Discussione:Storia d'Italia/Sandbox: differenze tra le versioni
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Per '''storia d'Italia''' si intende per convenzione la [[storia]] della [[regione geografica italiana]] e dei popoli che l'hanno abitata, dotata - al di là delle molteplici differenze culturali e delle successive trasformazioni politiche - di una specifica identità che l'ha condotta nei secoli a essere riconosciuta come un unico soggetto storico. In un'accezione più ristretta, per storia d'Italia si intende invece la storia dello stato unitario, ossia la storia del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] e della [[Repubblica Italiana]], nonché degli eventi che condussero alla sua formazione, ossia la storia dell'espansione del [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]], tradizionalmente conosciuta come [[Risorgimento]].
==Preistoria e protostoria==
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Presumibilmente, queste migrazioni ebbero inizio in [[età del bronzo]] medio (e cioè attorno alla metà del [[II millennio a.C.]]) e si protrassero fino al [[IV secolo a.C.]] con la discesa dei [[Celti]] nella pianura padana. Fra i popoli di età preromana, meritano una particolare menzione gli [[Etruschi]] che, a partire dall'[[VIII secolo a.C.]], iniziarono a sviluppare una civiltà raffinata ed evoluta che influenzò notevolmente [[Roma]] e il mondo latino. Le origini di questo popolo non indoeuropeo, stabilitosi sul versante tirrenico dell'[[Italia]] centrale, sono incerte.
Secondo alcune fonti, la loro provenienza andrebbe ricercata in [[Asia Minore]], secondo altre, avrebbero costituito una etnia autoctona. Certo è che, già attorno alla metà del VI secolo a.C., riuscirono a creare una forte ed evoluta federazione di città-stato che andava dalla [[Pianura Padana]] alla Campania e che comprendeva anche [[Roma]] ed il suo territorio. In [[Italia settentrionale]], accanto ai [[Celti]] (comunemente chiamati [[Galli]]), vi erano i [[Liguri]] (originariamente non indoeuropei poi fusisi con i Celti) stanziati in [[Liguria]] e parte del [[Piemonte]] mentre nell'Italia nord-orientale vivevano i [[Paleoveneti|Veneti]] (paleoveneti) di probabile origine [[
Nell'Italia più propriamente peninsulare accanto agli [[Etruschi]], convivevano tutta una serie di popoli, in massima parte di origine indoeuropea, fra cui: [[Umbri]] in [[Umbria]]; [[Latini]], [[Sabini]], [[Falisci]], [[Volsci]] ed [[Equi]] nel [[Lazio]]; [[Piceni]] nelle [[Marche]] ed in [[Abruzzo]] Settentrionale; [[Sanniti]] nell'[[Abruzzo]] Meridionale, [[Molise]] e [[Campania]]; [[Apuli]], [[Messapi]] e [[Iapigi]] in [[Puglia]]; [[Lucani]] e [[Bruttii]] nell'estremo Sud; [[Siculi]], [[Elimi]] e [[Sicani]] (non indoeuropei, probabilmente autoctoni) in [[Sicilia]]. La [[Sardegna]] era abitata, fin dal II millennio a.C., dai [[Sardi]], risultato, forse, di un connubio tra le preesistenti popolazioni megalitiche presenti nell'Isola ed il misterioso popolo dei [[Shardana]].
Alcune di queste popolazioni, stanziate nell'[[Italia]] meridionale e nelle isole, si troveranno a convivere, dall'[[VIII secolo a.C.|VIII]] fino al [[III secolo a.C.]], con le colonie greche e fenicie (Puniche) successivamente assorbite dallo stato romano.
Fra le popolazioni citate, oltre agli [[Etruschi]], di cui si è già parlato, ebbero un ruolo importante in epoca preromana e romana i [[Sanniti]], che riuscirono a costituire un'importante federazione in una vasta area dell'Italia [[
Nell'area laziale, invece, un posto a sé stante meritano i [[Latini]] protagonisti, insieme ai [[Sabini]], della primitiva espansione dell'Urbe e forgiatori, insieme agli [[Etruschi]] ed ai popoli italici più progrediti ([[Umbri]], [[Falisci]], ecc.), della futura civiltà romana.
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===Fenici e Cartaginesi===
{{vedi anche|Espansione cartaginese in Italia}}
Primi stanziamenti [[Fenici]] nell'attuale territorio italiano sono datati attorno all'[[VIII secolo a.C.]] quando, dopo una iniziale fase di precolonizzazione del [[Mediterraneo]] occidentale e di fondazione di città come [[Utica]] e [[Cartagine]], veri e propri colonizzatori si insediarono sulle coste della [[Sardegna]] e nell'area occidentale della [[Sicilia]]. Nascono [[Mozia]] (da cui più tardi [[Lilibeo]]), [[Palermo]], [[Solunto]] in [[Sicilia]] e [[Sulki|Sulci]], [[Nora (città)|Nora]], [[Tharros]], [[Bithia (archeologia)|Bithia]], [[Cagliari]] in [[Sardegna]].<ref>
Mentre in Sicilia l'installazione fenicia non incontrò grandi reazioni da parte degli autoctoni (a Monte Erice, per esempio, un tempio fu dedicato ad [[Astarte]], dea-madre dell'area cananea, che veniva frequentato dai Fenici e dagli Elimi<ref>
A metà del VI secolo, con la spedizione del semileggendario [[Malco]] iniziò il tentativo di conquista, vera e propria delle isole maggiori. Cartagine, a tre secoli dalla fondazione, aveva raggiunto i limiti di espansione lungo la costa settentrionale dell'Africa dove, a est aveva fermato la colonizzazione greca vincendo gli scontri con [[Cirene]] e verso ovest intratteneva ottimi rapporti con [[Numidi]] e [[Mauretania|Mauri]]. Le coste della [[Spagna]] erano ben controllate, Gli [[Etruschi]] non impensierivano i punici. Solo la Sicilia vedeva la costante migrazione e i continui insediamenti delle popolazioni della [[Grecia]] che lentamente ma sicuramente spinsero i Fenici nell'estrema punta occidentale dell'isola.
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Lo sforzo bellico in Sardegna riuscì a rendere l'isola un vero e proprio possedimento, come il territorio della costa libica, dove l'imperio Cartaginese poté dirigere la produzione mineraria e agricola in relazione alle necessità puniche e non solo autoctone.
Nel corso del tempo i Cartaginesi giunsero quindi a chiudere le coste dell'isola in un vero e proprio cerchio di fortezze e colonie<ref>
Cartagine entrò anche nella storia d'Italia peninsulare riuscendo ad allearsi con gli Etruschi per combattere i greci di [[Alalia]], in [[Corsica]], che si erano dati alla pirateria. Le [[Lamine di Pyrgi]] ci mostrano quanto fosse sentito l'influsso cartaginese sulle coste toscane e laziali. È del [[509 a.C.]], infine, l'inizio di relazioni diplomatiche importanti fra Cartagine e Roma. La neonata [[Repubblica romana]] e i cartaginesi siglarono il primo dei [[Trattati Roma-Cartagine]], il primo riconoscimento che Cartagine offrì a Roma e che segnò l'inizio di stabili relazioni fra le due città. Altri trattati vennero, nel tempo, conclusi; la loro formulazione segue, nell'ampliarsi e restringersi delle concessioni dei Cartaginesi ai Romani, l'alternarsi dell'evoluzione territoriale e di potenza dell'Urbe.
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Tra l'[[VIII secolo a.C.|VIII]] ed il [[VII secolo a.C.]], coloni provenienti dalla [[Grecia]] cominciarono a stabilirsi sulle coste del sud Italia e della Sicilia. Le prime componenti stabilitesi in Italia furono quelle ioniche e quelle peloponnesiache: gli [[Eubea|Eubei]] e i [[Rodi
L'importanza della colonizzazione greca per i popoli italici è dovuta al fatto che essi vennero così a contatto con forme di governo [[democrazia|democratiche]] caratterizzate da forti responsabilizzazioni del cittadino, e con espressioni artistiche e culturali elevate; basti pensare ai [[filosofia|filosofi]] e uomini di scienza dell'epoca, fra cui [[Pitagora]] ed [[Archimede]], nati in Grecia, e di cultura greca. Tra le principali città della Magna Grecia, vi fu soprattutto Napoli che, specialmente nel 420 a. C., in concomitanza col calo dell'influenza ateniese, il suo porto figurò tra i più importanti del mar mediterraneo <ref>
I contrasti fra le colonie greche e gli indigeni furono frequenti, tuttavia i Greci cercarono di instaurare rapporti pacifici con le popolazioni locali, favorendo, in molti casi, un lento assorbimento delle stesse. La ricchezza e lo splendore delle colonie furono tali da far identificare l'Italia meridionale peninsulare dagli storici romani con l'appellativo di [[Magna Grecia]]. Nel [[III secolo a.C.]] tutte le colonie [[Italioti|italiote]] della Magna Grecia e quelle siciliane furono assorbite nello Stato romano. Per molte di esse iniziò un fatale declino.
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{{vedi anche|Età regia di Roma}}
====I primi quattro re====
I primi [[re di Roma]] sono generalmente considerati come figure prettamente mitologiche, poiché la datazione proposta da [[Varrone]] - che considera un totale di 245 anni per i sette monarchi - è molto probabilmente troppo breve. La tradizione attribuisce ad ogni sovrano un particolare contributo nella nascita e nello sviluppo delle istituzioni romane e dello sviluppo socio-politico dell'Urbe. [[Numa Pompilio]], il secondo re, che regnò dal [[716 a.C.|716]] al [[673 a.C.]], è un nome tipicamente italico, di origine osco-umbra. La leggenda lo vuole creatore delle principali [[religione romana|istituzioni religiose]], tra cui i collegi sacerdotali delle [[vestali]], dei [[Flamine|flàmini]], dei [[pontefice (storia romana)|pontefici]], e degli [[augure|àuguri]]; istituì anche la carica di [[Pontefice massimo (storia romana)|pontefice massimo]] (''pontifex maximus''), nonché la suddivisione dell'anno in dodici mesi e la precisa regolamentazione di tutte le feste e le celebrazioni, precisando i giorni [[fasti (storia romana)|fasti e nefasti]]. Il terzo re, [[Tullo Ostilio]], succeduto subito al precedente, siede al trono fino al [[641 a.C.|641]], sconfiggendo i [[Sabini]] e conquistando [[Alba Longa]], con una iniziale espansione territoriale nel [[Lazio]]. Da un punto di vista storico si tratta di un fatto possibile, poiché alla metà del [[VII secolo a.C.]] si è osservato un abbandono dei villaggi limitrofi. Al re viene attribuita anche la prima pavimentazione del [[Foro romano|Foro]]. Il successore [[Anco Marzio]] - dal [[640 a.C.|640]] al [[617 a.C.]] - ne proseguì l'opera fondando la prima delle colonie, ossia [[Ostia (città antica)|Ostia]] (traducibile in [[lingua latina|latino]] come ''foci''); la costruzione della nuova città era dovuta probabilmente alla necessità di controllare la zona meridionale del [[Tevere]].
[[File:Lapis-niger.jpg|thumb|150px|left|Il celebre ''[[lapis niger]]'', dal [[Foro Romano|Foro]], fra i più antichi reperti romani ([[VII secolo a.C.]]).]]
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[[File:Marius Carthage.jpg|thumb|left|250px|[[Gaio Mario]], un generale romano che riformò drasticamente l'[[esercito romano]]]]
Le continue guerre in patria e all'estero, inoltre, immisero sul ''"mercato"'' una quantità enorme di schiavi, i quali vennero usualmente impiegati nelle aziende agricole dei [[patrizio (storia romana)|patrizi romani]], con ripercussioni tremende nel tessuto sociale romano. Infatti la piccola proprietà terriera andò rapidamente in crisi a causa della maggior competitività dei latifondi schiavistici (che ovviamente producevano praticamente a costo zero), ciò provocò da una parte la concentrazione dei terreni coltivabili in poche mani e una grande quantità di merci a buon mercato, dall'altra generò la nascita del cosiddetto sottoproletariato urbano: tutte quelle famiglie costrette a lasciare le campagne si rifugiarono nell'urbe, dove non avevano un lavoro, una casa e di che sfamarsi dando origine a pericolose tensioni sociali abilmente sfruttate dai politici più scaltri.
Anche la struttura originale della famiglia, delle relazioni sociali e della cultura romana subirono profondi sconvolgimenti: il contatto con la civiltà [[antica Grecia|greca]] e l'arrivo nella città di moltissimi schiavi ellenici (in molti casi più colti e istruiti dei loro stessi padroni) generò nel popolo romano, specialmente tra la classe dirigente, sentimenti e passioni ambivalenti: da una parte si desiderava (e alla fine in buona parte ci si riuscì) a rinnovare i costumi rurali romani - ''mos maiorum'' - introducendo usanze e conoscenze provenienti dall'Oriente. Questo comportamento fece sì effettivamente che il livello culturale dei Romani, almeno dei patrizi, crescesse significativamente - basti pensare all'introduzione della [[filosofia]], della [[retorica]], della [[letteratura]] e della [[scienza]] greca - ma indubbiamente generò altresì una decadenza dei valori morali, testimoniata dalla diffusione di costumi e abitudini perfino oggi moralmente discutibili.
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La piccola proprietà terriera messa in crisi dalle aziende agricole patrizie (che sfruttano il lavoro degli schiavi), e le nuove influenze culturali provocano forti tensioni sociali all'interno della società romana.
Nel [[I secolo a.C.]] la Repubblica inizia a scricchiolare, si amplia il latifondo e si affermano forti poteri personali dei personaggi più influenti che, facendosi interpreti dei bisogni delle masse meno favorite o della necessità di mantenere il controllo nelle mani delle principali e più ricche ''gentes'', porteranno alla guerra civile. La Repubblica dovrà affrontare anche una rivolta di schiavi, capeggiata da [[Spartaco]].
Arriveranno altre conquiste, la [[Gallia]] e la [[Britannia]] da parte di [[Gaio Giulio Cesare|Giulio Cesare]], ma i Romani arriveranno fino in [[Siria]] e in [[Armenia]].
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La tesi secondo cui il dominio di [[Roma]] ormai si estenda su un territorio troppo vasto e sia troppo complicato per le strutture della Repubblica gestirlo, provocando la nascita del ''Principato'' è ampiamente superata. Le ragioni dell'ascesa di un modello di governo centrale su base sempre più spiccatamente personale si devono ricercare nel declino del governo [[senato (storia romana)|senatoriale]] della Repubblica Romana, il cui primo atto va riallacciato alla figura emblematica di Scipione Emiliano. La diffusione di un sempre più marcato senso individualistico a Roma ha sicuramente traccia della diffusione di [[monetazione romana|effigi monetali]] ritraenti non più solo il più rappresentativo degli antenati del magistrato in carica, ma spesso il magistrato medesimo. Questo processo si manifesta in concomitanza con la penetrazione dei valori della civiltà ellenistica, favorita indubbiamente dalla conquista romana delle pòleis elleniche sulle coste della [[Magna Grecia]] (Italia meridionale) e della [[Sicilia]], e sospinta dalla conquista romana della [[Macedonia (provincia romana)|Macedonia]], della [[Grecia]] moderna e di gran parte del mondo ellenistico, ad eccezione dell'[[Egitto]] dominato dalla dinastia Lagide, posto comunque sotto un sempre più pressante protettorato.
Il ricorso sempre più assiduo al mandato dittatoriale incominciato con [[Gaio Mario]] stravolge la portata costituzionale della magistratura dittatoriale, prevista dall'ordinamento repubblicano, fino all'esito della dittatura [[Lucio Cornelio Silla|sillana]], intesa come mandato a restaurare lo Stato romano in senso conservatore-oligarchico (a favore degli optimates) e non pervenuta ad un esito monarchico per l'esclusiva volontà di Silla. La dittatura cesariana ([[46 a.C.|46]]-[[44 a.C.]]) riprende in pieno il modello sillano, seppur partendo da un campo politico opposto (quello dei populares, gli oligarchi più propensi ad usare la demagogia sul popolino, il vulgus, per assumere il potere) e formalizza il rifiuto di un esito monarchico naturale adducendo la ragione del rifiuto culturale della Romanità per l'istituto monarchico ufficiale.
[[File:Map of downtown Rome during the Roman Empire large.png|thumb|300px|left|Il centro di Roma al tempo dell'[[Impero Romano]]]]
L'ascesa di [[
Per tutto il primo secolo continua l'accrescimento territoriale dell'impero, sotto le dinastie dei [[dinastia Giulio-Claudia|Giulio-Claudii]], e dei [[Dinastia dei Flavi|Flavi]]. Sotto [[Traiano]], con la conquista della [[Dacia (storia)|Dacia]] e di nuovi territori in Oriente, l'impero raggiunge la sua massima espansione. Sotto la [[dinastia degli Antonini]] si ha un periodo di pace e prosperità, sebbene verso la fine comincia ad essere sempre più pressante il compito di difendere i confini dell'impero dalla pressione dei nemici esterni.
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La crisi del Principato, avviatasi già alla morte di [[Marco Aurelio]], si concretizza nell'ascesa di [[Settimio Severo]] ([[193]]-[[211]]) e nella riforma dell'istituto del principato, ormai estraneo alle dinamiche dell'ambito senatoriale e dominato da quelle dell'[[esercito]]. La monarchia militare severiana (193-[[235]]), seppure ripesca talvolta la necessità di una legittimazione senatoria, prelude all'avvento del Dominato ([[285]]-[[641]]), dopo la fase assai dinamica dell'anarchia militare (235-285).
Dopo la [[dinastia dei Severi]], per tutto il [[III secolo]] saranno le legioni a proclamare imperatori che spesso regnano solo per brevi periodi e sono perennemente impegnati nelle campagne militari. La crisi economica è anche crisi ideale e si diffonde il Cristianesimo, in parte combattuto ed in parte tollerato.
▲Dopo la [[dinastia dei Severi]], per tutto il [[III secolo]] saranno le legioni a proclamare imperatori che spesso regnano solo per brevi periodi e sono perennemente impegnati nelle campagne militari. La crisi economica è anche crisi ideale e si diffonde il Cristianesimo, in parte combattuto ed in parte tollerato.
Con la [[Tetrarchia]] voluta da [[Diocleziano]] inizia la divisione dell'impero e vengono sviluppate profonde riforme nel tentativo di fissare lo status quo. Roma perde il suo ruolo di sede imperiale a favore di metropoli più vicine alle frontiere da difendere. Viene fondata da [[Costantino I]] sul sito della città di [[Bisanzio]] la "Nuova Roma", [[Costantinopoli]].
La progressiva adozione della [[religione cristiana]] (che di converso si istituzionalizza a contatto con lo Stato romano, assumendone tratti organizzativi e alcuni modelli iconografici) avviata da Costantino ([[306]]-[[337]]), si conclude, dopo periodi di oscillazione tra scelte protoereticali ([[Costanzo II]],337-[[361]]) e tentativi di restaurazione dei culti tradizionali, mediante l'organizzazione di un'istituzione ecclesiale parallela a quella cristiana ([[
Nel successivo [[IV secolo]] il cristianesimo diviene progressivamente l'unica religione e gli imperatori sono costretti ad accettare lo stanziamento dei barbari nei territori dell'impero, cercando di farne degli alleati.
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I goti erano ormai annientati, ma i bizantini non riuscirono a fermare l’avanzata dei Longobardi. Questa tribù germanica si era stanziata in [[Pannonia]], ma abbandonò la terra sotto la pressione degli [[avari]], un popolo proveniente dall' Asia. In pochi anni i longobardi scorazzarono per tutto il nord Italia, conquistando anche la [[Toscana]] e buona parte del centro-sud. I Longobardi erano di [[arianesimo|religione ariana]], non riconoscevano l’autorità imperiale, saccheggiavano tutto quello che potevano e rendevano schiavi i vinti. I primi due re, [[Alboino]] ([[?]] -[[572]]) e [[Clefi]] ([[572]]-[[574]]) morirono assassinati. Seguirono dieci anni di anarchia, con le varie fazioni in guerra fra loro. La penisola era frazionata in tre zone di influenza: longobarda, romana e bizantina.
Tentò di approfittarne il Papa, alleato con i [[Franchi]]. Questi ultimi contavano sull'autorità della Chiesa per legittimare le loro conquiste. I longobardi tuttavia respinsero i tentativi franchi e con i nuovi re [[Agilulfo]] ([[590]]-[[616]]) e [[Rotari]] ([[636]]-[[652]]) ripresero ai bizantini il controllo dell’[[Emilia]], la [[Liguria]] e il [[Veneto]] interno. In breve dovettero cercare anch’essi una forma di dominio più organizzata: arrivarono le leggi scritte, dei funzionari regi con compiti di giustizia e supervisione ([[Gastaldo|gastaldi]]), e, nel [[603]], la conversione al cattolicesimo per opera della regina Teodolinda dopo che un primo tentativo di conversione per opera del Papa [[Gregorio Magno]] non aveva avuto successo.
Contemporaneamente però i papi dovettero combattere strenuamente per mantenere l’ortodossia a fronte delle sempre più vigorose eresie orientali e delle decisioni dell’imperatore d’Oriente. Con un editto del [[648]] [[Costante II]] impose il [[monotelismo]] e fece deportare il [[papa Martino I]] in quanto questi non l’accettava. Nel [[726]] invece iniziò l’[[iconoclastia]], la lotta alle immagini, da parte dell’imperatore [[Leone III]]. Seguì un periodo di alterne vicende che durò poco più di un secolo, durante il quale l'iconoclastia venne alternativamente approvata o bandita.
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===I [[Franchi]], il [[feudalesimo]], le ultime invasioni (774-1000)===
Nel [[774]] Carlo, re dei Franchi, vinse i [[Longobardi]] grazie all'uso della [[cavalleria]] pesante. Assunse il titolo di re dei Longobardi, annettendo al suo dominio tutti i ducati longobardi, escluso quello di [[Benevento]]. I gastaldi vennero sostituiti con dei conti, ma in buona parte il personale amministrativo rimase lo stesso. Carlo importò anche il sistema del [[feudalesimo]], le sue grandi ville agricole e l'esigenza di rendere i contadini dei [[servitù della gleba|servi della gleba]], non più liberi di pagare le tasse, ma costretti a pesanti [[corvée
Nell'[[800]] il [[papa Leone III]] ([[795]]-[[816]]) era accusato dai suoi nemici di essersi insediato sul soglio pontificio illegalmente. Ancora una volta a risolvere la situazione fu Carlo che giunse a Roma e - come giudice supremo - lo dichiarò innocente. Ormai la sua autorità era enorme. Il giorno di Natale dell'anno 800 il natale il papa incoronò Carlo imperatore in nome di Dio. Era il primo imperatore d'Occidente dal 476. L'incoronazione avvenuta per mano del Papa fu vista come un primato della Chiesa nei confronti dell'Imperatore. (1000 anni dopo, memore di ciò, Napoleone, tolse dalle mani del Papa le insegne dell'Imperatore e se le impose da solo). Nel [[812]] [[Michele I Rangabe]] riconobbe il titolo di Carlo, in cambio della neonata [[Venezia]], dell'[[Istria]] e della [[Dalmazia]].
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===La [[riforma gregoriana|Chiesa riformata]], la [[lotta per le investiture]], la [[prima crociata]] (1000-1100)===
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Nell'XI secolo l'ufficio del papa era in piena decadenza, conteso fra le sanguinarie famiglie romane e i tentativi moderati dell'imperatore. Ma si rivelò altrettanto difficile governare le città italiane. Pavia si ribellò ad [[Enrico II il Santo|Enrico II]] ([[1002]]-[[1024]]) che fu l'ultimo esponente della casa dei sassoni. A lui succedette [[Corrado II il Salico|Corrado II]] di Franconia ([[1027]]-[[1039]]) contro cui si ribellarono i [[valvassori]] della Lombardia, guidati dal vescovo [[Ariberto d'Intimiano]]. Nel [[1037]] Corrado fu così costretto a concedere anche ai feudatari minori quello che il [[Capitolare di Quierzy]] aveva concesso ai maggiori: l'ereditarietà (''[[Constitutio de feudis]]'').
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A causa dell'assenza del potere imperiale, già a metà del XI secolo le famiglie più potenti delle città italiane del nord e del centro estromisero i conti e i vescovi dall'esercizio del potere. Esse si riunivano in associazioni - ''communes'' - che governavano su ogni aspetto della vita pubblica cittadina. Nonostante lo sviluppo dell'economia a capo di queste associazioni risiedevano comunque militari e aristocratici di basso livello che avevano lottato per l'ereditarietà dei propri feudi.
Da ricordare fra queste città le [[repubbliche marinare]].
Intanto in Germania la corona divenne una carica elettiva. Non solo dunque gli imperatori faticavano a controllare duchi e arcivescovi, ma erano questi a loro volta che eleggevano l'imperatore. Attorno al 1150
si produsse la rivalità fra Welfen e Hohenstaufen, noti in Italia come [[Guelfi e Ghibellini]]. Questi ultimi erano fautori della totale indipendenza del potere imperiale dal papa, mentre i guelfi erano più possibilisti.
L'imperatore [[Federico Barbarossa|Federico I Hohenstaufen]] ([[1155]]-[[1190]]), detto in Italia il Barbarossa, cercò di ripristinare i suoi diritti sia nei confronti del papa sia dei comuni. [[Milano]] venne distrutta nel [[1162]]. Papa Alessandro III (1159-1181) scomunicò Federico che gli aveva opposto un antipapa. Nel [[1174]] L'esercito imperiale, che aveva stipulato una alleanza con la flotta [[
Contemporanemanete al sud si andava formando il [[Regno di Sicilia]]. Nel [[1059]] in normanno [[Roberto il Guiscardo]] strinse un patto con [[Papa Niccolò II]] con cui si dichiarava formalmente suo vassallo, ottenendo in cambio il titolo di duca di Puglia (che comprendeva anche la Basilicata), la Calabria, parte della Campania e Sicilia (che era però ancora in mano ai musulmani). I Normanni riuscirono ben presto a cacciare dal Meridione la presenza bizantina e poterono ben presto dedicarsi alla Sicilia.
[[
Il potere dei Normanni nell'Italia meridionale ebbe termine tra il [[1194]] (morte di [[Tancredi di Sicilia|Tancredi di Lecce]]) e il [[1198]], quando [[Enrico VI di Svevia|Enrico VI di Svevia, Imperatore del Sacro Romano Impero]] (morto nel [[1197]]), in virtù del suo matrimonio con [[Costanza d'Altavilla]] (morta nel [[1198]]), unì alla corona imperiale quella di re di Sicilia. Il regno subì una svolta accentrativa sotto la direzione di [[Federico II di Svevia|Federico II]] ([[1211]]-[[1250]]), il quale fu scomunicato tre volte, partecipò alla sesta [[crociata]] (da lui stessa indetta), e conquistando [[Gerusalemme]] senza versare sangue ma attraverso trattative con il sultano d'Egitto Al-Kamil, e infine tentò nuovamente di estendere la sua egemonia sui comuni dell'Italia del nord, in una lunga guerra senza successo.
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Gli angioini, ottenuto il dominio su tutto il [[Mezzogiorno (Italia)|Mezzogiorno]] d'Italia, esclusa la [[Sicilia]], stanziarono a [[Napoli]] la sede del potere regio e conservarono nel nuovo regno l'assetto amministrativo di origine sveva, con [[giustizierati]] e [[università del Regno|universitates]]. Le ultime [[regalia|regalie]] del napoletano furono però perse, quali il diritto del sovrano di nominare degli amministratori regi nelle diocesi con sedi vacanti<ref name= Galasso95 >Galasso G., ''Storia d'Italia'' Vol XV, Utet, Torino 1995</ref>. Con [[Roberto d'Angiò]] a Napoli fiorirono le scienze umanistiche: egli istituì una scuola di teologi scolastici e commissionò importanti traduzioni dal greco, da Aristotele a Galeno, per la biblioteca di Napoli. Furono anche gli anni in cui fiorì la cultura greca di [[Calabria]], grazie alla quale il [[neoplatonismo]] e la cultura ellenistica entrarono nella tradizione italiana, dal [[Petrarca]] a [[Pico della Mirandola]].
Morto Roberto, seguirono anni di incertezze politiche. Scoppiò una guerra di successione fra [[Giovanna I di Napoli]] e [[Carlo di Durazzo]], finché il regno non finì per breve tempo nelle mani di [[Luigi II d'Angiò]]. [[Ladislao I di Napoli|Ladislao I]] infine, figlio di Giovanna, riconquistò Napoli e, sfruttando le incertezze politiche, intraprese una guerra contro lo [[Stato Pontificio]] e i comuni toscani, arrivando ad occupare buona parte dell'Italia centrale: il [[Regno di Napoli]] acquisiva per breve tempo buona parte della penisola italiana.
Nel 1414 però Ladislao morì e il regno tornò presto nei confini originari. Prese il suo posto al trono Giovanna II, l'ultima sovrana angioina nel napoletano; non avendo avuto eredi diretti, Giovanna adottò un aragonese come figlio, [[Alfonso V d'Aragona]], diseredandolo poi del regno, in favore di [[Renato d'Angiò]]. Alla morte di costei Alfonso rivendicò il diritto di successione e dichiarò guerra a Napoli. Col sostegno del [[ducato di Milano]] in breve tempo tutto il [[Mezzogiorno (Italia)|Mezzogiorno]] fu conquistato da [[Alfonso V d'Aragona]], che divenne intanto [[Alfonso I di Napoli]], col titolo di ''Rex Utriusquae Siciliae''. Costui, come poi suo figlio Ferrante, contribuì ampiamente all'ammodernamento del territorio dominato sul modello economico aragonese, tramite il sostegno giuridico della [[transumanza]], i fori boari, il contrasto dei privilegi feudali e l'adozione del [[lingua napoletana|napoletano]] come lingua di stato.
====L'affermazione delle signorie nel nord italia (1259-1328)====
Le Signorie furono l'evoluzione istituzionale di molti [[Comune medievale|comuni]] urbani dell'[[Italia]] [[Italia centrale|centro]]-[[Italia settentrionale|settentrionale]] attorno alla metà del [[XIII secolo]].
Esse si svilupparono a partire dal conferimento di cariche [[podestà (medioevo)|podestarili]] o popolari ai capi delle famiglie preminenti, con poteri eccezionali e durata spesso vitalizia. In tal modo si rispondeva all'esigenza di un [[governo]] stabile e forte che ponesse termine all'endemica instabilità instituzionale ed ai violenti conflitti politici e sociali, soprattutto tra magnati e popolari.<ref>[[Franco Cardini]] e Marina Montesano, ''Storia Medievale'', Firenze, Le Monnier Università/Storia, 2006, pag. 389 "Questi "signori", che non erano dotati di specifiche prerogative istituzionali ma che governavano di fatto fornendo con la loro forza e il loro prestigio la cauzione agli altrimenti esausti governi comunali (ma che in pratica svuotavano quei governi stessi di contenuto), si appoggiavano di solito a titoli di legittimazione che venivano loro "dal basso", dalla costituzione cittadina: potevano quindi essere "podestà" o "capitani del popolo", ma detenere per lungo tempo o addirittura a vita quelle cariche che, di solito, mutavano di breve periodo in breve periodo."</ref>
I signori più forti e ricchi riuscirono quindi ad ottenere la facoltà di designare il proprio successore, dando così inizio a dinastie signorili attraverso la legittimazione dell'[[imperatore]], che concedeva il titolo di [[Duca]] (spesso dietro forti compensi da parte dei Signori). Rimanevano tuttavia funzionanti le [[Comune medievale|istituzioni comunali]], sebbene spesso si limitassero a ratificare le decisioni del Signore.
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[[Enrico VII di Lussemburgo]] tentò dopo la sua ascesa al soglio imperiale nel [[1308]] di restaurare l'antico potere imperiale in [[Italia]] trovando però la fiera opposizione del libero comune di [[Firenze]] di papa [[Clemente V]] e di [[Roberto d'Angiò]]. La sua discesa in Italia con la conseguente incoronazione come Imperatore del [[Sacro Romano Impero]] (titolo vacante dalla morte di [[Federico II]], durante il cosiddetto [[grande interregno]]) rimmarrà quindi un gesto puramente simbolico. Nel [[1313]] muore mentre si trova ancora in territorio italiano deludendo così coloro che avevano sperato in una unificazione del suolo italiano sotto la sua bandiera.
Anche il [[Papato]], l'altra grande istituzione medioevale, attraversa un periodo di crisi. Entrambe quese istituzioni si vedono costrette ad accettare la crescente influenza degli [[Stati nazionali]], supportati dalla sempre più potente classe borghese, e la crisi del sistema [[feudale
Lo scisma aveva mostrato la debolezza di una istituzione che era stata un punto di riferimento fondamentale nei secoli passati. Così mentre dal punto di vista culturale il papa perdeva un'egemonia quasi millenaria dal punto di vista politico la [[Cattività avignonese]] e lo Scisma favorirono il distacco definitivo del [[Ducato di Urbino]], già iniziato sotto [[Guido da Montefeltro]] e la nascita per breve tempo di una [[repubblica romana]] tra il [[1347]] e il [[1354]] guidata da [[Cola di Rienzo]]. Questi dopo essersi impadronito del potere tentò di organizzare una repubblica simile a quella romana ma alla fine della sua carriera sconfinò nel delirio e venne linciato dai suoi stessi concittadini che lo avevano sostenuto.
====Le lotte tra gli stati italiani (1412-1454)====
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La riapertura delle ostilità dopo il quarantennio di pace seguito agli accordi di Lodi scaturì dall'iniziativa del re di Francia [[Carlo VIII di Francia|Carlo VIII]], che discese in Italia alla testa di un esercito di venticinquemila uomini con l'obiettivo di riconquistare il regno di Napoli, sul quale vantava diritti in virtù del legame dinastico con gli Angioini. La conquista del reame napoletano rappresentava per Carlo la premessa indispensabile per estendere il proprio controllo all'intera penisola e per affrontare direttamente la minaccia [[Turchi|turca]].
La spedizione del re francese incontrò il favore di molti principi italiani, che intendevano approfittare della sua potenza per conseguire obiettivi propri: il duca di Milano [[Ludovico il Moro]] ottenne grazie all'appoggio di Carlo VIII la cacciata del nipote [[Gian Galeazzo Visconti]], che insidiava il suo potere; a Firenze gli avversari dei [[Medici]] aprirono le porte della città ai Francesi costringendo alla fuga [[Piero il Fatuo]] e restaurando la repubblica sotto la guida di [[Savonarola]]. Anche i [[cardinali]] [[
Il [[22 febbraio]] [[1495]] Carlo VIII entrò a Napoli, sostenuto da buona parte dei baroni del regno che si erano schierati dalla sua parte contro [[Ferdinando II d'Aragona]]. Ma la conquista non poté essere consolidata, vista l'avversione che la sua impresa aveva suscitato anche da parte di coloro che inizialmente l'avevano favorita: Milano, Venezia e il papa costituirono una lega antifrancese, alla quale diedero il proprio appoggio anche l'[[Massimiliano I d'Asburgo|imperatore Massimiliano]] e la Spagna dei ''Re Cattolici''. Carlo fu costretto a risalire la penisola e a incontrare le truppe della lega a [[Battaglia di Fornovo|Fornovo sul Taro]] nel [[luglio]] del 1495. Anche se non sconfitto, il sovrano dovette riparare in Francia.
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L'equilibrio fu nuovamente infranto nel [[1542]], con l'inizio di una nuova fase di conflitti franco-spagnoli in territorio italiano. Gli scontri ebbero esiti alterni, sanciti da deboli trattati di pace (come la [[pace di Crépy]] del [[1544]]) e continuarono anche dopo la morte di Francesco I e l'ascesa al trono del suo successore [[Enrico II di Francia|Enrico II]] nel [[1547]]. Ma lo scenario internazionale mutò di colpo nel [[1556]], quando Carlo V abdicò dopo aver diviso i suoi possedimenti fra il figlio [[Filippo II di Spagna|Filippo II]] e il fratello [[Ferdinando I d'Asburgo|Ferdinando I]]. Furono proprio Enrico e Filippo a stipulare nel [[1559]] la [[pace di Cateau-Cambrésis]], che mise fine definitivamente allo scontro tra Francia e Spagna per l'egemonia europea. La Spagna consolidò la propria posizione di dominio in Italia, destinata a durare fino al [[1714]], anno della conclusione della [[guerra di Successione spagnola]] e dell'avvento dell'[[Asburgo d'Austria|Austria]] come potenza egemone sulla penisola. La pace chiuse un sessantennio di guerre continue e sancì quella ''fine della libertà italiana'' avviata dalla spedizione di Carlo VIII nel 1494.
Da questo momento si può considerare esaurita la parabola del Rinascimento: l'Italia è quasi interamente soggetta alla corona spagnola ed è interessata da quel processo di reazione della [[Chiesa cattolica]] al luteranesimo che va sotto il nome di [[Controriforma]]. Il periodo che seguì la fine delle guerre d'Italia - dalla seconda metà del XVI a tutto il [[XVII secolo]] - è stato a lungo etichettato come ''Età della decadenza'', una formula per molti versi semplicistica che è stata fatta oggetto di profonda revisione da molti storici del [[XX secolo]] <ref>
===La dominazione spagnola===
{{vedi anche|Predominio spagnolo in Italia}}
L'egemonia spagnola in Italia venne ratificata dalla [[pace di Cateau-Cambrésis]]. La Spagna esercitò da allora, e per oltre un secolo e mezzo, il dominio diretto su tutta l'Italia meridionale ed insulare, sul [[Ducato di Milano]] e sullo [[Stato dei Presidi]] nel sud della [[Toscana]]. Lo [[Stato della Chiesa]], il [[Granducato di Toscana]], la [[Repubblica di Genova]] ed altri stati minori furono costretti di fatto ad appoggiare la politica imperiale spagnola. Il Ducato di Savoia, tendente a convertirsi in ago della bilancia fra Francia e Spagna divenne nella realtà dei fatti un campo di battaglia fra queste due potenze. Solo la [[Repubblica
====Condizioni dell'Italia nel seicento====
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Gli spagnoli oppressero la popolazione italiana con tasse elevate, suscitando il malcontento della popolazione che in alcuni casi insorse. Una delle rivolte alla dominazione spagnola più note di questo periodo è quella del pescatore Masaniello a Napoli. La rivolta fu scatenata dall'esasperazione delle classi più umili verso le gabelle imposte sugli alimenti di necessario consumo. Il grido con cui Masaniello sollevò il popolo il 7 luglio fu: «Viva il re di Spagna, mora il malgoverno», secondo la consuetudine popolare tipica dell'''[[Ancien régime]]'' di cercare nel sovrano la difesa dalle prevaricazioni dei suoi sottoposti. Dopo dieci giorni di rivolta che costrinsero gli spagnoli ad accettare le rivendicazioni popolari, a causa di un comportamento sempre più dispotico e stravagante Masaniello fu accusato di pazzia, tradito da una parte degli stessi rivoltosi ed assassinato all'età di ventisette anni.
Con la fine di Masaniello la rivolta tuttavia non si spense ed anzi assunse, sotto la guida del nuovo capopopolo [[Gennaro Annese]], un marcato carattere antispagnolo. Gli scontri contro la nobiltà ed i soldati si susseguirono violentissimi nei mesi successivi, fino alla cacciata degli spagnoli dalla città. Il [[17 dicembre]] fu infine proclamata la [[Real Repubblica Napoletana]] sotto la guida del duca francese [[Enrico II di Guisa]], che in qualità di discendente di [[Renato d'Angiò]] rivendicava diritti dinastici sul trono di Napoli. L'esempio di Masaniello fu poi seguito anche da popolani di altre città: da [[Giuseppe d'Alesi]] a [[Palermo]], e da [[Ippolito di Pastina]] a [[Salerno]]. La parentesi rivoluzionaria si concluse solo il [[6 aprile]] [[1648]], quando [[don Giovanni d'Austria (1629-1679)|don Giovanni d'Austria]], figlio naturale di [[Filippo IV di Spagna|Filippo IV]], alla guida di una flotta proveniente dalla Spagna riprese il controllo della città.
====La guerra di successione spagnola====
[[File:Western Europe Utrecht Treaty.jpg|200px|thumb|left|L'europa nel 1713, dopo la pace di Utrecht.]]
{{vedi anche|Guerra di successione spagnola}}
Il [[1º novembre]] [[1700]] moriva [[Carlo II di Spagna]], da tempo malato. Cinque giorni dopo, per [[testamento|disposizione testamentaria]] del defunto re, veniva proclamato nuovo re di [[Spagna]] il duca Filippo d'Angiò, nipote del re di [[Francia]] [[Luigi XIV di Francia|Luigi XIV]], il quale assumeva il nome di [[Filippo V di Spagna|Filippo V]]. A causa delle pessime condizioni di salute in cui versava Carlo II fin dalla nascita, già molto tempo prima che egli scomparisse, le grandi [[monarchia|monarchie]] d'[[Europa]] avevano cominciato ad avanzare varie ipotesi di successione, ratificate in accordi segreti. La maggior parte delle dinastie regnanti al momento vantava parentele con l'illustre moribondo ed erano interessate al trono di Spagna, che sarebbe rimasto vacante con la morte di Carlo II. Con Carlo II ancora in vita, le cancellerie degli Stati interessati iniziarono intense consultazioni diplomatiche al fine di definire un progetto di spartizione che non alterasse gli equilibri geopolitici in Europa e, contemporaneamente, non alterasse neppure le economie dei singoli Stati. La decisione di Carlo II di designare come unico erede Filippo d'Angiò scontentò tutti gli altri regnanti che ambivano al trono di Spagna; poiché il designato [[Filippo V di Spagna|Filippo d'Angiò]], sostenuto dal re di Francia, non avrebbe mai rinunciato ai benefici testamentari di cui era stato gratificato da Carlo II, fu inevitabile il ricorso alle armi.
Il conflitto prese piede con la grande alleanza dell'[[L'Aia|Aja]] del [[7 settembre]] [[1701]], con la quale l'[[Inghilterra]], i [[Paesi Bassi]] e l'[[Austria]] si impegnavano ad impedire che le volontà testamentarie del defunto re di Spagna trovassero definitiva attuazione; sarebbe stato infatti molto difficile fronteggiare un'unica sovranità borbonica da entrambe le parti dei [[Pirenei]]. La guerra durò ben dodici anni e si concluse con la [[Pace di Utrecht]] ([[1713]]). Tale pasce stabiliva per quanto riguarda l'Italia che:
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[[File:The Battle of Cape Passaro.jpg|thumb|left|250 px|La battaglia navale di Capo Passero]]
Nello stesso anno la guerra ebbe fine con il [[trattato dell'Aia (1720)|trattato dell'Aia]] e vi fu un cambio di isole italiane tra Asburgo e Savoia: ai primi andò la Sicilia (allora più ricca rispetto all'isola sarda) e il titolo regio di Vittorio Amedeo II cambiò da Re di Sicilia (trattato di Utrecht) a Re di Sardegna; i Savoia porteranno questo titolo fino all'unificazione del Regno d'Italia. Al figlio di Elisabetta Farnese, [[Carlo III di Spagna|Carlo]] (1716 – 1788), furono promessi i ducati di [[Parma]], di [[Piacenza]] e di [[Toscana]], che dopo la prossima estinzione della linea maschile dei Farnese gli sarebbero stati attribuiti.
La Spagna negli anni successivi uscirà dal suo isolamento e con la [[Guerra di successione polacca]] (1733 – 1738) riuscirà persino a portare sotto il suo controllo Napoli e la Sicilia.
====La guerra di successione polacca====
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Dopo due anni di azioni belliche, la Francia e l’Austria sottoscrissero il [[3 ottobre]] [[1735]] un preliminare di pace contenente il riassetto degli Stati italiani. Gli accordi prevedevano l’assegnazione del Granducato di Toscana a [[Francesco I di Lorena|Francesco III Stefano di Lorena]], una volta scomparso [[Gian Gastone de' Medici|Gian Gastone]], ultimo rappresentante della dinastia [[de' Medici]], per compensare l’assegnazione della Lorena al Leszczyński. L’Austria manteneva il porto franco di [[Livorno]] ma cedeva a don Carlos di Borbone lo [[Stato dei Presidi]], il [[Regno di Napoli]] nonché il [[Regno di Sicilia]] che essa aveva scambiato con la [[Sardegna]] nel [[1720]] a seguito della Pace dell’[[L'Aia|Aja]]. Il Piemonte sabaudo veniva potenziato con l’acquisizione delle [[Langhe]] e dei territori orientali del milanese e veniva autorizzato, inoltre, alla costruzione di piazzeforti nei territori appena conquistati. All’Austria veniva riconosciuta la “prammatica sanzione” e veniva restituito il [[Ducato di Parma e Piacenza]].
I preliminari di [[Vienna]] del [[1735]], innanzi descritti, furono recepiti prima nel terzo trattato di Vienna del 1738 e poi nella Pace di Parigi del 1739 che pose definitivamente fine alla guerra, stabilendo l'ascesa al trono di Polonia del candidato austro-russo. Gli accordi sottoscritti dalla Francia e dall’Austria con il trattato di Vienna del 1738 avrebbero dovuto costituire per gli Stati italiani una sistemazione definitiva e stabile nel quadro della politica di equilibrio tra tutte le maggiori potenze europee della prima metà del [[XVIII secolo]]. Ma l’assetto geopolitico dell’Italia, nato a conclusione della guerra di successione polacca, sarebbe stato nuovamente turbato nello spazio di qualche anno.
====Guerra di successione austriaca====
{{vedi anche|Guerra di successione austriaca}}
{{Quote|L'Italia è un carciofo, bisogna mangiarne una foglia alla volta.|[[Carlo Emanuele III di Savoia]], in seguito alla mancata acquisizione di Milano.<ref>''La Storia d'Italia a fumetti'' di Enzo Biagi, capitolo "Un altro italiano a Madrid", pag. 319</ref>}}
Nel mese di ottobre del [[1740]], all'età di soli 56 anni, moriva improvvisamente, privo di figli maschi, [[Carlo VI d'Asburgo]] e saliva al trono d'[[Austria]] la figlia primogenita Maria Teresa, di soli 23 anni, sposa di [[Francesco I di Lorena|Francesco Stefano di Lorena]]. L'ascesa al trono di [[Maria Teresa d'Asburgo]] provocò l'insorgere di numerosi dissensi tra le case regnanti in Europa che sfociarono in una sanguinosa guerra, passata alla storia come guerra di successione austriaca. Nel corso di questa guerra, che si combattè anche in Italia, la città di Genova venne occupata per un breve periodo dagli Austriaci (1746). I Genovesi però non ci stavano a sottostare alla dominazione austriaca e si rivoltarono. La rivolta iniziò grazie al gesto patriottico di un ragazzino, Balilla, che lanciò un sasso contro un soldato austriaco. I Genovesi riuscirono alla fine a cacciare gli Austriaci. La fine della guerra fu siglata dalla [[Pace di Aquisgrana]] ([[1648]]).
Con gli accordi di [[Aquisgrana]], l'Italia aveva subito un riassetto tale da trasformarla in un insieme di stati dall'equilibrio stabile per lungo tempo. L'Austria aveva ripreso il possesso del milanese e ripristinato la propria influenza sul [[Ducato di Modena]]. Il [[Regno di Sardegna|regno sardo]] aveva acquisito ampliamenti territoriali verso la valle padana e si era consolidato con la riappropriazione di [[Nizza]] e della [[Savoia (dipartimento francese)|Savoia]]. La Spagna era stata tacitata mediante la cessione del Ducato di Parma e Piacenza a Felipe di Borbone, mentre il fratello di questi rimaneva nel pieno possesso dei regni di Napoli e della Sicilia, per nulla rimessi in discussione. L'Italia si avviava, quindi, ad un lungo periodo di stabilità che sarà scosso soltanto sul finire del secolo a seguito del coinvolgimento della penisola nei fatti legati alla rivoluzione francese e all'epopea bonapartista.
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==L'Italia sotto il dominio napoleonico==
{{Vedi anche|Età napoleonica}}[[File:Italy 1803.jpg|thumb|right|200px|L'Italia nel [[1803]]]]
Verso la fine '700 sulla scena politica italiana si affacciò [[Napoleone Bonaparte]]. Questi nel [[1796]], comandò, come generale, la campagna italiana, al fine di far abbandonare al [[Regno di Sardegna]] la [[Prima coalizione]], creata contro lo stato francese, e per far arretrare gli austriaci.
Gli scontri iniziarono il [[9 aprile]], contro i piemontesi e nel breve volgere di due settimane [[Vittorio Amedeo III di Savoia]] fu costretto a firmare l'armistizio. Il [[15 maggio]] poi il generale francese entrò a [[Milano]], venendo accolto come un liberatore. Successivamente respinse le controffensive austriache e continuò ad avanzare, fino ad arrivare in [[Veneto]] nel [[1797]]. Qui si verificò anche un episodio di ribellione a causa dell'oppressione francese chiamato [[Pasque Veronesi]], che tenne occupato Napoleone per circa una settimana. Con il diretto intento di danneggiare il pontefice fu proclamata nel [[1797]] la [[Repubblica Anconitana]] con capitale [[Ancona]] che fu poi unita alla [[Repubblica Romana (1798-1799)|Repubblica Romana]]: il tutto ebbe però breve durata, poiché nel [[1800]] lo [[Stato Pontificio]] fu ripristinato.
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Proprio nel [[1808]] il Regno d'Italia subì un ampliamento con le annessioni di [[Toscana]] e [[Marche]].
Nel [[1809]], Bonaparte occupò [[Roma]], in seguito a contrasti con il papa, che l'aveva scomunicato, e per mantenere in efficenza il proprio stato<ref>{{
Nella conquista della [[Russia]], che Napoleone intraprese nel [[1811]], fu determinante l'appoggio degli abitanti della penisola italiana, ma questa si risolse con una sconfitta e molti italiani trovarono la morte.
Dopo la fallimentare campagna di Russia gli altri stati europei si riorganizzarono, coalizzandosi tra loro e sconfiggendo Bonaparte a [[Lipsia]]. I suoi stessi alleati, primo tra tutti [[Gioacchino Murat|Murat]], lo abbandonarono alleandosi con l'[[Austria]].<ref>{{
==La Restaurazione==
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===I Savoia===
{{Vedi anche|Casa Savoia}}
[[File:Vittorio Amedeo II di Savoia.jpg|thumb|right|200 px|Vittorio Amedeo II, quindicesimo ed ultimo Duca di Savoia, poi incoronato re di Sicilia e di Sardegna]] [[Umberto Biancamano]] nel [[1032]] ottenne dall'imperatore [[Corrado II]] la signoria della [[Savoia]], della [[Moriana]] e [[Valle d'Aosta|d'Aosta]]. Attraverso varie successioni ereditarie, i Savoia ingrandirono nel tempo i loro territori a cavallo tra le [[Alpi]] Occidentali. Prima conti, poi duchi, nel [[1416]] ottennero pure il titolo nominale (senza territori) di [[Gerusalemme|re di Gerusalemme]] lasciato in eredità da Carlotta di Lusignano.
Riuscirono abilmente nel [[XVII secolo|XVII]] e nel [[XVIII secolo]] a difendersi dalle mire espansionistiche del [[Francia|regno di Francia]] mantenendo tenacemente la loro autonomia. Da quando poi [[Emanuele Filiberto di Savoia]] spostò la capitale da [[Chambéry]] a [[Torino]] per meglio difendersi dagli attacchi nemici, la dinastia prese le redini della storia piemontese mantenendo il dominio sul [[Ducato di Savoia|ducato]] prima e sul [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]] poi, fino alla unità d'Italia.
Nel 1720, con l'istituzione sovrana vennero a pieno titolo annoverati fra le grandi casate d'Europa, fregiandosi dei titoli di: Re di [[Regno di Cipro|Cipro]], di [[Regno di Gerusalemme|Gerusalemme]], d'[[Regno di Armenia|Armenia]]; [[Ducato di Savoia|duchi di Savoia]], di [[Monferrato]], [[Chablais]], [[Ducato di Aosta|Aosta]] e [[Genova]]; principi di [[Principato di Piemonte|Piemonte]] ed [[Oneglia]]; marchesi di [[Saluzzo]], [[Susa (Italia)|Susa]], [[Ivrea]], [[Ceva]], [[Maro]], [[Oristano]], [[Sezana]]; conti di [[Moriana]], [[Genova]], [[Nizza]], [[Tenda (Francia)|Tenda]], [[Asti]], [[Alessandria]], [[Goceano]]; baroni di [[Vaud]] e di [[Faucigny]]; signori di [[Vercelli]], [[Pinerolo]], [[Tarantasia]], [[Lumellino]], [[Val di Sesia]]; principi e vicari perpetui del [[Sacro Romano Impero]] in [[Italia]].
Il [[17 marzo]] [[1861]] ottennero la corona di [[Re d'Italia]]. Nel [[1936]] [[Vittorio Emanuele III di Savoia]] fu proclamato [[Imperatore]] d'[[Etiopia]], e nel [[1939]] Re d'[[Albania]].
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{{vedi anche|Carboneria}}
[[File:Arresto pellico maroncelli.jpg|thumb|left|200px|L'arresto di [[Silvio Pellico|Pellico]] e [[Piero Maroncelli|Maroncelli]] da parte delle forze austriache]]
Dopo la [[Restaurazione]], che aveva portato al ritorno degli antichi sovrani e alla cessione di regioni italiane all'[[Austria]] portarono alla nascita di forti ideali patriottici. Nacque così la [[Carboneria]] e si diffuse proprio nelle regioni cedute agli austriaci e in [[Romagna]], grazie anche a [[Piero Maroncelli]].
I primi moti carbonari nella penisola italiana vi furono nel [[Moti del 1820-1821|1820-21]] e colpirono il [[Regno di Napoli]] nel [[luglio]] [[1820]] e il [[Regno di Sardegna|Piemonte]] nel [[marzo]] [[1821]]. A Napoli il sovrano fu costretto a cedere la costituzione, obiettivo dei carbonari, ma l'intervento degli austriaci riportò tutto come prima, e stessa cosa nel Regno di Sardegna. Contemporaneamente in [[Lombardia]] e [[Veneto]] vi furono molti processi, i più famosi al conte [[Federico Confalonieri]], a [[Silvio Pellico]] e [[Piero Maroncelli]].
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Ricevuti pareri favorevoli all'azione da [[Napoleone III]] nel [[1858]] i due strinsero un accordo segreto a [[Plombières]], con il quale i francesi avrebbero sostenuto i Savoia in caso di attacco austriaco a patto che fossero gli austriaci ad attaccare. I due però avevano scopi opposti: Cavour riteneva che controllando la parte più sviluppata d'Italia avrebbe di fatto controllato l'intera penisola, mentre Napoleone III era convinto che avendo sotto il suo dominio i due terzi della penisola, avrebbe di fatto controllato anche il Piemonte.
[[File:Giuseppe Garibaldi (1866).jpg|thumb|right|200px|[[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]] nel 1866]]
Adottando un comportamento provocatorio nei confronti degli austriaci Cavour riuscì nell'intento di farsi dichiarare guerra, dando inizio alla [[seconda guerra di indipendenza italiana]], che iniziò il [[29 aprile]] [[1859]]. Gli austriaci, sotto la guida del [[maresciallo]] [[Ferencz Gyulai]], inizialmente invasero il [[Piemonte]], senza incontrare resistenze. Un contrordine proveniente da [[Vienna]] impose poi il ritiro in [[Lombardia]]. L'arrivo di [[Napoleone III]], il [[14 maggio]], diede il via alle operazioni militari. Il [[20 maggio]] si ebbe il primo e vero scontro a [[Montebello della Battaglia|Montebello]], che vide la vittoria franco-italica. Dieci giorni dopo i piemontesi riportarono un'altra vittoria a [[Palestro]], sotto la guida stessa di [[Vittorio Emanuele II di Savoia|Vittorio Emanuele II]]. I francesi, invece, batterono gli austro-ungarici a [[Turbigo]] e [[Battaglia di Magenta|Magenta]]. Il [[5 giugno]] venne poi presa [[Milano]]. Nei giorni successivi gli austriaci vennero respinti in [[Veneto]] e, a questo punto, [[Napoleone III]] cominciò le trattative, a insaputa dei piemontesi, che terminarono con la cessione della [[Lombardia]]. Gli accordi di Plombières, prevedevano però la conquista del Veneto e Cavour deluso tentò, senza successo, di convincere il re a continuare da solo. Terminata la seconda guerra di indipendenza alcuni ducati vollero unirsi allo stato sabaudo ed erano Modena, Parma, Emilia, Romagna e Toscana. Gli accordi di Plombières prevedevano però la cessione di [[Nizza]] e della [[Savoia]], cosa che provocò varie proteste, in quanto non era stata mantenuta la promessa di conquistare anche il [[Veneto]].
Il [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]] comprendeva a questo punto i territori delle attuali regioni [[Piemonte]], [[Sardegna]], [[Lombardia]], [[Emilia-Romagna]], [[Liguria]] e [[Toscana]], mentre rimanevano esclusi quelli di [[Umbria]], [[Marche]] e [[Lazio]], sottoposti al dominio pontificio, oltre al sud.
Nel [[1860]] venne organizzata la [[spedizione dei Mille]], guidata da [[Giuseppe Garibaldi]]. Partiti da [[Quarto dei Mille|Quarto]] il [[5 maggio]], sbarcarono l'[[11 maggio|11]] a [[Marsala]]. Mentre Garibaldi, insieme ai ''picciotti'' siciliani conquistava l'isola, nella parte continentale del [[Regno delle due Sicilie]] il ''Comitato per l'Unità Nazionale'' di [[Napoli]] preparava la strada alla conquista della [[Napoli|capitale]]: il [[18 agosto]] dello stesso anno, con l'insurrezione di [[Potenza (Italia)|Potenza]] la [[Basilicata]], guidata dal governo proditattoriale di [[Giacinto Albini]], dichiarò [[Insurrezione lucana (1860)|la sua annessione al Regno d'Italia]]. Il giorno seguente Garibaldi passò lo [[stretto di Messina]], e il [[21 agosto]] seguente la [[Puglia]] dichiarò decaduti i [[Borbone di Napoli|Borbone]] con l'insurrezione di [[Altamura]].
Il [[7 settembre]] Garibaldi entrò trionfalmente a [[Napoli]], abbandonata dal re [[Francesco II di Borbone]] in favore di [[Gaeta]]. La sconfitta finale dei borbonici avvenne sul [[Volturno]] il [[1º ottobre]] [[1860]]. Il [[21 ottobre]] si tennero i [[plebisciti]] che decretarono l'annessione dei territori delle [[Regno delle due Sicilie|Due Sicilie]] al [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno Sabaudo]].
Mancavano ancora [[Veneto]] e [[Friuli]], [[Roma]], [[Trentino-Alto Adige]] e [[Venezia Giulia]]. Il parlamento sardo decise allora di proclamare nel [[1861]] il [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] consegnando la corona a [[Vittorio Emanuele II]] e ai suoi eredi. Lo [[statuto albertino]] venne esteso a tutto il Regno.
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== L'Italia liberale (1861-1914) ==
{{vedi anche|Regno d'Italia (1861-1946)}}[[File:Flag of Italy (1861-1946).svg|right|180px|thumb|[[Bandiera italiana|Bandiera nazionale del Regno d'Italia]]]]
Lo [[stato italiano]] nacque nel [[1861]] dopo l'esito della [[Seconda guerra di indipendenza italiana|seconda guerra di indipendenza]] e dopo i plebisciti degli altri territori conquistati. Con la prima convocazione del Parlamento italiano del [[18 febbraio]] [[1861]] e la successiva proclamazione del [[17 marzo]], Vittorio Emanuele II fu il primo re d'Italia ([[1861]]-[[1878]]).
La popolazione, rispetto l'originario [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]], quintuplicò.
Istituzionalmente e giuridicamente, il Regno d'Italia venne configurandosi come un ingrandimento del [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]], esso fu infatti una monarchia costituzionale.
Il neonato Stato quindi si ritrovò, fin dai primi tempi, a tentare di risolvere problemi di standardizzazione delle leggi, di mancanza di risorse a causa delle casse statali vuote per le spese belliche, di creazione di una moneta unica per tutta la penisola e più in generale problemi di gestione per tutte le terre improvvisamente acquisite.
A questi problemi, se ne aggiungevano altri, come ad esempio l'analfabetismo e la povertà diffusa, nonché la mancanza di infrastrutture.
La questione che tenne banco nei primi anni della riunificazione d'Italia fu la [[questione meridionale]] ed il [[brigantaggio]] antisabaudo delle regioni meridionali (soprattutto tra il [[1861]] e il [[1869]]). Il problema era noto come la "[[questione meridionale]]". Ulteriore elemento di fragilità era costituito dall'ostilità della Chiesa cattolica e del clero nei confronti del nuovo Stato, ostilità che si sarebbe rafforzata dopo il [[1870]] e la presa di Roma ([[questione romana]]).
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{{vedi anche|Destra storica}}
[[File:Riccio G. - ritratto di Marco Minghetti.jpg|right|thumb|200 px|Ritratto di Marco Minghetti]]
La Destra storica, composta principalmente dall'alta borghesia e dai proprietari terrieri, formò il nuovo governo, che ebbe come primi obiettivi il completamento dell'unificazione nazionale, la costruzione del nuovo stato (per il quale si scelse un modello centralista) e il risanamento finanziario mediante nuove tasse che produssero scontento popolare e accentuarono il [[brigantaggio]], represso con la forza.
In politica estera, la Destra storica mantenne la tradizionale alleanza con la [[Francia]], anche se le due nazioni si scontrarono in diverse questioni, prime fra tutte l'annessione del [[Veneto]] e la presa di [[Roma]].
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===L'epoca giolittiana===
{{vedi anche|Età giolittiana}}
[[File:
Come neo-presidente del Consiglio si trovò a dover affrontare, prima di tutto, l'ondata di diffuso malcontento che la politica [[Francesco Crispi|Crispina]] aveva provocato con l'aumento dei prezzi. Ed è con questo primo confronto con le parti sociali che si evidenziò la ventata di novità che Giolitti portò nel panorama politico a cavallo tra il [[XIX secolo|XIX]] ed il [[XX secolo]]. Non più [[repressione]] autoritaria, bensì accettazione delle proteste e quindi degli scioperi, purché non violenti né politici, con lo scopo (riuscito) di portare i socialisti nell'arco parlamentare.
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A seguito della sconfitta e della morte dell'Imperatore Giovanni IV in una guerra contro i [[dervisci]] sudanesi (1889), l'esercito italiano occupò una parte dell'altopiano etiopico, compresa la città di [[Asmara]], sulla base di precedenti accordi fatti con [[Menelik II d'Etiopia|Menelik]] il quale, con la morte del rivale, era riuscito a farsi riconoscere [[Negus]] Neghesti, cioè “Re di Re” (“Imperatore”). Con il trattato che seguì, [[Menelik II d'Etiopia|Menelik]] accettò la presenza degli italiani sull'altopiano etiope e riconobbe nell'Italia l'interlocutore privilegiato con gli altri paesi europei. Quest'ultimo riconoscimento fu interpretato dagli italiani come l'accettazione di un [[protettorato]] e negli anni seguenti sarà fonte di discordie fra i due paesi.
La politica di progressiva conquista dell'Etiopia si concretizzò con la [[campagna d'Africa Orientale]] (1895-1896) e terminò con la [[battaglia di Adua|sconfitta di Adua]] ([[1º marzo]] [[1896]]). Fu uno dei pochi successi della resistenza africana al [[colonialismo]] europeo del [[XIX secolo]]. Anche dopo questa cocente sconfitta la politica coloniale nel Corno d'africa continuò con il protettorato sulla [[Somalia]], dichiarata colonia nel [[1905]].
=== Dalla Sirte al Ciad ===
Uno dei tentativi di creare un Impero coloniale oltre il Corno d'Africa era quello di un'espansione che andasse dal [[mare Mediterraneo]] al [[golfo di Guinea]]. Il progetto non venne mai esplicitato pubblicamente, ma fu chiaro durante le trattative per il [[Trattato di Versailles (1919)]], dopo la [[prima guerra mondiale]], che causò frizioni diplomatiche con la [[Francia]]. Per realizzare questa intenzione, avendo già formale possesso della [[Libia]], il corpo diplomatico italiano chiese di avere la colonia tedesca del [[Camerun]] e cercò di ottenere, come compenso per la partecipazione alla guerra mondiale, il passaggio del Ciad dalla Francia all'Italia. Il progetto fallì quando il Camerun venne assegnato alla [[Francia]] e l'Italia ottenne solamente l'[[Oltregiuba]], oltre a una ridefinizione dei confini tra la Libia e ed il [[Ciad]], possedimento francese.
Una delle richieste italiane durante il [[Trattato di Versailles (1919)|
==== Fatti di sangue durante il dominio coloniale italiano ====
{{Vedi anche|crimini di guerra italiani}}
A seguito dell'uccisione di civili e militari italiani in Libia ed Etiopia <ref>Antonicelli, Franco. ''Trent'anni di storia italiana 1915 - 1945'' p. 67</ref>, durante il dominio coloniale italiano in Africa furono commesse (anche se in misura inferiore a quanto fatto - ad esempio - da inglesi e francesi<ref>Mockler, Anthony. ''Haile Selassie's War: The Italian-Ethiopian Campaign, 1935-1941''pag. 48</ref>) alcune atrocità e crimini contro l'umanità<ref>Angelo Del Boca. ''Italiani, brava gente?'', Editore Neri Pozza, 2005.</ref><ref>Angelo Del Boca. ''A un passo dalla forca. Atrocità e infamie dell'occupazione italiana della Libia nelle memorie del patriota Mohamed Fekini'', Baldini Castoldi Dalai, 2007</ref>.
== L'Italia nella prima guerra mondiale (1915-1918) ==
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{{Vedi anche|Neutralità italiana (1914-1915)}}
[[File: Armando_Diaz.jpg|right|thumb|150px|[[Armando Diaz]]]]
Nella [[prima guerra mondiale]] l'Italia rimase inizialmente neutrale, per poi scendere al fianco degli alleati il [[23 maggio]] [[1915]] dopo la firma del segreto [[Patto di Londra]].
L'accordo prevedeva che l'[[Italia]] entrasse in guerra al fianco dell'Intesa entro un mese, ed in cambio avrebbe ottenuto, in caso di vittoria, il [[Trentino]], il [[Tirolo]] fino al [[Passo del Brennero|Brennero]] ([[Provincia autonoma di Bolzano|Alto Adige]]), la [[Venezia Giulia]], l'intera [[penisola istriana]], con l'esclusione di [[Fiume]], una parte della [[Dalmazia]].
Per quanto riguarda i possedimenti coloniale l'Italia avrebbe conquistato l'arcipelago del [[Dodecaneso]] (occupato, ma non annesso a colonia dopo la [[guerra italo-turca]]), la base di [[Valona]] in [[Albania]] , il bacino carbonifero di [[Adalia (Turchia)|Adalia]] in [[Turchia]], nonché un'espansione delle colonie africane, a scapito della Germania (l'Italia in Africa possedeva già [[Libia]], [[Somalia italiana|Somalia]] ed [[Colonia Eritrea|Eritrea]]).
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Lo stato italiano decise di entrare in guerra il [[24 maggio]] [[1915]].
[[File:Soca Kobarid.jpg|thumb|left|200 px|L'[[Isonzo]] vicino a [[Caporetto]]]]
Il comando dell'esercito venne affidato al generale [[Luigi Cadorna]], che aveva come obiettivo il raggiungimento di [[Vienna]] passando per [[Lubiana]]<ref>{{
Il fronte aperto dall'Italia ebbe come teatro le [[Alpi]], dallo [[Stelvio]] al mare [[Adriatico]]. Lo sforzo principale per sfondare il fronte fu concentrato nella regione delle valli [[Isonzo]], in direzione di [[Lubiana]]. Dopo un'iniziale avanzata italiana, gli austro-ungarici ricevettero l'ordine di trincerarsi e resistere. Si arrivò così a una guerra [[Guerra di trincea|posizione]] simile a quella che si stava svolgendo sul fronte occidentale. La guerra continuò con pochi risultati e molte perdite nel corso del 1915, 1916, 1917.
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Visti gli esiti dell'ultima offensiva italiana e i rinforzi provenienti dal fronte orientale, austro-ungarici e tedeschi decisero di tentare l'avanzata.
{{vedi anche|Battaglia di Caporetto}}
Il [[24 ottobre]] gli austro-ungarici e i tedeschi ruppero il fronte convergendo su Caporetto e accerchiarono la 2<sup>a</sup> [[Armata]] comandato dal generale [[Luigi Capello]]. Il generale Capello e Luigi Cadorna da tempo avevano il sospetto di un probabile attacco, ma sottovalutarono le notizie e l'effettiva capacità offensiva delle forze nemiche. Gli austriaci avanzarono per 150
[[File:Battle of Caporetto.jpg|200px|thumb|left|Mappa dell'avanzata austro-ungarica tedesca in seguito alla rotta italiana]]
La rottura del fronte di Caporetto provocò il crollo delle postazioni italiane lungo l'Isonzo, con la ritirata delle armate schierate dall'[[Mare Adriatico|Adriatico]] fino alla [[Valsugana]], in Trentino.
La disfatta portò alcune conseguenze: Cadorna venne rimosso dall'incarico e sostituito dal maresciallo [[Armando Diaz]] nel ruolo di capo di stato maggiore. Oltre a Cadorna perse il posto anche il generale [[Luigi Capello]], ritenuto principale responsabile della sconfitta. Un altro effetto della disfatta l'elevato malcontento nelle truppe. I disordini furono frequenti, e molti si concludevano con sommarie fucilazioni. Gli austro-ungarici fermarono gli attacchi in attesa della primavera del [[1918]], preparando un'offensiva che li avrebbe dovuti portare a penetrare nella pianura veneta.
L'offensiva austro-ungarica arrivò il [[15 giugno]]: l'esercito dell'Impero attaccò con 66 divisioni nella [[battaglia del solstizio]] ([[15 giugno|15]] - [[23 giugno]] 1918), che vide gli italiani resistere all'assalto. Gli austro-ungarici persero le loro speranze, visto che il paese era ormai a un passo dal tracollo, assillato dall'impossibilità di continuare a sostenere lo sforzo bellico sul piano economico e su quello sociale, data l'incapacità dello Stato di farsi garante dell'integrità dello stato multinazionale asburgico. Con i popoli dell'impero asburgico sull'orlo della rivoluzione, l'Italia anticipò di un anno l'offensiva prevista per il 1919 per impegnare le riserve austro-ungariche ed impedire loro la prosecuzione dell'offensiva sul fronte francese. Da [[Battaglia di Vittorio Veneto|
===Esito===
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Inoltre al [[Regno d'Italia]] furono assegnate alcune compensazioni territoriali in Africa, come l'[[Oltregiuba]] in [[Somalia]].
Ma il prezzo fu altissimo: 651.010 soldati, 589.000 civili per un totale 1.240.000 morti su di una popolazione di soli 36 milioni, con la più alta mortalità nella fascia di età compresa tra 20 e 24 anni.<ref>G. Mortara, ''La Salute pubblica in Italia durante e dopo la Guerra'', Yale University Press, New Haven, 1925.</ref>
Le conseguenze sociali ed economiche furono pesantissime: l'Italia con la sua economia basata sull'agricoltura perse una grossa fetta della sua forza-lavoro causando la rovina di moltissime famiglie.
Tuttavia, l'Italia non vide riconosciuti i diritti territoriali acquisiti sulla [[Dalmazia]] con l'intervento a fianco degli alleati: in base al [[Patto di Londra]] con cui aveva negoziato la propria entrata in guerra, l'Italia avrebbe dovuto ottenere la Dalmazia settentrionale incluse le città di [[Zara]], [[Sebenico]] e [[Tenin]].
Infatti, in base al principio della nazionalità propugnato dal presidente americano [[Woodrow Wilson]], la Dalmazia venne annessa al neocostituito Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni, con l'eccezione di Zara (a maggioranza italiana) e dell'isola di Lagosta, che con altre tre isole vennero annesse all'Italia.
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===Politica interna===
Il fascismo in politica interna tentò di risolvere il problema della svalutazione della lira con misure quali la messa in commercio di pane con meno farina, l'aggiunta di [[Etanolo|alcool]] alla [[benzina]], l'aumento delle ore da 8 a 9 senza variazioni di salario, l'istituituzione, la riduzione dei prezzi dei giornali, dei biglietti e dei francobolli ecc.
L'[[11 febbraio]] [[1929]] furono firmati i [[Patti lateranensi]], che stabilirono il mutuo riconoscimento tra il [[Regno d'Italia]] e lo Stato della [[Città del Vaticano]]. Con la ratifica del concordato la religione cattolica divenne la religione di stato in Italia, fu istituito l'[[insegnamento della religione cattolica]] nelle scuole e fu riconosciuta la sovranità e l'indipendenza della [[Santa Sede]].
Il fascismo tentò pure di rendere "pura" la lingua italiana italianizzando i prestiti linguistici: per esempio "film" diventa "filmo", "taxi" diventa tassì", "cognac" diventa "arzante"; vengono italianizzati pure i toponimi stranieri in Valle d'Aosta e in Trentino Alto-Adige. Inoltre poiché il lei è considerato straniero, viene imposto l'uso del voi.
L'[[11 ottobre]] [[1935]] l'[[Italia]] venne sanzionata per l'invasione dell'[[Etiopia]]. Le [[Sanzioni economiche all'Italia fascista|sanzioni]] in vigore dal [[18 novembre]] consistono essenzialmente nell'embargo. In realtà fu soltanto la [[Gran Bretagna]] a osservare le regole imposte dalle sanzioni. In seguito all'embargo, la propaganda politica spinse affinché si consumassero solo prodotti italiani. Fu in pratica la nascita dell'[[autarchia]], secondo la quale ''tutto doveva essere prodotto e consumato all'interno dello stato''. Per esempio venne sostituito: la [[lana]] con il [[lanital]] (la lana di caseina), la [[benzina]] con il ''carburante nazionale'' (benzina con l'85% di alcool) mentre il caffè venne sostituito con il "caffè" d'orzo.
Le sanzioni all'Italia avvicinarono Mussolini a Hitler, il dittatore nazista tedesco. Ben presto i due dittatori strinsero un alleanza. Per far piacere a Hitler, Mussolini nel 1938 promulgò delle leggi razziali che privavarono di molti diritti civili e politici gli Ebrei (e tutte le altre "razze inferiori"): molti persero il lavoro solo perché Ebrei.
===Politica estera===
{{Vedi anche|Africa Orientale Italiana}}[[File:Italian_empire_1940.PNG|300px|right|thumb|L'Impero coloniale italiano nel [[1940]], nel momento di massima espansione.]]
A partire dal [[1926]]-27 l'[[Albania]] entrò gradualmente nella sfera d'influenza dell'Italia ma solo nell'aprile del [[1939]] fu occupata militarmente da questo paese che le impose come sovrano [[Vittorio Emanuele III]].
A seguito della completa conquista della Libia, avvenuta alla fine degli [[anni 1920|anni '20]], [[Benito Mussolini|Mussolini]] manifestò l'intenzione di dare un Impero all'Italia e l'unico territorio rimasto ''libero'' da ingerenze straniere era l'[[Abissinia]], nonostante fosse membro della [[Società delle Nazioni]]. Il progetto d'invasione iniziò all'indomani della conclusione degli accordi sul trattato di amicizia e si concluse con l'ingresso dell'esercito italiano ad Addis Abeba il [[5 maggio]] [[1936]]. Quattro giorni dopo venne proclamata la nascita dell'Impero italiano e l'incoronazione di [[Vittorio Emanuele III]] come Imperatore d'Etiopia (con il titolo di ''[[Qesar]]'', anziché quello di [[Negus Neghesti]]).
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Il [[10 giugno]] [[1940]] l'Italia entrò nella [[Seconda Guerra Mondiale]] come alleata della Germania contro [[Francia]] e [[Regno Unito]]. Nel [[1941]] fu dichiarata guerra all'[[Unione Sovietica]] e con l'[[Impero giapponese]] agli [[Stati Uniti d'America]]. Mussolini, confortato dagli schiaccianti successi della Germania di [[Adolf Hitler|Hitler]], credeva in una guerra lampo risolta in breve tempo a favore dell'alleato tedesco, assieme al quale avrebbe potuto sedere al tavolo dei vincitori.
In realtà le difficoltà oggettive delle truppe italiane e le ingenti forze a disposizione dell'[[Alleati della seconda guerra mondiale|alleanza nemica]], portarono non poche sconfitte all'esercito regio. I primi scontri ebbero luogo il [[21 giugno]] sulle [[Alpi]], contro la [[Francia]], ormai attacata dai tedeschi con la tattica del [[blitzkrieg]], che portò allo stato fascista italiano la sola conquista di una piccola striscia nel sud del Paese, riportando i confini a prima del [[1850]], con l'esclusione di [[Nizza]]. Nello stesso momento lo stato maggiore fascista concentrò le sue mire espansionistiche in [[Grecia]]. Pensando di non trovare alcuna resistenza le truppe italiane avanzarono in territorio greco, ma tra novembre e dicembre i Greci, aiutati anche dagli inglesi, passarono all'azione e costrinsero gli italiani a ritirarsi in [[Albania]]. L'insuccesso in Grecia causò la fine della ''Guerra parallela'', così chiamata da [[Benito Mussolini|Mussolini]].<ref name="ReferenceA">{{
Contemporaneamente si registrarono i primi insuccessi anche nelle colonie del corno d'Africa, culminati il [[20 maggio]] con la resa del [[Amedeo di Savoia-Aosta (1898-1942)|Duca d'Aosta]] dopo la [[Seconda battaglia dell'Amba Alagi|battaglia sull'Amba Alagi]]. In questa occasione all'[[Regio Esercito|esercito italiano]] fu reso l'[[onore delle armi]] da parte dei britannici. L'[[11 aprile]] i tedeschi si impossessarono dell'area balcanica, concedendo allo stato fascista di mettere nominalmente a capo dello stato croato un rappresentante di [[casa Savoia]]. L'influenza italiana si limitò solamente alle zone costiere e, in base ad accordi con il capo del governo croato [[Ante Pavelic]], l'Italia avrebbe avuto per 25 anni il dominio del litorale della [[Croazia]].<ref
Nel [[1942]] le operazioni italiane si concentrarono in [[Unione Sovietica]] e [[Africa]]. In entrambi i fronti, grazie alle truppe tedesche si ebbero frequenti successi: in Russia si conquistarono vasti territori e si arrivò a controllare durante l'estate anche [[Stalingrado]], mentre nel nord Africa Rommel si spinse in [[Egitto]], conquistando varie città, ma a causa degli attacchi dell'aviazione anglo-americana e dei rinforzi sempre meno frequenti si arrivò ad una sconfitta nella battaglia di [[
La situazione peggiorò poi anche in [[Russia]] con l'avvicinarsi dell'inverno, infatti Mussolini non si era curato di rafforzare l'equipaggiamento delle truppe italiane appartenenti all'[[ARMIR]],<ref>{{
A maggio venne presa [[Tunisi]], ultimo baluardo dell'esercito regio italiano e poche settimane più tardi anche le isole di [[Lampedusa]] e [[Pantelleria]], dando inizio all'[[Operazione Husky]].
===La caduta del fascismo, la Repubblica di Salò e la resistenza (1943-1945)===
{{vedi anche|Resistenza Italiana|Repubblica Sociale Italiana}}
Le difficoltà militari colpirono anche [[Benito Mussolini|Mussolini]]. Il [[24 luglio]] [[1943]] si riunì il [[Gran Consiglio del Fascismo]] e il mattino seguente il duce venne sfiduciato. [[Vittorio Emanuele III]] decise quindi di sostituirlo a capo del governo con [[Pietro Badoglio]]. Proprio mentre si trovava a colloquio con il re, Mussolini venne arrestato. Intanto il nuovo capo del governo Badoglio annunciò il continuo della guerra a fianco dei tedeschi, ma contemporaneamente stava trattando l'[[armistizio]] con gli [[Alleati]], che venne firmato il [[3 settembre]] e reso pubblico l'[[8 settembre|8]].
Il giorno successivo [[Fuga del re Vittorio Emanuele III|il re e Badoglio fuggirono da Roma]], andando in [[Puglia]], sotto la protezione di inglesi e americani. Sempre in questi giorni le truppe italiane, che non avevano ordini precisi (e nella coscienza popolare l'8 settembre viene ricordato come il giorno del "Tutti a casa"), vennero catturate dai soldati tedeschi e molti componenti dell'esercito finirono prigionieri. Il [[12 settembre]] un reparto speciale tedesco liberò Mussolini, che venne incaricato di formare un nuovo regno nel nord Italia.
Il Paese si trovò così diviso in due: il [[Regno del Sud]] a fianco degli alleati contro la [[Germania]] e la [[Repubblica Sociale Italiana]], formata dai reduci fascisti. Di fatto, erano entrambi due stati-fantoccio, rispettivamente degli anglo-americani e dei tedeschi. In questo quadro drammatico, nacquero però le prime [[partigiani|formazioni partigiane]], che soprattutto nel centro-nord diedero vita al primo nucleo dell'Italia libera.
[[File:Umberto4.jpg|thumb|right|[[Umberto II di Savoia|Umberto di Savoia]], "Luogotenente del Regno" dal [[5 giugno]] [[1944]]. Fu Re d'Italia dal [[9 maggio]] [[1946]] al [[13 giugno]] dello stesso anno]]
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Dalla fine della guerra fino agli [[Anni 1950|anni '50]] avvenne anche l'[[esodo istriano]] durante il quale circa gran parte della popolazione di [[lingua italiana]] (in quantità stimata tra un minimo 200.000 e un massimo 350.000 persone,
<ref>A tutt'oggi non vi è accordo fra gli storici su una più accurata valutazione del numero di profughi [http://www.adesonline.com/recensionelibroermannomattioli.htm Sintesi di un testo di Ermanno Mattioli] e [http://www.istoreto.it/pubblicazioni/studi_documenti/marenegliocchi.htm Sintesi di un testo dello storico Enrico Miletto]</ref>) abbandono' i territori [[
== L'Italia repubblicana ==
{{vedi anche|Nascita della Repubblica Italiana|Italia repubblicana|Prima Repubblica (Italia)}}
Dopo la fine della guerra in Italia lo scontento popolare, soprattutto nell'Italia settentrionale, nei confronti della [[monarchia]] era elevatissimo. Il [[2 giugno]] del [[1946]] un [[referendum]] istituzionale sancì la fine della [[monarchia]] e la nascita della [[Repubblica (forma statuale)|Repubblica]] [[Repubblica Italiana|Italiana]]; in contemporanea vennero eletti i delegati all'Assemblea Costituente. Per la prima volta in Italia, per questa occasione, anche la donne ebbero il [[Diritto di voto#In Italia|diritto al voto]]. Il [[1º luglio]] Enrico de Nicola viene nominato il primo [[Presidente della Repubblica Italiana]].
Il primo [[Presidente del Consiglio dei Ministri]] fu [[Alcide De Gasperi]], della [[Democrazia cristiana]] e, salvo poche eccezioni, dal [[1946]] al [[1993]] la [[Presidenza del Consiglio]] fu [[Democrazia Cristiana|democristiana]].
La nuova [[Costituzione della Repubblica Italiana|costituzione repubblicana]] entrò in vigore il [[1º gennaio]] [[1948]].
In questi anni si tentò di riparare i danni provocati prima dal [[fascismo]] e poi dalla guerra. L'Italia diventò un grande cantiere, anche grazie agli aiuti del [[Piano Marshall]]. Iniziava quello che fu chiamato il "miracolo economico". Il [[Prodotto interno lordo]] crebbe del 6.3%, un record nella storia del paese. Il [[reddito pro-capite]] passò da 350.000 a 571.000 lire. Tra il [[1958]] e il [[1959]] gli investimenti lordi crebbero del 10% e tra il [[1961]] e il [[1962]] l'incremento fu del 13%. Questi numeri ridussero sensibilmente il divario storico con i grandi Paesi europei: [[Inghilterra]], [[Germania]] e [[Francia]].
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|}
L'industria registrò una crescita pari all'84% tra il [[1953]] e il 1961.
L'elevata disponibilità di [[manodopera]] era dovuta ad un forte flusso di migrazione dalle campagne alle città e dal sud verso il nord.
Questo notevole sviluppo fu possibile anche grazie all'intervento dello Stato nell'[[economia]] che intervenne con [[politica economica|politiche economiche]] di stampo [[John Maynard Keynes|Keynesiano]] soprattutto attraverso l'aumento della spesa pubblica e la creazione di società a partecipazione statale.
Infine, contribuì alla crescita dell'Italia un fattore esterno, cioè, la creazione del [[Mercato Europeo Comune|Mercato comune europeo (MEC)]], preceduta dalla creazione, nel 1951, della [[Comunità europea del carbone e dell'acciaio]] e la creazione della [[CEE]] nel 1957, a cui l'Italia aderì immediatamente. Con la creazione del MEC vi fu l'apertura delle frontiere europeee ai commerci, col conseguente aumento delle esportazioni e degli scambi commerciali europei.
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Il [[1968]] vide l'Italia trasformarsi radicalmente sul piano sociale, in seguito alle migliorate condizioni di vita dovute al [[boom economico]] degli anni precedenti ed al sorgere di movimenti radicali, soprattutto [[Comunismo|comunisti]], di giovani e operai, che portarono profonde modifiche al costume, alla mentalità generale e particolarmente alla scuola.
Negli [[anni 1970|anni '70]] alcuni dei numerosi movimenti politici, sorti negli anni precedenti, si estremizzarono e degenerarono nel [[terrorismo]] ''rosso'' (le [[Brigate Rosse]]), accompagnato da quello ''nero'' (i gruppi [[Neofascismo|neofascisti]] come i ''[[Nuclei Armati Rivoluzionari|NAR]]'') caratterizzando quelli che furono chiamati gli [[anni di piombo]].
Con gli [[anni 1980|anni '80]] iniziano quelli che [[Indro Montanelli]] chiamerà ''[[anni di fango]]''. La [[Strage di Bologna|strage di impronta fascista]] alla [[Stazione di Bologna]] e lo scandalo della [[P2|loggia massonica P2]] causarono un lento declino del potere dei sindacati e della partecipazione politica, crebbe inoltre la disaffezione per i partiti.
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Nel [[1992]] le indagini di [[Mani pulite]] sul fenomeno dilagante delle [[tangenti]] (lo scandalo venne chiamato "[[Tangentopoli]]"), portarono al coinvolgimento di numerosi esponenti nazionali e locali di tutto il [[pentapartito]] che, alle elezioni amministrative del [[1994]], fu duramente punito dall'indignazione degli elettori. Lo scandalo decretò la fine dei tradizionali partiti di governo.
Dagli anni del [[secondo dopoguerra]] fino ad oggi, [[Cosa nostra]], la più potente [[organizzazione criminale]] presente in [[Sicilia]] e in Italia, ha esteso il suo potere negli ambienti della [[finanza]] e della politica italiana, arrivando addirittura a corrompere uomini politici e banchieri. Tra gli [[Anni 1980|anni '80]] e gli [[Anni 1990|anni '90]], i giudici [[
Nel caos politico derivato dalla disintegrazione dell'ordine precedente emergeva un nuovo partito costituito dall'imprenditore [[Silvio Berlusconi]], [[Forza Italia]], che si poneva come alternativa al vecchio sistema pur inglobando alcuni dei suoi protagonisti. In questa fase, definita "[[Seconda Repubblica (Italia)|Seconda Repubblica]]", si consolida il principio del [[bipolarismo]] e l'alternanza fra i governi dei due schieramenti di [[centrosinistra]] e [[centrodestra]]: dal [[1996]] al [[2001]] i governi del[[l'Ulivo]], dal [[2001]] al [[2006]] quelli della [[Casa delle Libertà]], dal [[2006]] quello del[[l'Unione]], una nuova coalizione dei partiti di centro-sinistra e dal [[2008]] quello del [[Popolo della Libertà]].
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==Bibliografia==
===In italiano===
* {{cita libro|cognome=Rossi|nome=Paolo|titolo=Storia d'Italia|anno=1971|editore=U. Mursia
* {{cita libro|cognome=De Seta|nome=Cesare|titolo=Storia d'Italia|anno=1982|editore=Einaudi|
* {{cita libro|cognome=Arnaldi|nome=Girolamo|titolo=Storia d'Italia|anno=1959|editore=Unione tipografico
* {{cita libro|cognome=Ceppellini|nome=Vincenzo|titolo=Storia d'Italia|anno=1991|editore=De Agostini|
* {{cita libro|cognome=Mack Smith|nome=Denis|titolo=Storia d'Italia|anno=2000|editore=Editori Laterza|città=Roma-Bari|
* Gerhard Muhm: ''La tattica tedesca nella campagna d'Italia''. In: Amedeo Montemaggi (Hrsg.): ''Linea gotica avamposto dei Balcani''. Edizioni Civitas, Roma 1993.
* {{cita libro|cognome=Romano|nome=Ruggiero |coautori=Corrado Vivanti |titolo=Storia d'Italia |anno=1976|editore=Einaudi|
* {{cita libro|cognome=Barbagallo|nome=Franceso|coautori=Giovanni Sabbatucci, Vittorio Vidotto, Romano Paolo Coppini, Cammarano Fulvio|titolo=Storia d'Italia|anno=1995|editore=Laterza|
* {{cita libro|cognome=De Bernardi|nome=Alberto|coautori=Luigi Ganapini|titolo=Storia d'Italia|anno=1996|editore=B.Mondadori|
* {{cita libro|cognome=Salvatorelli|nome=Luigi|coautori=Giovanni Mira|titolo=Storia d'Italia nel periodo fascista |anno=1964|editore=G.Einaudi}}
* {{cita libro|cognome=Montanelli|nome=Indro|wkautore=Indro Montanelli|coautori=[[Roberto Gervaso]], [[Mario Cervi]]|titolo=Storia d'Italia|anno=1959-1997|editore=Rizzoli|città=Milano}} In XXII volumi
* {{cita libro | cognome=Scullard | nome=Howard H. | titolo=Storia del mondo romano | editore=Rizzoli | città=Milano | anno=1992 |
* {{cita libro|autore=Theodor Mommsen|titolo=Storia di Roma antica|anno=1973|editore=Sansoni|città=Firenze}}
* {{cita libro|autore=Edward Gibbon (a cura di A. Dero Saunders)|titolo=Declino e caduta dell'Impero romano|anno=|editore=Mondadori|città= |
===In francese===
* {{cita libro|cognome=Milza|nome=Pierre|titolo=Histoire de l'Italie|anno=2005|editore=|città
* {{cita libro|cognome=Negri|nome=Toni|titolo=Italia verde , bianco e rosso ! |anno=1985|editore=Hachette|città=Parigi
===In tedesco===
* {{cita libro|cognome=Arnaldi|nome=Girolamo|titolo=Italien und seine Invasoren. Vom Ende des Römischen Reiches bis heute|anno=2005|editore=Wagenbach|città=Berlino|
* {{cita libro|cognome=Altgeld|nome=Wolfgang|titolo=Kleine italienische Geschichte|anno=2004|editore=Reclam|città=Stuttgart|
* {{cita libro|cognome=Brogini Künzi|nome=Giulia |titolo=Italien und der Abessinienkrieg 1935/36. Kolonialkrieg oder Totaler Krieg? |anno=2006|editore=Schöningh|città=Paderborn |
* {{cita libro|cognome=Breuer|nome=Stefan|titolo=Nationalismus und Faschismus. Frankreich, Italien und Deutschland im Vergleich|anno=2005|editore=Wissenschaftliche Buchgemeinschaft|città=Darmstadt|
* {{cita libro|cognome=Bruch|nome=Anne|titolo=Italien auf dem Weg zum Nationalstaat. Giuseppe Ferraris Vorstellungen einer föderal-demokratischen Ordnung|anno=2005|editore=Krämer|città=Hamburg|
* Martin Clark, ''Modern Italy, 1871 to the Present'', Broschiert – 624 Seiten – Longman, 3. Auflage 2008, ISBN 1405823526
* Carsten Drecoll: ''Idrísí aus Sizilien. Der Einfluß eines arabischen Wissenschaftlers auf die Entwicklung der europäischen Geographie''. Hänsel-Hohenhausen, Egelsbach 2000, ISBN 3-8267-1187-4.
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