Codice (diritto): differenze tra le versioni
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== Storia ==
In [[età antica]], si afferma l'idea di codice come libro di leggi, raccolte dall'autorità in un insieme unitario, promulgato con un unico atto in un momento storico, reso coerente anche attraverso la manipolazione del materiale legislativo preesistente e naturalmente incluso, e per ciò stesso con carattere innovativo rispetto agli atti preesistenti in esso raccolti. Una delle opere più famose fu il ''[[codice di Hammurabi]]'', babilonese, uno dei più antichi esempi di testo normativo. Nell'antica [[Grecia]] sono da ricordare le arcaiche ''[[leggi di Gortina]]'' a [[Creta (Grecia)|Creta]] e nell'antica [[Roma]] le ''[[Leggi delle XII tavole]]''.<ref>Nel mondo induista fu molto importante il ''[[Manusmṛti]]'', scritto in [[sanscrito]].</ref> Fondamentale per la sintesi del [[diritto romano]] e per la [[giurisprudenza]] nei secoli seguenti in Occidente è il ''[[Corpus iuris civilis]]'' fatto redigere nel VI secolo dall'imperatore bizantino [[Giustiniano]].
Secondo lo storico ebreo ellenistico [[Eupolemo (storico)|Eupolemo]], [[Mosè]] inventò l'[[alfabeto]] e redasse il primo codice di leggi scritte, le [[Tavole della Legge]] (''[[Praeparatio evangelica]]'' 9.26.1). I primi cinque libri della [[Bibbia]], il ''[[Pentateuco]]'', contengono le norme giuridiche ed etico-religiose per il popolo ebraico. Alla base della [[Legge ebraica]] c'è poi il ''[[Talmud]]''.
Nel [[diritto romano]] il termine ''Codex'', infatti, era originariamente il nome delle tavolette cerate su cui prendere appunti, connesse in modo da formare una sorta di primitivo bloc-notes. Il latino ''codex'' aveva proprio il significato generico di ''libro compatto cucito sul dorso, che si legge voltando le pagine''. La particolare forma fece sì che il termine si applicasse poi al vero e proprio libro rilegato, quando esso cominciò a contendere il campo al rotolo di [[papiro]] (''volumen''). Tuttora, nella [[filologia]] classica, il termine "''codice''" designa appunto un [[manoscritto]] confezionato in questa forma. A partire dal [[XVII secolo]] si nota l'impiego di ''codice'' per designare non tanto il libro in cui il diritto è riordinato, quanto lo stesso diritto nelle sue connotazioni di unitario e ordinato.{{senza fonte}}
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== Caratteristiche ==
{{Vedi anche|Codificazione}}
Alla base della genesi di un codice c'è l'idea di accorpare e sistematizzare la materia giuridica, al fine di semplificare il compito degli interpreti e degli operatori del diritto, nonché di minimizzare il potere influenzante dell'eventuale soggettività interpretativa degli stessi: intento fruttifero contestato dal Savigny.<ref>{{Cita libro|nome=A. F. J.|cognome=Thibaut|titolo=La polemica sulla codificazione|url=https://books.google.com/books?id=d-ZjmQEACAAJ&newbks=0&hl=it|accesso=2023-12-11|data=1992|editore=Edizioni Scientifiche Italiane|lingua=it}}</ref>
Solitamente, i codici sono pertanto denominati in base alla materia su cui dispongono e hanno l'effetto, con la loro approvazione, di portare all'abrogazione (quantomeno implicita) di tutte le previgenti disposizioni di legge sulla medesima materia.
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