Palazzo Davanzati: differenze tra le versioni
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|Tipologia = [[Arte]], [[Architettura]]
|Data di fondazione = 1350 circa
|Proprietà = Stato Italiano
|Gestione = Musei del Bargello
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[[File:Palazzo davanzati 1880.jpg|thumb|Il palazzo nel 1880, con le botteghe al piano terra]]
Il palazzo rappresenta un ottimo esempio di architettura residenziale fiorentina del [[Trecento]], costruito verso la metà del secolo dalla famiglia Davizzi, mercanti benestanti dell'[[arte di Calimala]] (o dei Mercantanti). Fu residenza degli Ufficiali della Decima (l'ufficio che raccoglieva le denunce delle proprietà private per l'applicazione delle tasse), poi passò nel 1516 ai [[bartolini Salimbeni|Bartolini]], e da questi fu venduto nel 1578 a [[Bernardo Davanzati]], famoso storico e letterato, la cui [[Davanzati|famiglia]] si estinse nel 1838. Il palazzo godette di un certo splendore alla fine del Settecento, quando ospitò l'[[Accademia degli Armonici]], alla quale parteciparono compositori come [[Luigi Cherubini]] e [[Pietro Nardini]].
Quando l'ultimo esponente dei Davanzati, Carlo, si suicidò nel 1838, l'immobile fu poco dopo suddiviso in più quartieri e soffrì, oltre a svariate manomissioni, di un progressivo abbandono, fatta eccezione per alcuni interventi di restauro promossi attorno al 1884 dalla proprietà Orfei. Nel 1902, una stanza del palazzo fu presa in affitto da [[Giovanni Papini]] e [[Giuseppe Prezzolini]], insieme a [[Giovanni Costetti]], [[Adolfo De Carolis]], [[Alfredo Bona]], [[Ernesto Macinai]], [[Giuseppe Antonio Borgese]], per fondarvi la [[rivista letteraria]] ''[[Leonardo (rivista)|Il Leonardo]]''<ref>[[Giovanni Papini]], ''Palazzo Davanzati'', in: ''Id.'', ''[[Un uomo finito]]'', 1913, p. 80.</ref>, edita dalla [[Vallecchi]], di cui furono pubblicati venticinque fascicoli, dal 4 gennaio 1903 all'agosto 1907<ref>[[Giovanni Papini]], ''Palazzo Davanzati'', in: ''Id.'', ''[[Un uomo finito]]'', 1913, p. 81.</ref>. Fu proprio Papini a testimoniare lo stato di degrado dell'edificio nelle pagine di ''Un uomo finito'': «tutto sudicio e buio, colle scale mezze rovinate, i muri graffiati; i ballatoi murati a metà e il gran cortile pieno di svolte a sghembo, d'angoli pisciosi e di casse abbandonate»<ref>''Lettera di Prezzolini a Papini 9PPr'', datata Firenze, 29 novembre [[1902]]; in: Giovanni Papini e [[Giuseppe Prezzolini]], ''Carteggio. I, 1900–1907. Dagli «Uomini Liberi» alla fine del «Leonardo»'', [[Edizioni di Storia e Letteratura]], 2003, n. 93, p. 216.</ref>.
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<gallery>
Palazzo davanzati, cortile, view 04.JPG|Cortile
Palazzo davanzati, cortile, capitello con ritratti della famiglia davizzi.JPG|Capitello trecentesco con
Palazzo davanzati, cortile, leoncino 01.JPG|Leoncino trecentesco sulla balaustra della prima rampa di scale
Palazzo davanzati, cortile, affresco staccato-2.jpg|La ''Madonna'' duecentesca
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Alla parete lungo la strada due seggioloni in noce di fattura italiana del 1650 circa, e un armadino intarsiato a motivi geometrici (bottega fiorentina del XV secolo), che è sormontato da un ''Busto di fanciullo'' in marmo, attribuito a [[Antonio Rossellino]].
Al centro della sala, su un tavolo in noce fiorentino del XVI secolo, vi sono due cofanetti nello stesso materiali e coevi per datazione e fattura. Sulla parete destra una coppia di arazzi a colonna di fattura medicea del 1550-1600 circa, e un armadio toscano a tre sportelli (XVI secolo), su cui sono collocati due angeli portacero di fattura senese e la ''[[Madonna col Bambino (Brunelleschi)|Madonna col Bambino]]'' in stucco e gesso,
Nel salone si trovano inoltre una ''Madonna in trono col Bambino'' in legno policromo (scuola umbra, metà del XIII secolo).
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=====Sala dei Pavoni=====
[[File:Sala dei pavoni, veduta 01.JPG|thumb|Sala dei Pavoni. Sul letto è esposta la copia della [[Coperte Guicciardini|Coperta Guicciardini]]]]
Attraverso uno stretto corridoio si arriva alla camera nuziale, detta anche "sala dei Pavoni" dagli affreschi sulle pareti, con una finta tappezzeria a motivi geometrici (con leoni, corone e [[giglio di Francia|gigli di Francia]]) e una fila di stemmi di famiglie alleate ai Davizzi tra pavoni e altre figure.
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Altre opere sono: il tabernacolo con ''Santo Stefano'' è opera di [[Spinello Aretino]]; un bronzetto di ''Venere e Cupido'' della bottega di [[Tiziano Aspetti]] (1590-1600 circa); un ''Profilo di giovinetto'' in marmo di scuola fiorentina (1450-1500 circa) e un ''Santo'' di scuola lombarda del XV secolo. In una cornice della fine del XV-inizio del XVI secolo si trova la ''Trinità con i santi Domenico e Girolamo'' della scuola di [[Jacopo del Sellaio]];. L{{'}}''Iniziazione di Icaro'' è forse un'opera giovanile di [[Andrea del Sarto]].
===== Camera
[[file:Camera della castellana di vergy, veduta 01.JPG|thumb|La camera da letto]]
Al secondo piano, la camera da letto è l'unico ambiente che conserva la decorazione di affreschi (le altre sono pitture murali). In una fascia figurata si trova una serie di storie amorose, di avventura e di morte, tratte dalla leggenda medievale della [[Castellana di Vergi]].
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All'ultimo piano si trovava poi la cucina, posta in alto per evitare di impregnare la casa di fumi e vapori ed anche per consentire una rapida fuga in caso di incendi. Oggi è arredata con un armadino dell'Italia del Nord (seconda metà del XVI secolo), un tavolo di bottega toscana (fine del XVI secolo) e vari utensili antichi e strumenti da lavoro femminili: impastatoio, girarrosto, spremiagrumi, lumi, telai, ferro per stirare, rocca per filare, ecc.
La stanza attigua, che corrisponde ai saloni nei piani inferiori, già conservava conserva un forziere di bottega senese del XIV secolo e alcuni pannelli didattici sulla vita quotidiana nel Trecento; dopo il 2020 è stata allestita per ospitare le ricche collezioni tessili, in vetrine e cassettiere.
==Note==
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*''Una casa fiorentina del Trecento: Palazzo Davanzati'', in "''Antichità Viva''", I, 1962, 7, pp. 34-47;
*Claudio Savolini, ''The Palazzo Davanzati'', in "''Apollo''", LXXXI, 1965, pp. 302-305;
*[[Kirsten Aschengreen Piacenti
*{{bps|Limburger-Fossi 1968}}, n. 226;
*''Il museo di Palazzo Davanzati a Firenze'', a cura di [[Luciano Berti]], Milano, Electa, 1971;
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