Scriptio continua: differenze tra le versioni
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[[File:Vergilius Augusteus, Georgica 141.jpg|thumb|right|[[Publio Virgilio Marone]], [[Georgiche]] scritto in ''[[Carattere lapidario|Carattere lapidario romano]]'' e in ''scriptio continua''.]]
La '''''scriptio continua''''' (in [[lingua latina|latino]], "scrittura continua") è stata la pratica scrittoria universalmente utilizzata nell'antichità dai popoli con scrittura alfabetica.
== Descrizione ==
Tutte le popolazioni antiche che si affacciavano sul [[mare Mediterraneo]] (dagli ebrei ai greci, dagli etruschi ai romani) avevano in comune sistemi di scrittura basati sull'[[alfabeto]]. La tipica superficie utilizzata per la scrittura era il [[papiro]], di invenzione egizia.▼
▲Tutte le popolazioni antiche che si affacciavano sul [[
I papiri venivano conservati arrotolati, inoltre non esistevano "copertine", quindi esteriormente erano tutti uguali. L'unico punto di accesso erano le prime parole, poiché tutta la scrittura era un'ininterrotta sequenza di lettere (''scriptio continua''). Inoltre, non erano ancora stati inventati i capitoli, i paragrafi, né gli indici.
Era il lettore a creare mentalmente le pause necessarie per scomporre il testo in frasi - e quindi per comprendere il significato. La scriptio continua si accompagnava necessariamente alla [[lettura ad alta voce]]: il testo doveva essere ripetuto, fino a trovare la corretta suddivisione delle parole.
A dimostrazione del fatto che l'esercizio della lettura richiedesse una partecipazione da parte del lettore, è noto un passo delle ''[[Confessioni (Agostino)|Confessioni]]'' di [[Sant'Agostino d'Ippona|Sant'Agostino]] (354-430) in cui il futuro [[Diocesi di Ippona Regia|vescovo di Ippona]], che nella sua esperienza aveva sempre letto ad alta voce i testi, e avendo sempre visto gli altri fare lo stesso, non poté che manifestare la propria meraviglia quando vide che [[Sant'Ambrogio]] riusciva a [[lettura endofasica|leggere con la mente]].
La ''scriptio continua'' caratterizzò la produzione scrittoria antica fino al [[IX secolo|IX]]-[[X secolo]].
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Ovviamente la mancanza di divisione tra le parole (insieme al complesso sistema di abbreviazioni e compendi, e alle mille altre insidie legate alla trasmissione di un [[testo]] antico attraverso i secoli) può creare seri problemi in fase di edizione di un testo.
Un semplice esempio può essere questo: al cap. XLIII della ''[[Trimalcione#Cena di Trimalcione|Cena Trimalchionis]]'', contenuta nel ''[[Satyricon]]'' di [[Petronio Arbitro|Petronio]], la tradizione manoscritta presenta il testo ''abbas secrevit'' ("l'abate separò"), che Scheffer ha corretto in ''ab asse crevit'' ("[la sua ricchezza] crebbe a partire da un [[asse (moneta)|asse]]" = "venne su dal nulla"). Quello che è successo è che il testo originale, per l'appunto ''ab asse crevit'' (''ABASSECREVIT'' in ''scriptio continua''), è stato interpretato dal [[amanuense|copista]] medievale come ''ab(b)as'' ("l'abate") ''secrevit'' ("separò"). L'[[errore (filologia)|errore filologico]] è facile da spiegare presupponendo che l'amanuense fosse stato un monaco.
== Bibliografia ==
* {{Cita libro|autore=Armando Petrucci|titolo=Prima lezione di Paleografia|anno=2002|editore=Laterza|città=Roma|p=|ISBN=9788858101827}}
== Voci correlate ==
* [[Storia della scrittura]]
{{Portale|letteratura|linguistica|storia}}
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