Gaio Licinio Macro: differenze tra le versioni

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{{Magistrato romano
|nome = Gaio Licinio Macro
|titolo = [[Pretore (storia romana)|Pretore]] della [[Repubblica romana]]
|nome completo = Gaius Licinius Macer
|data di nascita = [[108 a.C.|108]]-[[107 a.C.]]
|data di morte = [[66 a.C.]]
|luogo di morte = [[Roma (città antica)|Roma]]
|figli = [[Gaio Licinio Calvo]]
|Gens = [[Gens Licinia|Licinia]]
|tribunato della plebe = [[73 a.C.]]
|pretura = [[68 a.C.]]
|propretura = [[67 a.C.]]
}}
 
{{Bio
|Nome = Gaio Licinio
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|GiornoMeseNascita =
|AnnoNascita = circa [[108 a.C.|108]] o [[107 a.C.]]
|LuogoMorte = Roma
|GiornoMeseMorte =
|AnnoMorte = ?66 a.C.
|Epoca = I a.C.
|Attività = politico
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== Biografia ==
La data di nascita è sconosciuta, ma, sapendosulla chebase fudella pretoredata neldella 68sua a.C.[[Pretore (storia romana)|pretura]], allorasi devepuò esseresupporre che fosse nato nel [[108 a.C.|108]] o [[107 a.C.]] circa.<ref>La ''[[lex Villia annalis]]'', un plebiscito del 180 a.C. del [[tribuno]] Lucio Villio, infatti, introduce un'età minima per l'accesso alle magistrature e un intervallo di due anni tra la investitura di due cariche; si poteva, in questo contesto, diventare [[Pretore (storia romana)|Pretore]] a 39 o 40 anni.</ref>. Macro apparteneva alla ''[[nobilitas]]'' e assunse la carica di ''[[tribunustribuno della plebisplebe]]'' nel [[73 a.C.]] e unanel carica[[68 ''proa.C.]] magistratus''ricoprì la pretura, seguita da una [[Propretore|propretura]] che risalirebberisale alprobabilmente 68all'[[67 a.C.,|anno come detto, di ''pretor''successivo]]. Quest'ultimo incarico dovrebbe corrispondere a un governo di una provincia, di cui però non è stata tramandata alcuna testimonianza.
 
Macro era vicino alle tesi “democratiche”ː“democratiche”: comedurante il suo ''[[tribunusTribuno della plebe|tribunato della plebisplebe]]'', si batté per la restaurazione della ''[[tribunicia potestas]]''. Nel [[66 a.C.]], quandoanno in cui Cicerone era ''pretor''pretore, secondo la ''lex repetundarum'' fu condannato.
Macro era padre del poeta neoterico [[Licinio Calvo]], amico di [[Catullo]] e ostile, come oratore, di [[Cicerone]]. Il figlio era un famoso poeta della nuova tendenza neoterica ed eccellente oratore [[atticista]].
 
Macro era vicino alle tesi “democratiche”ː come ''[[tribunus plebis]]'', si batté per la restaurazione della ''[[tribunicia potestas]]''. Nel 66 a.C., quando Cicerone era ''pretor'', secondo la ''lex repetundarum'' fu condannato.
 
Morì poco dopo la condanna e sulla sua morte abbiamo tre fonti letterarie: [[Cicerone]], [[Valerio Massimo]] e [[Plutarco]] che, nella ''Vita di Cicerone''<ref>Cap. 9.</ref>, scrive:
{{citazione|Licinio Macro, uomo già potente nella città di per sé e per di più appoggiato da [[Marco Licinio Crasso|Crasso]]. Un'inchiesta per peculato fu condotta a suo carico da Cicerone. Licinio Macro, confidando nel proprio potere e nei propri appoggi, quando ancora i giudici non avevano deciso il verdetto, tornò a casa, si fece tagliare i capelli e indossò in fretta un mantello bianco, per andare nel foro di nuovo, da vincitore. Sotto casa, però, incontrò Crasso, venuto a dirgli che era stato condannato all'unanimità. Tornò quindi indietro, si mise a letto e morì|}}
Da quanto scrive Plutarco si dovrebbe ricavare la vicinanza di Macro a Crasso, informazione che non è convalidata dalle altre fonti. Questa idea potrebbe confermare la descrizione di Cicerone, che presenta Macro come ''inimicus'' nella ''[[Pro Rabirio perduellionis reo]]'' (del 63 a.C.), orazione tenuta davanti al popolo in difesa di [[Gaio Rabirio (politico)|Rabirio]], condannato a morte per l'uccisione del tribuno [[Lucio Apuleio Saturnino|Saturnino]] nel [[100 a.C.]], considerato delitto contro lo Statoː Cicerone ricorda che, per difendere dalle accuse il suo assistito, sarebbe sufficiente solo mezzora; poi intuisce che data la limitazione di tempo impostagli, le accuse secondarie lo distoglierebbero dalla confutazione principale, inducendolo a perdere tempo rispetto alla difesa. L'accusa secondaria è ripresa da una vecchia accusa di Macro del 66 a.C. (tre anni prima del presente processo per Rabirio), ossia aver violato luoghi sacri e boschi. Cicerone si stupisce della ripresa di questa infondata accusa e mette in luce che l'accusa di un avversario (“''inimicus''”) non può avere alcun valore e inoltre i giudici avevano non accettato le argomentazioni di Macro. [[Plutarco]] presenta Macro come convinto della sua assoluzione, per questo decide di indossare un abito bianco, simbolo della festa e della vittoria. [[Valerio Massimo]] invece riporta che Macro si sarebbe ucciso prima della condanna soffocandosi. [[Cicerone]] non pronunciò la sentenza ma questa descrizione è contestata dallo stesso Arpinate.
 
[[Valerio Massimo]], invece, nel nono libro dei suoi ''[[Factorum et dictorum memorabilium libri IX]]'' descrive le morti di uomini illustri come [[Tullio Ostilio]], [[Eschilo]], [[Euripide]], [[Socrate]] e altri. Tra i personaggi ricordati c'è anche l'ex pretore Gaio Licinio Macro, che salì sulla balconata della Basilica, durante il conteggio dei voti per l'accusa ''[[de repetundis]]'' (di concussione) e si uccise. Cicerone, che presiedeva il tribunale, saputo che Macro con un fazzoletto si voleva soffocare («un fazzoletto per caso aveva in mano la bocca e la gola, si uccise per soffocamento, antivenendo così la sentenza»<ref>V. Massimo, Detti e fatti memorabili IX, 12.</ref>), decise di non pronunciare la condanna. Questa descrizione è contraddetta dallo stesso Arpinate in una lettera ad Attico, in cui dichiara di essersi comportato con indulgenza<ref>''Ad Attico'', II 4.</ref>.
 
{{Citazione|Altrettanto veemente fu la fine di C. Licinio Macro, ex pretore, padre di Calvo, accusato di estorsione. Mentre si contavano i voti, salì su un balcone, e vide che M. Cicerone, che era incaricato del processo, si toglieva la toga praetexta. Macro gli inviò un messaggio, per dire che sarebbe morto come accusato, non come condannato; e che quindi il suo patrimonio non poteva essere confiscato. Detto questo, si coprì la bocca e la gola con il fazzoletto, e col fiato bloccato, evitò la sua punizione con la morte. Quando ciò fu saputo, Cicerone evitò di pronunciare sentenza su di lui. Così, per la straordinarietà della morte del padre, l'illustre oratore fu liberato sia dalla povertà, sia dalla vergogna di una condanna in famiglia.|[[Valerio Massimo]], ''[[Factorum et dictorum memorabilium libri IX]]'', IX, 12, 7.|''Consimili impetu mortis C. Licinius Macer vir praetorius, Calui pater, repetundarum reus, dum sententiae diriberentur, in maenianum conscendit. si quidem, cum M. Ciceronem, qui id iudicium cogebat, praetextam ponentem vidisset, misit ad eum qui diceret se non damnatum, sed reum perisse, nec sua bona hastae posse subici, ac protinus sudario, quod forte in manu habebat, ore et faucibus suis coartatis incluso spiritu poenam morte praecucurrit. qua cognita re Cicero de eo nihil pronuntiavit. igitur inlustris ingenii orator et ab inopia rei familiaris et a crimine domesticae damnationis inusitato paterni fati genere vindicatus est.''|lingua=la|lingua2=it}}
 
 
Questa descrizione è riportata dallo stesso Arpinate in una lettera ad Attico, in cui dichiara di essersi comportato con indulgenza.<ref>{{Cita|''Ad Att.''|I, 4, 2}}.</ref>
 
== Famiglia ==
Macro era padre del poeta neoterico [[Licinio Calvo]], amico di [[Catullo]] e ostile, come oratore, di [[Cicerone]]. Il figlio era un famoso poeta della nuova tendenza neoterica ed eccellente oratore [[atticista]].
 
==Opere==
 
Macro doveva avere delle ottime capacità retoriche, come si capire dal discorso riportato da [[Sallustio]] e dalle dichiarazione di un personaggio a lui ostile, come Cicerone, che nel ''Brutus'' scriveva<ref>''Brutus'', 238.</ref>:
=== Orazioni ===
Macro doveva avere delle ottime capacità retoriche, come si capire dal discorso riportato da [[Sallustio]] e dalle dichiarazionedichiarazioni di un personaggio a lui ostile, come Cicerone, che nel ''Brutus'' scriveva:<ref>''Brutus'', 238.</ref>:
{{citazione|Gaio Macro ebbe sempre poca autorità, ma fu avvocato dalla diligenza pressoché ineguagliabile. Se la sua condotta di vita, i suoi costumi, infine la sua stessa fisionomia non avessero completamente guastato la reputazione che doveva al suo talento, avrebbe goduto di maggiore rinomanza tra gli avvocati. Senza aveva grande ricchezza di eloquio, non era tuttavia misero; lo stile non era particolarmente forbito, ma neppure trasandato; la voce, il gestire, e tutta l'azione non aveva grazia; ma nell'invenzione e nella composizione era di una accuratezza straordinaria: difficilmente saprei indicare, in altri, una maggiore, o più scrupolosa: ma era tale, che l'avresti detta piuttosto da mestierante che da oratore. Egli anche se si faceva apprezzare nei processi penali, aveva tuttavia un ruolo più in vista nelle cause private|}}
Cicerone riconosce le capacità oratorie e di ''[[patronus]]'' nelle cause private ma disconosce il costume di Macro, che aveva una spiccata propensione oratoria, con uno stile vivace e colorito e che riusciva a organizzare perfettamente le cinque parti dell'arte retoricanei suoi discorsi.
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[[Cicerone]] chiarisce che ha lavorato molto, i fatti nei suoi discorsi sono precisi, ma queste capacità sono rovinate da un comportamento e dall'astuzia di un “mestierante”. Macro era un ''popularis'', legato a [[Gaio Mario|Mario]] e questo può spiegare la volontà di difendere la città etrusca di Etruria, che sostenne Mario e subì gravi danni a opera di Silla. Nel discorso ''Pro Tuscis'' Macro rimpiange le conseguenze negative sull'[[Etruria]] della colonizzazione sillana. Il rapporto con la città etrusca è stato messo in relazione anche con le origini etrusche della gens Licinia<ref>Come si legge in F. Münzer, ''Roman aristocratic parties and families'', London, Johns Hopkins University press, 1999, p. 25 (in cui si parla anche del frammento 26 di Priscilliano sulla ''Pro Tuscis'').</ref>.
 
=== ''Annales'' ===
L'opera storica di Macro (in sedici o ventuno libri), ''Annales'' o ''Historiae'', quasi del tutto perduta, fu adoperata come fonte attendibile da [[Livio]] e [[Dionigi di Alicarnasso]], forse per le ricerche approfondite e per il ricorso ai [[libri lintei]]. Dagli autori dei secoli successivi quest'opera, che si dovrebbe ricollegare all'[[annalistica]] più che al genere biografico, fu considerata «un'autorità per la parte in cui trattava dalle origini fino al III secolo a.C.»<ref>L. Cracco Ruggini, ''Storia antica. Come leggere le fonti'', Bologna, Il Mulino, 2000, p. 143.</ref>.
 
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<references/>
==Bibliografia==
 
* F. Münzer, ''Roman aristocratic parties and families'', London, Johns Hopkins University press, 1999.
=== Fonti storiche ===
* T. Robert S. Broughton, ''The magistrates of the Roman Republic'' (con la collaborazione di Marcia L. Patterson), New York, American Philological Association, 1951-1952.
* {{Cita testo|lingua=la|autore=Tito Livio|wkautore=Tito Livio|titolo=Ab Urbe Condita libri|url=https://la.wikisource.org/wiki/Ab_Urbe_Condita|cid=Livio}}
*{{Cita testo|lingua=la|autore=Valerio Massimo|wkautore=Valerio Massimo|titolo=Factorum et dictorum memorabilium libri IX|url=https://la.wikisource.org/wiki/Factorum_et_dictorum_memorabilium_libri_IX|cid=Valerio Massimo}}
*{{Cita testo|lingua=la|autore=Marco Tullio Cicerone|wkautore=Marco Tullio Cicerone|titolo=Brutus|url=https://la.wikisource.org/wiki/Brutus|cid=Brutus}}
*{{Cita testo|lingua=la|autore=Marco Tullio Cicerone|wkautore=Marco Tullio Cicerone|titolo=Epistulae ad Atticum|url=https://la.wikisource.org/wiki/Epistulae_(Marcus_Tullius_Cicero)/Epistulae_ad_Atticum/I|posizione=I|cid=Ad Att.}}
*
 
=== Studi moderni ===
*{{Cita libro|nome=Friedrich|cognome=Münzer|titolo=Paulys Realencyclopädie der classischen Altertumswissenschaft|annooriginale=1837|anno=1942|lingua=de|pp=419-428|volume=I, 1|capitolo=Licinius 112|url_capitolo=https://de.wikisource.org/wiki/RE:Licinius_112|cid=Münzer|urlmorto=sì}}
* F. Münzer, ''Roman aristocratic parties and families'', London, Johns Hopkins University press, 1999.
* {{Cita libro|nome=T. Robert S.|cognome=Broughton|curatore=Phillip H. De Lacy|titolo=The Magistrates of the Roman Republic|ed=1|collana=Philological Monographs|anno=1952|editore=American Philological Association|città=New York|lingua=en|volume=II|cid=Broughton2}}
*L. Cracco Ruggini, ''Storia antica. Come leggere le fonti'', Bologna, Il Mulino, 2000.
==Altri progetti==