Giochi nell'antica Roma: differenze tra le versioni

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[[File:Pompeii - Osteria della Via di Mercurio - Dice Players.jpg|upright=1.4|thumb|Giocatori di dadi su una ''tabula lusoria''. Affresco romano dall<nowiki>'</nowiki>''Osteria della Via di Mercurio'' a [[Scavi archeologici di Pompei|Pompei]] (VI 10, 1.19, stanza b)]]
[[File:Fresco depicting Cupids playing hide-and-seek, from the cryptoporticus of the House of the Deer in Herculaneum, Empire of colour. From Pompeii to Southern Gaul, Musée Saint-Raymond Toulouse (16279074872).jpg|upright=1.4|thumb|Il gioco del nascondino (Affresco da Ercolano. I sec. d.C. Museo Archeologico Nazionale di Napoli)]]
IGli Romani[[antichi romani]] presero dalle culture precedenti, specialmente da quella greca<ref>E. Salza Prini Ricotti, ''Giochi e giocattoli'', Roma 1996, p.13</ref>, l'esercizio di quelle attività con le quali da soli o in gruppo, bambini, per puro divertimento, e adulti, per svagarsi dagli impegni quotidiani, giocavano <ref>''Ibidem''</ref>.
 
Il gioco, seguendo la tradizione greca, era considerato dai Romani come dotato di una valenza educativa: i bambini, come avevano insegnato [[Platone]] <ref>Platone, ''Lex'', I. 643</ref> e [[Aristotele]] <ref>Aristotele, ''Politica'', VII. 15</ref>, giocando prendono contatto con la società che li circonda, imparano a rispettare le regole con lealtà, pena l'esclusione dalla comunità.
 
==Giochi e giocattoli==
I bambini per lo più giocavano con i divertimenti adatti alla loro età, preferibilmente assieme ai loro coetanei, con giocattoli di poco conto o anche senza di questi come facevano ad esempio per giocare anel [[nascondino]] <ref>Giulio Polluce chiama questo gioco ''apodidraskínda'', "il gioco della fuga" (in ''Onomasticon'', IX)</ref>, che i Romani chiamavano ''latibulo'' (nascondersi) <ref>''Ivi'' p.39</ref>: un gioco che nella sua semplicità ha conservato nei tempi moderni le stesse antiche modalità.
 
Molto diffuso era lil gioco con le noci <ref>E. Salza Prini Ricotti, ''op.cit'', p.43</ref> tanto che l'età infantile veniva definita "il tempo delle noci" di cui parla Catullo:
{{citazione|Dà le noci ai bambini, sfaticato concubino: già troppo a lungo hai giocato con le noci <ref>Catullo, Carme 61, vv,128-140</ref>}}
Anche Persio pensa che l'infanzia è finita «avendo abbandonato le noci» <ref>Persio, ''Satire'', 1.10</ref> e così anche Marziale annota<br />
«già triste lo scolaro ha lasciato le noci<br />
dietro gli schiamazzi del maestro» <ref>Marziale, ''Epigrammi'' XIV, 19</ref>
 
Esistevano diverse varianti del gioco delle noci che avevano in comune l'abilità dei giocatori nel lanciare in un certo modo la propria noce su quelle già in terra: ad esempio nel ''ludus castellorum'' un giocatore doveva lanciare la propria noce in modo che cadesse rimanendo in equilibrio su tre noci accostate in modo da formare un triangolo.<ref>Pseudo Ovidio, ''Nux'', pp.75-76</ref>
Un'altra variante, chiamata ''orca'' <ref>Tale era il nome di una giara per la conservazione degli alimenti</ref>, consisteva nel far entrare una noce attraverso il collo di un'anfora:
{{Citazione|Giustamente il mio desiderio più grande consisteva nel non fallire lo stretto collo di un’anfora <ref>Persio, ''Satire'', III, 48</ref>}}
[[File:Roman statue of girl playing astragaloi 14 aC.jpg|thumb|Statua romana di una ragazza che gioca agli aliossi]]
[[File:Kempten Astragaloi.jpg|thumb|left|Aliossi naturali]]
In alternativa alle noci i bambini usavano delle biglie nel [[gioco delle fossette]]. Anche agli adulti piaceva giocare con le noci assieme ai bambini e il malizioso Marziale annotava:<br />
«Le noci han l’aria di un innocuo giochetto ma quanti<br />
ragazzini ci han perso il culetto.» <ref>Marziale, ''Epigrammi'', XIV, 19</ref>
 
Simile a quello con le noci era il gioco con gli [[aliossi]], (''talus'') ossicini del tarso delle zampe di piccoli animali che venivano usati come dadi, il quale più che un divertimento era un vero e proprio [[gioco d'azzardo]] <ref>M.Fittà, ''Giochi e giocattoli nell’antichità'', Milano 1997 p.14</ref>. Si assegnava a ciascuno dei quattro lati dell'astragalo un punteggio e il gioco, chiamato ''pleistobolínda'', consisteva nel realizzare con il lancio una determinata combinazione così per esempio il colpo vincente, lo ''iactus Veneris'', era quello nel quale i quattro astragali presentavano ognuno un punteggio diverso. Gli astragali erano il gioco tipico dei bambini ma anche gli adulti ci giocavano e talora li usavano come amuleti o per una divinazione <ref>Plinio, ''Historia Naturalis'', XXVII, 199</ref>.
[[File:Doll_Massimo_Inv168191.jpg|upright=0.7|left|thumb| Bambola in avorio del II sec. a.C. proveniente da un sarcofago romano a Grottarossa]]
A Roma i giocattoli venivano regalati il giorno della nascita, per il compleanno e per le feste dei ''Saturnalia'' che si celebravano dal 17 dicembre per tre giorni di vacanza durante i quali si regalavano candele votive, immagini di divinità, vari generi alimentari, bambole di pasta o di terracotta e noci.
{{citazione|Ecco, o facondo Giovenale, ti mando per i Saturnali delle noci del mio poderetto <ref>Marziale, Epigram. VII, 91, I.</ref>}}
Durante i ''Saturnalia'', scrive Macrobio «bambole e burattini d’argilla fan la gioia dei bimbi che ancora si trascinano carponi <ref>Macrobio, ''Satire'', I, II, I.</ref>»
 
I giochi per i più piccolini erano i ''crepitacula'', [[sonaglini]] il cui rumore serviva a distrarli e divertirli:
{{citazione|Se un bimbo nato dalla tua casa da schiavi ti si appende al collo piangente, scuota con la tenera manina questi chiassosi sonaglini <ref>Marziale, ''Epigrammi'', XIV, 54</ref>.}}
{{Vedi anche|Crepereia Tryphaena}}
Il giocattolo preferito dalle bambine erano le bambole (''pupae'') di fattura modesta o elaborata, di materiali pregiati o anche di stoffa. Tra i reperti archeologici spicca la bambola di [[Crepereia Tryphaena ]]<ref>E. Salza Prina Ricotti, ''Giochi e giocattoli'', Roma 1996, p.54</ref>,una giovane vissuta nella metà del IIxI sec. d.C. che , morta alla vigilia delle nozze non aveva fatto in tempo a donare i suoi giocattoli agli dei per la cerimonia di "addio all'infanzia" <ref>Salza Prina Ricotti, ''op.cit.'', p. 51</ref> e quindi la sua bella bambola snodabile d'avorio era stata sepolta con lei.
 
Un altro divertimento diffuso tra bambini e adulti era il gioco con lela palla (''pila'') al quale erano collegate non solo le attività ludiche o sportive ma anche quelle terapeutiche. Il medico Galeno descrive in un suo trattatello ''Intorno alla piccola palla'' il gioco della palla un buon esercizio per mantenersi in buona salute, Anche i giocolieri chiamati ad allietare i banchetti davano prova della loro abilità compiendo acrobazie con una palla di vetro <ref>M. Fittà, ''op,cit.'', p. 98.</ref>
Il giocattolo preferito dalle bambine erano le bambole (''pupae'') di fattura modesta o elaborata, di materiali pregiati o anche di stoffa. Tra i reperti archeologici spicca la bambola di Crepereia Tryphaena <ref>E. Salza Prina Ricotti, ''Giochi e giocattoli'', Roma 1996, p.54</ref>,una giovane vissuta nella metà del II sec. d.C. che , morta alla vigilia delle nozze non aveva fatto in tempo a donare i suoi giocattoli agli dei per la cerimonia di "addio all'infanzia" <ref>Salza Prina Ricotti, ''op.cit.'', p. 51</ref> e quindi la sua bella bambola snodabile d'avorio era stata sepolta con lei.
 
Un altro divertimento diffuso tra bambini e adulti era il gioco con le palla (''pila'') al quale erano collegate non solo le attività ludiche o sportive ma anche quelle terapeutiche. Il medico Galeno descrive in un suo trattatello ''Intorno alla piccola palla'' il gioco della palla un buon esercizio per mantenersi in buona salute, Anche i giocolieri chiamati ad allietare i banchetti davano prova della loro abilità compiendo acrobazie con una palla di vetro <ref>M. Fittà, ''op,cit.'', p. 98.</ref>
 
==Le ''tabulae lusoriae''==
{{Citazione|[...] In nessun modo [Augusto] ebbe paura per la sua reputazione riguardo al gioco, e continuò a giocare semplicemente e pubblicamente, perché si divertiva anche quando era vecchio, e non soltanto in dicembre ma anche in tutti gli altri mesi, nei giorni lavorativi e feriali. Di ciò non vi è nessun dubbio. In una lettera autografa scrisse: "''Ho cenato, mio caro Tiberio, con le stesse persone; si sono uniti al mio banchetto Vinicio e Silio, il padre: durante la cena abbiamo giocato come dei vecchi, sia ieri, sia oggi. Si gettavano i dadi e ogni volta che ciascuno di noi otteneva il colpo del cane oppure il sei, aggiungeva alla posta in gioco un denario per ogni dado e chi faceva il colpo di Venere prendeva tutto''." <ref>Svetonio, ''Augustus'', 71</ref>}}
[[File:Roman dice IMG 4367.JPG|left|thumb|Tipico dado romano da gioco (presso il Museo romano di [[Losanna]]-[[Vidy]])]]
[[File:Roman dice IMG 4367.JPG|left|thumb|Tipico dado romano da gioco (presso il Museo romano di [[Losanna]]-[[Vidy]])]]Un'altra categoria di giochi era quella delle ''tabulae lusoriae'' (tabelloni di gioco) cioè dei [[gioco da tavolo|giochi da tavola]] che per essere praticati avevano bisogno di una base di appoggio su cui era spesso inciso un semplice schema sempre più elaborato a seconda della complessità del gioco. Questi giochi praticati più in pubblico che in privato si servivano dunque di tutto ciò che poteva servire allo scopo: un'incisione sui gradini ad esempio della Basilica Iulia nel Foro Romano, sulle pietre degli ambulacri degli anfiteatri, sul pavimento dell'orchestra e sui gradini di molti teatri.<ref>Fittà, ''op. cit.'', fgg.270-272</ref>
 
{{Citazione|[...] In nessun modo [Augusto] ebbe paura per la sua reputazione riguardo al gioco, e continuò a giocare semplicemente e pubblicamente, perché si divertiva anche quando era vecchio, e non soltanto in dicembre ma anche in tutti gli altri mesi, nei giorni lavorativi e feriali. Di ciò non vi è nessun dubbio. In una lettera autografa scrisse: "''Ho cenato, mio caro Tiberio, con le stesse persone; si sono uniti al mio banchetto Vinicio e Silio, il padre: durante la cena abbiamo giocato come dei vecchi, sia ieri, sia oggi. Si gettavano i dadi e ogni volta che ciascuno di noi otteneva il colpo del cane oppure il sei, aggiungeva alla posta in gioco un denario per ogni dado e chi faceva il colpo di Venere prendeva tutto''." <ref>Svetonio, ''Augustus'', 71</ref>}}
Un'altra categoria di giochi era quella delle ''tabulae lusoriae'' (tabelloni di gioco) cioè dei [[gioco da tavolo|giochi da tavola]] che per essere praticati avevano bisogno di una base di appoggio su cui era spesso inciso un semplice schema sempre più elaborato a seconda della complessità del gioco. Questi giochi praticati più in pubblico che in privato si servivano dunque di tutto ciò che poteva servire allo scopo: un'incisione sui gradini ad esempio della Basilica Iulia nel Foro Romano, sulle pietre degli ambulacri degli anfiteatri, sul pavimento dell'orchestra e sui gradini di molti teatri.<ref>Fittà, ''op. cit.'', fgg.270-272</ref>
Le tabulae potevano essere anche dei vassoi di legno, o tavolini decorati o in marmo, considerati questi molto pregiati.
[[Image:Xii scripta ephesus.jpg|upright=1.4|thumb|Tavoliere di XII scripta al museo di [[Efeso]]]]
Questi giochi erano preferiti dagli adulti poiché spesso erano veri e propri giochi d'azzardo dai quali la legge escludeva i minori sotto l'autorità del ''paterfamiliaspater familias'' tanto che non erano esigibili le loro eventuali perdite al gioco <ref>Salza Prina Ricotti, ''op.cit.'', p. 96</ref>. La ''lex alearia'' fin dall'età repubblicana cercò di limitare con scarso successo la diffusione dei giochi d'azzardo <ref>La Lex Alearia indicava come giochi proibiti: ''Capita aut navia'' ("testa o croce"), Astragali (''tali''), Dadi (''alea, tesserae''), Morra (''micatio, digitus micare''), [[Ludus latrunculorum]] (in Salza Prina Ricotti, ''op.cit.'', p. 74.</ref> che si praticavano spesso nei banchetti <ref>Plauto, ''Captivi'', 70.</ref> specie con il gioco dei dadi che era consentito solo nei ''Saturnalia''. La legge stabiliva anche che i debiti di gioco non erano esigibili e che anzi chi aveva perduto ai dadi poteva esigere legalmente l'intera somma persa.<ref>W.Monacchi, ''Alla scoperta di Tifernum Mataurense, Guida alla mostra'', Sant’Angelo in Vado, Macerata 1997, p. 190</ref>
 
L'uso delle ''tabulae lusoriae'' era poi esteso anche ai giochi che richiedevano riflessione e calcolo come nel gioco del [[Ludus duodecim scriptorum]] cioè "gioco delle dodici linee" dove spesso al posto delle linee incise c'erano delle lettere che formavano frasi di ogni genere, ad esempio:
«LEVATE DA LOCV/LVDERE NESCIS/IDIOTA RECEDE» («Togliti, fai posto/non sai giocare/ignorante, ritirati»
o la frase di un taverniere che offriva la tabula lusoria e insieme il menù del giorno:
«ABEMUS INCENA/PVLLVM PISCEM/PERNAM PAONEM» («Abbiamo per pranzo/pollo, pesce/pernice pavone») <ref>Fittà, ''op.cit.'', p.172</ref>
 
==Note==
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*[[Tris (gioco)]]
 
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{{portale|Antica Roma|Storia}}
 
[[Categoria:Giochi antichidell'antica Roma| ]]
[[Categoria:Usi e costumi dell'antica Roma]]