Guerra romano-siriaca: differenze tra le versioni

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Frattanto Antioco passava in Europa ed occupava parte della [[Tracia]], facendo di ''[[Lysimachea]]'' la nuova capitale della regione e mettendovi al suo governo il figlio minore, [[Seleuco IV]].<ref>[[Tito Livio]], ''Ab Urbe condita libri'' XXXIII, 38; [[Appiano di Alessandria|Appiano]], ''guerra siriaca'', 1 e 6.</ref> Egli, inoltre, strinse relazioni amichevoli con [[Rodi]], [[Bisanzio]] e con i [[Galatia|Galati]],<ref name="AppianoGSiriaca6">[[Appiano di Alessandria|Appiano]], ''guerra siriaca'', 6.</ref> mentre si era riavvicinato all'Egitto dei Tolomei, avendo promesso in moglie sua figlia [[Cleopatra I|Cleopatra]] a [[Tolomeo V]],<ref name="AppianoGSiriaca3">[[Appiano di Alessandria|Appiano]], ''guerra siriaca'', 3.</ref> e dando loro in dote, non tanto la Siria meridionale (che aveva occupato dal [[201 a.C.]]<ref name="AppianoGSiriaca2">[[Appiano di Alessandria|Appiano]], ''guerra siriaca'', 2.</ref>), ma il diritto di riscuoterne il tributo.<ref name="Piganiol267"/><ref name="AppianoGSiriaca5">[[Appiano di Alessandria|Appiano]], ''guerra siriaca'', 5.</ref>
 
Era evidente che al termine di vent'anni di continui conflitti tra queste cinque grandi potenze del mondo mediterraneo (dal [[218 a.C.|218]] al [[196 a.C.]]), solo due ne erano rimaste: l'Impero seleucide in Oriente e Roma in Occidente. Lo scontro appariva ormai inevitabile. Fu nel [[196 a.C.]] che [[Lampsaco]], città della [[Troade]], chiese aiuto a Roma, poiché spaventata dall'avvento di Antioco. Si aprì così un primo periodo di negoziati tra Roma ed il re [[seleucidi|seleucide]], dove [[Tito Quinzio Flaminino]] fece richiesta formale ad Antioco di abbandonare tutti i territori dell'Asia minore che erano appartenuti in precedenza all'Egitto, oltre a lasciare libere le città di [[Lampsaco]], [[Smirne]] e [[Alessandria Troade]].<ref name="AppianoGSiriaca2"/><ref name="Livio35,42"/> Antioco propose l'arbitrato di Rodi, ma la falsa notizia della morte di [[Tolomeo V]], sospese i negoziati, mentre il re orientale se ne tornava in Siria.<ref name="Piganiol267"/> I negoziati ripresero tre anni più tardi nel [[193 a.C.]]<ref name="AppianoGSiriaca6"/> Anche questa volta si rivelarono infruttiferi. Antioco offriva la sua alleanza a Roma in cambio del riconoscimento delle sue conquiste, comprese quelle in Tracia (dove aveva appena occupato [[Enos]] e [[Maronia]]) e nell'[[Ellesponto]], ma la sua proposta fu ritenuta dai Romani una sfida, quindi inaccettabile.<ref name="AppianoGSiriaca6"/>
{{Citazione|Se [[Antioco III|Antioco]] lascerà liberi ed indipendenti i [[antica Grecia|Greci]] dell'Asia minore, e si manterrà fuori dai territori dell'[[Europa]], egli potrà essere considerato un amico ed alleato del popolo romano, se lo desidera.|[[Appiano di Alessandria|Appiano]], ''Guerra siriaca'', 6.}}
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La [[Lega etolica]] era rimasta scontenta per le conseguenze della [[guerre macedoniche|seconda guerra macedonica]], a causa delle pesanti concessioni territoriali che avevano dovuto fare ai romani, quale contributo per il loro aiuto durante la guerra. Per questo si risolsero a chiedere l'aiuto di [[Antioco III il Grande]] a capo dell'[[impero seleucide]] per liberare la [[Grecia]] dall'oppressione romana, anche se il re seleucide non sembrò in un primo momento interessato a scatenare un conflitto di così grandi proporzioni. È vero anche che Antioco poteva ora avvalersi dell'esperienza di [[Annibale]], suo consigliere militare dal [[196 a.C.|196]]-[[195 a.C.]]<ref>[[Aurelio Vittore]], ''De viris illustribus Urbis Romae'', 42, 6; [[Sesto Giulio Frontino|Frontino]], ''Strategemata'', I, 7.7.</ref><ref>[[Giovanni Brizzi]], ''Storia di Roma. 1.Dalle origini ad Azio'', p.216; André Piganiol, ''Le conquiste dei Romani'', p.267.</ref>
 
Nella primavera del [[192 a.C.]], gli Etoli, sobillati dallo ''stratego'' Toante,<ref>[[Floro]], ''Epitoma di storia romana'', I, 24.5.</ref> provarono a sovvertire i governi locali di trequattro grandi città greche per provocare l'intervento diretto delle due grandi potenze. Si trattava di [[Demetriade (città)|Demetriade]],<ref>[[Tito Livio]], ''Ab urbe condita libri'', XXXV, 31, 3-16.</ref> [[Calcide]],<ref>[[Tito Livio]], ''Ab urbe condita libri'', XXXV, 31, 3.</ref> [[Corinto (città antica)|Corinto]] e [[Sparta]].<ref>[[Tito Livio]], ''Ab urbe condita libri'', XXXV, 34.</ref> Livio racconta, infatti, che:
{{Citazione|Mentre si combatteva la [[guerra laconica|guerra tra gli Achei e Nabide]], gli ambasciatori romani andavano in giro per le città degli alleati, preoccupati che gli [[Etoli]], riuscissero ad attirarne una parte alla causa di [[Antioco III]]''. [...]. ''Prima si recarono ad [[Atene]], poi a [[Calcide]], in [[Tessaglia]]... poi [[Demetriade (città)|Demetriade]]. Là convocarono un'assemblea di "Magneti". Qui dovettero tenere un discorso con maggiore abilità, poiché una parte dei capi si erano staccati dai Romani ed erano passati dalla parte di Antioco e degli Etoli.|[[Tito Livio]], ''Ab urbe condita libri'', XXXV, 31, 1-5.}}
 
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{{Vedi anche|Esercito romano}}
 
L'intervento di Antioco in Grecia sul finire del [[192 a.C.]], comportò un iniziale impiego di circa 10.000{{formatnum:10000}} fanti, 500 cavalieri, sei elefanti ed una flotta composta da 100 navi da guerra e 200 da carico, risultato relativamente modesto.<ref name="Livio35,43">[[Tito Livio]], ''Ab urbe condita libri'', XXXV, 43.</ref><ref name="Appiano12"/>
 
I Romani, che nel corso dell'inverno del [[192 a.C.|192]]-[[191 a.C.]] avevano reclutato ben 20.000{{formatnum:20000}} [[legionario romano|legionari romani]] e 40.000{{formatnum:40000}} tra gli alleati [[Italia romana|Italici]],<ref name="AppianoGSiriaca15"/> con la primavera riuscirono ad inviare ad [[Apollonia (Albania)|Apollonia]] in [[Illiria]], un [[esercito romano|esercito]] di 20.000{{formatnum:20000}} [[fanteria (storia romana)|fanti]] e 2.000{{formatnum:2000}} [[cavalleria (storia romana)|cavalieri]]<ref name="Appiano17"/><ref>[[Tito Livio]], ''Ab urbe condita libri'', XXXV, 20-24.</ref> avendo, inoltre, predisposto una [[marina militare romana|flotta]] a ''[[Brundisium]]''.<ref>[[Tito Livio]], ''Ab urbe condita libri'', XXXV, 41.</ref>
 
== Guerra ==
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Roma non era disposta ad accettare che Demetriade fosse stata conquistata dagli [[Etoli]]. Fu così che fu inviato come ambasciatore agli Etoli un certo [[Publio Villio Tappulo]], affinché minacciasse un intervento romano nella zona.<ref>[[Tito Livio|Livio]], ''Ab Urbe condita libri'', XXXV, 39.</ref> Tuttavia, ci si aspettava che l'intervento romano non si sarebbe limitato alla sola Demetriade, ma in generale contro l'infida Lega etolica. La sconfitta di quest'ultima contro Roma avrebbe generato un impatto negativo su Antioco, il quale avrebbe visto vacillare la sua posizione in [[Asia Minore]] ed in [[Tracia]].
 
Fu così che Antioco si decise nell'autunno del [[192 a.C.]] a iniziare l'intervento militare in Grecia, grazie anche ai validi consigli del [[cartagine]]se [[Annibale]], ormai alla sua corte da alcuni anni. Quest'ultimo pare avesse suggerito al re seleucide di attaccare Roma su due fronti, non solo quindi nel [[mar Egeo]], ma anche in [[Italia romana|Italia]]. Il condottiero cartaginese aveva infatti in mente di utilizzare una flotta seleucide e 10.000{{formatnum:10000}} armati per riconquistare il potere a [[Cartagine]], ed invadere nuovamente l'Italia dall'[[Epiro]] (auspicando soprattutto in un'alleanza con [[Filippo V di Macedonia]]<ref name="AppianoGSiriaca14">[[Appiano di Alessandria|Appiano]], ''guerra siriaca'', 14.</ref>),<ref name="Piganiol269">André Piganiol, ''Le conquiste dei Romani'', p. 269.</ref> occupandone i punti strategici principali.<ref name="AppianoGSiriaca7">[[Appiano di Alessandria|Appiano]], ''guerra siriaca'', 7.</ref>
 
{{Citazione|[Annibale disse ad Antioco]: Ho maturato sufficiente esperienza dell'[[Italia romana|Italia]], che con 10.000{{formatnum:10000}} armati potrei occuparne i punti strategici e scrivere ai miei amici in [[Cartagine]], per istigare il popolo alla rivolta. Essi non sono contenti delle condizioni di pace ottenute con i Romani, e non hanno fiducia nei Romani, e si riempirebbero di fiducia e speranza se sentissero che sto devastando l'Italia [una seconda volta].|[[Appiano di Alessandria|Appiano]], ''Guerra siriaca'', 7.}}
 
Annibale fu autorizzato dal re selucide ad inviare un messaggero a Cartagine,<ref name="AppianoGSiriaca7"/> che, però, fu scoperto ed allontanato da chi temeva un nuovo scontro "suicida" di Cartagine contro Roma.<ref name="AppianoGSiriaca8">[[Appiano di Alessandria|Appiano]], ''guerra siriaca'', 8.</ref> Antioco dovette, così, accantonare il piano del generale cartaginese. Vi è da aggiungere che, sebbene fossero state scoperte le loro reali intenzioni di invasione dell'Italia, questo piano non convinceva il sovrano, il quale, oltre a trovarlo poco fattibile, potrebbe aver provato gelosia ed invidia per Annibale, al quale sarebbe andato il maggior merito di una guerra vittoriosa sul suolo italico.<ref name="Livio35,42">Livio, ''Ab Urbe condita libri'', XXXV, 42.</ref><ref>Livio, ''Ab Urbe condita libri'', XXXIV, 60.</ref><ref>[[Appiano di Alessandria|Appiano]], ''Guerra siriaca'', 9; Per il piano strategico di invasione di Annibale cfr. Boris Dreyer, ''Die römische Nobilitätsherrschaft und Antiochos III'', Hennef 2007, pp. 223-228.</ref> Lo stesso [[Tito Livio]], riferendosi ad [[Annibale]], al suo piano ed all'invidia degli uomini riferisce:
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[[File:Roman-Syrian-War it.png|upright=1.5|thumb|Mappa degli scontri tra [[Repubblica romana|Romani]] ed [[Antioco III]] degli anni 192-189 a.C.]]
 
L'anno [[192 a.C.]] vide Antioco III prima tentare di stipulare inutilmente un accordo con i Romani (offrendo loro di lasciare liberi i [[Rodi]]i, gli abitanti di [[Bisanzio]] e di [[Cizico]], tutti i [[Antica Grecia|Greci]] anche dell'[[Asia Minore]], a parte gli [[Etoli]], gli [[Ionia|Ionii]] ed i re barbari dell'Asia<ref name="Appiano12">[[Appiano di Alessandria|Appiano]], ''Guerra siriaca'', 12.</ref>), poi sbarcare in [[Eubea]]<ref>[[Floro]], ''Epitoma di storia romana'', I, 24.9.</ref> con 10.000{{formatnum:10000}} armati,<ref name="Livio35,43"/> e proclamarsi protettore della libertà dei Greci. Il re seleucide confidava, inoltre, che alla sua alleanza si sarebbero uniti sia i [[Lacedemoni]] di [[Sparta]], sia i [[Regno di Macedonia|Macedoni]] di [[Filippo V di Macedonia|Filippo V]].<ref name="Appiano12"/>
 
Antioco dapprima sbarcò ad [[Imbro]], da lì passò a [[Sciato]] e toccò la terraferma a [[Pteleo]], raggiungendo poco dopo [[Demetriade (città)|Demetriade]], ben accolto dai capi di quest'ultima città. Decise, quindi, di spingersi fino a [[Falara]] nel [[golfo Maliaco]] in [[Tessaglia]], e poi a [[Lamia]], dove si concretizzava l'alleanza tra Seleucidi ed Etoli e si ricopriva il sovrano seleucide del ruolo di sua guida.<ref name="Livio35,43"/><ref>[[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', XXXV, 44 e 45.</ref>
 
Successivamente, il re seleucide cercò di convincere [[Calcide]] ad allearsi. Tutto risultò inutile, sebbene Antioco si fosse mosso verso questa città in modo molto rapido ed improvviso con soli 1.000{{formatnum:1000}} armati, per coglierla impreparata.<ref>[[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', XXXV, 46.</ref> Il rifiuto della città portò Antioco a far rientro a Demetriade, dove si trovava il grosso delle truppe, intavolando nuove trattative di alleanza con [[Beozia|Beoti]], [[Achei]] ed il re di [[Athamania]], Aminandro.<ref>[[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', XXXV, 47.</ref> Anche in questa circostanza raccolse nuovi fallimenti. Gli Achei, infatti, non solo non si accordarono con lui, ma al contrario ribadirono l'alleanza con i Romani, dichiarando guerra al re seleucide ed agli [[Etoli]], oltre ad inviare 500 armati a [[Calcide]] ed altrettanti al [[Pireo]].<ref>[[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', XXXV, 48, 49 e 50.</ref> I Beoti, al contrario, preferirono attendere sul da farsi, almeno fino a quando Antioco non fosse entrato in Beozia con il suo esercito.<ref name="Livio35,50">[[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', XXXV, 50.</ref>
 
Antioco decise, quindi, di inviare un certo Menippo con 3.000{{formatnum:3000}} armati ed una flotta dal mare (comandata da un esule rodio, [[Polissenida]]), e di porre sotto assedio la città di Calcide, mentre lo stesso re si decideva a marciare con il resto dell'esercito in direzione della città nemica.<ref name="Livio35,50"/> Contemporaneamente, 500 legionari Romani furono inviati verso la città per difenderla.<ref name="Livio35,50"/> Ora se questi ultimi erano in grado di raggiungere la città in tempo breve, i Romani furono, al contrario, intercettati lungo strada dalle forze di Menippo, che avevano occupato la fortezza appartenente a Calcide sulla riva opposta dello stretto dell'[[Euripe|Euripo]]. I Romani furono così costretti a procurarsi alcune barche da trasporto per spostarsi sull'isola di [[Eubea]]. Ma Menippo, non volendo che i Calcidesi potessero rafforzarsi ulteriormente, decise di attaccare le forze romane di soccorso nei pressi del tempio di ''[[Delio (Beozia)|Delio]]'' (tempio sacro ad [[Apollo]]).<ref name="Appiano12"/><ref name="Livio35,51">[[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', XXXV, 51.</ref> La maggior parte dei Romani fu uccisa, una cinquantina fatta prigioniera, e solo pochi poterono fuggire.<ref name="Livio35,51"/> Antioco allora mosse le sue truppe verso [[Aulide (polis)|Aulide]] e, dopo aver inviato altri ambasciatori a Calcide con minacce ancor peggiori delle precedenti, ottenne da questa città che gli venissero aperte le porte. Frattanto le truppe [[Achei|achee]] si erano rifugiate in [[Salganea]], insieme a quelle inviate in loro aiuto dal re [[Eumene II]] di [[Pergamo]], mentre i pochi Romani sopravvissuti allo scontro si erano ritirati sull'[[Euripe|Euripo]]. Anche in questa circostanza il re ottenne due nuovi successi, seppure modesti: Menippo, inviato ad attaccare Salganea, ottenne la resa della città e l'allontanamento delle truppe alleate; lo stesso re, che si era diretto contro la postazione fortificata dei Romani, riuscì ad ottenerne la definitiva resa, ponendo l'intera [[Eubea]] sotto il suo dominio. A Roma si era così fornito il pretesto per dichiarare guerra al re seleucide.<ref name="AppianoGSiriaca15">[[Appiano di Alessandria|Appiano]], ''guerra siriaca'', 15.</ref><ref name="Livio35,51"/>
 
Sebbene Antioco avesse ottenuto questi successi, la maggior parte degli stati della [[Antica Grecia|Grecia]] preferirono rimanere neutrali. Solo il re degli [[Atamani]], Aminandro (il cui scopo era di installare il fratello sul trono di [[Regno di Macedonia|Macedonia]],<ref>[[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', XXXV, 47; [[Appiano di Alessandria|Appiano]], ''Guerra siriaca'', 13.</ref>) e la città-stato di [[Elis (Grecia)|Elide]] (con l'invio di 1.000{{formatnum:1000}} armati<ref>[[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', XXXVI, 5-6.</ref>) furono disposti a partecipare attivamente alla guerra a fianco del re seleucide, mentre la Lega Beotica e l'[[Epiro]] misero in atto un'alleanza con Antioco più formale che reale, rimanendo in sostanza neutrali.
 
L'alleanza seleucide-etolica cominciò ad incrinarsi già nel corso dell'inverno del [[192 a.C.|192]]/[[191 a.C.]],<ref>[[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', XXXVI, 8-10.</ref> quando l'invasione della [[Tessaglia]] provocò in [[Filippo V di Macedonia|Filippo V]] irritazione e timore per il vicino seleucide ingombrante, tanto da convincerlo ad appoggiare i Romani e gli Achei.<ref name="Piganiol269"/><ref name="Appiano16"/> Si racconta, infatti, che gli [[Etoli]] si ricordarono che dovevano la loro indipendenza a [[Repubblica romana|Roma]]. Antioco, che fino a quel momento aveva occupato la maggior parte delle città della Tessaglia e posto sotto assedio [[Larissa]], con l'avvicinarsi dell'inverno, decise di far ritorno a [[Calcide]] anche per il timore che il console [[Manio Acilio Glabrione (console 191 a.C.)|Acilio Glabrione]] e [[Filippo V di Macedonia|Filippo V]] fossero ormai vicini.<ref name="Appiano16">[[Appiano di Alessandria|Appiano]], ''Guerra siriaca'', 16.</ref> Decise, infine, di inviare la flotta in Asia Minore per recuperare approvvigionamenti per la campagna militare dell'anno successivo. Egli, tuttavia, rimaneva in Grecia e contraeva matrimonio con una giovane ragazza della nobiltà calcidese, per rafforzare i legami con gli alleati greci.<ref name="Appiano16"/><ref>[[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', XXXVI, 11.</ref>
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[[File:Thermopylen.png|thumb|left|Il teatro delle operazioni della campagna del [[191 a.C.]], compreso il sito della [[Battaglia delle Termopili (191 a.C.)|battaglia delle Termopili]].]]
 
Poco più tardi, con l'inizio della primavera del 191, anche l'esercito consolare di [[Manio Acilio Glabrione (console 191 a.C.)|Acilio Glabrione]] (formato da quattro legioni, due [[legione romana|romane]] e due di alleati italici, per un totale di 20.000{{formatnum:20000}} fanti, 2.000{{formatnum:2000}} cavalieri ed alcuni elefanti<ref name="Appiano17">[[Appiano di Alessandria|Appiano]], ''Guerra siriaca'', 17.</ref>), sbarcato ad [[Apollonia (Albania)|Apollonia]] in [[Illiria]], si unì all'armata dell'alleato [[regno di Macedonia|macedone]]. Sulla sua strada il console poté assediare ed allontanare tutte le guarnigioni nemiche che presidiavano le città dell'[[Athamania]], facendo 3.000{{formatnum:3000}} prigionieri tra le forze nemiche.<ref name="Appiano17"/> La convergenza delle tre armate su ''Pelinna'', determinarono il successo dell'assedio posto in atto dal re macedone e la fuga del re [[Aminandro]] ad [[Ambracia]].<ref name="Appiano17"/> A questo punto Acilio Glabrione assunse il comando dell'esercito romano e si diresse, con il beneplacito del re macedone, verso il sud della Tessaglia, dove rimanevano pochi presidi seleucidi da espugnare.
 
Antioco, venuto a conoscenza di questi accadimenti, rimase terrorizzato e comprese ciò che Annibale gli aveva predetto. Decise così di inviare messaggeri in Asia per sollecitare l'arrivo di [[Polissenida]], mentre egli si attestava con 10.000{{formatnum:10000}} fanti, 500 cavalieri oltre agli alleati a guardia del passo delle [[Termopili]], per impedire al nemico di penetrare più a sud, e qui attendere l'arrivo dei rinforzi.<ref name="Appiano17"/> Il sovrano seleucide fece, inoltre, costruire un doppio [[vallum|vallo]] sul quale egli pose le sue [[Macchine d'assedio (storia romana)|macchine d'assedio]], mentre ordinò a 1.000{{formatnum:1000}} [[Etoli]] di presidiare la sommità delle montagne vicine e ad altri di posizionarsi ad [[Eraclea Trachinia]], con il fine di impedire possibili attacchi romani alle spalle.<ref name="Appiano18">[[Appiano di Alessandria|Appiano]], ''Guerra siriaca'', 18.</ref>
 
L'esercito romano, una volta raggiunte le forze nemiche di Antioco, riuscì a sorprendere nel sonno parte delle truppe etoliche, aggirando il grosso dell'esercito seleucide.<ref name="Appiano18"/> La [[Battaglia delle Termopili (191 a.C.)|battaglia]] che ne seguì di lì a poco portò allo sfondamento del fronte nemico e ad una netta vittoria romana<ref>[[Floro]], ''Epitoma di storia romana'', I, 24.11.</ref><ref name="Appiano19">[[Appiano di Alessandria|Appiano]], ''Guerra siriaca'', 19.</ref>; le perdite romane furono modeste (circa 200 armati), mentre la maggior parte dell'esercito di Antioco fu annientato o preso prigioniero, tanto che il re seleucide si imbarcò a Calcide e fuggì in Asia, ad [[Efeso]], con soli 500 armati (maggio-giugno).<ref name="Piganiol269"/><ref>[[Aurelio Vittore]], ''De viris illustribus Urbis Romae'', 54, 2.</ref><ref>[[Sesto Giulio Frontino|Frontino]], ''Strategemata'', II, 4.4.</ref> Contemporaneamente a Roma la vittoria fu celebrata con grandi sacrifici e Filippo V di Macedonia fu ricompensato della sua alleanza, lasciando libero il figlio Demetrio, il quale era ostaggio della [[Repubblica romana]].<ref name="Appiano20">[[Appiano di Alessandria|Appiano]], ''Guerra siriaca'', 20.</ref>
 
I Romani dopo questa prima vittoria, ricevettero le suppliche dei [[Focesi]] e dei [[Calcide|Calcidiesi]], che in passato avevano collaborato con Antioco. Contemporaneamente il console [[Manio Acilio Glabrione (console 191 a.C.)|Acilio Glabrione]] e Filippo V invasero l'[[Etolia]], ponendo molte delle sue città sotto [[assedio (storia romana)|assedio]] e catturando lo stesso Democrito, generale degli [[Etoli]]. Questi ultimi, ormai presi dal panico, inviarono al console ambasciatori per chiedere una tregua, che Acilio Glabrione alla fine accordò.<ref name="Appiano21">[[Appiano di Alessandria|Appiano]], ''Guerra siriaca'', 21.</ref> I Romani erano, infatti, riusciti a conquistare [[Lamia (Grecia)|Lamia]] ed [[Eraclea Trachinia]], Filippo V l'intera [[Tessaglia]], mentre gli [[Achei]] erano riusciti ad unire l'intero [[Peloponneso]] sotto la loro guida, frustrando i tentativi di [[Nabide]] di Sparta e degli Elei di unirsi ad Antioco.<ref name="Livio36,42"/>
 
[[File:Ellesponto map.svg|thumb|L'[[Ellesponto]] ed il [[Chersoneso Tracico]] con le città di ''Sestus'' e ''Abydus''.]]
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[[File:Modell Pergamonmuseum.jpg|thumb|left|Modellino ricostruttivo del centro della città di [[Pergamo]], assediata nel [[190 a.C.]] dai [[Seleucidi]].]]
 
Il figlio di Antioco, [[Seleuco IV]], aveva intanto preso l'iniziativa e stava [[assedio (storia romana)|assediando]] [[Pergamo]], capitale del [[Regno di Pergamo|regno]] di [[Eumene II]]. Quest'ultimo, venuto a conoscenza di questi eventi, mosse con la sua flotta, accompagnato dal nuovo comandante navale della [[marina militare romana|flotta romana]], il pretore [[Lucio Emilio Regillo]], verso la città di [[Elaea|Elea]] (porto di Pergamo).<ref name="Appiano26">[[Appiano di Alessandria|Appiano]], ''Guerra siriaca'', 26.</ref> Frattanto gli [[Achei]] avevano inviato all'alleato Eumene 1.000{{formatnum:1000}} fanti e 100 cavalieri, i quali, nel corso dell'assedio, avendo notato che gli assedianti seleucidi bevevano oltre misura, decisero di compiere una sortita fuori dalle mura.<ref name="Appiano26"/> Poco più tardi i Romani ottennero una nuova vittoria navale nella [[battaglia di Mionneso|battaglia di Mionnesso]], dove la [[marina militare romana|flotta romana]] (sotto il comando di Emilio Regillo) e rodese sconfisse quella seleucide,<ref name="FloroI,24.12"/><ref>[[Aurelio Vittore]], ''De viris illustribus Urbis Romae'', 54, 3.</ref> ottenendo così il controllo del mare e scongiurando altre spedizioni militari nemiche in [[Grecia]].
 
Lo scontro decisivo si svolse nei pressi della città di [[Magnesia ad Sipylum|Magnesia]] (tra dicembre del [[190 a.C.|190]] ed il gennaio del [[189 a.C.]]), in quella che sarà ricordata come la [[battaglia di Magnesia]], dove l'esercito di poco più di 60.000{{formatnum:60000}} soldati romani sconfisse l'esercito di Antioco III, composto da oltre 70.000{{formatnum:70000}} effettivi (300.000{{formatnum:300000}} secondo [[Floro]]).<ref name="FloroI,24.15-18">[[Floro]], ''Epitoma di storia romana'', I, 24.15-18.</ref><ref>[[Aurelio Vittore]], ''De viris illustribus Urbis Romae'', 54, 4.</ref> Antioco III, che aveva preso parte attivamente alla battaglia con la sua cavalleria, riuscì a ritirarsi con i superstiti, riparando a [[Sardi (città)|Sardi]].
 
=== 189 a.C. ===
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Le campagne di quest'anno videro, invece, i Romani impegnati principalmente su due fronti: nella Grecia continentale contro gli [[Etoli]] (i quali, dopo la fine della tregua concessa, erano tornati a combattere), che furono definitivamente vinti; in [[Asia Minore]] contro i [[Galati]], che furono battuti più volte dal console in carica ([[Gneo Manlio Vulsone]]), dietro istigazione dell'alleato [[Pergamo|pergameno]], il re [[Eumene II]].
 
Era avvenuto, infatti, che gli [[Etoli]] fossero riusciti a respingere le armate [[regno di Macedonia|macedoni]] di [[Filippo V di Macedonia|Filippo V]] e a rimettere sul trono di [[Athamania]] l'alleato Aminandro. Questa situazione aveva provocato l'immediato invio da parte dei [[Repubblica romana|Romani]] di un esercito [[console (storia romana)|consolare]] di 35.000{{formatnum:35000}} armati, sotto il comando di [[Marco Fulvio Nobiliore]].<ref name="FloroI,25.1">[[Floro]], ''Epitoma di storia romana'', I, 25.1.</ref> Quest'ultimo, dopo aver posto sotto [[assedio (storia romana)|assedio]] la capitale [[Ambracia]], aveva ottenuto la resa definitiva degli [[Etoli]].<ref>[[Polibio]], ''Storie'' XXI, 25-32; [[Tito Livio|Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', XXXVIII, 1-11; [[Aurelio Vittore]], ''De viris illustribus Urbis Romae'', 52, 2.</ref><ref name="FloroI,25.2">[[Floro]], ''Epitoma di storia romana'', I, 25.2.</ref> Le suppliche degli sconfitti Etoli erano state appoggiate sia dai neutrali [[Attica|Ateniesi]] che dai [[Rodi]]i. Per questi motivi erano stati perdonati dal console romano.<ref name="FloroI,25.3">[[Floro]], ''Epitoma di storia romana'', I, 25.3.</ref> Tuttavia la guerra era continuata con le popolazioni vicine fino a quando Nobiliore non fu costretto ad occupare con la flotta le isole di [[Cefalonia]] e di [[Zacinto]].<ref name="FloroI,25.4">[[Floro]], ''Epitoma di storia romana'', I, 25.4.</ref>
 
In Asia minore, invece, dopo l'arrivo del nuovo console Manlio Vulsone a [[Sardi (città)|Sardi]] (quartier generale [[esercito romano|romano]]), in sostituzione del comandante dell'anno precedente, [[Lucio Cornelio Scipione Asiatico|Scipione Asiatico]], l'armata romana si era trovata a combattere per conto dell'alleato [[Eumene II]] di [[Regno di Pergamo|Pergamo]] contro le popolazioni [[celti]]che dei [[Galati]].<ref>[[Polibio]], ''Storie'' XXI, 33-39; [[Tito Livio|Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', XXXVIII, 12-27; [[Appiano di Alessandria|Appiano]], ''guerra siriaca'', 42; [[Aurelio Vittore]], ''De viris illustribus Urbis Romae'', 55, 1-2.</ref> Questi erano stati sconfitti in due principali battaglie: la prima combattuta presso l'[[Aladağ|Olimpo]] (oggi [[Aladağ]]) contro i [[Tolostobogi]]; la seconda contro i [[Volci Tectosagi|Tectosagi]] presso il monte [[Magaba]].<ref name="FloroI,27.5">[[Floro]], ''Epitoma di storia romana'', I, 27.5.</ref> A Vulsone (etichettato spregiativamente come "console mercenario") fu però inizialmente negato il [[trionfo]], poiché aveva agito di sua iniziativa senza che il Senato avesse approvato la causa scatenante di quella spedizione.<ref name="FloroI,27.3">[[Floro]], ''Epitoma di storia romana'', I, 27.3.</ref>
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Nell'estate del [[189 a.C.]] erano riprese le trattative di pace tra Roma ed Antioco,<ref>[[Polibio]], ''Storie'', XXI, 18-24; [[Tito Livio|Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'' XXXVII, 53-55.</ref> in linea con quanto già lo stesso sovrano selucide aveva discusso con [[Scipione l'Africano]] dopo la [[battaglia di Magnesia]]. Il re non prese parte alla conferenza di pace, inviando l'ex-viceré dell'Asia Minore a rappresentarlo. Presero invece parte [[Eumene II]] di Pergamo, gli ambasciatori di [[Rodi]] e delle città minori alleate dei Romani. Nella primavera del [[188 a.C.]] si raggiunse infine un accordo che siglava la definitiva [[pace di Apamea|pace]] tra la [[Repubblica romana]] ed il [[Seleucidi|regno seleucide]].
 
La pace di Apamea portò enormi cambiamenti politici nell'area del [[mar Egeo]]:<ref>[[Polibio]], ''Storie'' XXI, 18-24; [[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', XXXVII, 53-55.</ref> Antioco dovette rinunciare alla [[Tracia]] ed all'[[Asia Minore]] fino ai monti del [[Tauro (catena montuosa)|Tauro]], rimanendogli solo parte della [[Cilicia]] (fino al fiume ''[[Calycadnus]]'' ed al promontorio ''Sarpedonium''), estromettendolo così definitivamente dall'area egea; dovette cedere buona parte della flotta a parte 10 navi e tutti gli [[elefante da guerra|elefanti da guerra]]; pagare un'indennità di 15.000{{formatnum:15000}} talenti d'argento in 12 anni (1.000{{formatnum:1000}} annuali), avendone anticipati 3.000{{formatnum:3000}};<ref>[[Polibio]], ''Storie'' XXI, 17; [[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', XXXVII, 45.</ref> gli fu vietato l'utilizzo di mercenari [[galati]]; fu obbligato ad inviare a Roma come ostaggio principale il figlio, il futuro [[Antioco IV]]; dovette estradare Annibale, che di lì a poco però fuggi in [[Bitinia]]; riaprì i mercati del [[Storia della Siria|regno di Siria]] a [[Rodi]] ed ai suoi alleati;
 
Roma invece acquisì, tramite gli stati "clienti" alleati, tutti i territori ad ovest del [[Tauro (fiume)|fiume Tauro]]: [[Misia]], [[Lidia]], [[Frigia]], [[Pisidia]], il nord della [[Caria]], la città di ''[[Lysimachea]]'' ed il [[Chersoneso tracico]] furono affidate al regno [[ellenismo|ellenistico]] degli [[Attalidi]] di [[Regno di Pergamo|Pergamo]]; mentre [[Rodi]] acquisì la [[Caria]] a sud del Meandro e la [[Licia]].<ref>[[Polibio]], ''Storie'' XXI, 45; [[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', XXXVII, 56; [[Appiano di Alessandria|Appiano]], ''Guerra siriaca'', 44.</ref>
 
=== Impatto sulla storia ===
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;Fonti primarie:
* {{cita libro |autore=[[Appiano di Alessandria]]|titolo=Historia Romana (Ῥωμαϊκά)|volume=''guerra siriaca''|cid=Appiano|lingua=grc}} Versione in inglese [http://www.livius.org/ap-ark/appian/appian_0.html qui] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20151120053128/http://www.livius.org/ap-ark/appian/appian_0.html |datedata=20 novembre 2015 }}.
* [[Aurelio Vittore]], ''De viris illustribus Urbis Romae'', [http://www.thelatinlibrary.com/victor.ill.html Qui il testo latino originale]
* {{Cita libro|autore=[[Eutropio]]|titolo=Breviarium ab Urbe condita|url=https://la.wikisource.org/wiki/Breviarium_historiae_romanae|volume=III|cid=Eutropio|lingua=la}} {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}}