Scipione Ammirato: differenze tra le versioni

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== Biografia ==
[[File:Scipione Ammirato (1531-1601).png|thumb|left|Frontespizio del primo volume dell'opera ''Delle famiglie nobili napoletane'' di Scipione Ammirato (1580)]]
Nato a [[Lecce]] da una famiglia nobile di origine toscana, venne avviato dal padre agli studi di [[diritto]] a [[Napoli]], ma ne fu distratto dai suoi interessi umanistici. Frequentò i circoli letterari partenopei e divenne intimo amico di [[Berardino Rota]]<ref>A questa amicizia sincera dobbiamo le edizioni delle ''Rime'' del Rota fatte dall'Ammirato nel 1560: {{Cita libro|autore=Berardino Rota|titolo=Sonetti del signor Berardino Rota in morte della signore Portia Capece sua moglie|url= https://books.google.it/books?id=8OLVYyhJt28C&printsec=frontcover&hl|città=Napoli|data=1560}}; {{Cita libro|autore=Berardino Rota|titolo=Sonetti et canzoni; con l'egloghe pescatorie|url=https://books.google.it/books?id=8btdAAAAcAAJ&printsec=frontcover&hl|città=Napoli|data=1560}}; cfr. anche {{DBI|berardino-rota|Berardino Rota|autore=Luca Milite|accesso=2 giugno 2019}}.</ref>, [[Angelo di Costanzo]] e [[Bartolomeo Maranta]], scelto dall'Ammirato come personaggio del dialogo ''Il Rota, overo delle imprese'' (e il Maranta sceglierà Scipione quale interlocutore del suo ''Lucullianorum quaestionum'' nel 1564).<ref name = Favaro>{{Cita pubblicazione|autore=Maiko Favaro|titolo=Sulla concezione dell'impresa in Scipione Ammirato|pubblicazione=Italianistica: Rivista di letteratura italiana|volume=38|numero=2|anno=maggio-agosto 2009|pp=285-298|JSTOR=23938118}}</ref><ref name = q>{{cita|I trasformati|p. 21}}.</ref> Intrapresa la carriera ecclesiastica, per alcuni anni risiedette a [[Venezia]], dove divenne segretario del [[Patriziato (Venezia)|patrizio veneto]] Alessandro Contarini. A Venezia approfondì i suoi interessi letterari, frequentò le dotte riunioni in casa del letterato Domenico Venier e strinse amicizia con [[Pietro Aretino]], [[Sperone Speroni]] e [[Vittoria Colonna]].<ref name = A>{{Cita libro|curatori=Peter Bondanella, Julia Conway Bondanella, Jody Robin Shiffman|titolo=Cassell Dictionary Italian Literature|url=https://books.google.it/books?id=TXBFC7Q41eUC&pg=PA11&dq|editore=A. & C. Black|data=2001|p=11|accesso=2 giugno 2019}}</ref><ref>{{cita|Congedo|pp. 25-28}}.</ref> Collaborò alla stampa, curata da [[Girolamo Ruscelli]], dell{{'}}''[[Orlando furioso]]'', cui egli prepose gli ''Argomenti'' in rima.<ref name = DBI/><ref>«L'amicizia contratta col Ruscelli in casa del Venier fece sì che l'Ammirato componesse in questo tempo gli argomenti all'''Orlando furioso'', il poema da lui prediletto. «Giovane di belle lettere, di felicissima vena e di forti studi» scrive il Ruscelli dell'Ammirato, che certo nelle adunanze geniali dei letterati veneziani avea colto il destro di farsi conoscere autore di versi e critico di poesia non spregevole», in {{cita|Congedo|p. 29}}.</ref> Costretto ad abbandonare il servizio di Contarini a causa di uno scandalo, l'Ammirato si recò in un primo tempo a [[Roma]], dove entrò al servizio di [[Papa Pio IV]]. Nel 1558 tornò a Lecce, dove fondò, insieme a Pompeo Paladini, l<nowiki>{{'</nowiki>}}''Accademia dei Trasformati'', di cui fu «principe» col nome di «Proteo».<ref name = Favaro/><ref>«Poco l'Ammirato parla della sua accademia: ci dice solo che vi si lessero per intero i dialoghi di Platone, ragionando dei quali l'accademico Marsia, Pier Antonio Tafuri, e Efone, Niccolò Guidano, spiegarono i miti di Medea e di Marsia «nel primo o secondo ascenso nel dì del convivio». Così l'Ammirato, traendo occasione dal giudizio di Platone intorno ad Aristofane, commentò il sonetto del Petrarca: ''Qui dove mezzo son, Sennuccio mio''; Marino Cosentino «buono e valoroso» lesse le sue interpretazioni dei simboli tratti dai versi di Orazio e di Virgilio e dall'antica mitologia.», in {{cita|Congedo|p. 45}}.</ref>
 
Datosi allo studio assiduo delle opere di [[Platone]], verso il 1560 compose, per consiglio del vescovo [[Braccio Martelli]] e di [[Girolamo Seripando]], il dialogo ''[[s:Il dedalione o ver del poeta|Il dedalione o ver del poeta]]'' (Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Magl. VII 12)<ref>Edito in {{Cita libro|curatore=Bernard Weinberg|titolo=Trattati di poetica e retorica del Cinquecento|volume=2|editore=Casa editrice Giuseppe Laterza & figli|città=Bari|anno=1970|collana=Scrittori d'Italia Laterza|pp=477-512}}</ref>, dedicato a Seripando e presentato manoscritto dieci anni più tardi nell'''Accademia degli Alterati'' a [[Firenze]].<ref>{{Cita libro|autore=Enrico Malato|titolo=Storia della letteratura italiana: La critica letteraria dal due al novecento|editore=Salerno editrice|data=2003|p=376}}</ref><ref>{{Cita libro|autore1=Giulio Ferroni|autore2=Amedeo Quondam|titolo=La "Locuzione Artificiosa": Teoria ed esperienza della lirica a Napoli nell'età del manierismo|editore=Bulzoni Editore|anno=1973|p=75|citazione=In Firenze, nell'Accademia degli Alterati, l'Ammirato presentò nel 1571 il manoscritto del dialogo ''Il Dedalione o ver del poeta'', composto però in Napoli intorno al 1560 e dedicato a Girolamo Seripando, arcivescovo di Salerno ed esponente di rilievo della riforma cattolica}}</ref><ref>Monsignor Seripando con lettera del 21 dicembre 1560 ringraziava l'autore esprimendo anche il proprio giudizio sull'opera: «''vi dico in parola di verità che io non ho letto tra i latini dialogo pur uno più simile ai platonici di questo, dico quanto al filosofo et al modo di procedere. Perché i dialoghi di ms. Tullio (voglio scoprirvi cosa, mai più da me né scritta né detta ad altri, ancorché io gli abbia sempre letti con grande mio piacere et soddisfattone) nondimeno mi è paruto sempre, che rappresentassero più presto persone congregate ad ascoltar uno, che a ragionar fra loro'' [...] ''Piacemi ancora che a guisa di Platone tratta cose appartenenti a varie scentie et arti, il che fa la copia del dire, e serva quel che si fa ne i cotidiani ragionamenti et dispute: ove con la varietà si fa una certa ostentatione alla quale sono gli uomini comunemente inchinati. Quanto alla materia non voglio distendermi, essendo tutta utile e trattata tanto dotta e facilmente con risolutione di tutti i dubbi, che possono occorrere al lettore, che più non può desiderarsi.''»</ref>
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Nel ''Dedalione'' l'Ammirato affronta la domanda comune a tutti i teorici letterari italiani del Cinquecento: in quale campo della filosofia si debba classificare la poesia. L'Ammirato la assegna al campo della filosofia civile. Operando una distinzione fra filosofia contemplativa e filosofia attiva, l'Ammirato stabilisce nella seconda tre categorie, di cui una è la filosofia civile o politica; in tale categoria il poeta ha come compito particolare, insieme al legislatore e all'oratore, di curare l'animo umano attraverso lezioni di moralità e di virtù, presentate in modo piacevole.<ref>{{Cita libro|curatore=Bernard Weinberg|titolo=Trattati di poetica e retorica del Cinquecento|volume=2|editore=Casa editrice Giuseppe Laterza & figli|città=Bari|anno=1970|collana=Scrittori d'Italia Laterza|p=683}}</ref>
 
Ormai famoso in tutta Italia, non riuscì tuttavia a ottenere la carica di storiografo regio a Napoli, proposta per lui da Angelo Di Costanzo, e indignato se ne andò a Firenze (1569), non accettando più alcun incarico nel [[Regno di Napoli]], nonostante le sollecitazioni del viceré. Dal granduca [[Cosimo I de' Medici]], che lo ospitò presso [[Villa medicea della Topaia|Villa La Topaia]], ottenne l'incarico di scrivere le ''Istorie fiorentine'', per la cui stesura poté servirsi del materiale conservato presso l'Archivio Pubblico istituito nel [[1570]]. Obiettivo polemico delle ''Istorie'' dell'Ammirato sono le ''[[Istorie fiorentine]]'' del Machiavelli, di cui contestò sia l'impostazione dispersiva sia le numerose inesattezze (1º vol., pp. 1-2&nbsp;1–2, e 3º vol., pp. 96-97&nbsp;96–97).<ref name = Machiavelliana>{{Cita|Francesco Vitali (2014)}}.</ref> Assiduo frequentatore dell{{'}}''Accademia degli Alterati'' di Giovan Battista Strozzi, l'Ammirato divenne un protagonista del panorama culturale cittadino.<ref name = A/> Giovan Battista Attendolo lo proclamò "principe degli storici del suo secolo", e l'[[Accademia degli Umidi|Accademia fiorentina]] "nuovo Livio"; [[Orlando Pescetti]] lo pose per la lingua allo stesso livello di [[Pietro Bembo]], [[Giovanni Della Casa|Monsignor della Casa]], [[Lionardo Salviati]], [[Benedetto Varchi]] e Annibale Caro; il suo lavoro sulle ''Famiglie napoletane'' ebbe un grande successo nelle corti di tutta Italia e suscitò le calorose lodi di [[Traiano Boccalini]] ed [[Annibale Caro]]. «In un'epoca in cui largamente si diffondeva un'araldica dominata dalla fantasia e trovavano credito le astruse ricostruzioni genealogiche di spregiudicati falsari, le documentate ed erudite ricerche di Scipione Ammirato sulle famiglie napoletane e fiorentine fecero testo per «compor le genealogie e fabbricar gli alberi delle case più illustri» (Traiano Boccalini, ''Ragguagli di Parnaso'', Cent. I, L).»<ref>{{Cita libro|autore=Claudio Donati|titolo=L'idea di nobiltà in Italia|editore=Editori Laterza|anno=1988|ISBN=9788842030485|p=220}}</ref> Indice della fama dell'Ammirato genealogista erano le richieste di pareri su tale materia che gli venivano avanzate non solo da famiglie regnanti italiane, ma anche dal re di Francia o dal decano capitolare di Colonia.<ref>Si veda Umberto Congedo, ''La vita e le opere di Scipione Ammirato'', in ''Rassegna pugliese di scienze lettere e arti'', vol. 20, 1903, pp. 13-15.</ref> I re [[Enrico II di Francia]] e [[Filippo II di Spagna]], i papi [[Papa Clemente VIII|Clemente VIII]] e [[Papa Sisto V|Sisto V]] e i Medici gli spedivano lettere assai lusinghiere, promettendogli immense ricchezze.<ref>{{cita|Scarabelli|pp. 13-15}}.</ref> Nel [[1595]] divenne [[canonico]] della [[Cattedrale di Santa Maria del Fiore|cattedrale di Firenze]]. Dopo aver fatto testamento (11 gennaio 1601) morì il 31 gennaio 1601 e lo stesso giorno fu sepolto in [[Cattedrale di Santa Maria del Fiore|Santa Maria del Fiore]] a Firenze.
 
== Teoria della ragion di stato ==
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Nei ''Discorsi sopra Cornelio Tacito'' l'Ammirato s'accinse alla non facile impresa di una nuova confutazione della dottrina machiavellica, considerata empia ai tempi della [[Controriforma]] (l'Ammirato evita perfino di nominare il [[Niccolò Machiavelli|Machiavelli]], chiamandolo sempre «l'autor dei ''Discorsi''»). Nuova era l'idea di confutarla fondandosi sull'opera del Tacito; tanto più dopo che [[Giovanni Botero]] aveva messo sullo stesso piano Tacito e Machiavelli. «''Viaggiando nelle corti'' – dice Botero – ''mi ha recato somma meraviglia il sentir tutto dì mentovare ragione di Stato, ed in cotal materia citare ora il Machiavelli, ora Cornelio Tacito, quello perché dà precetti appartenenti al governo, questo perché esprime vivamente l'arti usate da Tiberio Cesare e per conseguire e per conservarsi l'imperio di Roma''».<ref>Giovanni Botero nella dedica introduttiva dell'opera a [[Wolf Dietrich von Raitenau]], principe vescovo di Salisburgo dal 1587 al 1612.</ref> Botero si meravigliava che un autore così malvagio e il governo di un tiranno fossero tenuti in tale considerazione da farne il modello di condotta dei governanti.<ref>«che un autore così empio e le maniere così malvagie d'un tiranno [il Tiberio descritto da Tacito, preso a modello dai teorici della monarchia assoluta] fossero stimate tanto, che si tenessero quasi per norma e per idea di quel che si deve fare nell'amministrazione e nel governo degli Stati.»</ref>
 
L'Ammirato aveva sicuramente letto Tacito già da studente, come dimostrano i riferimenti a [[Tiberio]] e [[Caligola]] che si incontrano nei suoi dialoghi giovanili. Probabilmente era a conoscenza dell'edizione delle opere di Tacito curata dal più grande critico testuale del XVI secolo, lo studioso fiammingo [[Giusto Lipsio]], e incontrò alcuni dei più importanti tacitisti italiani – [[Paolo Manuzio]], Latino Latini, [[Francesco Benci]] – che avevano accolto Lipsio a Roma proprio mentre l'Ammirato stava passando dalla città diretto a Firenze, nel 1569. In questa occasione l'Ammirato può aver consultato anche i volumi fittamente annotati dell'amico di Lipsio [[Marc-Antoine Muret]], che insegnava a Roma fin dal 1560. È infine possibile che l'Ammirato abbia consultato anche i lavori preparatori dell'edizione di Tacito dello studioso fiorentino [[Curzio Picchena]], basati sui codici ''Mediceus prior'' e ''Mediceus alter'', i più antichi testimoni delle opere di Tacito, conservati nella [[Biblioteca Laurenziana]], a Firenze. Ma fu il contatto con l<nowiki>{{'</nowiki>}}''Accademia degli Alterati'' a spingere l'Ammirato a dedicare a Tacito uno studio serio. Nel luglio del 1583 [[Bernardo Davanzati]] aveva presentato all'Accademia il primo libro della sua traduzione degli ''Annali''; da quel momento in poi gli accademici, incluso l'Ammirato, discussero regolarmente ogni libro successivo, fino all'edizione finale dell{{'}}''Opera omnia'', dedicata agli accademici e pubblicata nel 1599.<ref>{{Cita libro|autore=Eric Cochrane|titolo=Florence in the Forgotten Centuries, 1527-1800: A History of Florence and the Florentines in the Age of the Grand Dukes|url=https://books.google.it/books?id=4a7tAAAAQBAJ&pg=PA118&dq=1591#v=onepage&q&f=false|editore=University of Chicago Press|data=2001|ISBN=9780226115955|pp=118-119|citazione=Ammirato had read enough of Tacitus as a student to be able to decorate his earliest dialogues with the usual tales about Tiberius and Caligula. He was probably aware of the critical editions just then in the process of emendation and correction by the greatest of all the sixteenth-century textual critics, the Belgian scholar Justus Lipsius. He may even have run across some of the able Italian Tacitists – Paolo Manuzio, Latino Latini, Francesco Benci – who had welcomed Lipsius to Rome, just as Ammirato was passing through on his way to Florence, in 1569. He may have seen the heavily annotated volumes of Lipsius's friend and critic Marc-Antoine Muret, who had been teaching in Rome since 1560. He may have seen some of the preparatory work by the Florentine scholar Curzio Pichena, based on the most ancient of all the manuscript sources, the Mediceus I and II, which were kept just three blocks away in the Laurenziana Library. But it was the Alterati who first had drawn Ammirato's attention to Tacitus as a subject for serious study. In July 1583, Bernardo Davanzati had submitted to the academy the first book of his translation of the ''Annals''; and from then on the academicians, Ammirato included, regularly discussed each succeeding book as it came out, right down through three complete drafts to the final version of the entire ''Works'', dedicated to them in 1599.|accesso=25 agosto 2019}}</ref>
 
Sin dal 1591 l'Ammirato cominciò la composizione dei ''Discorsi''. «''Quando io posi mano a questa impresa'' – scrive a monsignor Ferrante Taverna – ''non mi feci da capo, ma secondo mi abbatteva a cosa che mi piacesse o che mi paresse opportuna ad insegnare a chi sapea meno di me n'andai facendo tanti (discorsi), che parendomi che fossero un giusto libro, li vo ora rimettendo nel lor libro secondo l'ordine dei libri del medesimo autore; il che quando sarà finito, sarà facil cosa ch'io lo dia fuora, se così ne sarò da' severi giudici confortato''».<ref>Cfr. ''Opvscoli'' dell'Ammirato, vol. 2, p. 495.<br />La lettera al Taverna non ha data, ma dev'essere stata scritta verso il 1591: l'Ammirato gli manda il discorso su quel luogo del IV libro di Tacito: «''Destrui fortunam suam Caesar''.»</ref>
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È lo stesso Ammirato a spiegare per quale ragione abbia scelto Tacito come maestro del futuro principe, perché è il pittore più ampio ed accurato del principato romano e perché la sua opera è tra le mani di tutti. «''L'autor nostro'' – egli scrive – ''ci dimostra qual sono le vere arti del dominare, utilissime non meno a' signoreggianti, che a' signoreggiati et di tanta sicurezza, che niuna altra cosa può esser maggiore, come confesserà ciascuno che punto vi applica l'animo''».<ref>Discorso XX, 9.</ref> Oltre a Tacito l'Ammirato fece ampio ricorso alle opere di [[Tito Livio|Livio]], [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]], [[Cassio Dione]], [[Plutarco]], [[Marco Tullio Cicerone|Cicerone]], [[Platone]] e [[Senofonte]].<ref>{{Cita libro|autore=Rodolfo De Mattei|titolo=Il pensiero politico di Scipione Ammirato: con discorsi inediti|editore=Giuffrè Editore|anno=1963|pp=10-11|citazione=Non vi è storico che non riscuota rispetto, credito e onor di citazione da parte dell'Ammirato. Gli son familiari i testi di Tucidide, di Senofonte, di Polibio, di Plutarco, di Sallustio, di Cesare, di Svetonio, di Appiano, di Dione, di Erodiano, nonché dei Villani, senz'accennare al citatissimo e ammiratissimo Guicciardini, e allo stesso Machiavelli. Ma, come si è detto, il testo storico di cui farà tesoro ai fini del suo commento è Tacito.}}</ref>
 
Nei ''Discorsi'' l'Ammirato sostiene che la ragione di stato «''altro non essere che contraventione di ragione ordinaria per rispetto di publico beneficio, overo per rispetto di maggiore e più universal ragione''».<ref>{{Cita web|url=http://www.filosofia.unina.it/ars/aammira.html|titolo=Scipione Ammirato|accesso=1º giugno 2019|dataarchivio=29 marzo 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20190329150225/http://www.filosofia.unina.it/ars/aammira.html|urlmorto=sì}}, p. 179.</ref> Egli riteneva che il monarca o il reggitore delle sorti dello stato fosse provvisto di una ''plenitudo potestatis'', sebbene dovesse essere saggio ed esemplare, consapevole dei suoi doveri.<ref name = "DBI"/> L'Ammirato in ultima istanza riteneva che la ragion di Stato fosse solo una deroga agli ordinamenti vigenti, in casi particolari in cui fosse a repentaglio l'esistenza stessa dello Stato, ma non una deroga alle leggi naturali o divine. In altri termini, esiste a suo giudizio una ragione di stato non arbitraria (''dominationis flagitia''), ma rispettosa del bene generale, tesa a limitare i privilegi e gli eccessi, a condizione che venga esercitata dal principe, solo e legittimo rappresentante dello stato, nel rispetto delle leggi di Dio e della natura.<ref>{{Cita libro|autore=Maurizio Viroli|titolo=Dalla politica alla ragion di stato: la scienza del governo tra XIII e XVII secolo|url=https://books.google.it/books?id=KkCm016TzqkC&pg=PA179&dq=giuristi#v=onepage&q&f=false|editore=Donzelli Editore|città=Roma|data=1994|p=179|accesso=4 gennaio 2012}}</ref>
 
L'esposizione chiara e, per quanto lo permetteva la materia, di non difficile lettura, nella quale l'erudizione non soffoca il ragionamento, assegna al libro dell'Ammirato il primo posto tra quanti trattarono di politica sulla fine del secolo XVI, di gran lunga al di sopra della gran massa degli altri che, eccettuato il Botero, non fanno che affastellare citazioni antiche e moderne e generare confusione e fastidio in chi si accinge a leggerli.<ref>{{cita|Congedo|p. 369}}.</ref>
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== Opere ==
[[File:Scipione ammirato, casa cancelliera di pistoia, 1581.jpg|thumb|upright=1.4|Albero genealogico della famiglia [[Cancellieri (famiglia)|Cancellieri]] tratto dall{{'}}''Historia della famiglia Cancelliera di Pistoia'' di Scipione Ammirato (1622)]]
* ''I trasformati'', Lecce, 1559 circa;
* ''Delle famiglie nobili napoletane'', vol. 1 (consultabile [https://books.google.it/books?id=m-NDAAAAcAAJ&printsec=frontcover&hl online]) e 2 ([https://books.google.it/books?id=Ep3DE42FewQC&printsec=frontcover&hl online]), Firenze, 1580 e 1651;
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* ''[https://books.google.it/books?id=KY_xR79bIlIC&printsec=frontcover&hl Albero e istoria della famiglia de' conti Gvidi]'', Firenze, 1640;
* ''Opvscoli'', vol. 1 ([https://books.google.it/books?id=Bu2yOT2ZSIsC&printsec=frontcover&hl online]), 2 ([https://books.google.it/books?id=ajlOAAAAcAAJ&printsec=frontcover&hl online]) e 3 ([https://books.google.it/books?id=wPdQMy2EghEC&printsec=frontcover&hl online]), Firenze, 1640, 1637 e 1642.
* ''Il Rota'', Napoli, 1562<ref>{{cita libro |nome=Scipione |cognome=Ammirato |titolo= Il Rota ouero dell'imprese dialogo del S. Scipione Ammirato nel quale si ragiona di molte imprese di diuersi eccellenti autori, & di alcune regole & auertimenti intorno questa materia |editore= Gio. Maria Scotto |città= Napoli |anno= 1562 |url= https://books.google.it/books/about/Il_rota_overo_dell_imprese_dialogo.html?id=1EtXAAAAcAAJ&redir_esc=y |accesso= 25 marzo 2022 |cid= S. Ammirato, 1562 }}</ref>.
 
=== Traduzioni francesi ===
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== Bibliografia ==
* Alberto Alberti, ''Politica e ragion di Stato nell'opera di Scipione Ammirato'', in ''Atti della Reale accademia delle scienze di Torino'', vol. 66, 1930, pp. 598-626&nbsp;598–626.
* {{Cita libro|autore=Antonio Panella|titolo=Gli antimachiavellici|editore=Sansoni|città=Firenze|anno=1943|pp=70-72}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Armando Maggi|titolo=L'impresa come narrazione nel «Rota» di Scipione Ammirato|rivista=Italianistica|volume=26|numero=1|mese=gennaio-aprile|anno=1997|pp=75-83|jstor=23933994}}
* {{Cita libro|autore=Benedetto Croce|wkautore=Benedetto Croce|titolo=Storia dell'età barocca in Italia|editore=Casa editrice Giuseppe Laterza & figli|città=Bari|anno=1929|pp=83-88, 90 e seg}}
* [[Cesare Vasoli]], ''Note sugli «Opuscoli» di Scipione Ammirato'', in ''Nunc alia tempora, alii mores. Storici e storia in età postridentina, Atti del Convegno internazionale'', Torino, 2003, a cura di [[Massimo Firpo]], Firenze, 2005, pp. 373-396&nbsp;373–396.
* {{Cita pubblicazione|autore=Cesare Vasoli|titolo=Unità e disunione dell'Italia? Uno storiografo della Controriforma. Scipione Ammirato e la sua replica al Machiavelli|pubblicazione=Le sentiment national dans l'Europe méridionale aux XVIe et XVIIe siècles|curatore=Alain Tallon|città=Madrid|anno=2007|ISBN=978-8495555939|pp=189-203}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Chiara Continisio|titolo=Federico Borromeo lettore di Scipione Ammirato (con 17 lettere)|url=https://www.academia.edu/21040366/Federico_Borromeo_lettore_di_Scipione_Ammirato_con_17_lettere_|pubblicazione=Storia, rivoluzione e tradizione. Studi in onore di Paolo Pastori|curatore=Sandro Ciurlia|editore=Edizioni del Poligrafico Fiorentino|anno=2011|ISBN=978-88-902492-3-5|pp=311-338}}
* {{Cita libro|autore=Eduard Fueter|wkautore=Eduard Fueter|titolo=Geschichte der neueren Historiographie|url=https://www.yumpu.com/de/document/read/16118490/geschichte-der-neueren-historiographie|editore=Druck und Verlag von R. Oldenburg|città=Monaco-Berlino|anno=1911|pp=132-134|lingua=de|urlmorto=sì}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Francesco Tateo|titolo=Divagazioni sul Tacito di Scipione Ammirato|pubblicazione=Esperienze Letterarie|volume=28|numero=3|anno=2003|pp=4-18}}
* {{Cita libro|autore=Friedrich Meinecke|wkautore=Friedrich Meinecke|titolo=L'idea della ragion di Stato nella storia moderna|volume=1|città=Firenze|anno=1942|pp=94 e seg., 169}}
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* {{Cita libro|autore=Luciano Scarabelli|wkautore=Luciano Scarabelli|titolo=Di Scipione Ammirato e delle sue opere, introduzione alle Istorie fiorentine|url=https://archive.org/details/bub_gb_UEIe2Q0mfY0C/page/n9|editore=Cugini Pomba & C.|città=Torino|anno=1853|pp=7-42|cid=Scarabelli}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Pasquale Sabbatino|wkautore=Pasquale Sabbatino|titolo=Il modello linguistico del Bembo, e il «gir più oltre»: l'Ammirato e il Rota|pubblicazione=Rinascimento meridionale e altri studi in onore di Mario Santoro|curatore=Maria Cristina Cafisse|città=Napoli|anno=1987|pp=421-435}}
* [[Rodolfo De Mattei]], ''Il pensiero politico di Scipione Ammirato'', vol. 1, ''Storia e politica in Scipione Ammirato'', in ''Studi salentini'', vol. 3 e 4, 1957, pp. 50-98&nbsp;50–98; vol. 2, ''L'Ammirato e il Machiavelli'', in ''ibid.'', vol. 5 e 6, 1958, pp. 99-142&nbsp;99–142; vol. 3, ''L'Ammirato e la Ragion di Stato come "deroga"'', in ''ibid.'', vol. 7, 1959, pp. 131-154&nbsp;131–154; vol. 4, ''Varia fortuna di Scipione Ammirato''; ''Opere a stampa di Scipione Ammirato''; ''Codici di Scipione Ammirato''; in ''ibid.'', vol. 8, 1960, pp. 352-407&nbsp;352–407.
* {{DBI|autore=[[Rodolfo De Mattei]]|volume=3|anno=1961|pp=1-4}}
* {{Cita pubblicazione|curatore=[[Rodolfo De Mattei]]|titolo=Scipione Ammirato «Il vecchio» e Scipione Ammirato «Il giovane»|pubblicazione=Archivio Storico Italiano|volume=119|numero=1|anno=1961|pp=63-76|jstor=26250428}}
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* {{Treccani|scipione-ammirato_(Enciclopedia-machiavelliana)|Scipione Ammirato|autore=Francesco Vitali|cid=Francesco Vitali (2014)}}
* {{Treccani|tommaso-fazello-e-scipione-ammirato_(Il-Contributo-italiano-alla-storia-del-Pensiero:-Storia-e-Politica)|Tommaso Fazello e Scipione Ammirato|autore=Guido Bartolucci}}
* {{Britannica 1911|source=Ammirato, Scipione}}
* {{Brockhaus-Efron|Аммирато, Сципион}}