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La '''certezza''' (dal [[lingua latina|latino]] ''certus'', [[Metatesi (linguistica)|metatesi]] di ''cretus'', participio di ''cerno'', "vaglio, risolvo, discerno") è lo stato, di solito effetto di un'[[evidenza]], in cui l'individuo acquisisce la convinzione soggettiva, nella senso cioè di un soggetto che è sicuro della verità di una conoscenza e si persuadepersuasione, di aver raggiunto la certezzasicura conoscenza di un fatto oggettivo. <ref> [[Pantaleo Carabellese]], ''Enciclopedia Italiana'' (1931) alla voce corrispondente</ref>.
 
==Storia del concetto==
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===Filosofia antica===
Nel pensiero antico si assiste alla prevalenza degli aspetti oggettivi propri della certezza: per [[Platone]] e [[Aristotele]] la certezza infatti coincide con la stabilità; solo la permanenza nel tempo delle caratteristiche di un oggetto può assicurarci della certezza dell'essere oggettivo; delle cose mutevoli, invece, se ne può dedurre solo la [[probabilità]] <ref>Platone, ''Filebo'', 59b, ''Timeo'', 29b-c</ref>.
 
Aristotele risolve il concetto di certezza nell'ambito del pensiero logico per cui solo in un ragionamento [[apodittica|apodittico]], la cui negazione è assurda o contraddittoria, vi è la garanzia di una certezza fondata oggettivamente. In questo lo Stagirita si oppone <ref>Aristotele, ''Etica Nicomachea'', VI, 3, 1139b 31</ref> alla convinzione dei [[sofistica|sofisti]] per i quali tramite il fascino della parola si poteva indurre nell'ascoltatore qualsivoglia certezza che l'abilità dell'oratore volesse produrre <ref>[[Die Fragmente der Vorsokratiker|Diels-Kranz]], DK82 82B11B11</ref>.
 
===Filosofia medioevale===
Nell'uso comune del termine "certezza" si ha una nozione soggettiva che coincide parzialmente con il concetto di [[assenso]] per cui, volontariamente, l'intelletto, tramite un [[Giudizio (filosofia)|giudizio]], aderisce alla [[percezione]] di un oggetto. Questa doppia caratteristica, percettiva e volontaria, permane nel medioevo quando la concezione della fede come verità rivelata e il riconoscimento dell'autorità dei Padri della Chiesa che l'hanno interpretata, segnano, all'inizio della [[Scolastica (filosofia)|Scolastica]], la definizione della certezza nel suo aspetto soggettivo <ref>''Dizionario di filosofia'', Treccani alla voce corrispondente</ref>.
Questa coesistenza di sensibilità e volontà fuviene ripresa da [[Tommaso d'Aquino|San Tommaso]] per operare una distinzione tra
*la conoscenza delle cose terrene e [[natura]]li per le quali, per la loro immediata [[evidenza]], sono sufficienti la sensibilità e la ragione,
*e le conoscenze [[rivelazione|rivelate]] che, non basandosi sull'apprensione sensoriale, richiedono un assenso messo in atto dalla volontà di ciascuno. <ref>Tommaso d'Aquino, ''Summa theologie'', II-IIae, q.2, art.1; e ''In III Sententiarum'', dist.23, q.2, a. 2, q.la 2 c</ref>
 
===Filosofia moderna===
{{citazione|Si giunge così alla filosofia moderna in senso stretto, che inizia con Cartesius. Qui possiamo dire d'essere a casa e, come il marinaio dopo un lungo errare, possiamo infine gridare “Terra!”. Cartesius segna un nuovo inizio in tutti i campi. Il pensare, il filosofare, il pensiero e la cultura moderna della ragione cominciano con lui. <ref>[[Georg Wilhelm Friedrich Hegel]], ''Lezioni sulla storia della filosofia'', Laterza, Roma-Bari 2009, p. 468.</ref>}}
Cartesio ha cercato di individuare i principi fondamentali che possono essere conosciuti con assoluta certezza. Per farlo si è servito di un metodo chiamato [[scetticismo metodologico]]: rifiutare come falsa ogni [[idea]] che può essere revocata in dubbio.
Cartesio conCon la prima regola del metodo <ref>Cartesio, "Discorso sul metodo" a cura di A.Carlini, Bari 1963 pp.54-56</ref>, quella dell'[[evidenza]] fa coinciderecoincidono verità e certezza, un concetto che ora unifica gli aspetti soggettivi e oggettivi. Con l'evidenza infatti si ha insieme chiarezza e distinzione delle idee <ref>L'idea è "chiara", quando è presente e manifesta ad uno spirito attento; "distinta", quando è precisa nei suoi contorni, che non siano cioè presenti in essa elementi che possano appartenere ad altre idee. (Cartesio, ''op.cit.'')</ref> e l'assenso soggettivo a esse.
 
L'identità cartesiana di "verità" e "certezza" prosegue in [[John Locke]] che l'amplia aggiungendovi la distinzione tra «''certezza della verità''», quando l'espressione linguistica è adeguata al contenuto ideale, e «''certezza della conoscenza''» che si ha quando vi sia accordo o disaccordo tra le sole idee <ref> J.Locke, ''Saggio'', libro quarto, VI, 3</ref>.
 
La stessa identità è ripresa da G.W.[[Leibniz]] che la riferisce al concetto di «''certezza morale''» che si ha quando sia sostenuta dalle prove delle verità religiose:
{{q|...esservi spesso un po' di confusione nelle espressioni di coloro che propongono l'una contro l'altra filosofia e teologia, o fede e o ragione:... I misteri si possono spiegare quel tanto che occorre per crederli; ma non li si può capire, né fare intendere come si producano... Del pari non ci è possibile provare i misteri con la ragione, perché tutto ciò che si può provare a priori, o per mezzo della pura ragione, si può capire. Non ci rimane dunque, dopo aver prestato fede ai misteri in base alle prove della verità della religione (che si chiamano motivi di credibilità)...[che sostenere che esse] non possono dare se non una certezza morale <ref>Leibniz, ''Teodicea, Discorso'' par.5</ref>}}
 
La coincidenza di "verità" e "certezza" viene abbandonata da [[Giambattista Vico]] il quale riferisce la verità all'esistenza di un fatto reale (''verum et ipsum factum convertuntur''). «La filosofia contempla la ragione, onde viene la scienza del vero» mentre «la coscienza del certo» dipende dalla «autorità dell'umano arbitrio» determinato dal «sensus communis generis humani» cioè «un giudizio senz'alcuna riflessione, comunemente sentito da tutto un ordine, da tutto un popolo, da tutta una nazione o da tutto il genere umano.» </ref> <ref>G.Vico, ''Scienza nuova'', degnità X e XII</ref>.
 
Per [[Immanuel Kant]] la certezza riguarda l'aspetto oggettivo, la "convinzione" quello soggettivo della ''scienza'' intesa come tale da offrire una sufficiente garanzia di verità di ciò che si crede escludendo da essa le domande fondamentaliassolute universali che trovano risposte solo come postulati della Ragion[[Critica della ragion pratica|ragion pratica]]. Infatti
{{q|Nella scienza della natura si danno infinite congetture, nei cui riguardi non è possibile alcuna speranza di certezza in quanto i fenomeni della natura costituiscono oggetti che ci vengono dati indipendentemente dai nostri concetti e la cui chiave non si trova dunque in noi e nel nostro pensiero puro, ma fuori di noi; ed è a causa di ciò che sovente non si riesce a trovarla, con la conseguente impossibilità di una spiegazione sicura. <ref>I.Kant, ''Critica della ragion pura'', Dottrina trascendentale del metodo, capitolo II sezione III</ref> }}
La certezza dunque si potrà raggiungere solo nell'ambito dei postulati della ragion pratica alla cui base non vi è un ''"so"'' ma un ''"voglio"'': ''«voglio che esista Dio, voglio che la mia esistenza in questo mondo sia anche un'esistenza nel mondo intelligibile, voglio che la mia durata sia senza fine.» ''
{{quotecitazione|Questa è dunque un'esigenza in un senso assolutamente necessario, e giustifica la sua supposizione non semplicemente come ipotesi lecita, ma come postulato nel rispetto pratico; [...] l'uomo onesto può ben dire: io voglio che vi sia un Dio; che la mia esistenza in questo mondo, anche fuori della connessione naturale, sia ancora un'esistenza in un mondo puro dell'intelletto; e finalmente, anche che la mia durata sia senza fine; io persisto in ciò e non mi lascio togliere questa fede; essendo questo l'unico caso in cui il mio interesse, che io non posso trascurare in niente, determina inevitabilmente il mio giudizio, senza badare alle sofisticherie, per quanto poco io sia capace di rispondervi o di contrapporne delle più speciose.<ref>I. Kant, ''Critica della ragion pratica'', tr. it. di F. Capra, “Introduzione” di S. Landucci, Laterza, Roma-Bari 1997, p.249</ref>}}
 
Per G.W.F.[[Hegel]] la certezza sensibile appartiene a una forma di sapere immediato che assicura solamente della esistenza di un io di fronte a un oggetto percepito al di fuori di ogni consapevolezza soggettiva. Tuttavia è in quest'atto che nasce la certezza sensibile della differenza tra il singolo io e la singola cosa e quindi la percezione che questo «''immediato puro rapporto''» tra l'io-soggetto e la cosa-oggetto comporta comunque una [[mediazione. (filosofia)|mediazione]]<ref>Hegel, ''Fenomenologia dello spirito'', A, 1</ref>.
 
Nel XVII secolo nasce il concetto di certezza "scientifica" nell'ambito della [[metodo sperimentale|verifica sperimentale]] dove si opera una sintesi pratica tra la certezza sensibile e quella appartenente alla logica-matematica.
{{Citazione|La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto.<ref>Galileo Galilei, ''[[Il Saggiatore (Galileo)|Il Saggiatore]]'', [[s:Il Saggiatore/6#La filosofia|Cap. VI]]</ref>}}
La certezza nasce quindi da
{{Citazione|Il vincolo stabilito da Galileo tra osservazione e dimostrazione … le esperienze fatte mediante i sensi e le dimostrazioni logico-matematiche della loro necessità – [che] era un vincolo reciproco, non unilaterale: né le esperienze sensibili dell’ osservazione potevano valere scientificamente senza la relativa dimostrazione della loro necessità, né la dimostrazione logica e matematica poteva raggiungere la sua "assoluta certezza oggettiva" come quella della natura senza appoggiarsi all’ esperienza nel suo punto di partenza e senza trovare la sua conferma in essa nel suo punto d’ arrivo.<ref>Rodolfo Mondolfo, ''Il pensiero di Galileo e i suoi rapporti con l’ antichità e con il Rinascimento'', in ''Figure e idee della filosofia del Rinascimento'', La Nuova Italia, Firenze 1963-1970, p.118 e sgg.</ref>}}
 
===Il pensiero contemporaneo===
L'[[epistemologia]] contemporanea esclude dalla sua ricerca la possibilità per la scienza di giungere a certezze assolute e universali e ritiene che i criteri di verità vadano riferiti a parametri contingenti relativi ai sistemi adottati per attivarli. La certezza quindi è qualcosa di accettabile per [[convenzionalismo|convenzione]] che non ha più i caratteri soggettivi né quelli universalmente oggettivi a cui ci si riferiva in passato ma è qualcosa che varia in base al mutamento dei criteri adottati per ottenerla.
 
Il filosofo, teologo e fisico britannico [[John Polkinghorne]] a proposito della certezza scientifica ritiene che comunque la scienza possa evidenziare delle certezze negative:
{{q|Non ritengo che si possa parlare di risultati scientifici dotati di certezza assoluta. La scienza è un continuo stato di fluire intellettuale. Questa apertura ai cambiamenti ha portato gli scettici ad affermare che gli uomini di scienza sono guidati dal dubbio. Ma solo un delicato bilancio tra fiducia e domanda permette il progredire delle scoperte.[...] Come afferma Einstein: ''La conoscenza teorica profonda deve essere liberamente inventata.'' [...] occorre un salto di immaginazione per una scoperta scientifica profonda. [...] Ogni teoria necessita di un punto di partenza, un nucleo di base, che può essere "tamponato" grazie al contributo dei dati sperimentali. Così anche se la teoria di Newton è stata modificata grazie alle scoperte di Einstein, non possiamo non riconoscere che il nucleo centrale rimane valido perlomeno per quanto riguarda i corpi di grandi dimensioni. Tutte le verità possono essere messe in discussione, ma nel formulare nuove teorie non è possibile tralasciare il bagaglio culturale già presente. In questo modo anche se la scienza non può raggiungere una certezza positiva, certamente, a differenza di quanto ritiene la cultura popolare, può raggiungere una certezza negativa. <ref>[https://www.meetingrimini.org/news/default.asp?id=676&id_n=11557 [[John Polkinghorne]], Fellow della Royal Society e Fellow del Queen’s College di Cambridge]</ref>}}
 
==Note==
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*[[Dubbio]]
*[[Evidenza]]
*[[Incertezza]]
 
== Altri progetti ==
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== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
* {{SEP|certainty|Certainty|Baron Reed}}
* {{Cita web|url =https://iep.utm.edu/certainty/|titolo =Certainty|autore =Miloud Belkoniene, Jacques-Henri Vollet| sito =Internet Encyclopedia of Philosophy}}
 
{{Controllo di autorità}}
{{Portale|Filosofiafilosofia}}
 
[[Categoria: Concetti e principi filosoficiepistemologici]]