le prime componenti stabilitesi in Italia furono quelle ioniche e quelle peloponnesiache: gli [[Eubea|Eubei]] e i [[Rodi
L'importanza della colonizzazione greca per i popoli italici è dovuta al fatto che essi vennero così a contatto con forme di governo [[democrazia|democratiche]] caratterizzate da forti responsabilizzazioni del cittadino, e con espressioni artistiche e culturali elevate; basti pensare ai [[filosofia|filosofi]] e uomini di scienza dell'epoca, fra cui [[Pitagora]] ed [[Archimede]], nati in Grecia, e di cultura greca. Tra le principali città della Magna Grecia, vi fu soprattutto Napoli che, specialmente nel 420 a. C., in concomitanza col calo dell'influenza ateniese, il suo porto figurò tra i più importanti del mar mediterraneo <ref>Wanderlingh Attilio, I giorni di Neapolis, Edizioni Intra Moenia, Napoli aprile 2001</ref>.
I contrasti fra le colonie greche e gli indigeni furono frequenti, tuttavia i Greci cercarono di instaurare rapporti pacifici con le popolazioni locali, favorendo, in molti casi, un lento assorbimento delle stesse. La ricchezza e lo splendore delle colonie furono tali da far identificare l'Italia meridionale peninsulare dagli storici romani con l'appellativo di [[Magna Grecia]]. Nel [[III secolo a.C.]] tutte le colonie [[Italioti|italiote]] della Magna Grecia e quelle siciliane furono assorbite nello Stato romano. Per molte di esse iniziò un fatale declino.
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===Roma (753 a.C. - 476 d.C.)===
{{vedi anche|Storia romana}}
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Secondo la tradizione, la città di Roma fu fondata il [[21 aprile]] del [[753 a.C.]] da [[Romolo]] sul [[colle palatino]]. In realtà, già in precedenza erano sorti villaggi in quella posizione, fondamentale per la via di commercio del sale, ma solo alla metà dell'[[VIII secolo a.C.|VIII secolo]] questi si unirono in una sola città. La zona era dotata, inoltre, di un buon potenziale agricolo, e la presenza dell'[[isola Tiberina]] rendeva facile l'attraversamento del vicino fiume [[Tevere]].
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[[File:Romolo_e_remo.jpg|thumb|225px|[[Pieter Paul Rubens]], ''[[Romolo e Remolo (Rubens)|Romolo e Remo]]'', [[1615]]-[[1616|16]] ([[Roma]], [[Pinacoteca Capitolina]]).]]
{{vedi anche|Età regia di Roma}}
====I primi quattro re====
I primi [[re di Roma]] sono generalmente considerati come figure prettamente mitologiche, poiché la datazione proposta da [[Varrone]] - che considera un totale di 245 anni per i sette monarchi - è molto probabilmente troppo breve. La tradizione attribuisce ad ogni sovrano un particolare contributo nella nascita e nello sviluppo delle istituzioni romane e dello sviluppo socio-politico dell'Urbe. [[Numa Pompilio]], il secondo re, che regnò dal [[716 a.C.|716]] al [[673 a.C.]], è un nome tipicamente italico, di origine osco-umbra. La leggenda lo vuole creatore delle principali [[religione romana|istituzioni religiose]], tra cui i collegi sacerdotali delle [[vestali]], dei [[Flamine|flàmini]], dei [[pontefice (storia romana)|pontefici]], e degli [[augure|àuguri]]; istituì anche la carica di [[Pontefice massimo (storia romana)|pontefice massimo]] (''pontifex maximus''), nonché la suddivisione dell'anno in dodici mesi e la precisa regolamentazione di tutte le feste e le celebrazioni, precisando i giorni [[fasti (storia romana)|fasti e nefasti]]. Il terzo re, [[Tullo Ostilio]], succeduto subito al precedente, siede al trono fino al [[641 a.C.|641]], sconfiggendo i [[Sabini]] e conquistando [[Alba Longa]], con una iniziale espansione territoriale nel [[Lazio]]. Da un punto di vista storico si tratta di un fatto possibile, poiché alla metà del [[VII secolo a.C.]] si è osservato un abbandono dei villaggi limitrofi. Al re viene attribuita anche la prima pavimentazione del [[Foro romano|Foro]]. Il successore [[Anco Marzio]] - dal [[640 a.C.|640]] al [[617 a.C.]] - ne proseguì l'opera fondando la prima delle colonie, ossia [[Ostia (città antica)|Ostia]] (traducibile in [[lingua latina|latino]] come ''foci''); la costruzione della nuova città era dovuta probabilmente alla necessità di controllare la zona meridionale del [[Tevere]].
[[File:Lapis-niger.jpg|thumb|150px|left|Il celebre ''[[lapis niger]]'', dal [[Foro Romano|Foro]], fra i più antichi reperti romani ([[VII secolo a.C.]]).]]
====I re etruschi====
L'esistenza storica in particolare degli ultimi tre re pare essere accertata, sebbene sia possibile che i due Tarquini siano una duplicazione di uno stesso personaggio). Sotto questi sovrani, la città entrò nell'orbita [[Etruschi|etrusca]] ed ebbe una straordinaria fioritura. [[Tarquinio Prisco]], regnante dal [[616 a.C.|616]] per una generazione, effettuò diversi lavori pubblici, come il drenaggio delle zone pianeggianti attraverso la [[Cloaca Massima]]. Istituì anche un esercito guidato da tre ufficiali, i [[tribuno militare|tribuni militari]] (''tribuni militum''), a capo di 3.000 fanti e 300 cavalieri. Viene organizzato anche il sistema elettorale attraverso le curie (dal [[lingua latina|latino]] per ''co-viria'', intendendo una riunione di uomini). Il sesto re, [[Servio Tullio]], riorganizzò l'esercito nella nuova [[oplita|falange oplitica]], con una divisione dei cittadini in classi secondo il censo, e in tribù secondo la residenza; le tribù sono divise in quattro urbane (''Suburbana, Palatina, Esquilina, Collina'') e 17 rurali (poi divenute 31 dal [[V secolo a.C.|V secolo]]). Servio Tullio effettua anche un primo [[censimento]] e la tradizione lo vuole costruttore del tempio di [[Diana (divinità)|Diana]] sull'[[Aventino]]. Viene introdotto anche l<nowiki>'</nowiki>''[[aes signatum]]'', ossia pani di [[bronzo]] contrassegnati. L'ultimo re, [[Tarquinio il Superbo]], venne cacciato nel [[509 a.C.]], secondo la tradizione a causa dei suoi atteggiamenti arroganti e del disprezzo verso i suoi concittadini e verso le istituzioni romane: si tratta probabilmente delle conseguenze del decadere della potenza etrusca, della quale Roma approfittò per conquistarsi una maggiore autonomia.
=== Età repubblicana ===
{{vedi anche|Repubblica Romana}}
[[File:Capitoline Brutus Musei Capitolini MC1183.jpg|thumb|225px|[[Lucio Giunio Bruto]] è uno dei fondatori della [[Repubblica romana]] nel [[509 a.C.]].]]
I rapporti internazionali di Roma, testimoniati dal primo trattato con Cartagine del [[508 a.C.]], furono bloccati temporaneamente per le tensioni e le guerre con i popoli confinanti quali gli Etruschi guidati da [[Porsenna]], i Latini, che furono sconfitti dai romani nel [[496 a.C.]] presso il lago Regillo, e varie popolazioni unite come Equi, Volsci e Sabini, che i romani sconfissero nel 431 sul monte Algido. Dopo la prima guerra offensiva di Roma contro Veio, per le Saline del [[Tevere]], la città venne stravolta nel [[390 a.C.]] da un incendio appiccato dai [[Galli]] guidati dal re [[Brenno]], che con successo avevano già invaso l'Etruria. L'intensità di quella vergogna verrà superata solo dal sacco di Roma nel [[410 d.C.]].
I Romani successivamente si scontrarono prima con i Sanniti (343-295 a.C.) e poi contro i Tarantini aiutati da Pirro (re dell'Epiro), sconfitti nel 275 a Maleventum (che da quel momento fu ribattezzato Beneventum). Nel [[270 a.C.]], con la vittoria sui [[Bruzi]] che detenevano fino a quel momento il controllo di molte città della magna grecia della Calabria centro settentrionale , anche le ''poleis'' greche vengono annesse al territorio romano.
Roma si ritrovò a controllare un territorio che andava dallo stretto di Messina al fiume Rubicone.
Le guerre contro le diverse popolazioni italiche, contro i galli, i cartaginesi e i macedoni, porteranno a consolidare il dominio sull'Italia e a iniziare l'espansione in [[Spagna]] e in [[Macedonia (provincia romana)|Macedonia]]. Data simbolo di questa espansione nel Mediterraneo è il [[146 a.C.]], anno in cui, dopo un [[assedio]] durato tre anni e altrettante guerre combattute nell'arco di più di un secolo contro Roma, cade definitivamente [[Cartagine]], la quale viene completamente rasa al suolo e cosparsa di sale dalle truppe romane comandate da [[Publio Cornelio Scipione Emiliano]]; viene conquistata e distrutta anche [[Corinto]], città simbolo della resistenza greca alla politica di espansione romana; con queste due grandi vittorie, Roma abbandona il ruolo di potenza regionale nel Mediterraneo Occidentale per assurgere a superpotenza incontrastata di tutto il bacino, il quale d'ora in poi, non a caso, verrà rinominato ''mare nostrum''. Le classi dirigenti si aprono all'influenza della cultura greca e vengono importate opere d'arte e di artigianato artistico in gran numero dalla Grecia e dalle province orientali di cultura ellenistica.
I problemi connessi ad una espansione così grande e repentina che la Repubblica dovette affrontare furono enormi e di vario genere: le istituzioni romane erano fino ad allora concepite per amministrare un piccolo stato; adesso le [[provincia romana|province]] (paragonabili alle colonie degli stati moderni, da non confondere con le colonie romane propriamente dette, le quali erano stanziamenti di cittadini romani a pieno titolo, ''cives optimo iure'' in territori extracittadini soggetti all'amministrazione e organizzazione diretta dello stato romano) si stendevano dall'[[Iberia (storia romana)|Iberia]], all'[[Africa]], alla [[Grecia]], all'[[Asia]].
[[File:Marius Carthage.jpg|thumb|left|250px|[[Gaio Mario]], un generale romano che riformò drasticamente l'[[esercito romano]]]]
Le continue guerre in patria e all'estero, inoltre, immisero sul ''"mercato"'' una quantità enorme di schiavi, i quali vennero usualmente impiegati nelle aziende agricole dei [[patrizio (storia romana)|patrizi romani]], con ripercussioni tremende nel tessuto sociale romano. Infatti la piccola proprietà terriera andò rapidamente in crisi a causa della maggior competitività dei latifondi schiavistici (che ovviamente producevano praticamente a costo zero), ciò provocò da una parte la concentrazione dei terreni coltivabili in poche mani e una grande quantità di merci a buon mercato, dall'altra generò la nascita del cosiddetto sottoproletariato urbano: tutte quelle famiglie costrette a lasciare le campagne si rifugiarono nell'urbe, dove non avevano un lavoro, una casa e di che sfamarsi dando origine a pericolose tensioni sociali abilmente sfruttate dai politici più scaltri.
Anche la struttura originale della famiglia, delle relazioni sociali e della cultura romana subirono profondi sconvolgimenti: il contatto con la civiltà [[antica Grecia|greca]] e l'arrivo nella città di moltissimi schiavi ellenici (in molti casi più colti e istruiti dei loro stessi padroni) generò nel popolo romano, specialmente tra la classe dirigente, sentimenti e passioni ambivalenti: da una parte si desiderava (e alla fine in buona parte ci si riuscì) a rinnovare i costumi rurali romani - ''mos maiorum'' - introducendo usanze e conoscenze provenienti dall'Oriente. Questo comportamento fece sì effettivamente che il livello culturale dei Romani, almeno dei patrizi, crescesse significativamente - basti pensare all'introduzione della [[filosofia]], della [[retorica]], della [[letteratura]] e della [[scienza]] greca - ma indubbiamente generò altresì una decadenza dei valori morali, testimoniata dalla diffusione di costumi e abitudini perfino oggi moralmente discutibili.
Tutto ciò naturalmente non accadde senza provocare una strenua opposizione e resistenza da parte degli ambienti più conservatori, reazionari e anche retrivi della comunità romana. Costoro si scagliarono contro le culture extra-romane, tacciate di corruzione dei costumi, di indecenza, di immoralità, di sacrilegio nei confronti delle abitudini religiose romane. Questi due opposti schieramenti furono ben rappresentati da due gruppi di potere di eguale importanza ma di radicalmente opposta visione: il circolo culturale degli Scipioni, che diede a Roma alcuni tra i più dotati comandanti militari della storia (l'[[Publio Cornelio Scipione Africano|Africano]] su tutti), e il circolo di [[Marco Porcio Catone|Catone]], il quale lottò accanitamente contro l'ellenizzazione del modo di vivere romano con una tenacia e un vigore che diventarono leggendarie (o famigerate a seconda dei punti di vista), tutto a favore del ripristino del più antico, genuino ed originale ''mos maiorum'', quell'insieme di costumi e usanze tipiche della Roma arcaica che, secondo Catone, avevano permesso al popolo romano di rimanere unito di fronte alle avversità, di sconfiggere ogni sorta di nemico, di piegare il mondo al proprio volere.
Questo scontro tra nuovo e antico, come è facile immaginare, non si placò fino alla fine della repubblica, anzi possiamo dire che questo scontro tra "conservatorismo" e "progressismo" (termini da usare, quando si discute di vicende romane, con molta accortezza, infatti parlare di ideologia progressista in senso moderno nella società romana, una società, al di là di ogni romanticismo, basata sullo schiavismo di massa, sulla romanizzazione anche forzata dei popoli, sull'autoritarismo, sulla repressione e su un atteggiamento intollerante e a volte anche feroce su chiunque osasse mettere in discussione il potere romano e le sue leggi, è a dir poco fuorviante) è stato presente in tutta la storia romana, anche nel periodo [[impero romano|imperiale]], a testimonianza di quale trauma deve essere stato la scoperta, il contatto e il confronto con civiltà al di fuori dei brulli paesaggi [[Lazio|laziali]].
La piccola proprietà terriera messa in crisi dalle aziende agricole patrizie (che sfruttano il lavoro degli schiavi), e le nuove influenze culturali provocano forti tensioni sociali all'interno della società romana.
Nel [[I secolo a.C.]] la Repubblica inizia a scricchiolare, si amplia il latifondo e si affermano forti poteri personali dei personaggi più influenti che, facendosi interpreti dei bisogni delle masse meno favorite o della necessità di mantenere il controllo nelle mani delle principali e più ricche ''gentes'', porteranno alla guerra civile. La Repubblica dovrà affrontare anche una rivolta di schiavi, capeggiata da [[Spartaco]].
Arriveranno altre conquiste, la [[Gallia]] e la [[Britannia]] da parte di [[Gaio Giulio Cesare|Giulio Cesare]], ma i Romani arriveranno fino in [[Siria]] e in [[Armenia]].
=== Età imperiale ===
{{vedi anche|Impero Romano}}
[[File:RomanEmpire 117 it.svg|thumb|300px|right|L'[[impero romano]] raggiunse la sua massima estensione nel [[116]]]]
La tesi secondo cui il dominio di [[Roma]] ormai si estenda su un territorio troppo vasto e sia troppo complicato per le strutture della Repubblica gestirlo, provocando la nascita del ''Principato'' è ampiamente superata. Le ragioni dell'ascesa di un modello di governo centrale su base sempre più spiccatamente personale si devono ricercare nel declino del governo [[senato (storia romana)|senatoriale]] della Repubblica Romana, il cui primo atto va riallacciato alla figura emblematica di Scipione Emiliano. La diffusione di un sempre più marcato senso individualistico a Roma ha sicuramente traccia della diffusione di [[monetazione romana|effigi monetali]] ritraenti non più solo il più rappresentativo degli antenati del magistrato in carica, ma spesso il magistrato medesimo. Questo processo si manifesta in concomitanza con la penetrazione dei valori della civiltà ellenistica, favorita indubbiamente dalla conquista romana delle pòleis elleniche sulle coste della [[Magna Grecia]] (Italia meridionale) e della [[Sicilia]], e sospinta dalla conquista romana della [[Macedonia (provincia romana)|Macedonia]], della [[Grecia]] moderna e di gran parte del mondo ellenistico, ad eccezione dell'[[Egitto]] dominato dalla dinastia Lagide, posto comunque sotto un sempre più pressante protettorato.
Il ricorso sempre più assiduo al mandato dittatoriale incominciato con [[Gaio Mario]] stravolge la portata costituzionale della magistratura dittatoriale, prevista dall'ordinamento repubblicano, fino all'esito della dittatura [[Lucio Cornelio Silla|sillana]], intesa come mandato a restaurare lo Stato romano in senso conservatore-oligarchico (a favore degli optimates) e non pervenuta ad un esito monarchico per l'esclusiva volontà di Silla. La dittatura cesariana ([[46 a.C.|46]]-[[44 a.C.]]) riprende in pieno il modello sillano, seppur partendo da un campo politico opposto (quello dei populares, gli oligarchi più propensi ad usare la demagogia sul popolino, il vulgus, per assumere il potere) e formalizza il rifiuto di un esito monarchico naturale adducendo la ragione del rifiuto culturale della Romanità per l'istituto monarchico ufficiale.
[[File:Map of downtown Rome during the Roman Empire large.png|thumb|300px|left|Il centro di Roma al tempo dell'[[Impero Romano]]]]
L'ascesa di [[Augusto]] (44-[[30 a.C.|30]]), attraverso la partecipazione ad un istituto apertamente sovversivo come il [[secondo triumvirato|"secondo" Triumvirato]], si formalizza nel [[27 a.C.]] nella rinuncia ai poteri dittatoriali ormai estesissimi in cambio di un cooptato riconoscimento senatoriale di un "bisogno dello Stato romano" ad una figura di guida e di ispirazione politica del governo: con l'appellativo di Augusto, Ottaviano inaugura quel particolare istituto costituzionale romano noto come Principato (erroneamente talvolta chiamato Impero per la presenza effettiva di imperatori, dimenticando che la carica di "imperator" è appellativo già repubblicano per il generale vittorioso, e che la creazione di un'amministrazione decentrata attraverso la creazione di ''provinciae'' risale al [[237 a.C.]], col caso siculo).
Per tutto il primo secolo continua l'accrescimento territoriale dell'impero, sotto le dinastie dei [[dinastia Giulio-Claudia|Giulio-Claudii]], e dei [[Dinastia dei Flavi|Flavi]]. Sotto [[Traiano]], con la conquista della [[Dacia (storia)|Dacia]] e di nuovi territori in Oriente, l'impero raggiunge la sua massima espansione. Sotto la [[dinastia degli Antonini]] si ha un periodo di pace e prosperità, sebbene verso la fine comincia ad essere sempre più pressante il compito di difendere i confini dell'impero dalla pressione dei nemici esterni.
La crisi del Principato, avviatasi già alla morte di [[Marco Aurelio]], si concretizza nell'ascesa di [[Settimio Severo]] ([[193]]-[[211]]) e nella riforma dell'istituto del principato, ormai estraneo alle dinamiche dell'ambito senatoriale e dominato da quelle dell'[[esercito]]. La monarchia militare severiana (193-[[235]]), seppure ripesca talvolta la necessità di una legittimazione senatoria, prelude all'avvento del Dominato ([[285]]-[[641]]), dopo la fase assai dinamica dell'anarchia militare (235-285).
Dopo la [[dinastia dei Severi]], per tutto il [[III secolo]] saranno le legioni a proclamare imperatori che spesso regnano solo per brevi periodi e sono perennemente impegnati nelle campagne militari. La crisi economica è anche crisi ideale e si diffonde il Cristianesimo, in parte combattuto ed in parte tollerato.
Con la [[Tetrarchia]] voluta da [[Diocleziano]] inizia la divisione dell'impero e vengono sviluppate profonde riforme nel tentativo di fissare lo status quo. Roma perde il suo ruolo di sede imperiale a favore di metropoli più vicine alle frontiere da difendere. Viene fondata da [[Costantino I]] sul sito della città di [[Bisanzio]] la "Nuova Roma", [[Costantinopoli]].
La progressiva adozione della [[religione cristiana]] (che di converso si istituzionalizza a contatto con lo Stato romano, assumendone tratti organizzativi e alcuni modelli iconografici) avviata da Costantino ([[306]]-[[337]]), si conclude, dopo periodi di oscillazione tra scelte protoereticali ([[Costanzo II]],337-[[361]]) e tentativi di restaurazione dei culti tradizionali, mediante l'organizzazione di un'istituzione ecclesiale parallela a quella cristiana ([[Flavio Claudio Giuliano|Giuliano]], 361-[[363]]), con l'adozione ufficiale del culto cristiano ([[Teodosio I]],[[379]]-[[395]]).
Nel successivo [[IV secolo]] il cristianesimo diviene progressivamente l'unica religione e gli imperatori sono costretti ad accettare lo stanziamento dei barbari nei territori dell'impero, cercando di farne degli alleati.
=== Fine dell'Impero romano d'Occidente ===
{{vedi anche|Tarda antichità|Impero romano d'Occidente|Impero romano d'Oriente}}
Nel [[V secolo]] l'impero d'Oriente e quello d'Occidente sono ormai stabilmente divisi. L'impero d'Occidente è ridotto quasi alla sola Italia e Roma subisce il sacco dei [[Visigoti]] di [[Alarico I]] nel [[410]] e quello dei [[Vandali]] di [[Genserico]] nel [[455]]. Sono ormai i generali barbari che difendono l'impero ed esercitano un enorme potere, arrivando a creare e deporre imperatori a loro piacimento. Nel [[476]] il re barbaro [[Odoacre]] depone l'imperatore [[Romolo Augusto]] e rimanda le insegne imperiali all'imperatore d'Oriente, segnando anche formalmente la fine dell'Impero romano.
== L'Alto Medioevo ==
{{vedi anche|Italia medievale}}
===La prima dominazione germanica (476-568)===
{{vedi anche|Guerra gotica (535-553)}}
Nel 476 lo [[sciri|sciro]] [[Odoacre]], che comandava un’armata di mercenari [[eruli]] depose [[Romolo Augusto]], l’ultimo [[imperatore romano]] [[Impero Romano d'Occidente|d'Occidente]] e decise di non nominarne un altro, diversamente da quanto avevano fatto i suoi predecessori con gli ultimi nove imperatori romani. Regnò come ''rex gentium'' – una formula del tutto nuova – teoricamente alle dipendenze di [[Zenone (imperatore)|Zenone]], sovrano [[Impero Romano d'Oriente|d’Oriente]]. Governò per diciassette anni, servendosi del personale amministrativo romano, e lasciando libertà di culto ai [[cristianesimo|cristiani]]. Combatté i [[Vandali]] che occupavano la [[Sicilia]], nonché altre tribù germaniche che tentavano irruzioni in Italia.
Ma nel [[489]] Zenone allontanò gli [[Ostrogoti]] dalla zona del [[Danubio]] e li inviò in Italia. Dopo cinque anni di guerra, il re goto [[Teodorico]] riuscì ad uccidere Odoacre. Così agli Eruli succedettero i [[Goti]]. Teodorico, che aveva vissuto a lungo a [[Bisanzio]], regnò servendosi anche lui del personale romano. Alla fine della sua vita, dopo trent'anni di regno, lanciò una persecuzione nei confronti dei cristiani facendo condannare a morte anche il filosofo [[Severino Boezio]]. Gli succedette il [[Atalarico]] ([[526]]-[[534]]. In questo periodo i [[bizantini]], con l' aiuto dei [[longobardi]], conquistarono le regioni corrispondenti alle attuali [[Slovenia]], [[Croazia]], [[Bosnia]], [[Italia]], [[Francia]] meridionale.
Nel [[535]] il nuovo e ambizioso sovrano bizantino [[Giustiniano]] ([[527]]-[[565]]) prese di mira la penisola nel suo tentativo di ricomporre l’unità dell’impero romano. Da lì iniziò la lunga [[Guerra gotica (535-553)|guerra gotica]], che per oltre quindici anni infuriò in Italia, portando ulteriore devastazione dopo le [[invasioni barbariche]]. Roma dopo quattro assedi consecutivi era ridotta a poche migliaia di abitanti. Dopo tre secoli la [[peste]] fece la sua ricomparsa nella Città Eterna. La situazione era davvero drammatica, ma divenne tragica quando una nuova invasione di un popolo germanico toccò l’Italia intera.
===I [[Longobardi]], lo [[Stato della Chiesa]] e i [[Bizantini]] (568-774)===
{{vedi anche|Esarcato d'Italia|Regno longobardo}}
I goti erano ormai annientati, ma i bizantini non riuscirono a fermare l’avanzata dei Longobardi. Questa tribù germanica si era stanziata in [[Pannonia]], ma abbandonò la terra sotto la pressione degli [[avari]], un popolo proveniente dall' Asia. In pochi anni i longobardi scorazzarono per tutto il nord Italia, conquistando anche la [[Toscana]] e buona parte del centro-sud. I Longobardi erano di [[arianesimo|religione ariana]], non riconoscevano l’autorità imperiale, saccheggiavano tutto quello che potevano e rendevano schiavi i vinti. I primi due re, [[Alboino]] ([[?]] -[[572]]) e [[Clefi]] ([[572]]-[[574]]) morirono assassinati. Seguirono dieci anni di anarchia, con le varie fazioni in guerra fra loro. La penisola era frazionata in tre zone di influenza: longobarda, romana e bizantina.
Tentò di approfittarne il Papa, alleato con i [[Franchi]]. Questi ultimi contavano sull'autorità della Chiesa per legittimare le loro conquiste. I longobardi tuttavia respinsero i tentativi franchi e con i nuovi re [[Agilulfo]] ([[590]]-[[616]]) e [[Rotari]] ([[636]]-[[652]]) ripresero ai bizantini il controllo dell’[[Emilia]], la [[Liguria]] e il [[Veneto]] interno. In breve dovettero cercare anch’essi una forma di dominio più organizzata: arrivarono le leggi scritte, dei funzionari regi con compiti di giustizia e supervisione ([[Gastaldo|gastaldi]]), e, nel [[603]], la conversione al cattolicesimo per opera della regina Teodolinda dopo che un primo tentativo di conversione per opera del Papa [[Gregorio Magno]] non aveva avuto successo.
Contemporaneamente però i papi dovettero combattere strenuamente per mantenere l’ortodossia a fronte delle sempre più vigorose eresie orientali e delle decisioni dell’imperatore d’Oriente. Con un editto del [[648]] [[Costante II]] impose il [[monotelismo]] e fece deportare il [[papa Martino I]] in quanto questi non l’accettava. Nel [[726]] invece iniziò l’[[iconoclastia]], la lotta alle immagini, da parte dell’imperatore [[Leone III]]. Seguì un periodo di alterne vicende che durò poco più di un secolo, durante il quale l'iconoclastia venne alternativamente approvata o bandita.
Parallelamente in questo periodo si affermò il fenomeno del [[monachesimo]], grazie anche alle opere di [[San Benedetto]].
Intanto il re longobardo [[Liutprando]] ([[713]]-[[744]]) fece nuove conquiste che furono aumentate dal suo successore [[Astolfo (re longobardo)|Astolfo]] ([[749]]-[[756]]) che allontanò i bizantini da [[Ravenna]] e si accinse ad unificare l'Italia conquistando il [[Lazio]]. Ma il [[papa Stefano II]] ([[752]]-[[757]]) chiamò in suo soccorso il re dei franchi [[Pipino di Landen|Pipino]]. Questi sconfisse Astolfo e donò le terre di Ravenna (l'[[esarcato]]) al papa. In questo periodo circolò la falsa notizia che lo Stato della Chiesa era in possesso del Papa grazie alla [[Donazione di Costantino]]. La storia si ripeté: il nuovo re longobardo [[Desiderio (re)|Desiderio]] ([[756]]-[[774]]) riconquistò Ravenna e il [[papa Adriano I]] ([[772]]-[[795]]) chiamò in soccorso il nuovo re francese [[Carlo Magno|Carlo]] - il futuro Carlo Magno -
che sconfisse pesantemente Desiderio ponendo fine alla dinastia longobarda.
===I [[Franchi]], il [[feudalesimo]], le ultime invasioni (774-1000)===
Nel [[774]] Carlo, re dei Franchi, vinse i [[Longobardi]] grazie all'uso della [[cavalleria]] pesante. Assunse il titolo di re dei Longobardi, annettendo al suo dominio tutti i ducati longobardi, escluso quello di [[Benevento]]. I gastaldi vennero sostituiti con dei conti, ma in buona parte il personale amministrativo rimase lo stesso. Carlo importò anche il sistema del [[feudalesimo]], le sue grandi ville agricole e l'esigenza di rendere i contadini dei [[servitù della gleba|servi della gleba]], non più liberi di pagare le tasse, ma costretti a pesanti [[corvée]]s e legati alla terra ereditariamente.
Nell'[[800]] il [[papa Leone III]] ([[795]]-[[816]]) era accusato dai suoi nemici di essersi insediato sul soglio pontificio illegalmente. Ancora una volta a risolvere la situazione fu Carlo che giunse a Roma e - come giudice supremo - lo dichiarò innocente. Ormai la sua autorità era enorme. Il giorno di Natale dell'anno 800 il natale il papa incoronò Carlo imperatore in nome di Dio. Era il primo imperatore d'Occidente dal 476. L'incoronazione avvenuta per mano del Papa fu vista come un primato della Chiesa nei confronti dell'Imperatore. (1000 anni dopo, memore di ciò, Napoleone, tolse dalle mani del Papa le insegne dell'Imperatore e se le impose da solo). Nel [[812]] [[Michele I Rangabe]] riconobbe il titolo di Carlo, in cambio della neonata [[Venezia]], dell'[[Istria]] e della [[Dalmazia]].
Il figlio di Carlo, [[Ludovico il Pio]] (814-840) accusò ingiustamente Bernardo, suo nipote e re d'Italia, di alto tradimento e lo fece accecare causandone la morte. Dopo vari intrighi di corte e col papa, lasciò il regno ai suoi tre figli, che si fecero guerra accanitamente per arrivare al [[trattato di Verdun]] ([[843]]). [[Lotario I]] ricevette l'Italia e il titolo di imperatore, [[Carlo il Calvo]] la Francia e [[Ludovico il Germanico|Ludovico]] la Germania. L'Italia - cui era associato anche il titolo imperiale - passò successivamente a [[Ludovico II il Germanico]] ([[839]]-[[875]]) e a [[Carlo il Grosso]] ([[875]]-[[887]]). Nell'877 Carlo il Calvo emanò il [[capitolare di Quierzy]], col quale si sanciva per legge quella che ormai era diventata una consuetudine: i [[conte|conti]], i [[duca|duchi]], i [[marchese|marchesi]] avevano il possesso del feudo e potevano trasmetterlo ereditariamente.
[[File:Castello_di_Fenis.jpg |right|340px|thumb|Il [[castello di Fenis]]]]
La dissoluzione dell'impero carolingio fu affrettata dalle invasioni [[normanni|normanne]] e [[arabi|arabe]]. I vichinghi conquistarono varie zone costiere della Francia e della Germania, colpendo nel [[secolo IX]] anche le coste della [[Penisola Iberica]]. Gli Arabi, che avevano già conquistato fin dal [[711]] la [[Spagna]], dettero vita all'[[emirato di Cordova]], del tutto autonomo rispetto al [[Califfo|Califfato]] abbaside di [[Baghdad]].<br />
''Longa manus'' degli Abbasidi, nell'800 erano giunti in [[Nordafrica]] ([[Ifriqiya|Ifrīqiya]]) gli [[Aghlabidi]] che, a partire dall'[[827]], si impossessarono della [[Sicilia]] per dominarla per due secoli, alterando tutti gli equilibri del quadrante centrale del [[Mar Mediterraneo]].<br />
Dall'[[895]] in poi anche gli [[Magiari|Ungari]] fecero incursioni devastanti nella [[pianura padana]]. L'autorità regia era del tutto indebolita ed i signori feudali dovettero provvedere in proprio alla difesa. I vescovi facevano ricostruire le mura cittadine, i conti, i marchesi, i duchi si proteggevano in [[castello (architettura)|castelli]] turriti.
Il titolo imperiale era ormai squalificato ma i signori feudali italiani ci tenevano in modo particolare e se lo contesero per ottant'anni ([[887]]-[[962]]). È l'epoca di [[Berengario I]], marchese del Friuli, [[Lamberto duca di Spoleto]], cui si aggiungono [[Arnolfo di Carinzia]] e [[Ugo di Provenza]]. Anche l'autorità del papa divenne sempre meno elevata, visto che la sua elezione divenne materia di intrighi politici di bassissimo livello. Protagonisti principali furono [[papa Formoso]] e la nobildonna romana [[Marozia]].
Infine la corona imperiale passò alla casa degli Ottoni che aveva unificato la monarchia in Germania. [[Ottone I]] venne incoronato nel 962 e stabilì che l'imperatore dovesse avere l'ultima parola sull'elezione del papa. L'impero di Carlo Magno sembrava finalmente restaurato, anche se comprendeva solo Germania e Italia del nord. Ma [[Ottone II]] ([[973]]-[[983]]) e [[Ottone III]] ([[983]]-[[1002]]) morirono in giovane età e non poterono sviluppare ulteriormente l'Impero.
===La [[riforma gregoriana|Chiesa riformata]], la [[lotta per le investiture]], la [[prima crociata]] (1000-1100)===
[[File:Italy 1000 AD-it.svg|thumb|300 px|L'Italia nell'anno 1000]]
Nell'XI secolo l'ufficio del papa era in piena decadenza, conteso fra le sanguinarie famiglie romane e i tentativi moderati dell'imperatore. Ma si rivelò altrettanto difficile governare le città italiane. Pavia si ribellò ad [[Enrico II il Santo|Enrico II]] ([[1002]]-[[1024]]) che fu l'ultimo esponente della casa dei sassoni. A lui succedette [[Corrado II il Salico|Corrado II]] di Franconia ([[1027]]-[[1039]]) contro cui si ribellarono i [[valvassori]] della Lombardia, guidati dal vescovo [[Ariberto d'Intimiano]]. Nel [[1037]] Corrado fu così costretto a concedere anche ai feudatari minori quello che il [[Capitolare di Quierzy]] aveva concesso ai maggiori: l'ereditarietà (''[[Constitutio de feudis]]'').
In questo periodo si levò alta la protesta contro la corruzione e l'abiezione del papato. Se da una parte ci furono movimenti religiosi di stampo pauperistico ed eremita - come quello di [[San Romualdo]] - dall'altra ebbe molta fortuna il nuovo [[Congregazione cluniacense|monachesimo cluniacense]], che si nutriva solo delle donazioni dei feudatari, ma che proponeva uomini di grande autorità morale, di spessa cultura e abili capacità politiche e amministrative. Più tardi nacquero l'ordine dei [[monaci certosini]] e quello dei [[cistercensi]], che puntavano l'attenzione alla vita solitaria e contemplativa, e che si diffusero a macchia d'olio. Anche gli abitanti delle città si opponevano alla corruzione del clero, biasimando in particolar modo la [[simonia]], cioè la compravendita delle cariche, e il [[nicolaismo]], cioè la pratica del [[Concubinato|concubinaggio]], dando vita al movimento dei "[[patari]]", movimento che fornì alla Chiesa anche il [[papa Alessandro II]] ([[1061]]-[[1073]]).
Mentre la Chiesa si stava rinnovando, si accese la [[lotta per le investiture]] fra [[papa Gregorio VII]] ([[1073]]-[[1085]]) e l'imperatore [[Enrico IV di Franconia|Enrico IV]] ([[1056]]-[[1105]]). Il problema erano i [[vescovi-conti]], quei vescovi che possedevano dei feudi, ma che alla morte non potevano tramandarli ereditariamente, cossiché essi tornavano nelle mani dell'imperatore. Sia il papa sia l'imperatore volevano essere gli unici a gestire questi vescovi, ad "investirli" dell'ufficio. Nel [[1122]] si arrivò al compromesso di Worms, fra il [[papa Callisto II]] ed [[Enrico V di Franconia|Enrico V]], in cui ognuna delle due parti rinunciava ad un pezzo del suo potere, ma essenzialmente - anche in questo caso - si decretò una realtà di fatto.
Nel frattempo un altro monaco di Cluny, Ottone di Lagery, era diventato papa con nome di [[papa Urbano II|Urbano II]] ([[1088]]-[[1099]]). Egli stimolò gli animi cristiani dei cavalieri affinché la smettessero di farsi guerra fra loro e si dirigessero a [[Gerusalemme]], per salvarla dal dominio islamico dei [[Fatimidi]], mentre nel cuore del Califfato abbaside s'erano fortemente insediati i [[Turchi]] [[Selgiuchidi]] e alle porte di [[Costantinopoli]] altri Turchi, chiamati "di [[Rūm]]". Ma l'appello fu colto anche dalla gente comune che entusiasticamente e senza alcuna preparazione partì alla volta dell'Oriente, compiendo saccheggi per tutto il percorso e finendo travolta dai Turchi del [[Sultano|Sultanato]] di Rūm. I re e l'imperatore invece non partirono. La [[prima crociata]] fu portata avanti da duchi e da conti, che massacrarono i Turchi e, con un lungo percorso terrestre, giunsero in [[Siria]]-[[Palestina]] e conquistarono Gerusalemme nel [[1099]].
===I [[Comune medievale|Comuni]], il Regno di Sicilia (1100-1250)===
A causa dell'assenza del potere imperiale, già a metà del XI secolo le famiglie più potenti delle città italiane del nord e del centro estromisero i conti e i vescovi dall'esercizio del potere. Esse si riunivano in associazioni - ''communes'' - che governavano su ogni aspetto della vita pubblica cittadina. Nonostante lo sviluppo dell'economia a capo di queste associazioni risiedevano comunque militari e aristocratici di basso livello che avevano lottato per l'ereditarietà dei propri feudi.
Da ricordare fra queste città le [[repubbliche marinare]].
Intanto in Germania la corona divenne una carica elettiva. Non solo dunque gli imperatori faticavano a controllare duchi e arcivescovi, ma erano questi a loro volta che eleggevano l'imperatore. Attorno al 1150
si produsse la rivalità fra Welfen e Hohenstaufen, noti in Italia come [[Guelfi e Ghibellini]]. Questi ultimi erano fautori della totale indipendenza del potere imperiale dal papa, mentre i guelfi erano più possibilisti.
L'imperatore [[Federico Barbarossa|Federico I Hohenstaufen]] ([[1155]]-[[1190]]), detto in Italia il Barbarossa, cercò di ripristinare i suoi diritti sia nei confronti del papa sia dei comuni. [[Milano]] venne distrutta nel [[1162]]. Papa Alessandro III (1159-1181) scomunicò Federico che gli aveva opposto un antipapa. Nel [[1174]] L'esercito imperiale, che aveva stipulato una alleanza con la flotta [[venezia]]na, assediò invano [[Ancona]] che oltre ad essere un libero comune era invisa al [[Federico Barbarossa|Barbarossa]] anche perché alleata dell'[[Impero Romano d'Oriente]]. Nel 1176 i comuni, alleati nella [[Lega Lombarda]], sconfissero i tedeschi a [[Legnano]]. Nel [[1183]] si firmò la [[pace di Costanza]] che sostanzialmente riconobbe le pretese dei comuni.
Contemporanemanete al sud si andava formando il [[Regno di Sicilia]]. Nel [[1059]] in normanno [[Roberto il Guiscardo]] strinse un patto con [[Papa Niccolò II]] con cui si dichiarava formalmente suo vassallo, ottenendo in cambio il titolo di duca di Puglia (che comprendeva anche la Basilicata), la Calabria, parte della Campania e Sicilia (che era però ancora in mano ai musulmani). I Normanni riuscirono ben presto a cacciare dal Meridione la presenza bizantina e poterono ben presto dedicarsi alla Sicilia.
[[Ruggero I di Sicilia|Ruggero ''Bosso'' d'Altavilla]], fratello di Roberto, alla testa di un folto gruppo di cavalieri nel [[1061]] sbarcò a [[Messina]] e invase l'isola, riuscendo nel [[1072]] ad arrivare a [[Palermo]], che venne poi eletta capitale. Solo con suo figlio, [[Ruggero II di Sicilia|Ruggero II]], le due corone si unirono per formare il [[Regno di Sicilia]], creando così in Italia uno stato di dimensioni considerevoli: il Regno di Sicilia.
Il potere dei Normanni nell'Italia meridionale ebbe termine tra il [[1194]] (morte di [[Tancredi di Sicilia|Tancredi di Lecce]]) e il [[1198]], quando [[Enrico VI di Svevia|Enrico VI di Svevia, Imperatore del Sacro Romano Impero]] (morto nel [[1197]]), in virtù del suo matrimonio con [[Costanza d'Altavilla]] (morta nel [[1198]]), unì alla corona imperiale quella di re di Sicilia. Il regno subì una svolta accentrativa sotto la direzione di [[Federico II di Svevia|Federico II]] ([[1211]]-[[1250]]), il quale fu scomunicato tre volte, partecipò alla sesta [[crociata]] (da lui stessa indetta), e conquistando [[Gerusalemme]] senza versare sangue ma attraverso trattative con il sultano d'Egitto Al-Kamil, e infine tentò nuovamente di estendere la sua egemonia sui comuni dell'Italia del nord, in una lunga guerra senza successo.
In questo periodo si affacciano nel panorama religioso potenti [[movimenti ereticali medievali|eresie]], che infine vengono controllate dall'istituzione del tribunale dell'[[Inquisizione]].
===L'apogeo del medioevo, la crisi del Trecento, le signorie (1250-1492)===
====Il meridione sotto Angioini e Aragonesi (1250-)====
Il papa, approfittando della morte di Federico II, cercò di insediare al trono del [[Regno di Napoli]] [[Carlo d'Angiò]], fratello del re di [[Francia]]. Carlo trovò però l'opposizione di [[Manfredi]], figlio di [[Federico II]] che inizialmente ottenne una serie di successi, tanto che il partito [[ghibellini|ghibellino]] si affermò in molti comuni italiani, primo tra tutti [[Firenze]]: le milizie [[guelfi|guelfe]] della città furono sconfitte a [[Battaglia di Montaperti|Montaperti]] ([[1260]]) dai [[Siena|Senesi]], ghibellini, aiutati dalle truppe dello stesso Manfredi. Costui fu tuttavia sconfitto pesantemente a [[Battaglia di Benevento|Benevento]] da [[Carlo d'Angiò]] provocando un improvviso crollo del partito ghibellino in tutta [[Italia]].
La dominazione Angioina impose tasse potenti e mise in posti di comando numerosi baroni francesi, alienandosi presto le simpatie del popolo, che nel [[1282]] diede inizio a [[Palermo]] a una sanguinosa rivolta ([[Vespri siciliani]]). I rivoltosi chiamarono in loro aiuto [[Pietro III d'Aragona]], che aveva sposato la figlia di [[Manfredi]]. Ebbe così inizio la cosiddetta [[Guerra del Vespro]] che si concluse soltanto nel [[1302]] con la [[Pace di Caltabellotta]], in seguito alla quale la [[Sicilia]] sarebbe passata a un ramo cadetto della [[Aragona|Casa d'Aragona]]. Il [[Regno di Napoli]] restò invece sotto la dominazione [[Angiò|Angioina]].
{{Vedi anche|Regno di Napoli}}
[[File:Alfonso-V-el-Magnanimo.jpg|200px|right|thumb|[[Alfonso I di Napoli]]]]
Gli angioini, ottenuto il dominio su tutto il [[Mezzogiorno (Italia)|Mezzogiorno]] d'Italia, esclusa la [[Sicilia]], stanziarono a [[Napoli]] la sede del potere regio e conservarono nel nuovo regno l'assetto amministrativo di origine sveva, con [[giustizierati]] e [[università del Regno|universitates]]. Le ultime [[regalia|regalie]] del napoletano furono però perse, quali il diritto del sovrano di nominare degli amministratori regi nelle diocesi con sedi vacanti<ref name= Galasso95 >Galasso G., ''Storia d'Italia'' Vol XV, Utet, Torino 1995</ref>. Con [[Roberto d'Angiò]] a Napoli fiorirono le scienze umanistiche: egli istituì una scuola di teologi scolastici e commissionò importanti traduzioni dal greco, da Aristotele a Galeno, per la biblioteca di Napoli. Furono anche gli anni in cui fiorì la cultura greca di [[Calabria]], grazie alla quale il [[neoplatonismo]] e la cultura ellenistica entrarono nella tradizione italiana, dal [[Petrarca]] a [[Pico della Mirandola]].
Morto Roberto, seguirono anni di incertezze politiche. Scoppiò una guerra di successione fra [[Giovanna I di Napoli]] e [[Carlo di Durazzo]], finché il regno non finì per breve tempo nelle mani di [[Luigi II d'Angiò]]. [[Ladislao I di Napoli|Ladislao I]] infine, figlio di Giovanna, riconquistò Napoli e, sfruttando le incertezze politiche, intraprese una guerra contro lo [[Stato Pontificio]] e i comuni toscani, arrivando ad occupare buona parte dell'Italia centrale: il [[Regno di Napoli]] acquisiva per breve tempo buona parte della penisola italiana.
Nel 1414 però Ladislao morì e il regno tornò presto nei confini originari. Prese il suo posto al trono Giovanna II, l'ultima sovrana angioina nel napoletano; non avendo avuto eredi diretti, Giovanna adottò un aragonese come figlio, [[Alfonso V d'Aragona]], diseredandolo poi del regno, in favore di [[Renato d'Angiò]]. Alla morte di costei Alfonso rivendicò il diritto di successione e dichiarò guerra a Napoli. Col sostegno del [[ducato di Milano]] in breve tempo tutto il [[Mezzogiorno (Italia)|Mezzogiorno]] fu conquistato da [[Alfonso V d'Aragona]], che divenne intanto [[Alfonso I di Napoli]], col titolo di ''Rex Utriusquae Siciliae''. Costui, come poi suo figlio Ferrante, contribuì ampiamente all'ammodernamento del territorio dominato sul modello economico aragonese, tramite il sostegno giuridico della [[transumanza]], i fori boari, il contrasto dei privilegi feudali e l'adozione del [[lingua napoletana|napoletano]] come lingua di stato.
====L'affermazione delle signorie nel nord italia (1259-1328)====
Le Signorie furono l'evoluzione istituzionale di molti [[Comune medievale|comuni]] urbani dell'[[Italia]] [[Italia centrale|centro]]-[[Italia settentrionale|settentrionale]] attorno alla metà del [[XIII secolo]].
Esse si svilupparono a partire dal conferimento di cariche [[podestà (medioevo)|podestarili]] o popolari ai capi delle famiglie preminenti, con poteri eccezionali e durata spesso vitalizia. In tal modo si rispondeva all'esigenza di un [[governo]] stabile e forte che ponesse termine all'endemica instabilità instituzionale ed ai violenti conflitti politici e sociali, soprattutto tra magnati e popolari.<ref>[[Franco Cardini]] e Marina Montesano, ''Storia Medievale'', Firenze, Le Monnier Università/Storia, 2006, pag. 389 "Questi "signori", che non erano dotati di specifiche prerogative istituzionali ma che governavano di fatto fornendo con la loro forza e il loro prestigio la cauzione agli altrimenti esausti governi comunali (ma che in pratica svuotavano quei governi stessi di contenuto), si appoggiavano di solito a titoli di legittimazione che venivano loro "dal basso", dalla costituzione cittadina: potevano quindi essere "podestà" o "capitani del popolo", ma detenere per lungo tempo o addirittura a vita quelle cariche che, di solito, mutavano di breve periodo in breve periodo."</ref>
I signori più forti e ricchi riuscirono quindi ad ottenere la facoltà di designare il proprio successore, dando così inizio a dinastie signorili attraverso la legittimazione dell'[[imperatore]], che concedeva il titolo di [[Duca]] (spesso dietro forti compensi da parte dei Signori). Rimanevano tuttavia funzionanti le [[Comune medievale|istituzioni comunali]], sebbene spesso si limitassero a ratificare le decisioni del Signore.
Le più importanti furono quelle dei [[De Medici]], [[Gonzaga]] e [[Sforza]].
Ma anche quelle dei [[Della Torre]], [[Visconti]], [[Da Montefeltro|Montefeltro]], [[Estensi]], [[Della Scala]] e [[Malatesta]] ebbero, in momenti diversi, notevole importanza.
Inizialmente, le Signorie si presentarono come "cripto-Signorie", cioè delle "Signorie nascoste"; infatti, queste non erano delle istituzioni legittime di cui il popolo conosceva gli aspetti, ma erano appunto "nascoste". Vengono così dette poiché si aggiunsero alle istituzioni comunali senza mostrarsi apertamente e senza mostrare cambiata l'istituzione vigente. Con questa Signoria ancora in ombra (ma già forte) salirono al potere molti avventurieri, ma soprattutto famiglie di antica nobiltà feudale. Queste, dopo aver governato per una o due generazioni, decisero di legittimare il loro potere e di renderlo ereditario. Nel [[XIV secolo]] ottennero il titolo di vicario imperiale e tra il [[XIV secolo|XIV]] e il [[XV secolo|XV]] secolo i titoli di [[duca]] e [[marchese]]. L'assegnazione di questi titoli è indice della stabilizzazione dei poteri signorili. In quel tempo, nell'Italia settentrionale, gli imperatori tedeschi pretendevano la sovranità feudale. Tuttavia, già dalla seconda metà del [[Trecento|'300]], questi non riuscivano a governare le regioni settentrionali. Così si rese possibile l'affermazione delle Signorie.
Alla fine le Signorie si evolsero in Principati con dinastie ereditarie. Ciò avvenne quando i Signori, riconoscendo l'imperatore e pagando una quantità di denaro, vennero legittimati e riconosciuti come autorità da sudditi e principi. Questo cambiamento fu reso possibile grazie all'incapacità dei sovrani tedeschi di mantenere l'ordine nell'Italia del nord e grazie alla poca difficoltà che i Signori incontravano per essere riconosciuti come autorità legittima.
====Il declino del Papato e dell'Impero (1302-1414)====
L'importanza dell'impero nel mondo politico medioevale, e in particolare in quello italiano, era notevolmente calata dopo la sconfitta di [[Federico Barbarossa]] a [[Legnano|Battaglia di Legnano]] nel [[1176]] e quella di [[Manfredi]] nel [[1266]] a [[Benevento]], che avevano segnato la fine del potere politico dell'impero rispettivamente nel Nord e nel Sud [[Italia]].
[[Enrico VII di Lussemburgo]] tentò dopo la sua ascesa al soglio imperiale nel [[1308]] di restaurare l'antico potere imperiale in [[Italia]] trovando però la fiera opposizione del libero comune di [[Firenze]] di papa [[Clemente V]] e di [[Roberto d'Angiò]]. La sua discesa in Italia con la conseguente incoronazione come Imperatore del [[Sacro Romano Impero]] (titolo vacante dalla morte di [[Federico II]], durante il cosiddetto [[grande interregno]]) rimmarrà quindi un gesto puramente simbolico. Nel [[1313]] muore mentre si trova ancora in territorio italiano deludendo così coloro che avevano sperato in una unificazione del suolo italiano sotto la sua bandiera.
Anche il [[Papato]], l'altra grande istituzione medioevale, attraversa un periodo di crisi. Entrambe quese istituzioni si vedono costrette ad accettare la crescente influenza degli [[Stati nazionali]], supportati dalla sempre più potente classe borghese, e la crisi del sistema [[feudale]]simo. [[Bonifacio VIII]] asceso al soglio pontificio nel [[1296]], cercherà di restaurare il potere papale scontrandosi però con [[Filippo IV il Bello]], re di [[Francia]]. Nel punto culminante del conflitto Filippo scese in Italia e, con un gesto impensabile qualche secolo prima, imprigionò il papa ad [[Anagni]] (1303) dove sembra che abbia ricevuto addirittura uno schiaffo ([[Schiaffo di Anagni]]). Nel [[1305]], [[Clemente V]] spostò a sede papale ad [[Avignone]] dove resterà per i successivi settanta anni. I papi avignonesi restarono succubi dei r di Francia e non mancarono di destare scandalo tra i loro contemporanei. Nel [[1377]] si aprirà lo [[Scisma d'occidente]] in seguito al ritorno a [[Roma]] di papa [[Gregorio XI]]: alla sua morte infatti i cardinali romani elessero al soglio pontifico [[urbano VI]] mentre i cardinali francesi [[Clemente VII]]. Lo scisma si compicherà ancor più dopo il [[Concilio di Pisa]] ([[1409]]) che, nel tentativo di unificare di nuovo la cristianità, elesse un altro papa. L'Europa era divisa tra i seguaci dei due (poi tre) "papi" fino alla definitiva fine dello scisma avvenuta col [[Concilio di Costanza]] ([[1414]]).
Lo scisma aveva mostrato la debolezza di una istituzione che era stata un punto di riferimento fondamentale nei secoli passati. Così mentre dal punto di vista culturale il papa perdeva un'egemonia quasi millenaria dal punto di vista politico la [[Cattività avignonese]] e lo Scisma favorirono il distacco definitivo del [[Ducato di Urbino]], già iniziato sotto [[Guido da Montefeltro]] e la nascita per breve tempo di una [[repubblica romana]] tra il [[1347]] e il [[1354]] guidata da [[Cola di Rienzo]]. Questi dopo essersi impadronito del potere tentò di organizzare una repubblica simile a quella romana ma alla fine della sua carriera sconfinò nel delirio e venne linciato dai suoi stessi concittadini che lo avevano sostenuto.
====Le lotte tra gli stati italiani (1412-1454)====
Nella prima metà del XV secolo si ebbe un lungo periodo di guerre che interessò l'intera penisola e fu segnato dai ripetuti tentativi degli Stati più forti di estendere la propria egemonia. Nell'area centro-settentrionale i maggiori contendenti furono il Ducato di [[Milano]] e le Repubbliche di [[Venezia]] e [[Firenze]], impegnati in una politica di espansione territoriale avviata già nel [[XIV secolo|Trecento]] col progressivo assoggettamento del contado da parte delle città.
Il regno di [[Napoli]] fu scosso da una lunga crisi dinastica iniziata nel [[1435]] con la morte dell'ultima regina [[Angioini|angioina]], [[Giovanna II di Napoli|Giovanna II]], e conclusasi solo nel [[1442]] con la vittoria di [[Alfonso V d'Aragona]], che ebbe la meglio sul rivale [[Renato d'Angiò]]. L'avvento della dinastia [[Aragona|aragonese]] dei [[Trastamara]] segnò anche la riunificazione ''de facto'' dei regni di Napoli e [[Sicilia]] e l'avvio di un periodo di stabilità dinastica destinato a durare fino alla fine del secolo.
Il dominio sui mari fu invece l'obiettivo che contrappose gli interessi delle antiche [[repubbliche marinare]]: estromessa [[Amalfi]] già nel [[XII secolo]], lo scontro proseguì tra [[Pisa]], [[Genova]] e [[Venezia]]. Genovesi e Pisani combatterono ripetutamente per il controllo del [[Mar Tirreno|Tirreno]] e nel [[1406]] Pisa fu conquistata da Firenze, perdendo definitivamente la propria autonomia politica. Agli inizi del secolo la contesa era dunque ridotta a un duello fra Genovesi e Veneziani. Per tutto il Quattrocento perdurò uno stato di conflittualità tra le due repubbliche ma non si ebbero battaglie decisive. La potenza di Genova andò affievolendosi nel corso del secolo e Venezia si affermò come padrona dei mari, raggiungendo il culmine della propria ascesa agli inizi del [[XVI secolo]].
Col progressivo declino dell'[[Impero bizantino]], l'altro grande rivale di Venezia - la caduta di [[Costantinopoli]] data al [[1453]] - la ''Serenissima'' poté interessarsi ad una politica di espansione territoriale sulla terraferma che prese avvio proprio agli inizi del XV secolo. Le iniziative militari veneziane entrarono in conflitto con gli interessi del ducato di Milano, impegnato a sua volta in una politica espansionistica guidata della famiglia [[Visconti]]. Nello scontro si inserì anche la repubblica di Firenze, minacciata dall'aggressività viscontea e alleatasi con i Veneziani. La Serenissima riportò una vittoria decisiva nella [[battaglia di Maclodio]] del [[1427]], assumendo una posizione egemone che allarmò i Fiorentini, i quali preferirono rompere l'alleanza e schierarsi dalla parte di Milano. La guerra si protrasse con operazioni di minore portata fino al [[1454]], quando le due rivali siglarono a Lodi una pace destinata a stabilizzare l'assetto politico della Penisola per quarant'anni: Venezia e Milano fissavano sull'[[Adda]] il confine fra i rispettivi territori e rinunciavano ad ulteriori tentativi di espansione, mantenendo in una condizione di equilibrio la frammentata realtà politica italiana.
====La Pace di Lodi e la politica dell'equilibrio (1454-1492)====
La Pace di Lodi, firmata nella [[Lodi|città lombarda]] il [[9 aprile]] [[1454]]<ref name="majocchipace"/><ref name="treccani"/>, mise fine allo scontro fra [[Repubblica di Venezia|Venezia]] e [[Ducato di Milano|Milano]]<ref name="treccani"/> che durava dall'inizio del [[XV secolo|Quattrocento]]<ref name="agebassi55e56">[[Agenore Bassi]], ''Storia di Lodi'', Lodi, Edizioni Lodigraf, 1977, pagg. 54-55. ISBN 8871210182.</ref>.
La rilevanza storica del trattato risiede nell'aver garantito all'[[Italia (regione geografica)|Italia]] quarant'anni di pace stabile<ref name="treccani"/><ref name="ambreck"/>, contribuendo di conseguenza a favorire la rifioritura [[arte|artistica]] e [[letteratura|letteraria]] del [[Rinascimento]]<ref name="bottini"/>.
Venezia e Milano conclusero una pace definitiva il [[9 aprile]] [[1454]] presso la residenza di [[Francesco Sforza]] a [[Lodi]]<ref name="majocchipace"/>; il trattato fu ratificato dai principali [[Antichi Stati italiani|Stati regionali]]<ref name="agebassi55">[[Agenore Bassi]], ''Storia di Lodi'', Lodi, Edizioni Lodigraf, 1977, pag. 55. ISBN 8871210182.</ref> (prima fra tutti Firenze, passata da tempo dalla parte di Milano).
Il [[Italia settentrionale|Nord Italia]] risultava in pratica spartito fra i due Stati nemici, nonostante persistessero alcune potenze minori (i [[Casa Savoia|Savoia]], la [[Repubblica di Genova]], i [[Gonzaga]] e gli [[Estensi]]). In particolare, stabilì la successione di [[Francesco Sforza]] al [[Ducato di Milano]]<ref name="treccani"/>, lo spostamento della frontiera tra i suddetti stati sul fiume [[Adda]]<ref name="treccani"/>, l'apposizione di segnali confinari lungo l'intera demarcazione (alcune croci scolpite su roccia sono tuttora esistenti) e l'inizio di un'alleanza che culminò nell'adesione – in tempi diversi – alla [[Lega Italica (1454)|Lega Italica]].
L'importanza della Pace di Lodi consiste nell'aver dato alla penisola un nuovo assetto politico-istituzionale che – limitando le ambizioni particolari dei vari Stati – assicurò per quarant'anni un sostanziale equilibrio territoriale<ref name="treccani"/><ref name="ambreck"/> e favorì di conseguenza lo sviluppo del [[Rinascimento italiano]]<ref name="bottini"/>.
A farsi garante di tale equilibrio politico sarà poi – nella seconda parte del [[XV secolo|Quattrocento]] – [[Lorenzo de' Medici|Lorenzo il Magnifico]], attuando la sua famosa [[politica dell'equilibrio]].
====Il Rinascimento italiano====
{{Vedi anche|Rinascimento italiano}}
Il Rinascimento italiano è la civiltà culturale ed artistica che, nata a [[Firenze]] e da lì diffondendosi in tutta Europa dalla metà del [[XIV secolo]] a tutto il [[XVI secolo]], voleva riappropriarsi della cultura classica antica, che ad alcuni sembrava alterata dalla [[Medio evo|religiosità medioevale]], proponendosi di recuperarne l'originalità ed il senso della ''naturalità'' dell'uomo.
L'epicentro dell'[[Umanesimo]]-[[Rinascimento]] è [[Firenze]], da dove arriverà alla corte [[Napoli|napoletana]] [[Aragona|aragonese]] di [[Alfonso I]], a quella [[papa]]le di [[Pio II]], il papa [[umanesimo|umanista]], e di [[Leone X]], e a quella [[Milano|milanese]] di [[Ludovico il Moro]].
Politicamente l'Umanesimo in Italia si accompagna alla trasformazione dei [[Comune|Comuni]] in [[Signoria|Signorie]]. L'umanesimo infatti è l'espressione della [[borghesia]] che ha consolidato il suo patrimonio e aspira al potere politico.
Gli sviluppi dell'umanesimo rientrano nella formazione delle [[stato assoluto|monarchie nazionali]] in Europa.
==La sottomissione degli Stati italiani fra 500 e 700==
[[File:Grandi Casate Italiane nel 1499.png|thumb|right|250px|L'Italia nel 1499]]
{{vedi anche|Guerre d'Italia del XVI secolo}}
Il [[1494]] segna la fine della politica dell'equilibrio e l'inizio di quel lungo periodo di conflitti che va sotto il nome di [[Guerre d'Italia del XVI secolo|guerre d'Italia]]. Secondo una fortunata formula storiografica, questa data coincide con la ''fine della libertà italiana'': la Penisola cade sotto l'egemonia delle potenze straniere (prima la [[Francia]], poi la [[Spagna]] e infine l'[[Austria]]), una soggezione dalla quale si libererà solo nel [[1866]] con gli esiti vittoriosi della [[Terza guerra di indipendenza italiana|terza guerra di indipendenza]].
===La discesa di Carlo VIII in Italia===
La riapertura delle ostilità dopo il quarantennio di pace seguito agli accordi di Lodi scaturì dall'iniziativa del re di Francia [[Carlo VIII di Francia|Carlo VIII]], che discese in Italia alla testa di un esercito di venticinquemila uomini con l'obiettivo di riconquistare il regno di Napoli, sul quale vantava diritti in virtù del legame dinastico con gli Angioini. La conquista del reame napoletano rappresentava per Carlo la premessa indispensabile per estendere il proprio controllo all'intera penisola e per affrontare direttamente la minaccia [[Turchi|turca]].
La spedizione del re francese incontrò il favore di molti principi italiani, che intendevano approfittare della sua potenza per conseguire obiettivi propri: il duca di Milano [[Ludovico il Moro]] ottenne grazie all'appoggio di Carlo VIII la cacciata del nipote [[Gian Galeazzo Visconti]], che insidiava il suo potere; a Firenze gli avversari dei [[Medici]] aprirono le porte della città ai Francesi costringendo alla fuga [[Piero il Fatuo]] e restaurando la repubblica sotto la guida di [[Savonarola]]. Anche i [[cardinali]] [[roma]]ni ostili ad [[Papa Alessandro VI|Alessandro VI Borgia]] puntavano alla sua deposizione, ma il papa spagnolo scongiurò colpi di mano garantendo al re il passaggio attraverso i territori pontifici e offrendo suo figlio [[Cesare Borgia|Cesare]] come guida in cambio del giuramento di fedeltà.
Il [[22 febbraio]] [[1495]] Carlo VIII entrò a Napoli, sostenuto da buona parte dei baroni del regno che si erano schierati dalla sua parte contro [[Ferdinando II d'Aragona]]. Ma la conquista non poté essere consolidata, vista l'avversione che la sua impresa aveva suscitato anche da parte di coloro che inizialmente l'avevano favorita: Milano, Venezia e il papa costituirono una lega antifrancese, alla quale diedero il proprio appoggio anche l'[[Massimiliano I d'Asburgo|imperatore Massimiliano]] e la Spagna dei ''Re Cattolici''. Carlo fu costretto a risalire la penisola e a incontrare le truppe della lega a [[Battaglia di Fornovo|Fornovo sul Taro]] nel [[luglio]] del 1495. Anche se non sconfitto, il sovrano dovette riparare in Francia.
Le ostilità ripresero nel [[1499]] con la discesa in Italia di [[Luigi XII di Francia|Luigi XII]], successore di Carlo. Il nuovo sovrano conquistò il ducato di Milano in forza dei diritti ereditati dalla nonna [[Valentina Visconti]] e nel [[1501]] i Francesi occuparono Napoli, ma furono sconfitti dai rivali spagnoli nella [[Battaglia del Garigliano (1503)|battaglia sul Garigliano]] del [[1503]].
Fra il 1499 e il 1503 si colloca anche la folgorante carriera militare di Cesare Borgia, il figlio del papa Alessandro VI. Con l'appoggio della Francia e grazie ad una politica violenta e spregiudicata, il ''Duca Valentino'' (così soprannominato in quanto investito del ducato di [[Valentinois]]) conquistò un dominio a cavallo fra le [[Marche]] e la [[Romagna]] che non gli riuscì di consolidare ed espandere a causa della morte del pontefice nell'[[agosto]] del 1503: la rovina dei Borgia travolse anche il fragile regno del Valentino, che morì sotto le mura della città di [[Viana (Spagna)|Viana]], in [[Navarra]], nel [[1507]], combattendo a difesa del cognato [[Giovanni III d'Albret]].
===Carlo V e Francesco I===
{{vedi anche|Rapporti tra Carlo V e Francesco I}}
[[File:Tizian 081.jpg|right|thumb|Carlo V in un ritratto di [[Tiziano]]]]
Con la formazione della [[Lega di Cambrai]] ([[1508]]), voluta dal papa [[Papa Giulio II|Giulio II della Rovere]] in funzione antiveneziana, i Francesi fecero ritorno in Italia, destando le preoccupazioni dei principi della penisola. Il pontefice costituì allora una [[Lega Santa (1511)|Lega Santa]] che nel [[1513]] costrinse gli ingombranti vicini alla ritirata. Le mire francesi sull'Italia furono ereditate nel [[1515]] da [[Francesco I di Valois]], che sarà protagonista insieme al rivale [[Carlo V d'Asburgo|Carlo V]] di una lunga lotta per l'egemonia continentale che avrà in Italia il suo principale teatro. Col [[trattato di Noyon]] del [[1516]] le due grandi contendenti riconoscevano le rispettive conquiste: alla [[Francia]] veniva confermato il possesso del Ducato di Milano, alla [[Spagna]] quello del Regno di Napoli. Ma l'accordo non bastò a spegnere le rivalità, che esplosero nuovamente nel [[1519]] con l'elezione a [[Sacro Romano Imperatore|imperatore]] di Carlo V, già re di Spagna, Napoli e Sicilia. Nel [[1521]] le armate francesi scesero nuovamente in Italia con l'obiettivo di riconquistare il reame napoletano, ma furono sconfitte nelle battaglie della [[Battaglia della Bicocca|Bicocca]], di [[Romagnano Sesia|Romagnano]] e [[Battaglia di Pavia|di Pavia]], durante la quale lo stesso Francesco I fu fatto prigioniero e condotto a [[Madrid]] per poi essere rilasciato solo dopo la [[Trattato di Madrid|cessione di Milano agli Spagnoli]] ([[1525]]).
[[File:Jean Clouet 001.jpg|230px|left|thumb|Francesco I di Valois]]
L'allarme per la crescente potenza degli [[Asburgo]] portò alla costituzione della [[Lega di Cognac]], promossa dal papa [[Papa Clemente VII|Clemente VII de' Medici]] e siglata dal sovrano francese insieme alle repubbliche di Venezia e Firenze. Un'alleanza fragile che non fu in grado di evitare il terribile [[Sacco di Roma (1527)|sacco di Roma]] del [[maggio]] [[1527]], episodio che suscitò orrore e costernazione in tutto il mondo cattolico: i [[Lanzichenecchi]], soldati imperiali di origine prevalentemente [[Germania|tedesca]] e fede [[Luteranesimo|luterana]], misero sotto assedio la [[Roma|Città Eterna]], che fu espugnata e saccheggiata per giorni. Il papa, asserragliato in [[Castel Sant'Angelo]], fu costretto alla pace con l'imperatore, dal quale ottenne la restaurazione dei Medici a Firenze, dove si era costituita una repubblica ([[1527]]-[[1530]]). Il [[5 agosto]] [[1529]] venne stipulata la [[pace di Cambrai]], con la quale la Francia rinunciava alle mire sull'Italia mentre la Spagna vedeva riconosciuto il possesso di Napoli e Milano.
L'equilibrio fu nuovamente infranto nel [[1542]], con l'inizio di una nuova fase di conflitti franco-spagnoli in territorio italiano. Gli scontri ebbero esiti alterni, sanciti da deboli trattati di pace (come la [[pace di Crépy]] del [[1544]]) e continuarono anche dopo la morte di Francesco I e l'ascesa al trono del suo successore [[Enrico II di Francia|Enrico II]] nel [[1547]]. Ma lo scenario internazionale mutò di colpo nel [[1556]], quando Carlo V abdicò dopo aver diviso i suoi possedimenti fra il figlio [[Filippo II di Spagna|Filippo II]] e il fratello [[Ferdinando I d'Asburgo|Ferdinando I]]. Furono proprio Enrico e Filippo a stipulare nel [[1559]] la [[pace di Cateau-Cambrésis]], che mise fine definitivamente allo scontro tra Francia e Spagna per l'egemonia europea. La Spagna consolidò la propria posizione di dominio in Italia, destinata a durare fino al [[1714]], anno della conclusione della [[guerra di Successione spagnola]] e dell'avvento dell'[[Asburgo d'Austria|Austria]] come potenza egemone sulla penisola. La pace chiuse un sessantennio di guerre continue e sancì quella ''fine della libertà italiana'' avviata dalla spedizione di Carlo VIII nel 1494.
Da questo momento si può considerare esaurita la parabola del Rinascimento: l'Italia è quasi interamente soggetta alla corona spagnola ed è interessata da quel processo di reazione della [[Chiesa cattolica]] al luteranesimo che va sotto il nome di [[Controriforma]]. Il periodo che seguì la fine delle guerre d'Italia - dalla seconda metà del XVI a tutto il [[XVII secolo]] - è stato a lungo etichettato come ''Età della decadenza'', una formula per molti versi semplicistica che è stata fatta oggetto di profonda revisione da molti storici del [[XX secolo]] <ref>AA. VV. ''Storia moderna'', Donzelli editore, Roma 1998 - Cap. XIV, saggio di Marcello Verga ''Gli antichi Stati italiani'' pp. 355-357</ref>.
===La dominazione spagnola===
{{vedi anche|Predominio spagnolo in Italia}}
L'egemonia spagnola in Italia venne ratificata dalla [[pace di Cateau-Cambrésis]]. La Spagna esercitò da allora, e per oltre un secolo e mezzo, il dominio diretto su tutta l'Italia meridionale ed insulare, sul [[Ducato di Milano]] e sullo [[Stato dei Presidi]] nel sud della [[Toscana]]. Lo [[Stato della Chiesa]], il [[Granducato di Toscana]], la [[Repubblica di Genova]] ed altri stati minori furono costretti di fatto ad appoggiare la politica imperiale spagnola. Il Ducato di Savoia, tendente a convertirsi in ago della bilancia fra Francia e Spagna divenne nella realtà dei fatti un campo di battaglia fra queste due potenze. Solo la [[Repubblica di Venezia]] riuscì a conservare una relativa indipendenza che però non fu sufficiente a preservarla da una lenta ma inesorabile decadenza.
====Condizioni dell'Italia nel seicento====
In età moderna, l'Italia, e, più in generale, tutta l'Europa meridionale, ebbe a soffrire dello spostamento delle grandi rotte commerciali dal [[mar Mediterraneo|Mediterraneo]] all'[[Oceano atlantico|Atlantico]], chiaramente percepibile a partire dagli ultimi decenni del '500. Le devastazioni belliche a seguito della [[guerra dei trent'anni]] colpirono soprattutto l'Italia settentrionale: il principale di questi scontri che vide contrapposti gli interessi imperiali a quelli francesi fu la [[guerra di successione di Mantova e del Monferrato]].
La forte pressione fiscale esercitata dalla Spagna sui suoi domini, dovuta alle esorbitanti spese di guerra, invece si fece sentire con gravissime conseguenze in tutto il meridione ed in Lombardia, mentre i vuoti lasciati dalla grave pestilenza del [[1630]] ebbero effetti devastanti sull'economia italiana del tempo. È un dato di fatto che fin dal quarto decennio del [[XVII secolo]] quasi tutta l'Italia era passata ad essere un'area con gravi problemi di sottosviluppo economico, politicamente amorfa, socialmente disgregata. Fame e malnutrizione regnavano incontrastate in molte regioni peninsulari e nelle due isole maggiori.
Il declino culturale dell'Italia non marciò di pari passo con quello politico, economico e sociale. È questo un fenomeno riscontrabile in molti paesi, Spagna compresa. Se nel '500 il [[rinascimento]] italiano produsse i suoi frutti più maturi e si impose all'Europa del tempo, l'arte ed il pensiero barocchi, elaborati a [[Roma]] a cavallo fra '500 e '600 avranno una forza di attrazione ed una proiezione internazionale non certo inferiori. È comunque un dato di fatto che ancora per tutta la prima metà del '600 ed oltre, l'Italia continuò ad essere un paese vivo, capace di elaborare un pensiero filosofico ([[Giordano Bruno]], [[Tommaso Campanella]], [[Paolo Sarpi]]) e scientifico ([[Galileo Galilei]], [[Evangelista Torricelli]]) di altissimo profilo, una pittura sublime ([[Caravaggio]]), un'architettura unica in Europa ([[Gianlorenzo Bernini]], [[Borromini]], [[Baldassare Longhena]], [[Pietro da Cortona]]) ed una musica, sia strumentale ([[Arcangelo Corelli]], [[Girolamo Frescobaldi]], [[Giacomo Carissimi]]) che operistica ([[Claudio Monteverdi]], [[Francesco Cavalli]]) che fece scuola. A questo proposito ricordiamo che il melodramma è una tipica creazione dell'età barocca.
====La rivolta di Masaniello====
[[File:Aniello Falcone - Ritratto di Masaniello.jpg|200px|thumb|left|Masaniello ritratto da [[Aniello Falcone]], 1647.]]
{{vedi anche|Masaniello}}
Gli spagnoli oppressero la popolazione italiana con tasse elevate, suscitando il malcontento della popolazione che in alcuni casi insorse. Una delle rivolte alla dominazione spagnola più note di questo periodo è quella del pescatore Masaniello a Napoli. La rivolta fu scatenata dall'esasperazione delle classi più umili verso le gabelle imposte sugli alimenti di necessario consumo. Il grido con cui Masaniello sollevò il popolo il 7 luglio fu: «Viva il re di Spagna, mora il malgoverno», secondo la consuetudine popolare tipica dell'''[[Ancien régime]]'' di cercare nel sovrano la difesa dalle prevaricazioni dei suoi sottoposti. Dopo dieci giorni di rivolta che costrinsero gli spagnoli ad accettare le rivendicazioni popolari, a causa di un comportamento sempre più dispotico e stravagante Masaniello fu accusato di pazzia, tradito da una parte degli stessi rivoltosi ed assassinato all'età di ventisette anni.
Con la fine di Masaniello la rivolta tuttavia non si spense ed anzi assunse, sotto la guida del nuovo capopopolo [[Gennaro Annese]], un marcato carattere antispagnolo. Gli scontri contro la nobiltà ed i soldati si susseguirono violentissimi nei mesi successivi, fino alla cacciata degli spagnoli dalla città. Il [[17 dicembre]] fu infine proclamata la [[Real Repubblica Napoletana]] sotto la guida del duca francese [[Enrico II di Guisa]], che in qualità di discendente di [[Renato d'Angiò]] rivendicava diritti dinastici sul trono di Napoli. L'esempio di Masaniello fu poi seguito anche da popolani di altre città: da [[Giuseppe d'Alesi]] a [[Palermo]], e da [[Ippolito di Pastina]] a [[Salerno]]. La parentesi rivoluzionaria si concluse solo il [[6 aprile]] [[1648]], quando [[don Giovanni d'Austria (1629-1679)|don Giovanni d'Austria]], figlio naturale di [[Filippo IV di Spagna|Filippo IV]], alla guida di una flotta proveniente dalla Spagna riprese il controllo della città.
====La guerra di successione spagnola====
[[File:Western Europe Utrecht Treaty.jpg|200px|thumb|left|L'europa nel 1713, dopo la pace di Utrecht.]]
{{vedi anche|Guerra di successione spagnola}}
Il [[1º novembre]] [[1700]] moriva [[Carlo II di Spagna]], da tempo malato. Cinque giorni dopo, per [[testamento|disposizione testamentaria]] del defunto re, veniva proclamato nuovo re di [[Spagna]] il duca Filippo d'Angiò, nipote del re di [[Francia]] [[Luigi XIV di Francia|Luigi XIV]], il quale assumeva il nome di [[Filippo V di Spagna|Filippo V]]. A causa delle pessime condizioni di salute in cui versava Carlo II fin dalla nascita, già molto tempo prima che egli scomparisse, le grandi [[monarchia|monarchie]] d'[[Europa]] avevano cominciato ad avanzare varie ipotesi di successione, ratificate in accordi segreti. La maggior parte delle dinastie regnanti al momento vantava parentele con l'illustre moribondo ed erano interessate al trono di Spagna, che sarebbe rimasto vacante con la morte di Carlo II. Con Carlo II ancora in vita, le cancellerie degli Stati interessati iniziarono intense consultazioni diplomatiche al fine di definire un progetto di spartizione che non alterasse gli equilibri geopolitici in Europa e, contemporaneamente, non alterasse neppure le economie dei singoli Stati. La decisione di Carlo II di designare come unico erede Filippo d'Angiò scontentò tutti gli altri regnanti che ambivano al trono di Spagna; poiché il designato [[Filippo V di Spagna|Filippo d'Angiò]], sostenuto dal re di Francia, non avrebbe mai rinunciato ai benefici testamentari di cui era stato gratificato da Carlo II, fu inevitabile il ricorso alle armi.
Il conflitto prese piede con la grande alleanza dell'[[L'Aia|Aja]] del [[7 settembre]] [[1701]], con la quale l'[[Inghilterra]], i [[Paesi Bassi]] e l'[[Austria]] si impegnavano ad impedire che le volontà testamentarie del defunto re di Spagna trovassero definitiva attuazione; sarebbe stato infatti molto difficile fronteggiare un'unica sovranità borbonica da entrambe le parti dei [[Pirenei]]. La guerra durò ben dodici anni e si concluse con la [[Pace di Utrecht]] ([[1713]]). Tale pasce stabiliva per quanto riguarda l'Italia che:
# La Spagna cedeva all'Austria il [[regno di Napoli]] e quello di Sardegna, nonché il [[Ducato di Milano]] e lo [[Stato dei Presidi]] in [[Toscana]].
# Al duca Vittorio Amedeo II di Savoia venne assegnata la [[Regno di Sicilia|Sicilia]] con il relativo titolo regio, nonché [[Casale Monferrato|Casale]] e tutto il [[Monferrato]], parte della [[Lomellina]] e la [[Valsesia]].
# La città di [[Mantova]] rimaneva all'Austria.
La pace di Utrecht segnò dunque la fine della dominazione spagnola in Italia e l'inizio di quella austriaca.
===La dominazione austriaca===
Come conseguenza della [[Guerra di successione spagnola]] (1701 –1714) [[Filippo V di Spagna|Filippo di Borbone]] fu riconosciuto re di Spagna, ma il regno perse con il [[trattato di Utrecht]] i suoi possedimenti in [[Italia]]. Il [[ducato di Milano]], il [[regno di Napoli]] e quello di [[Sardegna]] finirono alla casa degli [[Asburgo]] mentre la [[Sicilia]] dovette essere assegnata alla [[Casa Savoia|casa di Savoia]], regnante [[Vittorio Amedeo II di Savoia|il duca Vittorio Amedeo II]], che nell'occasione era divenuto re. In questo modo era iniziata la dominazione austriaca in Italia, che si protrarrà fino al 1866.
====La guerra della Quadruplice Alleanza====
[[File:Elisabetta Farnese1.jpg|thumb|right|200 px|Elisabetta Farnese, Regina di Spagna]]
{{vedi anche|Guerra della Quadruplice Alleanza}}
La Spagna, per mano del nuovo primo ministro Cardinal [[Giulio Alberoni|Alberoni]], aveva adottato una politica aggressiva verso gli altri paesi cofirmatari dei trattati; e le motivazioni che l’avevano spinta a tanto erano essenzialmente due. Innanzitutto l'insoddisfazione del nuovo Re per la perdita di tutti i possedimenti europei seppur in cambio di un trono. La seconda ragione risiedeva nel fatto che la Regina, [[Elisabetta Farnese]], desiderasse ottenere ducati in Italia per i propri figli. Alberoni e Filippo V la sostennero in questo sforzo, poiché entrambi ambivano a ricostruire la ex Grande Spagna. Perciò accamparono pretese del regno spagnolo su Sardegna e Sicilia.
La Spagna, decisa a conquistare i territori perduti in Italia, nel [[1717]]-[[1718]] prese l'iniziativa occupando prima la [[Sardegna]], in mano agli Asburgo, poi la [[Sicilia]] neoterritorio sabaudo. Questa iniziativa provocò la formazione di una triplice alleanza ([[1717]]), del tutto atipica, tra la Francia, l'Inghilterra e l'Olanda, cui si aggiunse successivamente anche l’Austria, la quale, un anno dopo diede i suoi primi risultati mediante il conseguimento di una importante vittoria a [[Capo Passero]], dove la flotta spagnola fu pesantemente sconfitta (1718).
[[File:The Battle of Cape Passaro.jpg|thumb|left|250 px|La battaglia navale di Capo Passero]]
Nello stesso anno la guerra ebbe fine con il [[trattato dell'Aia (1720)|trattato dell'Aia]] e vi fu un cambio di isole italiane tra Asburgo e Savoia: ai primi andò la Sicilia (allora più ricca rispetto all'isola sarda) e il titolo regio di Vittorio Amedeo II cambiò da Re di Sicilia (trattato di Utrecht) a Re di Sardegna; i Savoia porteranno questo titolo fino all'unificazione del Regno d'Italia. Al figlio di Elisabetta Farnese, [[Carlo III di Spagna|Carlo]] (1716 – 1788), furono promessi i ducati di [[Parma]], di [[Piacenza]] e di [[Toscana]], che dopo la prossima estinzione della linea maschile dei Farnese gli sarebbero stati attribuiti.
La Spagna negli anni successivi uscirà dal suo isolamento e con la [[Guerra di successione polacca]] (1733 – 1738) riuscirà persino a portare sotto il suo controllo Napoli e la Sicilia.
====La guerra di successione polacca====
{{vedi anche|
La guerra di successione polacca prese avvio nell'anno [[1733]] con la morte del Re di Polonia [[Federico Augusto I di Sassonia|Augusto II]], appartenente alla dinastia [[Wettin]]. L’interesse delle dinastie regnanti in [[Europa]] pretendenti al trono vacante di Polonia era quello di installare sul trono polacco uno che facesse gravitare il suo regno in una certa zona di influenza piuttosto che in un'altra e che, al momento opportuno, in caso di conflitto o di negoziati diplomatici aumentasse il peso di un'alleanza piuttosto che di un'altra. La situazione politica europea dell'anno [[1733]] vedeva schierati da una parte la triplice alleanza costituitasi nell'anno precedente tra [[Russia]], [[Prussia]] e [[Austria]]. Dall'altra, l’alleanza tra Francia e Spagna, entrambi [[Borbone]] e legati dal vecchio patto che aveva già visto uniti i rispettivi troni nel corso della precedente "[[guerra di successione spagnola]]"; ad essi si aggiunsero i Savoia.
Il primo ministro francese [[André-Hercule de Fleury|Andrea de Fleury]] riuscì a porre sul trono polacco il Leszczyński, ma l’intervento militare russo costrinse quest’ultimo alla fuga consentendo all’altro candidato Augusto III di Sassonia di insediarsi a sua volta sul trono polacco. Ciò mortificò la Francia che, per vendetta, scatenò una offensiva bellica contro l’Austria. Lo scacchiere era sempre lo stesso: il sud Italia, la [[Renania]] e la [[Lorena (regione francese)|Lorena]]. Questa volta, però, le operazioni militari si protraevano stancamente, anche perché Carlo d’Asburgo aveva necessità di farsi riconoscere la [[Prammatica Sanzione]] da parte delle altre case regnanti d’[[Europa]], tra cui i Borboni di Francia e Spagna con i quali l’Austria si trovava in guerra. Carlo d’Asburgo, quindi, più che controbattere, subiva la guerra con la Francia. Nel 1734 con la [[battaglia di Bitonto]], i Regni di Napoli e Sicilia ritornano formalmente indipendenti, dopo oltre due secoli di dominazione politica prima spagnola e poi austriaca. Sul trono di Napoli si insediarono i [[Borboni]] di [[Spagna]].
Dopo due anni di azioni belliche, la Francia e l’Austria sottoscrissero il [[3 ottobre]] [[1735]] un preliminare di pace contenente il riassetto degli Stati italiani. Gli accordi prevedevano l’assegnazione del Granducato di Toscana a [[Francesco I di Lorena|Francesco III Stefano di Lorena]], una volta scomparso [[Gian Gastone de' Medici|Gian Gastone]], ultimo rappresentante della dinastia [[de' Medici]], per compensare l’assegnazione della Lorena al Leszczyński. L’Austria manteneva il porto franco di [[Livorno]] ma cedeva a don Carlos di Borbone lo [[Stato dei Presidi]], il [[Regno di Napoli]] nonché il [[Regno di Sicilia]] che essa aveva scambiato con la [[Sardegna]] nel [[1720]] a seguito della Pace dell’[[L'Aia|Aja]]. Il Piemonte sabaudo veniva potenziato con l’acquisizione delle [[Langhe]] e dei territori orientali del milanese e veniva autorizzato, inoltre, alla costruzione di piazzeforti nei territori appena conquistati. All’Austria veniva riconosciuta la “prammatica sanzione” e veniva restituito il [[Ducato di Parma e Piacenza]].
I preliminari di [[Vienna]] del [[1735]], innanzi descritti, furono recepiti prima nel terzo trattato di Vienna del 1738 e poi nella Pace di Parigi del 1739 che pose definitivamente fine alla guerra, stabilendo l'ascesa al trono di Polonia del candidato austro-russo. Gli accordi sottoscritti dalla Francia e dall’Austria con il trattato di Vienna del 1738 avrebbero dovuto costituire per gli Stati italiani una sistemazione definitiva e stabile nel quadro della politica di equilibrio tra tutte le maggiori potenze europee della prima metà del [[XVIII secolo]]. Ma l’assetto geopolitico dell’Italia, nato a conclusione della guerra di successione polacca, sarebbe stato nuovamente turbato nello spazio di qualche anno.
====Guerra di successione austriaca====
{{vedi anche|
{{Quote|L'Italia è un carciofo, bisogna mangiarne una foglia alla volta.|[[Carlo Emanuele III di Savoia]], in seguito alla mancata acquisizione di Milano.<ref>''La Storia d'Italia a fumetti'' di Enzo Biagi, capitolo "Un altro italiano a Madrid", pag. 319</ref>}}
Nel mese di ottobre del [[1740]], all'età di soli 56 anni, moriva improvvisamente, privo di figli maschi, [[Carlo VI d'Asburgo]] e saliva al trono d'[[Austria]] la figlia primogenita Maria Teresa, di soli 23 anni, sposa di [[Francesco I di Lorena|Francesco Stefano di Lorena]]. L'ascesa al trono di [[Maria Teresa d'Asburgo]] provocò l'insorgere di numerosi dissensi tra le case regnanti in Europa che sfociarono in una sanguinosa guerra, passata alla storia come guerra di successione austriaca. Nel corso di questa guerra, che si combattè anche in Italia, la città di Genova venne occupata per un breve periodo dagli Austriaci (1746). I Genovesi però non ci stavano a sottostare alla dominazione austriaca e si rivoltarono. La rivolta iniziò grazie al gesto patriottico di un ragazzino, Balilla, che lanciò un sasso contro un soldato austriaco. I Genovesi riuscirono alla fine a cacciare gli Austriaci. La fine della guerra fu siglata dalla [[Pace di Aquisgrana]] ([[1648]]).
Con gli accordi di [[Aquisgrana]], l'Italia aveva subito un riassetto tale da trasformarla in un insieme di stati dall'equilibrio stabile per lungo tempo. L'Austria aveva ripreso il possesso del milanese e ripristinato la propria influenza sul [[Ducato di Modena]]. Il [[Regno di Sardegna|regno sardo]] aveva acquisito ampliamenti territoriali verso la valle padana e si era consolidato con la riappropriazione di [[Nizza]] e della [[Savoia (dipartimento francese)|Savoia]]. La Spagna era stata tacitata mediante la cessione del Ducato di Parma e Piacenza a Felipe di Borbone, mentre il fratello di questi rimaneva nel pieno possesso dei regni di Napoli e della Sicilia, per nulla rimessi in discussione. L'Italia si avviava, quindi, ad un lungo periodo di stabilità che sarà scosso soltanto sul finire del secolo a seguito del coinvolgimento della penisola nei fatti legati alla rivoluzione francese e all'epopea bonapartista.
====Condizioni dell'Italia nel settecento====
Attorno agli anni '30 del [[XVIII secolo]], si assiste ad una timida ripresa dell'economia italiana che si consolidò, soprattutto nel meridione, nei decenni successivi. L'[[illuminismo]], nato in [[Inghilterra]], ma diffusosi in Italia attraverso l'intermediazione dei ''philosophes'' francesi iniziò a far sentire i suoi benefici influssi nel nord ([[Parma]]) come a [[Napoli]] e in [[Sicilia]], dove regnò uno dei più grandi sovrani europei del tempo: il futuro [[Carlo III]] di Spagna. L'Austria, che, come abbiamo già visto, si era sostituita alla Spagna come potenza egemonica in Italia, soprattutto nella sua parte centro-settentrionale, fu governata da alcuni monarchi particolarmente capaci, [[Maria Teresa]] e [[Giuseppe II]] in particolare, che introdussero in Lombardia, nel [[Trentino]] e nella regione di [[Trieste]] (la futura Venezia Giulia) delle riforme atte a fomentare lo sviluppo economico e sociale di quelle terre.
==L'Italia sotto il dominio napoleonico==
{{Vedi anche|Età napoleonica}}[[
Verso la fine '700 sulla scena politica italiana si affacciò [[Napoleone Bonaparte]]. Questi nel [[1796]], comandò, come generale, la campagna italiana, al fine di far abbandonare al [[Regno di Sardegna]] la [[Prima coalizione]], creata contro lo stato francese, e per far arretrare gli austriaci.
Gli scontri iniziarono il [[9 aprile]], contro i piemontesi e nel breve volgere di due settimane [[Vittorio Amedeo III di Savoia]] fu costretto a firmare l'armistizio. Il [[15 maggio]] poi il generale francese entrò a [[Milano]], venendo accolto come un liberatore. Successivamente respinse le controffensive austriache e continuò ad avanzare, fino ad arrivare in [[Veneto]] nel [[1797]]. Qui si verificò anche un episodio di ribellione a causa dell'oppressione francese chiamato [[Pasque Veronesi]], che tenne occupato Napoleone per circa una settimana. Con il diretto intento di danneggiare il pontefice fu proclamata nel [[1797]] la [[Repubblica Anconitana]] con capitale [[Ancona]] che fu poi unita alla [[Repubblica Romana (1798-1799)|Repubblica Romana]]: il tutto ebbe però breve durata, poiché nel [[1800]] lo [[Stato Pontificio]] fu ripristinato.
A ottobre del [[1797]] venne firmato il [[Trattato di Campoformio]] con il quale la [[Repubblica di Venezia]] fu annessa allo stato austriaco, causando quindi la delusione dei patrioti italiani. Il trattato riconobbe anche l'esistenza della [[Repubblica Cisalpina]], la quale comprendeva [[Lombardia]], [[Emilia-Romagna]] oltre a piccole parti di [[Toscana]] e [[Veneto]], mentre il [[Piemonte]] venne annesso alla [[Francia]] provocando qualche [[Massa cristiana|moto di ribellione]]. Nel [[1802]] venne poi denominata [[Repubblica Italiana (1802-1805)|Repubblica Italiana]], con [[Napoleone Bonaparte]], già Primo Console della [[Francia]], in qualità di Presidente.
[[
Il [[2 dicembre]] [[1804]] Napoleone fu incoronato Imperatore dei Francesi. In conformità col nuovo assetto monarchico francese Napoleone divenne anche Re d'Italia, tramutando la Repubblica italiana in Regno d'Italia. Questa decisione lo mise in contrasto con l'Imperatore del neonato [[Impero austriaco]] [[Francesco II]] che, essendo prima di tutto Imperatore dei Romani, risultava [[de iure]] pure Re d'Italia. La situazione si risolse con la guerra contro la [[Terza coalizione]]: l'Austria venne sconfitta ([[2 dicembre]] [[1805]]) e il [[trattato di Presburgo]] ([[26 dicembre]] [[1805]]) pose di fatto fine al [[Sacro Romano Impero]] che verrà però sciolto solo nel [[1807]].
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Proprio nel [[1808]] il Regno d'Italia subì un ampliamento con le annessioni di [[Toscana]] e [[Marche]].
Nel [[1809]], Bonaparte occupò [[Roma]], in seguito a contrasti con il papa, che l'aveva scomunicato, e per mantenere in efficenza il proprio stato<ref>{{
Nella conquista della [[Russia]], che Napoleone intraprese nel [[1811]], fu determinante l'appoggio degli abitanti della penisola italiana, ma questa si risolse con una sconfitta e molti italiani trovarono la morte.
Dopo la fallimentare campagna di Russia gli altri stati europei si riorganizzarono, coalizzandosi tra loro e sconfiggendo Bonaparte a [[Lipsia]]. I suoi stessi alleati, primo tra tutti [[Gioacchino Murat|Murat]], lo abbandonarono alleandosi con l'[[Austria]].<ref>{{
==La Restaurazione==
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==Il Regno di Sardegna==
{{vedi anche|Regno di Sardegna}}
[[
[[Ferdinando II di Aragona]] e [[Isabella di Castiglia]] si sposarono a [[Valladolid]] il [[17 ottobre]] [[1469]], con un accordo conosciuto anche come la ''concordia di Segovia''. Nel [[1475]], i due sovrani avevano giurato di non fondere le due corone in un unico Stato e ciascuna entità conservò le sue istituzioni e le sue leggi: entrambi infatti si fregiavano del titolo di Re di Sardegna. Con il matrimonio della loro figlia [[Giovanna di Aragona e Castiglia|Giovanna]] con [[Filippo I di Castiglia|Filippo d'Asburgo]] e la nascita di [[Carlo V
Lo Stato si estinse nel [[1861]] con la proclamazione del [[Regno d'Italia]] da parte del suo XXIV e ultimo sovrano, [[Vittorio Emanuele II]] di [[Casa Savoia|Savoia]].
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===I Savoia===
{{Vedi anche|Casa Savoia}}
[[
Riuscirono abilmente nel [[XVII secolo|XVII]] e nel [[XVIII secolo]] a difendersi dalle mire espansionistiche del [[Francia|regno di Francia]] mantenendo tenacemente la loro autonomia. Da quando poi [[Emanuele Filiberto di Savoia]] spostò la capitale da [[Chambéry]] a [[Torino]] per meglio difendersi dagli attacchi nemici, la dinastia prese le redini della storia piemontese mantenendo il dominio sul [[Ducato di Savoia|ducato]] prima e sul [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]] poi, fino alla unità d'Italia.
Nel 1720, con l'istituzione sovrana vennero a pieno titolo annoverati fra le grandi casate d'Europa, fregiandosi dei titoli di: Re di [[Regno di Cipro|Cipro]], di [[Regno di Gerusalemme|Gerusalemme]], d'[[Regno di Armenia|Armenia]]; [[Ducato di Savoia|duchi di Savoia]], di [[Monferrato]], [[Chablais]], [[Ducato di Aosta|Aosta]] e [[Genova]]; principi di [[Principato di Piemonte|Piemonte]] ed [[Oneglia]]; marchesi di [[Saluzzo]], [[Susa (Italia)|Susa]], [[Ivrea]], [[Ceva]], [[Maro]], [[Oristano]], [[Sezana]]; conti di [[Moriana]], [[Genova]], [[
Il [[17 marzo]] [[1861]] ottennero la corona di [[Re d'Italia]]. Nel [[1936]] [[Vittorio Emanuele III di Savoia]] fu proclamato [[Imperatore]] d'[[Etiopia]], e nel [[1939]] Re d'[[Albania]].
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==I moti carbonari==
{{vedi anche|Carboneria}}
[[
Dopo la [[Restaurazione]], che aveva portato al ritorno degli antichi sovrani e alla cessione di regioni italiane all'[[Austria]] portarono alla nascita di forti ideali patriottici. Nacque così la [[Carboneria]] e si diffuse proprio nelle regioni cedute agli austriaci e in [[Romagna]], grazie anche a [[Piero Maroncelli]].
I primi moti carbonari nella penisola italiana vi furono nel [[Moti del 1820-1821|1820-21]] e colpirono il [[Regno di Napoli]] nel [[luglio]] [[1820]] e il [[Regno di Sardegna|Piemonte]] nel [[marzo]] [[1821]]. A Napoli il sovrano fu costretto a cedere la costituzione, obiettivo dei carbonari, ma l'intervento degli austriaci riportò tutto come prima, e stessa cosa nel Regno di Sardegna. Contemporaneamente in [[Lombardia]] e [[Veneto]] vi furono molti processi, i più famosi al conte [[Federico Confalonieri]], a [[Silvio Pellico]] e [[Piero Maroncelli]].
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===Prima guerra d'indipendenza===
{{Vedi anche|prima guerra di indipendenza italiana}}
[[
Dopo le [[Napoleone Bonaparte|campagne napoleoniche]], spinte nazionali e nazionalistiche appoggiate dai [[casa Savoia|Savoia]], che videro in queste l'opportunità di allargare il proprio [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]], portarono ad una serie di [[Guerre di indipendenza italiane|guerre di indipendenza]] contro l'[[Impero Austro-Ungarico]].
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===Seconda guerra d'indipendenza===
{{Vedi anche|seconda guerra di indipendenza italiana}}
[[
Nel [[1852]] divenne primo ministro del [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno Sabaudo]] [[Camillo Benso Conte di Cavour]], il quale attuò numerose riforme economiche al fine di rendere lo stato di Sardegna più moderno, aumentando le [[ferrovie]], ampliando il porto di Genova e favorendo la nascita dell'industria, fino ad allora inesistente nel Paese.
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Ricevuti pareri favorevoli all'azione da [[Napoleone III]] nel [[1858]] i due strinsero un accordo segreto a [[Plombières]], con il quale i francesi avrebbero sostenuto i Savoia in caso di attacco austriaco a patto che fossero gli austriaci ad attaccare. I due però avevano scopi opposti: Cavour riteneva che controllando la parte più sviluppata d'Italia avrebbe di fatto controllato l'intera penisola, mentre Napoleone III era convinto che avendo sotto il suo dominio i due terzi della penisola, avrebbe di fatto controllato anche il Piemonte.
[[
Adottando un comportamento provocatorio nei confronti degli austriaci Cavour riuscì nell'intento di farsi dichiarare guerra, dando inizio alla [[seconda guerra di indipendenza italiana]], che iniziò il [[29 aprile]] [[1859]]. Gli austriaci, sotto la guida del [[maresciallo]] [[Ferencz Gyulai]], inizialmente invasero il [[Piemonte]], senza incontrare resistenze. Un contrordine proveniente da [[Vienna]] impose poi il ritiro in [[Lombardia]]. L'arrivo di [[Napoleone III]], il [[14 maggio]], diede il via alle operazioni militari. Il [[20 maggio]] si ebbe il primo e vero scontro a [[Montebello della Battaglia|Montebello]], che vide la vittoria franco-italica. Dieci giorni dopo i piemontesi riportarono un'altra vittoria a [[Palestro]], sotto la guida stessa di [[Vittorio Emanuele II di Savoia|Vittorio Emanuele II]]. I francesi, invece, batterono gli austro-ungarici a [[Turbigo]] e [[Battaglia di Magenta|Magenta]]. Il [[5 giugno]] venne poi presa [[Milano]]. Nei giorni successivi gli austriaci vennero respinti in [[Veneto]] e, a questo punto, [[Napoleone III]] cominciò le trattative, a insaputa dei piemontesi, che terminarono con la cessione della [[Lombardia]]. Gli accordi di Plombières, prevedevano però la conquista del Veneto e Cavour deluso tentò, senza successo, di convincere il re a continuare da solo. Terminata la seconda guerra di indipendenza alcuni ducati vollero unirsi allo stato sabaudo ed erano Modena, Parma, Emilia, Romagna e Toscana. Gli accordi di Plombières prevedevano però la cessione di [[Nizza]] e della [[Savoia]], cosa che provocò varie proteste, in quanto non era stata mantenuta la promessa di conquistare anche il [[Veneto]].
Il [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]] comprendeva a questo punto i territori delle attuali regioni [[Piemonte]], [[Sardegna]], [[Lombardia]], [[Emilia-Romagna]], [[Liguria]] e [[Toscana]], mentre rimanevano esclusi quelli di [[Umbria]], [[Marche]] e [[Lazio]], sottoposti al dominio pontificio, oltre al sud.
Nel [[1860]] venne organizzata la [[spedizione dei Mille]], guidata da [[Giuseppe Garibaldi]]. Partiti da [[Quarto dei Mille|Quarto]] il [[5 maggio]], sbarcarono l'[[11 maggio|11]] a [[Marsala]]. Mentre Garibaldi, insieme ai ''picciotti'' siciliani conquistava l'isola, nella parte continentale del [[Regno delle due Sicilie]]
Il [[7 settembre]] Garibaldi entrò trionfalmente a [[Napoli]], abbandonata dal re [[Francesco II di Borbone]] in favore di [[Gaeta]]. La sconfitta finale dei borbonici avvenne sul [[Volturno]] il [[1º ottobre]] [[1860]]. Il [[21 ottobre]] si tennero i [[plebisciti]] che decretarono l'annessione dei territori delle [[Regno delle due Sicilie|Due Sicilie]] al [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno Sabaudo]].
Mancavano ancora [[Veneto]] e [[Friuli]], [[Roma]], [[Trentino-Alto Adige]] e [[Venezia Giulia]]. Il parlamento sardo decise allora di proclamare nel [[1861]] il [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] consegnando la corona a [[Vittorio Emanuele II]] e ai suoi eredi. Lo [[statuto albertino]] venne esteso a tutto il Regno.
===Terza guerra d'indipendenza===
[[
{{Vedi anche|terza guerra di indipendenza italiana}}
Per conquistare Veneto e Friuli nel [[1866]] il [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] dichiarò guerra all'[[Austria]] alleandosi con la [[Prussia]] e dando così iniziò alla [[Terza guerra di indipendenza italiana|terza guerra di indipendenza]]. Le sconfitte però furono molte, le più famose a [[Battaglia di Custoza|Custoza]] e [[Battaglia di Lissa|Lissa]]. Gli unici successi vennero ottenuti da [[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]]. La vittoria prussiana, però, fu d'aiuto all'[[Italia]], che poté quindi richiedere l'annessione di [[Veneto]] e [[Friuli]].
Mancava [[Roma]] e per due volte [[Giuseppe Garibaldi]] ne tentò la conquista con i suoi volontari: nel [[1862]] e nel [[1867]], venendo fermato nel primo caso dalla truppe italiane, nel secondo dall'esercito francese, che anche nel [[1862]] aveva costretto l'esercito regio a intervenire.
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== L'Italia liberale (1861-1914) ==
{{vedi anche|Regno d'Italia (1861-1946)
Lo [[stato italiano]] nacque nel [[1861]] dopo l'esito della [[Seconda guerra di indipendenza italiana|seconda guerra di indipendenza]] e dopo i plebisciti degli altri territori conquistati. Con la prima convocazione del Parlamento italiano del [[18 febbraio]] [[1861]] e la successiva proclamazione del [[17 marzo]], Vittorio Emanuele II fu il primo re d'Italia ([[1861]]-[[1878]]).
La popolazione, rispetto l'originario [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]], quintuplicò.
Istituzionalmente e giuridicamente, il Regno d'Italia venne configurandosi come un ingrandimento del [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]], esso fu infatti una monarchia costituzionale.
Il neonato Stato quindi si ritrovò, fin dai primi tempi, a tentare di risolvere problemi di standardizzazione delle leggi, di mancanza di risorse a causa delle casse statali vuote per le spese belliche, di creazione di una moneta unica per tutta la penisola e più in generale problemi di gestione per tutte le terre improvvisamente acquisite.
A questi problemi, se ne aggiungevano altri, come ad esempio l'analfabetismo e la povertà diffusa, nonché la mancanza di infrastrutture.
La questione che tenne banco nei primi anni della riunificazione d'Italia fu la [[questione meridionale]] ed il [[brigantaggio]] antisabaudo delle regioni meridionali (soprattutto tra il [[1861]] e il [[1869]]). Il problema era noto come la "[[questione meridionale]]". Ulteriore elemento di fragilità era costituito dall'ostilità della Chiesa cattolica e del clero nei confronti del nuovo Stato, ostilità che si sarebbe rafforzata dopo il [[1870]] e la presa di Roma ([[questione romana]]).
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===La destra storica ===
{{vedi anche|Destra storica}}
[[
La Destra storica, composta principalmente dall'alta borghesia e dai proprietari terrieri, formò il nuovo governo, che ebbe come primi obiettivi il completamento dell'unificazione nazionale, la costruzione del nuovo stato (per il quale si scelse un modello centralista) e il risanamento finanziario mediante nuove tasse che produssero scontento popolare e accentuarono il [[brigantaggio]], represso con la forza.
In politica estera, la Destra storica mantenne la tradizionale alleanza con la [[Francia]], anche se le due nazioni si scontrarono in diverse questioni, prime fra tutte l'annessione del [[Veneto]] e la presa di [[Roma]].
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===La sinistra storica ===
{{vedi anche|Sinistra storica}}
[[
La Sinistra abbandonò l'obiettivo del pareggio di bilancio e avviò delle politiche di democratizzazione e ammodernamento del paese, investendo nell'istruzione pubblica e allargando il suffragio, e avviando una politica protezionistica di investimenti in infrastrutture e sviluppo dell'industria nazionale coll'intervento diretto dello stato nell'economia.
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===L'epoca giolittiana===
{{vedi anche|Età giolittiana}}
[[
Come neo-presidente del Consiglio si trovò a dover affrontare, prima di tutto, l'ondata di diffuso malcontento che la politica [[Francesco Crispi|Crispina]] aveva provocato con l'aumento dei prezzi. Ed è con questo primo confronto con le parti sociali che si evidenziò la ventata di novità che Giolitti portò nel panorama politico a cavallo tra il [[XIX secolo|XIX]] ed il [[XX secolo]]. Non più [[repressione]] autoritaria, bensì accettazione delle proteste e quindi degli scioperi, purché non violenti né politici, con lo scopo (riuscito) di portare i socialisti nell'arco parlamentare.
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Attraverso i commercianti e gli studiosi italiani che frequentavano la zona, già dagli [[anni 1860|anni Sessanta]], l'[[Italia]] cercò di dividere i due Negus al fine di penetrare, prima politicamente e poi militarmente, all'interno dell'Etiopia. Tra i progetti ci fu l'occupazione della città santa di [[Harar]], l'acquisto di [[Zeila]] dai britannici e l'affitto del porto di [[Chisimaio]], posto alla foce del [[Giuba (fiume)|Giuba]], in [[Somalia]]. Tutti e tre i progetti non si conclusero positivamente.
[[
Nel [[1889]] l'Italia ottenne, tramite un accordo da parte del Console italiano di [[Aden]] con i i Sultani che governavano la zona, i protettorati su Obbia e su [[Migiurtina]]. Nel [[1892]] il [[Sultano]] di [[Zanzibar]] concesse in affitto i porti del [[Benadir]] (fra cui [[Mogadiscio]] e [[Brava]]) alla società commerciale "Filonardi". Il [[Benadir]], sebbene gestito da una società privata, fu sfruttato dal Regno d'Italia come base di partenza per delle spedizioni esplorative verso le foci del Giuba e dell'[[Omo]], e per ottenere il protettorato sulla città di [[Lugh]].
A seguito della sconfitta e della morte dell'Imperatore Giovanni IV in una guerra contro i [[dervisci]] sudanesi (1889), l'esercito italiano occupò una parte dell'altopiano etiopico, compresa la città di [[Asmara]], sulla base di precedenti accordi fatti con [[Menelik II d'Etiopia|Menelik]] il quale, con la morte del rivale, era riuscito a farsi riconoscere [[Negus]] Neghesti, cioè “Re di Re” (“Imperatore”). Con il trattato che seguì, [[Menelik II d'Etiopia|Menelik]] accettò la presenza degli italiani sull'altopiano etiope e riconobbe nell'Italia l'interlocutore privilegiato con gli altri paesi europei. Quest'ultimo riconoscimento fu interpretato dagli italiani come l'accettazione di un [[protettorato]] e negli anni seguenti sarà fonte di discordie fra i due paesi.
La politica di progressiva conquista dell'Etiopia si concretizzò con la [[campagna d'Africa Orientale]] (1895-1896) e terminò con la [[battaglia di Adua|sconfitta di Adua]] ([[1º marzo]] [[1896]]). Fu uno dei pochi successi della resistenza africana al [[colonialismo]] europeo del [[XIX secolo]]. Anche dopo questa cocente sconfitta la politica coloniale nel Corno d'africa continuò con il protettorato sulla [[Somalia]], dichiarata colonia nel [[1905]].
=== Dalla Sirte al Ciad ===
Uno dei tentativi di creare un Impero coloniale oltre il Corno d'Africa era quello di un'espansione che andasse dal [[mare Mediterraneo]] al [[golfo di Guinea]]. Il progetto non venne mai esplicitato pubblicamente, ma fu chiaro durante le trattative per il [[Trattato di Versailles (1919)]], dopo la [[prima guerra mondiale]], che causò frizioni diplomatiche con la [[Francia]]. Per realizzare questa intenzione, avendo già formale possesso della [[Libia]], il corpo diplomatico italiano chiese di avere la colonia tedesca del [[Camerun]] e cercò di ottenere, come compenso per la partecipazione alla guerra mondiale, il passaggio del Ciad dalla Francia all'Italia. Il progetto fallì quando il Camerun venne assegnato alla [[Francia]] e l'Italia ottenne solamente l'[[Oltregiuba]], oltre a una ridefinizione dei confini tra la Libia e ed il [[Ciad]], possedimento francese.
Una delle richieste italiane durante il [[Trattato di Versailles (1919)|
==== Fatti di sangue durante il dominio coloniale italiano ====
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===L'iniziale neutralità===
{{Vedi anche|Neutralità italiana (1914-1915)}}
[[
Nella [[prima guerra mondiale]] l'Italia rimase inizialmente neutrale, per poi scendere al fianco degli alleati il [[23 maggio]] [[1915]] dopo la firma del segreto [[Patto di Londra]].
L'accordo prevedeva che l'[[Italia]] entrasse in guerra al fianco dell'Intesa entro un mese, ed in cambio avrebbe ottenuto, in caso di vittoria, il [[Trentino]], il [[Tirolo]] fino al [[Passo del Brennero|Brennero]] ([[Provincia autonoma di Bolzano|Alto Adige]]), la [[Venezia Giulia]], l'intera [[penisola istriana]], con l'esclusione di [[Fiume]], una parte della [[Dalmazia]].
Per quanto riguarda i possedimenti coloniale l'Italia avrebbe conquistato l'arcipelago del [[Dodecaneso]] (occupato, ma non annesso a colonia dopo la [[guerra italo-turca]]), la base di [[Valona]] in [[Albania]] , il bacino carbonifero di [[Adalia (Turchia)|Adalia]] in [[Turchia]], nonché un'espansione delle colonie africane, a scapito della Germania (l'Italia in Africa possedeva già [[Libia]], [[Somalia italiana|Somalia]] ed [[Colonia Eritrea|Eritrea]]).
===
Lo stato italiano decise di entrare in guerra il [[24 maggio]] [[1915]].
[[
Il comando dell'esercito venne affidato al generale [[Luigi Cadorna]], che aveva come obiettivo il raggiungimento di [[Vienna]] passando per [[Lubiana]]<ref>{{
Il fronte aperto dall'Italia ebbe come teatro le [[Alpi]], dallo [[Stelvio]] al mare [[Adriatico]]. Lo sforzo principale per sfondare il fronte fu concentrato nella regione delle valli [[Isonzo]], in direzione di [[Lubiana]]. Dopo un'iniziale avanzata italiana, gli austro-ungarici ricevettero l'ordine di trincerarsi e resistere. Si arrivò così a una guerra [[Guerra di trincea|posizione]] simile a quella che si stava svolgendo sul fronte occidentale. La guerra continuò con pochi risultati e molte perdite nel corso del 1915, 1916, 1917.
Visti gli esiti dell'ultima offensiva italiana e i rinforzi provenienti dal fronte orientale, austro-ungarici e tedeschi decisero di tentare l'avanzata.
{{vedi anche|Battaglia di Caporetto}}
Il [[24 ottobre]] gli austro-ungarici e i tedeschi ruppero il fronte convergendo su Caporetto e accerchiarono la 2<sup>a</sup> [[Armata]] comandato dal generale [[Luigi Capello]]. Il generale Capello e Luigi Cadorna da tempo avevano il sospetto di un probabile attacco, ma sottovalutarono le notizie e l'effettiva capacità offensiva delle forze nemiche. Gli austriaci avanzarono per 150 km in direzione sud-ovest raggiungendo Udine in soli quattro giorni. L'unica armata che resistette al disastro<ref>Puntata del "La grande storia" dal tiolo "Casa Savoia" andata in onda su Rai Tre</ref> fu la 3<sup>a</sup>, guidata da [[Emanuele Filiberto di Savoia-Aosta|
[[
La rottura del fronte di Caporetto provocò il crollo delle postazioni italiane lungo l'Isonzo, con la ritirata delle armate schierate dall'[[Mare Adriatico|Adriatico]] fino alla [[Valsugana]], in Trentino.
La disfatta portò alcune conseguenze: Cadorna venne rimosso dall'incarico e sostituito dal maresciallo [[Armando Diaz]] nel ruolo di capo di stato maggiore. Oltre a Cadorna perse il posto anche il generale [[Luigi Capello]], ritenuto principale responsabile della sconfitta. Un altro effetto della disfatta l'elevato malcontento nelle truppe. I disordini furono frequenti, e molti si concludevano con sommarie fucilazioni. Gli austro-ungarici fermarono gli attacchi in attesa della primavera del [[1918]], preparando un'offensiva che li avrebbe dovuti portare a penetrare nella pianura veneta.
L'offensiva austro-ungarica arrivò il [[15 giugno]]: l'esercito dell'Impero attaccò con 66 divisioni nella [[battaglia del solstizio]] ([[15 giugno|15]] - [[23 giugno]] 1918), che vide gli italiani resistere all'assalto. Gli austro-ungarici persero le loro speranze, visto che il paese era ormai a un passo dal tracollo, assillato dall'impossibilità di continuare a sostenere lo sforzo bellico sul piano economico e su quello sociale, data l'incapacità dello Stato di farsi garante dell'integrità dello stato multinazionale asburgico. Con i popoli dell'impero asburgico sull'orlo della rivoluzione, l'Italia anticipò di un anno l'offensiva prevista per il 1919 per impegnare le riserve austro-ungariche ed impedire loro la prosecuzione dell'offensiva sul fronte francese. Da [[Battaglia di Vittorio Veneto|Vittorio Veneto]], il [[23 ottobre]] partì l'offensiva, con condizioni climatiche pessime. Gli italiani avanzarono rapidamente in Veneto, Friuli e Cadore e il [[29 ottobre]] l'Austria-Ungheria si arrese. Il [[3 novembre]], a [[Villa Giusti (Padova)|Villa Giusti]], presso [[Padova]] l'esercito dell'Impero firmò l'armistizio.
===Esito===
L'Italia completò la sua riunificazione nazionale acquisendo il [[Trentino-Alto Adige]], la [[Venezia Giulia]], l'[[Istria]] ed alcuni territori del [[Friuli]] ancora irredenti. Queste regioni avevano fatto parte, fino ad allora, della [[Cisleitania]] nell'ambito dell'[[Impero Austro-Ungarico]] (ad eccezione della città di [[Fiume]], incorporata nel Regno d'Italia nel [[1924]] e posta in [[Transleitania]]).
[[
Inoltre al [[Regno d'Italia]] furono assegnate alcune compensazioni territoriali in Africa, come l'[[Oltregiuba]] in [[Somalia]].
Ma il prezzo fu altissimo: 651.010 soldati, 589.000 civili per un totale 1.240.000 morti su di una popolazione di soli 36 milioni, con la più alta mortalità nella fascia di età compresa tra 20 e 24 anni.<ref>G. Mortara, ''La Salute pubblica in Italia durante e dopo la Guerra'', Yale University Press, New Haven, 1925.</ref>
Le conseguenze sociali ed economiche furono pesantissime: l'Italia con la sua economia basata sull'agricoltura perse una grossa fetta della sua forza-lavoro causando la rovina di moltissime famiglie.
Tuttavia, l'Italia non vide riconosciuti i diritti territoriali acquisiti sulla [[Dalmazia]] con l'intervento a fianco degli alleati: in base al [[Patto di Londra]] con cui aveva negoziato la propria entrata in guerra, l'Italia avrebbe dovuto ottenere la Dalmazia settentrionale incluse le città di [[Zara]], [[Sebenico]] e [[Tenin]].
Infatti, in base al principio della nazionalità propugnato dal presidente americano [[Woodrow Wilson]], la Dalmazia venne annessa al neocostituito Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni, con l'eccezione di Zara (a maggioranza italiana) e dell'isola di Lagosta, che con altre tre isole vennero annesse all'Italia.
Questo rifiuto degli Alleati di mantenere gli impegni sottoscritti nel Patto di Londra creò numerose tensioni nella politica italiana del primo dopoguerra, ed uno dei maggiori beneficiati fu Benito Mussolini con il suo "Fascismo".
==Il ventennio fascista==
===Nascita del fascismo e marcia su Roma===
Le conseguenze sociali ed economiche furono pesantissime: l'Italia con la sua economia basata sull'[[agricoltura]] perse una grossa fetta della sua forza-lavoro causando la rovina di moltissime famiglie. Inoltre, l'Italia non vide riconosciuti i diritti territoriali sulla [[Dalmazia]] (incluse le città di [[Zara]], [[Sebenico]] e [[Tenin]]) acquisiti in base al [[Patto di Londra]], con cui aveva negoziato la propria entrata in guerra.
Tale era il contesto nel quale il [[23 marzo]] [[1919]] [[Benito Mussolini]] fondò a [[Milano]] il primo [[fascio di combattimento]], un nuovo movimento che espresse la volontà di «trasformare, se sarà inevitabile anche con metodi rivoluzionari, la vita italiana», autodefinendosi ''partito dell'ordine'' e riuscendo così a guadagnarsi la fiducia dei ceti più ricchi e conservatori, contrari a ogni agitazione e alle rivendicazioni sindacali che caratterizzarono il cosiddetto [[biennio rosso]].
Il momento pareva propizio per Mussolini, ed un forte contingente di 50.000 squadristi venne radunato nell'alto Lazio e mosse contro la Capitale, il [[26 ottobre]] [[1922]]. Mentre l'Esercito si preparava a fronteggiare il colpo di mano fascista (con [[Badoglio]] principale sostenitore della linea dura) il re [[Vittorio Emanuele III]] si rifiutò di firmare il decreto di stato d'emergenza, costringendo alle dimissioni il presidente del consiglio [[Luigi Facta]] ed il suo governo. Le camicie nere marciarono sulla Capitale il [[28 ottobre]], senza incontrare alcuna resistenza. Il [[30 ottobre]], dopo la [[marcia su Roma]], il re incaricò [[Benito Mussolini]] di formare il nuovo [[governo]]. Il capo del fascismo lasciò Milano per Roma, ed immediatamente si mise all'opera. A soli 39 anni Mussolini diveniva presidente del consiglio, il più giovane nella storia dell'Italia unita.
===Il fascismo diventa dittatura===
Il [[3 gennaio]] [[1925]] alla Camera Mussolini recitò il famoso discorso in cui si assunse ogni responsabilità per i fatti avvenuti:
{{quote|Dichiaro qui, al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non invece una passione superba della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il fascismo è stato un'associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere! Se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico e morale, ebbene a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l'ho creato con una propaganda che va dall'intervento ad oggi.}}
Con questo discorso Mussolini si era dichiarato [[Dittatura|dittatore]]. Nel biennio [[1925]]-[[1926]] vennero emanati una serie di provvedimenti liberticidi:
===
Il fascismo in politica interna tentò di risolvere il problema della svalutazione della lira con misure quali la messa in commercio di pane con meno farina, l'aggiunta di [[Etanolo|alcool]] alla [[benzina]], l'aumento delle ore da 8 a 9 senza variazioni di salario, l'istituituzione, la riduzione dei prezzi dei giornali, dei biglietti e dei francobolli ecc.
L'[[11 febbraio]] [[1929]] furono firmati i [[Patti lateranensi]], che stabilirono il mutuo riconoscimento tra il [[Regno d'Italia]] e lo Stato della [[Città del Vaticano]]. Con la ratifica del concordato la religione cattolica divenne la religione di stato in Italia, fu istituito l'[[insegnamento della religione cattolica]] nelle scuole e fu riconosciuta la sovranità e l'indipendenza della [[Santa Sede]].
Il fascismo tentò pure di rendere "pura" la lingua italiana italianizzando i prestiti linguistici: per esempio "film" diventa "filmo", "taxi" diventa tassì", "cognac" diventa "arzante"; vengono italianizzati pure i toponimi stranieri in Valle d'Aosta e in Trentino Alto-Adige. Inoltre poiché il lei è considerato straniero, viene imposto l'uso del voi.
L'[[11 ottobre]] [[1935]] l'[[Italia]] venne sanzionata per l'invasione dell'[[Etiopia]]. Le [[Sanzioni economiche all'Italia fascista|sanzioni]] in vigore dal [[18 novembre]] consistono essenzialmente nell'embargo. In realtà fu soltanto la [[Gran Bretagna]] a osservare le regole imposte dalle sanzioni. In seguito all'embargo, la propaganda politica spinse affinché si consumassero solo prodotti italiani. Fu in pratica la nascita dell'[[autarchia]], secondo la quale ''tutto doveva essere prodotto e consumato all'interno dello stato''. Per esempio venne sostituito: la [[lana]] con il [[lanital]] (la lana di caseina), la [[benzina]] con il ''carburante nazionale'' (benzina con l'85% di alcool) mentre il caffè venne sostituito con il "caffè" d'orzo.
Le sanzioni all'Italia avvicinarono Mussolini a Hitler, il dittatore nazista tedesco. Ben presto i due dittatori strinsero un alleanza. Per far piacere a Hitler, Mussolini nel 1938 promulgò delle leggi razziali che privavarono di molti diritti civili e politici gli Ebrei (e tutte le altre "razze inferiori"): molti persero il lavoro solo perché Ebrei.
===Politica estera===
{{Vedi anche|Africa Orientale Italiana}}[[File:Italian_empire_1940.PNG|300px|right|thumb|L'Impero coloniale italiano nel [[1940]], nel momento di massima espansione.]]
A partire dal [[1926]]-27 l'[[Albania]] entrò gradualmente nella sfera d'influenza dell'Italia ma solo nell'aprile del [[1939]] fu occupata militarmente da questo paese che le impose come sovrano [[Vittorio Emanuele III]].
A seguito della completa conquista della Libia, avvenuta alla fine degli [[anni 1920|anni '20]], [[Benito Mussolini|Mussolini]] manifestò l'intenzione di dare un Impero all'Italia e l'unico territorio rimasto ''libero'' da ingerenze straniere era l'[[Abissinia]], nonostante fosse membro della [[Società delle Nazioni]]. Il progetto d'invasione iniziò all'indomani della conclusione degli accordi sul trattato di amicizia e si concluse con l'ingresso dell'esercito italiano ad Addis Abeba il [[5 maggio]] [[1936]]. Quattro giorni dopo venne proclamata la nascita dell'Impero italiano e l'incoronazione di [[Vittorio Emanuele III]] come Imperatore d'Etiopia (con il titolo di ''[[Qesar]]'', anziché quello di [[Negus Neghesti]]).
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Con la conquista di gran parte dell'Etiopia si procedette ad una ristrutturazione delle colonie del [[Corno d'Africa]]. [[Somalia]], [[Eritrea]] ed [[Abissinia]] vennero riunite nel vicereame dell'[[Africa Orientale Italiana]] (AOI). Il progetto coloniale terminò con l'occupazione britannica dei territori soggetti al dominio italiano nel [[1941]].
[[File:Benito Mussolini and Adolf Hitler.jpg|thumb|left|[[Benito Mussolini]] con [[Adolf Hitler]]]]
Dal [[1938]] in [[Europa]] si iniziò a respirare aria di [[guerra]]: [[Adolf Hitler|Hitler]] aveva già annesso l'[[Austria]] e i [[Sudeti]] e con la successiva [[Conferenza di Monaco]] gli venne dato il lasciapassare per l'annessione di tutta la [[Cecoslovacchia]] mentre [[Benito Mussolini|Mussolini]], dopo l'[[Etiopia]], stava cercando nuovi obiettivi per non perdere il passo dell'alleato tedesco. La vittima designata venne trovata nell'[[Albania]]. In due soli giorni ([[7 aprile|7]]-[[8 aprile]] [[1939]]), con l'ausilio di 22.000 uomini e 140 carri armati, [[Tirana]] fu conquistata.
Il [[22 maggio]] 1939 venne firmato il [[Patto d'acciaio]] tra [[Germania nazista|Germania]] e Italia.
==La seconda guerra mondiale==
{{vedi anche|Seconda guerra mondiale}}
===Alleata con la Germania (1940-1943)===
Il [[10 giugno]] [[1940]] l'Italia entrò nella [[Seconda Guerra Mondiale]] come alleata della Germania contro [[Francia]] e [[Regno Unito]]. Nel [[1941]] fu dichiarata guerra all'[[Unione Sovietica]] e con l'[[Impero giapponese]] agli [[Stati Uniti d'America]]. Mussolini, confortato dagli schiaccianti successi della Germania di [[Adolf Hitler|Hitler]], credeva in una guerra lampo risolta in breve tempo a favore dell'alleato tedesco, assieme al quale avrebbe potuto sedere al tavolo dei vincitori.
In realtà le difficoltà oggettive delle truppe italiane e le ingenti forze a disposizione dell'[[Alleati della seconda guerra mondiale|alleanza nemica]], portarono non poche sconfitte all'esercito regio. I primi scontri ebbero luogo il [[21 giugno]] sulle [[Alpi]], contro la [[Francia]], ormai attacata dai tedeschi con la tattica del [[blitzkrieg]], che portò allo stato fascista italiano la sola conquista di una piccola striscia nel sud del Paese, riportando i confini a prima del [[1850]], con l'esclusione di [[Nizza]]. Nello stesso momento lo stato maggiore fascista concentrò le sue mire espansionistiche in [[Grecia]]. Pensando di non trovare alcuna resistenza le truppe italiane avanzarono in territorio greco, ma tra novembre e dicembre i Greci, aiutati anche dagli inglesi, passarono all'azione e costrinsero gli italiani a ritirarsi in [[Albania]]. L'insuccesso in Grecia causò la fine della ''Guerra parallela'', così chiamata da [[Benito Mussolini|Mussolini]].<ref name="ReferenceA">{{Cita libro|cognome= |nome= |titolo= La seconda guerra mondiale e il dopoguerra|editore= La biblioteca di Repubblica|data=2004|pp= p.147}}</ref>
Contemporaneamente si registrarono i primi insuccessi anche nelle colonie del corno d'Africa, culminati il [[20 maggio]] con la resa del [[Amedeo di Savoia-Aosta (1898-1942)|Duca d'Aosta]] dopo la [[Seconda battaglia dell'Amba Alagi|battaglia sull'Amba Alagi]]. In questa occasione all'[[Regio Esercito|esercito italiano]] fu reso l'[[onore delle armi]] da parte dei britannici. L'[[11 aprile]] i tedeschi si impossessarono dell'area balcanica, concedendo allo stato fascista di mettere nominalmente a capo dello stato croato un rappresentante di [[casa Savoia]]. L'influenza italiana si limitò solamente alle zone costiere e, in base ad accordi con il capo del governo croato [[Ante Pavelic]], l'Italia avrebbe avuto per 25 anni il dominio del litorale della [[Croazia]].<ref name="ReferenceA"/>
Nel [[1942]] le operazioni italiane si concentrarono in [[Unione Sovietica]] e [[Africa]]. In entrambi i fronti, grazie alle truppe tedesche si ebbero frequenti successi: in Russia si conquistarono vasti territori e si arrivò a controllare durante l'estate anche [[Stalingrado]], mentre nel nord Africa Rommel si spinse in [[Egitto]], conquistando varie città, ma a causa degli attacchi dell'aviazione anglo-americana e dei rinforzi sempre meno frequenti si arrivò ad una sconfitta nella battaglia di [[Seconda battaglia di El Alamein|El Alamein]], che segnò la fine delle speranze dell'Asse di conquistare l'Egitto ed i campi petroliferi del [[Medio Oriente]].
La situazione peggiorò poi anche in [[Russia]] con l'avvicinarsi dell'inverno, infatti Mussolini non si era curato di rafforzare l'equipaggiamento delle truppe italiane appartenenti all'[[ARMIR]],<ref>{{Cita libro|cognome= |nome= |titolo= La seconda guerra mondiale e il dopoguerra|editore= La biblioteca di Repubblica|data=2004|pp= p.194}}</ref> ex [[CSIR]]. Già nell'estate vi erano state pesanti decimazioni nell'esercito italiano e nel dicembre [[1942]] cominciano le prime pesanti sconfitte, seguite dalla ritirata. Le sconfitte sia sul fronte africano che su quello russo causarono in [[Italia]] vari [[scioperi]] e un calo di consensi nei confronti del fascismo e di Mussolini. Intanto, in [[Africa]], proseguì la resistenza delle truppe italiane, mentre in [[Russia]] procedeva la ritirata.
A maggio venne presa [[Tunisi]], ultimo baluardo dell'esercito regio italiano e poche settimane più tardi anche le isole di [[Lampedusa]] e [[Pantelleria]], dando inizio all'[[Operazione Husky]].
===La caduta del fascismo, la Repubblica di Salò e la resistenza (1943-1945)===
{{vedi anche|Resistenza Italiana|Repubblica Sociale Italiana}}
Le difficoltà militari colpirono anche [[Benito Mussolini|Mussolini]]. Il [[24 luglio]] [[1943]] si riunì il [[Gran Consiglio del Fascismo]] e il mattino seguente il duce venne sfiduciato. [[Vittorio Emanuele III]] decise quindi di sostituirlo a capo del governo con [[Pietro Badoglio]]. Proprio mentre si trovava a colloquio con il re, Mussolini venne arrestato. Intanto il nuovo capo del governo Badoglio annunciò il continuo della guerra a fianco dei tedeschi, ma contemporaneamente stava trattando l'[[armistizio]] con gli [[Alleati]], che venne firmato il [[3 settembre]] e reso pubblico l'[[8 settembre|8]].
Il giorno successivo [[Fuga del re Vittorio Emanuele III|il re e Badoglio fuggirono da Roma]], andando in [[Puglia]], sotto la protezione di inglesi e americani. Sempre in questi giorni le truppe italiane, che non avevano ordini precisi (e nella coscienza popolare l'8 settembre viene ricordato come il giorno del "Tutti a casa"), vennero catturate dai soldati tedeschi e molti componenti dell'esercito finirono prigionieri. Il [[12 settembre]] un reparto speciale tedesco liberò Mussolini, che venne incaricato di formare un nuovo regno nel nord Italia.
Il Paese si trovò così diviso in due: il [[Regno del Sud]] a fianco degli alleati contro la [[Germania]] e la [[Repubblica Sociale Italiana]], formata dai reduci fascisti. Di fatto, erano entrambi due stati-fantoccio, rispettivamente degli anglo-americani e dei tedeschi. In questo quadro drammatico, nacquero però le prime [[partigiani|formazioni partigiane]], che soprattutto nel centro-nord diedero vita al primo nucleo dell'Italia libera.
[[
Il [[22 gennaio]] [[1944]] gli anglo-americani sbarcarono nell'[[Italia centrale]], nella zona compresa tra [[Anzio]] e [[Nettuno (Italia)|Nettuno]]. L'attacco, comandato dal [[Maggior generale|Maggiore Generale]] [[John P. Lucas]], aveva lo scopo di aggirare le forze tedesche attestate sulla [[Linea Gustav]] e di liberare [[Roma]]. La lunga battaglia che ne derivò è comunemente conosciuta come “battaglia di Anzio”. Il [[24 marzo]] i nazisti compirono l'[[eccidio delle Fosse Ardeatine]]. Fu un massacro, eseguito a [[Roma]] ai danni di 335 civili italiani, come atto di rappresaglia per un attacco eseguito da [[Resistenza italiana|partigiani]] contro le truppe germaniche ed avvenuto il giorno prima in [[via Rasella]]. Per la sua efferatezza, l'alto numero di vittime, e per le tragiche circostanze che portarono al suo compimento, è diventato l'evento simbolo della rappresaglia nazista durante il periodo dell'occupazione. Le "[[Fosse Ardeatine]]", antiche cave di [[pozzolana]] site nei pressi della [[via Ardeatina]], sono diventate un monumento a ricordo dei fatti e sono oggi visitabili.
Nel [[maggio]] [[1944]] si accresce la sottomissione della [[Repubblica Sociale Italiana]] nei confronti della [[Germania nazista]]. Il [[Trentino-Alto Adige]], la [[provincia di Belluno]] e [[Tarvisio]] sono annesse al [[Terzo Reich]]. Il [[5 giugno]] [[1944]], il giorno dopo la [[liberazione di Roma]], [[Vittorio Emanuele III di Savoia|Vittorio Emanuele III]] nomina il figlio ''Luogotenente Generale del Regno'' in base agli accordi tra le varie forze politiche che formano il [[Comitato di Liberazione Nazionale]], che prevedono di «congelare» la questione istituzionale fino al termine del conflitto. Umberto, dunque, esercita di fatto le prerogative del sovrano senza tuttavia possedere la dignità di re, che rimane a Vittorio Emanuele III, rimasto in disparte a [[Salerno]].
Grazie agli approvvigionamenti ottenuti nell'inverno tra il [[1944]] ed il [[1945]] in primavera gli alleati poterono lanciare l'offensiva contro l'esercito tedesco sfondando in più punti la [[linea gotica]] portando gli alleati alla liberazione il [[21 aprile]] [[1945]] di [[Bologna]]. L'arrivo degli alleati a [[Milano]] fu anticipato dalla insurrezione partigiana proclamata dal [[
=== Epilogo del conflitto e costo della guerra===
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Dalla fine della guerra fino agli [[Anni 1950|anni '50]] avvenne anche l'[[esodo istriano]] durante il quale circa gran parte della popolazione di [[lingua italiana]] (in quantità stimata tra un minimo 200.000 e un massimo 350.000 persone,
<ref>A tutt'oggi non vi è accordo fra gli storici su una più accurata valutazione del numero di profughi [http://www.adesonline.com/recensionelibroermannomattioli.htm Sintesi di un testo di Ermanno Mattioli] e [http://www.istoreto.it/pubblicazioni/studi_documenti/marenegliocchi.htm Sintesi di un testo dello storico Enrico Miletto]</ref>) abbandono' i territori [[
== L'Italia repubblicana ==
{{vedi anche|Nascita della Repubblica Italiana|Italia repubblicana|Prima Repubblica (Italia)}}
Dopo la fine della guerra in Italia lo scontento popolare, soprattutto nell'Italia settentrionale, nei confronti della [[monarchia]] era elevatissimo. Il [[2 giugno]] del [[1946]] un [[referendum]] istituzionale sancì la fine della [[monarchia]] e la nascita della [[Repubblica (forma statuale)|Repubblica]] [[Repubblica Italiana|Italiana]]; in contemporanea vennero eletti i delegati all'Assemblea Costituente. Per la prima volta in Italia, per questa occasione, anche la donne ebbero il [[Diritto di voto#In Italia|diritto al voto]]. Il [[1º luglio]] Enrico de Nicola viene nominato il primo [[Presidente della Repubblica Italiana]].
Il primo [[Presidente del Consiglio dei Ministri]] fu [[Alcide De Gasperi]], della [[Democrazia cristiana]] e, salvo poche eccezioni, dal [[1946]] al [[1993]] la [[Presidenza del Consiglio]] fu [[Democrazia Cristiana|democristiana]].
La nuova [[Costituzione della Repubblica Italiana|costituzione repubblicana]] entrò in vigore il [[1º gennaio]] [[1948]].
In questi anni si tentò di riparare i danni provocati prima dal [[fascismo]] e poi dalla guerra. L'Italia diventò un grande cantiere, anche grazie agli aiuti del [[Piano Marshall]]. Iniziava quello che fu chiamato il "miracolo economico". Il [[Prodotto interno lordo]] crebbe del 6.3%, un record nella storia del paese. Il [[reddito pro-capite]] passò da 350.000 a 571.000 lire. Tra il [[1958]] e il [[1959]] gli investimenti lordi crebbero del 10% e tra il [[1961]] e il [[1962]] l'incremento fu del 13%. Questi numeri ridussero sensibilmente il divario storico con i grandi Paesi europei: [[Inghilterra]], [[Germania]] e [[Francia]].
La crescita del reddito pro capite produsse l'aumento dei consumi individuali che registrarono una crescita media di cinque punti percentuali l'anno. La domanda di beni durevoli (automobili, elettrodomestici, ecc. ) raggiunse una crescita annua pari al 10.4%.
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L'industria registrò una crescita pari all'84% tra il [[1953]] e il 1961.
L'elevata disponibilità di [[manodopera]] era dovuta ad un forte flusso di migrazione dalle campagne alle città e dal sud verso il nord.
Questo notevole sviluppo fu possibile anche grazie all'intervento dello Stato nell'[[economia]] che intervenne con [[politica economica|politiche economiche]] di stampo [[John Maynard Keynes|Keynesiano]] soprattutto attraverso l'aumento della spesa pubblica e la creazione di società a partecipazione statale.
Infine, contribuì alla crescita dell'Italia un fattore esterno, cioè, la creazione del [[Mercato Europeo Comune|Mercato comune europeo (MEC)]], preceduta dalla creazione, nel 1951, della [[Comunità europea del carbone e dell'acciaio]] e la creazione della [[CEE]] nel 1957, a cui l'Italia aderì immediatamente. Con la creazione del MEC vi fu l'apertura delle frontiere europeee ai commerci, col conseguente aumento delle esportazioni e degli scambi commerciali europei.
Il [[1968]] vide l'Italia trasformarsi radicalmente sul piano sociale, in seguito alle migliorate condizioni di vita dovute al [[boom economico]] degli anni precedenti ed al sorgere di movimenti radicali, soprattutto [[Comunismo|comunisti]], di giovani e operai, che portarono profonde modifiche al costume, alla mentalità generale e particolarmente alla scuola.
Negli [[anni 1970|anni '70]] alcuni dei numerosi movimenti politici, sorti negli anni precedenti, si estremizzarono e degenerarono nel [[terrorismo]] ''rosso'' (le [[Brigate Rosse]]), accompagnato da quello ''nero'' (i gruppi [[Neofascismo|neofascisti]] come i ''[[Nuclei Armati Rivoluzionari|NAR]]'') caratterizzando quelli che furono chiamati gli [[anni di piombo]].
Con gli [[anni 1980|anni '80]] iniziano quelli che [[Indro Montanelli]] chiamerà ''[[anni di fango]]''. La [[Strage di Bologna|strage di impronta fascista]] alla [[Stazione di Bologna]] e lo scandalo della [[P2|loggia massonica P2]] causarono un lento declino del potere dei sindacati e della partecipazione politica, crebbe inoltre la disaffezione per i partiti.
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Nel [[1992]] le indagini di [[Mani pulite]] sul fenomeno dilagante delle [[tangenti]] (lo scandalo venne chiamato "[[Tangentopoli]]"), portarono al coinvolgimento di numerosi esponenti nazionali e locali di tutto il [[pentapartito]] che, alle elezioni amministrative del [[1994]], fu duramente punito dall'indignazione degli elettori. Lo scandalo decretò la fine dei tradizionali partiti di governo.
Dagli anni del [[secondo dopoguerra]] fino ad oggi, [[Cosa nostra]], la più potente [[organizzazione criminale]] presente in [[Sicilia]] e in Italia, ha esteso il suo potere negli ambienti della [[finanza]] e della politica italiana, arrivando addirittura a corrompere uomini politici e banchieri. Tra gli [[Anni 1980|anni '80]] e gli [[Anni 1990|anni '90]], i giudici [[
Nel caos politico derivato dalla disintegrazione dell'ordine precedente emergeva un nuovo partito costituito dall'imprenditore [[Silvio Berlusconi]], [[Forza Italia]], che si poneva come alternativa al vecchio sistema pur inglobando alcuni dei suoi protagonisti. In questa fase, definita "[[Seconda Repubblica (Italia)|Seconda Repubblica]]", si consolida il principio del [[bipolarismo]] e l'alternanza fra i governi dei due schieramenti di [[centrosinistra]] e [[centrodestra]]: dal [[1996]] al [[2001]] i governi del[[l'Ulivo]], dal [[2001]] al [[2006]] quelli della [[Casa delle Libertà]], dal [[2006]] quello del[[l'Unione]], una nuova coalizione dei partiti di centro-sinistra e dal [[2008]] quello del [[Popolo della Libertà]].
==Note==
{{references|2}}
==Note==
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==Bibliografia==
===In italiano===
* {{cita libro|cognome=Rossi|nome=Paolo|titolo=Storia d'Italia|anno=1971|editore=U. Mursia
* {{cita libro|cognome=De Seta|nome=Cesare|titolo=Storia d'Italia|anno=1982|editore=Einaudi|
* {{cita libro|cognome=Arnaldi|nome=Girolamo|titolo=Storia d'Italia|anno=1959|editore=Unione tipografico
* {{cita libro|cognome=Ceppellini|nome=Vincenzo|titolo=Storia d'Italia|anno=1991|editore=De Agostini|
* {{cita libro|cognome=Mack Smith|nome=Denis|titolo=Storia d'Italia|anno=2000|editore=Editori Laterza|città=Roma-Bari|
* Gerhard Muhm: ''La tattica tedesca nella campagna d'Italia''. In: Amedeo Montemaggi (Hrsg.): ''Linea gotica avamposto dei Balcani''. Edizioni Civitas, Roma 1993.
* {{cita libro|cognome=Romano|nome=Ruggiero |coautori=Corrado Vivanti |titolo=Storia d'Italia |anno=1976|editore=Einaudi|
* {{cita libro|cognome=Barbagallo|nome=Franceso|coautori=Giovanni Sabbatucci, Vittorio Vidotto, Romano Paolo Coppini, Cammarano Fulvio|titolo=Storia d'Italia|anno=1995|editore=Laterza|
* {{cita libro|cognome=De Bernardi|nome=Alberto|coautori=Luigi Ganapini|titolo=Storia d'Italia|anno=1996|editore=B.Mondadori|
* {{cita libro|cognome=Salvatorelli|nome=Luigi|coautori=Giovanni Mira|titolo=Storia d'Italia nel periodo fascista |anno=1964|editore=G.Einaudi}}
* {{cita libro|cognome=Montanelli|nome=Indro|wkautore=Indro Montanelli|coautori=[[Roberto Gervaso]], [[Mario Cervi]]|titolo=Storia d'Italia|anno=1959-1997|editore=Rizzoli|città=Milano}} In XXII volumi
* {{cita libro | cognome=Scullard | nome=Howard H. | titolo=Storia del mondo romano | editore=Rizzoli | città=Milano | anno=1992 |
* {{cita libro|autore=Theodor Mommsen|titolo=Storia di Roma antica|anno=1973|editore=Sansoni|città=Firenze}}
* {{cita libro|autore=Edward Gibbon (a cura di A. Dero Saunders)|titolo=Declino e caduta dell'Impero romano|anno=|editore=Mondadori|città= |
===In francese===
* {{cita libro|cognome=Milza|nome=Pierre|titolo=Histoire de l'Italie|anno=2005|editore=|città
* {{cita libro|cognome=Negri|nome=Toni|titolo=Italia verde , bianco e rosso ! |anno=1985|editore=Hachette|città=Parigi
===In tedesco===
* {{cita libro|cognome=Arnaldi|nome=Girolamo|titolo=Italien und seine Invasoren. Vom Ende des Römischen Reiches bis heute|anno=2005|editore=Wagenbach|città=Berlino|
* {{cita libro|cognome=Altgeld|nome=Wolfgang|titolo=Kleine italienische Geschichte|anno=2004|editore=Reclam|città=Stuttgart|
* {{cita libro|cognome=Brogini Künzi|nome=Giulia |titolo=Italien und der Abessinienkrieg 1935/36. Kolonialkrieg oder Totaler Krieg? |anno=2006|editore=Schöningh|città=Paderborn |
* {{cita libro|cognome=Breuer|nome=Stefan|titolo=Nationalismus und Faschismus. Frankreich, Italien und Deutschland im Vergleich|anno=2005|editore=Wissenschaftliche Buchgemeinschaft|città=Darmstadt|
* {{cita libro|cognome=Bruch|nome=Anne|titolo=Italien auf dem Weg zum Nationalstaat. Giuseppe Ferraris Vorstellungen einer föderal-demokratischen Ordnung|anno=2005|editore=Krämer|città=Hamburg|
* Martin Clark, ''Modern Italy, 1871 to the Present'', Broschiert – 624 Seiten – Longman, 3. Auflage 2008, ISBN 1405823526
* Carsten Drecoll: ''Idrísí aus Sizilien. Der Einfluß eines arabischen Wissenschaftlers auf die Entwicklung der europäischen Geographie''. Hänsel-Hohenhausen, Egelsbach 2000, ISBN 3-8267-1187-4.
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