Ca' d'Oro: differenze tra le versioni

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|Latitudine = 45.440678
|Longitudine = 12.333865
|Tipologia = [[Pittura]], [[scultura]], [[arazzi]], [[tappeti]], [[mobili]]
|Data di fondazione = 1916
|Fondatori = [[Giorgio Franchetti]]
|Data di apertura = [[1927]]
|Data di chiusura =
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|Visitatori = 67430
|Anno visitatori = 2016
|Note visitatori = <ref>[{{Cita web |url=http://www.statistica.beniculturali.it/rilevazioni/musei/Anno%202016/MUSEI_TAVOLA7_2016.pdf |titolo=Ministero dei Beni e delle Attività Culturali] |accesso=10 ottobre 2017 |dataarchivio=31 luglio 2017 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20170731163641/http://www.statistica.beniculturali.it/rilevazioni/musei/Anno%202016/MUSEI_TAVOLA7_2016.pdf |urlmorto=sì }}</ref>
}}
 
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== Storia ==
=== Il committente Marino Contarini ===
La storia di questa fabbrica trova le sue origini in [[Marino Contarini]], personalità appartenente ad una [[Contarini|ricca famiglia dogale]], anche se più abile mercante che politico. Contarini sposò molto giovane SoramadorSoradamor Zeno, la qualecui glifamiglia portò in dotepossedeva una vasta proprietà sul [[Canal Grande]], presso il confino di [[chiesaChiesa di Santa Sofia (Venezia)|Santa Sofia]], comprendente anche una costruzione di dimensioni tali, da essere definita ''Domus Magna''.<ref Aname=":0">{{Cita seguitoweb|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/marino-contarini_(Dizionario-Biografico)/|titolo=CONTARINI, diMarino|autore=Franco unRossi|sito=Dizionario litigioBiografico familiare,degli ilItaliani Contarini- dovetteVolume però28 ricomperare(1983)|accesso=27 ilfebbraio manufatto;2025|urlmorto=no}}</ref> inoltre, aA seguito della morte della moglie, egli decise di costruire un nuovolitigio edificiofamiliare, demolendo quello della [[Zeno (famiglia)|famiglia Zeno]]. Nel 1421 il Contarini contattòdovette alloracomperare il milanesemanufatto [[Matteo Raverti]] e l'anno successivo i venezianidalla [[Giovanni BonoZen (scultorefamiglia)|Giovanni]]famiglia e [[Bartolomeo BonoZeno]], anchesenza seutilizzare ila lavoridote iniziaronodella solamentemoglie<ref nelname=":0" 1424/>.
 
Dopo la morte della moglie, il Contarini iniziò un'ambiziosa opera di completa ristrutturazione dell'antico edificio:<ref name=":0" /> nel 1421 il Contarini contattò allora il milanese [[Matteo Raverti]] e l'anno successivo i veneziani [[Giovanni Bono (scultore)|Giovanni]] e [[Bartolomeo Bono]], anche se i lavori iniziarono solamente nel 1424.
Il committente trattò per anni con le maestranze lombarde e venete, tanto che alcuni sostengono che a Marino Contarini si deve la fisionomia finale del palazzo. A Marino Contarini si può in particolare addebitare la decisione di conservare alcune reminiscenze dell'edificio precedente: il portico sull'acqua deve essere molto simile, per lo meno planimetricamente, a quello del palazzo precedente, mentre due fregi duecenteschi, rimessi in opera in verticale, sono sicuramente appartenenti al demolito palazzo degli Zeno. Alcune incoerenze costruttive si devono certamente alle volontà del Contarini: le colonnine tortili, che corrono lungo i due spigoli della facciata creando un cordone, non legano però con il coronamento; inoltre la mezzeria dell'edificio, segnata dai tre pinnacoli più alti del coronamento, non coincide con l'apparente mezzeria della facciata, sottolineata dai fregi verticali posti a destra delle logge.
 
Il committente trattò per anni con le maestranze lombarde e venete, tanto che alcuni sostengono che a Marino Contarini si deve la fisionomia finale del palazzo. A Marino Contarini si può in particolare addebitare la decisione di conservare alcune reminiscenze dell'edificio precedente: il portico sull'acqua deve essere molto simile, per lo meno planimetricamente, a quello del palazzo precedente, mentre due fregi duecenteschi, rimessi in opera in verticale, sono sicuramente appartenenti al demolito palazzo degli Zeno. Alcune incoerenze costruttive si devono certamente alle volontà del Contarini: le colonnine tortili, che corrono lungo i due spigoli della facciata creando un cordone, non legano però con il coronamento; inoltre la mezzeria dell'edificio, segnata dai tre pinnacoli più alti del coronamento, non coincide con l'apparente mezzeria della facciata, sottolineata dai fregi verticali posti a destra delle logge.
 
=== Le maestranze lombarde e venete ===
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Matteo Raverti era noto per lo più per aver lavorato nel cantiere del [[Duomo di Milano]], in cui realizzò numerose sculture di pregio, in particolare quella di San Babila. Già nel 1410 si trovava probabilmente a Venezia, dove lavorò alla decorazione della facciata del [[Palazzo Ducale (Venezia)|Palazzo Ducale]] e al coronamento della Cappella Ducale. Sempre a lui sono attribuite alcune sculture presenti in diverse chiese veneziane, oltre alla tomba Borromeo nella [[Chiesa di Sant'Elena (Venezia)|chiesa di Sant'Elena]], purtroppo andata perduta. Giovanni e Bartolomeo Bono lavorarono con la loro bottega come costruttori e scultori in numerose fabbriche veneziane, anche se il lavoro più noto fu sicuramente la facciata di Palazzo Ducale nella quale si adoperarono insieme ad altri maestri, in particolare viene a loro attribuita la [[Palazzo Ducale (Venezia)#Porta della Carta|Porta della Carta]]. Pregevoli opere di Bartolomeo sono anche i portali delle [[Chiesa della Madonna dell'Orto|chiese di Santa Maria dell'Orto]] e dei [[Basilica dei Santi Giovanni e Paolo (Venezia)|Santi Giovanni e Paolo]].
 
Nel cantiere della caCa' d'Oro lavorò pure un noto pittore francese che visse a lungo a Venezia, [[Giovanni Charlier|Zuanne de Franza]], che nel 1431 venne incaricato di rafforzare con il colore i marmi e le pietre, e di sottolineare ogni elemento con l'oro, il rosso, il blu e il nero. Del suo lavoro oggi non rimane più nulla, cancellato dal logorio del tempo o dai restauri. Al pittore venne affidato anche il compito di decorare tre sale interne, ma anche questo lavoro è andato perduto.
 
=== L'opera del barone Franchetti ===
[[File:Ponti, Carlo (ca. 1823-1893) - Venezia - 122 Palazzo detto Ca' d'oro.jpg|thumb|La facciata nell'Ottocento, dopo i lavori di [[GiovanGiovanni Battista Meduna]]]]
 
Il manufatto rimase di proprietà della famiglia Contarini sino alle nipoti di Marino, dopodiché subì numerosi cambi di proprietari, che operarono numerosi rifacimenti delle suddivisioni interne e vari altri rimaneggiamenti. L'edificio fu inoltre ampliato con l'acquisizione di alcuni fabbricati sul retro e di alcune stanze nell'edificio di fianco. A metà Ottocento l'edificio venne quindi restaurato dell'ingegner [[GiovanGiovanni Battista Meduna]] per volere del proprietario di allora, Alessandro Trubetzkoi, ma subì un ulteriore restauro pochi anni dopo a seguito di un nuovo cambio di proprietà.
 
Sul finire dell'Ottocento la casa divenne proprietà del barone [[Giorgio Franchetti]], a seguito di un notevole esborso di 170.000 [[Lira italiana|lire]]: il barone volle intraprendere un attento restauro filologico dell'edificio, tentando di riportarlo il più possibile vicino alla morfologia quattrocentesca, ma nel 1916 Franchetti stipulò con lo Stato Italiano un accordo nel quale si impegnò a cedere il palazzo al termine dei lavori in cambio della loro copertura finanziaria. Questi restauri furono piuttosto scrupolosi, anche se non poterono, ovviamente, restituire il palazzo nel suo aspetto originario, inoltre alcune parti sono delle ricostruzioni difficilmente giudicabili, in particolare la scala del cortile e il portale che fa da ingresso sul rio. Tra i lavori che fece eseguire vi fu pure la demolizione di sovrastrutture in facciata, la riapertura delle finestre quadrate, e la realizzazione ex novo dei pavimenti con disegni ispirati a quelli originali perduti. Il barone fece collocare all'interno alcune opere d'arte appartenenti alla sua collezione, era infatti nel suo volere che l'edificio divenisse un museo, perdendo la sua funzione di abitazione civile. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1922, furono quindi conclusi i lavori di restauro e il 18 gennaio del 1927 venne inaugurata la Galleria che prende il suo nome.
 
== Descrizione ==
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L'assetto [[Planimetria|planimetrico]] della fabbrica non si discosta eccessivamente da quello della tipica [[Fondaco|casa-fondaco]] dei [[Patriziato (Venezia)|patrizi veneziani]]. La vistosa a[[simmetria]] dell'impianto è determinata dalla prassi costruttiva dell'epoca che prevedeva il riutilizzo delle [[Fondazione (architettura)|fondazioni]] dell'edificio precedente, senza amplianti nei lotti adiacenti. In questo caso anche il mantenimento della corte interna e della [[cisterna]] in essa scavata è determinante per l'assetto planimetrico, poiché ha vincolato la pianta ad articolarsi a forma di C attorno ad una [[corte (Venezia)|corte]] scoperta, al centro della quale è posizionata la grande [[vera da pozzo]] in [[Marmo rosso di Verona|marmo broccatello di Verona]], realizzata da [[Giovanni Bono (scultore)|Giovanni]] e [[Bartolomeo Bono]] nel 1427, i quali vi scolpirono su tre lati, tra un ricco fogliame, le [[allegoria|allegorie]] femminili della ''Giustizia'', della ''Fortezza'' e della ''[[Carità]]''. Come consueto nelle dimore veneziane, alle ampie [[Loggia|logge]] della facciata corrispondono internamente dei lunghi saloni, detti ''[[portego]]'', che attraversano l'edificio in tutta la sua profondità.
 
[[Palazzo Ducale (Venezia)|Palazzo Ducale]], che era ancora in fase di ultimazione durante la costruzione della caCa' d'Oro, fu sicuramente un riferimento progettuale importante: la moltiplicazione delle aperture nei loggiati ai piani nobili rispetto al portico al pian terreno secondo un rapporto 1 a 2 e le merlature che chiudono superiormente la facciata derivano, almeno come idea costruttiva, sicuramente dalla più importante fabbrica veneziana dell'epoca. Se il portico del pian terreno ricorda molto quello della duecentesca [[ca' da Mosto]], le esafore dei piani superiori, ma anche la quadrifora del pian terreno, furono delle reinterpretazioni personali del Raverti e dei Bono della loggia del Palazzo Ducale.
 
=== Facciata ===
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[[File:Paolo Monti - Servizio fotografico (Venezia, 1969) - BEIC 6330573.jpg|thumb|Particolare dell'angolo. Foto di [[Paolo Monti]], 1969]]
 
La facciata si caratterizza per la marcata asimmetria tra la parte sinistra, in cui si sovrappongono tre fasce traforate (portico per l'attracco delle barche al piano terra e loggiati ai piani superiori), e l'ala destra, in cui prevale la muratura rivestita di marmi pregiati con singole aperture quadrate isolate; la causa di tale specificità è da attribuirsi alle ridotte dimensioni del lotto, che non hanno permesso la realizzazione dell'ala sinistra dell'edificio. Tra la parte sinistra e quella destra della facciata è stato inserito un [[fregio]] proveniente dalla precedente abitazione dei Zeno. L'unico elemento che da continuità alla facciata, condizionandola e dominandola, è il grande [[cornicione]] con la soprastante [[Merlo (architettura)|merlatura]]. A chiuderla ai lati sono presenti triple [[Colonna tortile|colonnine tortili]] che formano come dei codoni sugli spigoli della facciata, completamente slegati però dal coronamento.
 
Il portico al pian terreno è aperto con cinque grandi archi sull'acqua, con quello centrale dilatato rispetto agli altri, tanto da risultare a sesto ribassato, riprendendo i portici di origine bizantina. Esso è una reminiscenza della duecentesca casa degli Zeno, e non presenta nessuna novità di rilievo. Tra il portico sull'acqua e quello interno si trova una quadrifora di notevole interesse, opera di Giovanni Bono: doppie colonne tortili separano le aperture; in asse con le colonne, sopra di esse, dei trafori a croce; sull'estradosso degli archi delle aperture due [[Quadrilobo|quadrilobi]]. Al piano superiore la loggia del Reverti, composta da un'esafora che risulta invece essere una novità per l'epoca, in quanto sopra i quadrilobi, in asse con i vertici degli archi delle aperture, troviamo dei semiquadrilobi, con i quali il Raverti ottenne un vivo effetto chiaroscurale, esasperato dalle [[Modanatura|modanature]]. I [[Capitello|capitelli]] delle colonne con foglie grasse che salgono a spirale vengono reinterpretati in modo inedito rompendo la classica simmetria veneziana coeva. Perfino le [[Parapetto|balaustre]] tra le colonne hanno un spiccato spirito decorativo. La loggia dell'ultimo piano è composta da un’ulteriore esafora con dei trafori a croce in asse con le colonne, proprio come nella quadrifora del piano terreno, anche se in questo caso troviamo un semiquadrilobio in asse con i vertici degli archi delle aperture in luogo dei due quadrilobi.
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=== Pavimento marmoreo ===
[[File:Ca' d'Oro - pavés 02.jpg|miniatura|destra|Pavimento marmoreo]]
Durante i lavori intrapresi da Giorgio Franchetti venne realizzato il pavimento marmoreo nel portico del piano terreno. Esso copre una superficie di 350&nbsp;m² utilizzando le tecniche dell{{'}}''[[opus sectile]]'' e dell{{'}}''[[opus tessellatum]]''. I motivi geometrici che compongono la decorazione si ispirano alle pavimentazioni medievali delle chiese della laguna veneta come la [[San Marco (Venezia)|basilica di San Marco]] a [[Venezia]], la [[basilica dei Santi Maria e Donato]] a [[Murano]] e la [[Cattedralebasilica di Santa Maria Assunta (Torcello)|cattedrale di Santa Maria Assunta]] a [[Torcello]]. Molti sono però anche i punti di contatto con le decorazioni [[cosmati|cosmatesche]] del XII e XIII secolo. Sono presenti anche temi desunti dal repertorio decorativo bizantino. Giorgio Franchetti disegnò personalmente le geometrie della pavimentazione e si impegnò anche nella sua realizzazione materiale. Da sottolineare è il fatto che per tale opera Franchetti scelse di non utilizzare marmi e pietre di cavatura moderna, ma di utilizzare le tipologie più note e preziose fin dall'antichità romana, tra cui il [[porfido rosso antico]], il [[serpentinite|serpentino]], il [[marmo cipollino|cipollino verde]], il [[marmo giallo antico|giallo antico]], il [[marmo pavonazzetto|pavonazzetto]], il [[Porfido verde antico|verde antico]], il [[marmo africano|marmo luculleo]] e molti altri.
 
== Il museo ==
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La galleria ospita la collezione di opere d'arte raccolta da Giorgio Franchetti nella sua vita. In seguito alla donazione allo Stato italiano avvenuta nel 1916 e in vista dell'allestimento del museo, alla collezione Franchetti furono affiancate alcune raccolte statali da cui provengono la maggior parte dei bronzi e delle sculture esposte, oltre a numerosi dipinti veneti e [[pittura fiamminga|fiamminghi]].
 
Tra le opere di maggior pregio vi sono il ''[[San Sebastiano (Mantegna Venezia)|San Sebastiano]]'' di [[Andrea Mantegna]], il ''Ritratto di Marcello Durazzo'' di [[Antoon van Dyck]], il ''Doppio ritratto'' di [[Tullio Lombardo]], la ''[[Venere allo specchio|]]''Venere allo specchio'']] di [[Tiziano]], due vedute di [[Francesco Guardi]], la ''[[Crocifissione (Jan van Eyck o bottega)|Crocifissione]]'' di [[Jan van Eyck]], la ''Venere dormiente'' di [[Paris Bordone]] e ampieciò porzioniche resta degli affreschi di [[Giorgione]] e [[Tiziano Vecellio|Tiziano]], provenientidipinti dallesulla duefacciata facciatelaterale del [[Fondaco dei Tedeschi]], tra cui spicca la ''[[Giustizia (Tiziano)|Giuditta]]''. Di [[Vittore Carpaccio]] e bottega sono i tre teleri con le ''[[Storie della Vergine (Carpaccio)|Storie della Vergine]]'' provenienti dalla [[Scuola di Santa Maria degli Albanesi|Scuola degli Albanesi]].
 
Oltre alle sale espositive, il museo ospita vari laboratori per la conservazione e il restauro di opere d'arte.
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== Collegamenti esterni ==
* {{cita web | 1url = https://www.polomusealeveneto.beniculturali.it/musei/galleria-giorgio-franchetti-alla-ca-doro | 2titolo = Galleria G. Franchetti alla Ca' d'Oro | accesso = 30 dicembre 2017 | dataarchivio = 2 febbraio 2019 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20190202042606/https://polomusealeveneto.beniculturali.it/musei/galleria-giorgio-franchetti-alla-ca-doro | urlmorto = sì }}
 
{{Canal Grande}}
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[[Categoria:Palazzi di Cannaregio]]
[[Categoria:Musei di Venezia]]
[[Categoria:Musei statali italiani del Veneto]]
[[Categoria:Pinacoteche del Veneto]]