Enrico Russo: differenze tra le versioni

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== Biografia ==
Nato nel [[1895]] a [[Napoli]], lavorò come operaio [[metallurgia|metallurgico]], impegnandosi presto nell'attività sindacale. Divenuto segretario della Federazione Italiana Operai Metallurgici ([[FIOM]]) di Napoli, si distinse durante il [[Biennio rosso in Italia|Biennio rosso]]. Iscritto al [[Partito Socialista Italiano]] (PSI), nel [[1924]] si separò con i cosiddetti ''terzini'' per aderire al [[Partito Comunista d'Italia]]. Fu l'ultimo segretario della Camera del Lavoro di Napoli, nonché della Federazione provinciale del PCd'I.
 
Nato nel [[1895]] a [[Napoli]], lavorò come operaio [[metallurgia|metallurgico]], impegnandosi presto nell'attività sindacale. Divenuto segretario della Federazione Italiana Operai Metallurgici([[FIOM]]) di Napoli, si distinse durante il [[Biennio rosso in Italia|Biennio rosso]]. Iscritto al [[Partito Socialista Italiano]] (PSI), nel [[1924]] si separò con i cosiddetti ''terzini'' per aderire al [[Partito Comunista d'Italia]]. Fu l'ultimo segretario della Camera del Lavoro di Napoli, nonché della Federazione provinciale del PCd'I.
 
Nel dicembre [[1926]], in seguito alla condanna a tre anni e mezzo di confino, emigrò clandestinamente a [[Marsiglia]] dove, passato al [[Partito Comunista Francese]], con [[Nicola Di Bartolomeo]] e [[Mario La Rocca]] fu membro del comitato regionale dei gruppi comunisti di [[lingua italiana]]. Espulso dalla Francia, trovò rifugio in [[Belgio]] dove, escluso dal PCd'I, aderì alla [[Frazione di sinistra del PCd'I]], raggruppamento che si richiamava alle posizioni di [[Amadeo Bordiga]], primo segretario del PCd'I. A nome della Frazione, firmò il 15 settembre [[1930]] il documento del Segretariato internazionale provvisorio dell'opposizione comunista “Sulle prospettive e sui compiti della rivoluzione cinese”. Nel [[1931]], pubblicò l'articolo ''La questione sindacale e la mano d'opera straniera'' (“Bollettino interno della Frazione di sinistra”, n. 2, aprile 1931) e, nel [[1935]], al Congresso della Frazione, presentò con [[Virgilio Verdaro]] e [[Piero Corradi]] la risoluzione, sostanzialmente approvata, con la quale il gruppo cessava di essere la “frazione di un partito passato definitivamente nei ranghi del nemico”.
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L'anno dopo, con [[Mario De Leone]], animò la tendenza favorevole all'intervento nella guerra di [[Spagna]]. Sul fronte di [[Aragona]], assunse il comando della ''Columna Internacional Lenin'' del [[Partido Obrero de Unificación Marxista]] (POUM) e partecipò a significativi episodi bellici, assieme a [[Emilio Lionello]], [[Giuseppe Morini]] e [[Gildo Belfiore]]. Contrario alla militarizzazione delle milizie volontarie (ossia alla loro subordinazione alle autorità governative), ritornò in Francia nel [[1937]] e aderì all'[[Union Communiste]].
 
Allo scoppio della guerra (settembre [[1939]]), fu arrestato a [[Bruxelles]], dove viveva in grande miseria e internato nel campo francese di [[Saint-Cyprien (Pirenei Orientali)|Saint-Cyprien]], sulla costa mediterranea, vicino al confine spagnolo. Il 14 luglio [[1940]], fu consegnato ai [[Fascismo|fascisti]] italiani. Confinato alle [[Isole Tremiti]], riebbe la libertà nel settembre [[1943]] e, recatosi a Napoli, in ottobre fu uno dei protagonisti della cosiddetta scissione di Montesanto, che per alcuni mesi divise il [[Partito Comunista Italiano|PCI]]. Svolse un importante ruolo nella rifondazione della [[Confederazione Generale del Lavoro]] (''CGL rossa''), di cui fu segretario e direttore del giornale “Battaglie Sindacali”, fino a quando, nel settembre [[1944]], il [[Partito Comunista Italiano]] (PCI), il [[Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (1943)|Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria]] (PSIUP) e la [[Democrazia Cristiana]] (DC) imposero il nuovo sindacato, la [[Confederazione generale italiana del lavoro]] ([[CGIL]]), in nome del Patto di Roma, che essi avevano siglato il 3 giugno [[1944]], costringendo la ''CGL rossa'' all'auto-scioglimento.
 
In seguito a questi avvenimenti, Enrico Russo rifiutò le cariche pubbliche che gli venivano proposte (tra cui il Ministero del Lavoro) e ruppe i rapporti con il [[Partito Comunista Italiano|PCI]], accentuando i propri sentimenti anti-[[Stalinismo|stalinisti]]. Passato allo PSIUP (nome che all'epoca aveva il PSI), poi con la scissione di [[palazzo Barberini]] (XXV Congresso dello PSIUP, 5-15 gennaio [[1947]]), entrò nel [[Partito Socialista Democratico Italiano|Partito Socialista dei Lavoratori Italiani]] di [[Giuseppe Saragat]] e fece parte della sua direzione nazionale; dal 1952 il partito si trasforma in PSDI. Dal [[1953]] al [[1955]] diresse la rivista “Battaglia Socialista”. Morì a Napoli nel [[1973]].
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*Antonio Alosco, ''Rosso napoletano. Vita di Enrico Russo il Che Guevara italiano'', Prefazione di Piero Craveri, Piero Lacaita Editore, Manduria-Bari-Roma, 2007
*Francesco Giliani, ''Cercando la Rivoluzione,'' Redstar Press, Roma, 2019.
 
== Collegamenti esterni ==
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