Titulus crucis: differenze tra le versioni
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[[File:Cristo crucificado.jpg|thumb|right|''[[Cristo crocifisso (Velázquez)|Cristo crocifisso]]'', [[Diego Velázquez]] (1632). Si noti il ''titulus crucis'' trilingue.]]
[[File:Titulus.jpg|thumb|Il ''Titulus crucis'' conservato nella [[Basilica di Santa Croce in Gerusalemme]] a [[Roma]]; sulle tre distinte righe si legge una parte del cartiglio: quella in [[Lingua ebraica|ebraico]] è molto corrotta e vi sono varie interpretazioni, ''IS NAZARENUS B[ASILEUS TVN IOUDAIVN]'' ([[lingua greca|greco]]) e ''I. NAZARINVS RE[X IVDAEORVM]'' ([[lingua latina|latino]])]]▼
Nei [[Vangeli]], il '''''titulus crucis''''' (''[[Titulus|titolo]] della croce'') fu un'[[iscrizione]] apposta sopra la croce durante la [[crocifissione di Gesù]].
Il ''titulus'' identifica anche una [[reliquia]] conservata a Roma nella [[Basilica di Santa Croce in Gerusalemme]] e costituita da una tavola di legno di [[juglans|noce]], che secondo la tradizione sarebbe il [[cartiglio]] originario infisso sopra la croce. Il legno, ritrovato in una nicchia nel [[1492]] durante lavori di conservazione condotti nella chiesa, reca una parte di un'iscrizione (presumibilmente, ma senza alcuna certezza, frutto di uno smembramento) in caratteri compatibili con quelli del [[I secolo]], da destra a sinistra (comprese le righe in greco e latino), in tre lingue diverse: [[Lingua ebraica|ebraico]], [[lingua greca|greco]] e [[Lingua latina|latino]]. L'ordine appare diverso da quello riferito da [[Giovanni Evangelista|Giovanni]] (ebraico, latino e greco). Il manufatto è stato datato attraverso un'analisi al [[carbonio-14]] al [[X secolo|X]]-[[XII secolo]].▼
==Contesto storico==
I romani conoscevano l'usanza di proclamare la colpevolezza di un condannato mediante una targa appesa al collo o portata davanti a lui per umiliarlo
Dalla morte di [[Erode il Grande]] (4 a.C.) fino alla fine del
Il titolo di "Re dei Giudei" ricorre nei Vangeli nel racconto della passione e solo una volta fuori da questo contesto, in {{passo
Per lo storico ebreo [[Paul Winter (storico)|Paul Winter]], la crocifissione e il titolo della croce sarebbero gli unici dettagli storici nella rappresentazione del processo di Gesù nei vangeli. Nota infatti che non vi è alcuna allusione all'Antico Testamento nell'iscrizione sulla croce. Il titolo "Re dei Giudei" non significava nulla per i lettori e gli ascoltatori non ebrei dei Vangeli. La sua menzione quindi non può derivare da alcuna attesa messianica o insegnamento teologico. La colpa di Gesù menzionata nel titolo della croce era la sua presunta pretesa di regnare.<ref>{{en}} Paul Winter, ''On the Trial of Jesus'', 1961, p. 108 sgg.</ref> Anche lo studioso del Nuovo Testamento [[Martin Karrer]] ha concluso dalle fonti: “Fu un processo politico. L'esecuzione di Gesù fu esemplare per i giudei, per i galilei e non da ultimo per i discendenti di Erode il Grande perché si accontentassero della forma di governo non reale concessa da Roma».<ref name="karrer160" />
==Il testo dell'iscrizione==
Nelle rappresentazioni artistiche latino-occidentali della crocifissione
{| style="text-align:center;" class="wikitable"
|-
!
![[Marco (evangelista)|Marco]]
![[Luca (evangelista)|Luca]]
![[Matteo (apostolo
![[Giovanni
|-
|Versetto
||{{passo biblico|Mc|15,26|libro=no}}
||{{passo biblico|Lc|23,38|libro=no}}
||{{passo biblico|Mt|27,37|libro=no}}
||{{passo biblico|Gv|19,20|libro=no}}
|-
|Iscrizione [[lingua greca|greca]]
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|| ''non specificato'' || ''non specificato''|| ''non specificato'' || [[Lingua ebraica|ebraico]], [[Lingua latina|latino]], [[lingua greca|greco]]
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I vangeli canonici non concordano circa l'iscrizione sul cartiglio e che avrebbe riportato il motivo della condanna: «Questi è Gesù, il re dei Giudei» riporta il ''[[Vangelo secondo Matteo]]'' ({{passo biblico|Mt|27,37|libro=no}})<ref group="Nota">Il cattolico ''Nuovo Grande Commentario Biblico'', in merito alla versione di Matteo, evidenzia: "''questi è Gesù'': Matteo alla forma marciana dell'iscrizione sulla croce, aggiunge queste parole che dichiarano il fondamento giuridico della condanna a morte", in riferimento alla versione di Marco che riportava "''Il re dei giudei''". (Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, Nuovo Grande Commentario Biblico, Queriniana, 2002, p. 877, ISBN 88-399-0054-3.)" .</ref>, «Questi è il re dei Giudei» come scritto nel ''Vangelo secondo Luca'' ({{passo biblico|Lc|23,38|libro=no}}), mentre l'iscrizione è riportata come «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei» nel ''[[Vangelo secondo Giovanni]]'' ({{passo biblico|Gv|19,19|libro=no}}), dove si riferisce anche che era scritta in [[lingua ebraica|ebraico]], [[lingua latina|latino]] e [[lingua greca|greco]] ({{passo biblico|Gv|19,20|libro=no}}). Il quarto vangelo afferma anche che, al leggerlo, i capi dei Giudei si recarono da Pilato per chiedere che venisse corretto: secondo loro il ''titulus'' non doveva affermare che Gesù fosse il Re dei giudei, ma che si fosse autoproclamato tale. Pilato rispose ''[[Quod scripsi, scripsi]]'', e si rifiutò di modificare la scritta (''Giovanni'' {{passo biblico|Gv|19,21-22|libro=no}}). Il teologo cattolico [[Raymond Edward Brown|Raymond Brown]]<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 2'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 963-966, ISBN 978-0-300-14010-1.</ref> - nell'evidenziare come le quattro versioni evangeliche siano tutte diverse, "con divertimento se pensiamo a chi ha un approccio letterale ai vangeli"<ref group="Nota">Raymond Brown evidenzia infatti: "L'iscrizione/titolo [Titulus] contiene le sole parole riguardanti Gesù che si sostiene siano state scritte durante la sua vita. Possiamo osservare, tuttavia (con divertimento se pensiamo a chi ha un approccio letterale ai vangeli), che tutti e quattro gli evangelisti le riportano in modo differente". (Raymond E. Brown, The Death of the Messiah Vol. 2, Anchor Yale Bible, 2010, pp. 963-964, ISBN 978-0-300-14010-1.).</ref> - rileva come la scritta non sembra esser stata fatta come sbeffeggiamento, ma pare sottolineare che "Gesù fu vittima di una falsa accusa" e "ancor più chiaramente che nei Sinottici, Giovanni usa Pilato per esprimere una valutazione teologica".
La prima è che Giovanni specifica che il cartello era scritto in tre lingue: ebraico, latino e greco, mentre i sinottici non dichiarano il linguaggio con cui era redatto.<ref>In realtà, il riferimento alle tre lingue è presente anche in alcuni antichi manoscritti greci del Vangelo secondo Luca ({{cita passo biblico|Lc|23,38}}). Vedi Shmuel Safrai, [https://brill.com/view/book/edcoll/9789047417354/BP000013.xml "Spoken and Literary Languages in the Time of Jesus"] in R. Steven Notley, Marc Turnage, Brian Becker (a cura di), ''Jesus' Last Week, Jerusalem Studies in the Synoptic Gospels'', Volume One. BRILL, 2006, ISBN 978-9004147904, p. 225 e Peter Cresswell, [https://books.google.com/books?id=D47Pim5iozkC&dq=%22The+same+goes+for+the+note+in+Luke+23,+38%22&pg=PT106 ''The Invention of Jesus''], Watkins, 2013, cap. 5, ISBN 9781780286211 «The same goes for the note in Luke 23, 38 that the inscription on the cross was given in three languages: included by scribe A, deleted by Ca [from the [[Codex Sinaiticus]]] and absent in [[Codex Vaticanus]] and P75». Questa lezione potrebbe essere il risultato del tentativo di alcuni copisti di armonizzare il testo di Luca con quello di {{cita passo biblico|Giovanni|19,20}}. Vedi Paul D. Wegner, [https://books.google.com/books?id=kkVFOTsBOAEC&dq=%22luke+23:38%22+versions&pg=PA226 ''The Journey From Texts to Translations: The Origin and Development of the Bible''], Baker Academic, 2004 ISBN 9780801027994, p. 226</ref> Dato che il cartello era verosimilmente lo stesso che Gesù, secondo l'uso romano, aveva portato sul petto durante la salita al Golgota, è probabile che il testo fosse scritto in ebraico o aramaico, in modo che tutta la popolazione potesse leggerlo. I sinottici, tuttavia, non forniscono indizi, anche perché il dettaglio è certamente irrilevante. Il ricupero o l'invenzione di questo dettaglio da parte di Giovanni deve quindi avere un significato importante, fra cui anche di sottolineare che il processo di Gesù non era un processo a un criminale comune. Raymond Brown, infatti <ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 2'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 963-966, ISBN 978-0-300-14010-1.</ref>, evidenzia che "possiamo essere ragionevolmente certi che i soldati romani non si sarebbero preoccupati di trascrivere l'accusa ad un criminale in tre lingue. Iscrizioni multilingue erano usate nell'antichità ma solo in eventi solenni, come un proclama imperiale" e quindi "le tre lingue hanno significato simbolico. L'ebraico è la lingua sacra delle Scritture di Israele; il latino è la lingua del conquistatore romano; il greco è la lingua in cui il messaggio di Gesù viene diffuso e scritto". Giovanni, quindi, ha affidato al potere imperiale il compito di proclamare la regalità di Gesù, chiamato il "figlio di Davide", in ottemperanza alla profezia di Ezechiele 37,25: "Davide mio servo sarà loro re per sempre". Come afferma Raymond Brown, "ancor più chiaramente che nei Sinottici, Giovanni usa Pilato per esprimere una valutazione teologica". Analogamente, pochi capitoli prima, Giovanni aveva affidato alle parole del sommo sacerdote Caifa l'enunciazione del valore redentivo del sacrificio di Gesù (Gv 11,47-52).▼
▲
Il secondo dettaglio che differenzia il vangelo di Giovanni dai sinottici è la specificazione di Gesù come il "nazareno", un dettaglio apparentemente marginale. Anche se fosse stato storicamente presente sul cartiglio, c'è da stupirsi che Giovanni l'abbia reinserito più che del fatto che i sinottici l'avessero omesso. Questo dettaglio letterario si comprende solo considerando un altro brano di Giovanni e l'intuizione di uno studioso ebreo:▼
* Il quarto vangelo afferma anche che, alla lettura del cartiglio, i capi dei Giudei si recarono da [[Ponzio Pilato]] per chiedere che venisse corretto: secondo loro il ''titulus'' non doveva affermare che Gesù fosse il Re dei giudei, ma che si fosse autoproclamato tale. Pilato rispose ''[[Quod scripsi, scripsi]]'', e si rifiutò di modificare la scritta (''Giovanni'' {{passo biblico|Gv|19,21-22}}). ▼
▲Il
* Nel XX secolo un erudito ebreo, [[Schalom Ben-Chorin]], avanzò l'ipotesi che la scritta ebraica fosse: "Yeshua haNotzri (u)Melech haYehudim", cioè letteralmente: "Gesù il Nazareno (e) il Re dei Giudei". In tal caso le iniziali delle quattro parole corrisponderebbero esattamente con il [[tetragramma biblico]], il nome impronunciabile di Dio, motivando con maggior forza le proteste degli ebrei<ref>L'argomento è discusso a p. 117 del libro del papirologo e storico Carsten Peter Thiede, ''Ma tu chi sei, Gesù ?'', Paoline Editoriale, 2005.</ref>.▼
▲* Il quarto vangelo afferma anche che, alla lettura del cartiglio, i capi dei Giudei si recarono da
▲* Nel [[XX secolo]] un erudito ebreo, [[Schalom Ben-Chorin]], avanzò l'ipotesi che la scritta ebraica fosse: "Yeshua haNotzri (
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▲Il ''titulus'' identifica anche una [[reliquia]] conservata a Roma nella [[
▲==Il ''Titulus'' di Roma==
La conservazione come reliquia del "titolo" apposto sulla croce è testimoniata per la prima volta nel [[IV secolo|IV]]-[[V secolo]] dall'"itinerario" (''[[Peregrinatio Aetheriae|Paeregrinatio]]'') di [[Egeria (pellegrina)|Egeria]], che racconta il proprio pellegrinaggio a [[Gerusalemme]] nell'anno [[383]].
{{Citazione|(..) e viene portata una cassetta argentea dorata, nella quale c'è il [[sacro|santo]] [[legno]] della croce, viene aperta e tirato fuori, viene posto sulla tavola sia il legno della croce che il titolo.|''Itinerarium Egeriae'' 37,1|(..) et affertur loculus argenteus deauratus, in quo est lignum sanctum crucis, aperitur et profertur, ponitur in mensa tam lignum crucis quam titulus.|lingua=la}}
Successivamente il ''titulus'' fu descritto nel [[570]] da Antonino di Piacenza, un pellegrino che vide le reliquie della Passione a Gerusalemme. Egli riporta la seguente iscrizione: "''Hic est rex Iudaeorum''", cioè il testo di Matteo<ref>''Antoninii Placentini Itinerarium'', pubblicato nel ''[[Corpus Christianorum]], Series Latina'', vol. 175, 130.</ref>.
[[File:Jan van Eyck 094.jpg|thumb|
Il ''titulus'', un presunto chiodo della [[Passione di Gesù|Passione]] e alcuni frammenti della [[Vera Croce]], secondo la tradizione, furono rinvenuti da [[Flavia Giulia Elena|Elena]], madre dell'[[imperatore romano]] [[Costantino I]], che nel [[IV secolo]] visitò [[Gerusalemme]] e fece scavare l'area del [[Golgota]]. Si osservi che l'ordine delle tre lingue del Titulus è diverso da quello del testo ufficiale del Vangelo di Giovanni, ma è in accordo con alcuni antichi manoscritti, in cui, come nota Raymond Brown, i copisti variarono, sempre simbolicamente, l'ordine dei testi in "ebraico, greco e latino, ponendo per ultima di importanza la lingua imperiale".<ref name="Raymond E. Brown 2010, pp. 965-966"/>
Risulta discussa la questione se è verosimile ritenere che il cartiglio della croce sia stato conservato e se la reliquia romana possa corrispondere realmente all'originale o almeno essere una copia fedele di quest'ultimo. Alcuni studiosi hanno supposto che il cartiglio sia proprio quello originale, in particolare è stato sostenuto che sarebbe stato staccato dalla croce e deposto inizialmente nel [[Santo Sepolcro|sepolcro]] assieme al corpo di Gesù.<ref>Maria-Luisa Rigato, ''La sepoltura regale di Gesù (Gv 19,39-40)'', Convegno internazionale "Dalla Passione alla Resurrezione: 2000 anni di silenziosa testimonianza", Roma 6-8 maggio 1999</ref> La sepoltura, caratterizzata secondo i vangeli dall'utilizzo di una tomba di ampie dimensioni, dal trattamento della salma con unguenti preziosi e dall'avvolgimento in un [[sudario]], avrebbe avuto tutte le caratteristiche di una sepoltura regale. L'aggiunta del cartiglio, il cui testo appariva ai seguaci di Gesù inconsapevolmente profetico della regalità di Gesù<ref>{{Cita passo biblico|Gv18,33-37}}</ref>, si accorderebbe con le intenzioni di [[Giuseppe d'Arimatea]] e di [[Nicodemo (discepolo di Gesù)|Nicodemo]].
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Le fotografie dell'iscrizione, inoltre, vennero fatte esaminare da diversi paleografi (contattati indipendentemente dai tre ricercatori sopra citati), i quali condussero un'indagine paleografica comparativa. In particolare le lettere risultarono perfettamente compatibili con quelle del [[I secolo|I sec.]], confermando, quindi, la possibilità che la reliquia fosse l'originale o almeno una copia fedele dell'originale.
Resta infine il problema se tale copia o presunto originale possa essere quello utilizzato sul [[Calvario|monte Calvario]]. Per chiarire la questione la [[Santa Sede]] autorizzò il prelievo di campioni del legno che vennero datati attraverso l'utilizzo del [[metodo del carbonio-14]]. I risultati, pubblicati nel [[2002]], determinarono che il legno risalirebbe all'intervallo tra gli anni [[980]] e [[1150]]<ref>F. Bella, C. Azzi, [https://www.cambridge.org/core/services/aop-cambridge-core/content/view/E0FFBA7E6A68A5B7196ECF3F318C2D8C/S0033822200032136a.pdf/div-class-title-span-class-sup-14-span-c-dating-of-the-titulus-crucis-div.pdf "C14 Dating of the 'Titulus Crucis'"], ''Radiocarbon'', vol. 44, n. 3 (2002), pp. 685-689
== Note ==
<references group="Nota"/>
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<references/>
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