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La '''seada''' (anche ''sebada'', ''sevada'', ''savada'' e ''sevata'' in [[lingua sarda]]) è un piatto[[Dolce (cucina)|dolce]] [[frittura|fritto]] tipico della tradizione [[Sardegna|sarda]] a base di [[Farina#Farina e semola|semola]], [[formaggio]], [[Pecorino sardo|pecorino]] e [[miele]] (o [[saccarosio|zucchero]]) come condimento.
 
In italiano, il nome del piatto al singolare (''seada'') è spesso erroneamente modificato in "seada'''''s'''''", che è in realtà il nome sardo al plurale. Dal momento che la lingua sarda appartiene a una [[Lingue romanze|branca romanza]] diversa dall'italiano, il plurale delle parole è ottenuto con aggiunta finale della lettera s: ''sa seada'', ''sas / is seadas'' ("la seada, le seadeseadas"). Tuttavia, poiché è assente un’univocità sul termine italianizzato, non è raro l’uso in italiano del calco “la sevada”/“le sevade”.
 
== Etimologia e storia ==
Erroneamente ritenuto piatto di origine spagnola (''cebar'', in [[lingua spagnola|spagnolo]], tra gli altri significati ha quello di "cibare, alimentare"; ''cebada ''è il participio passato), deve il suo nome alla ''cebada'', cioè alla graminacea nota anche come [[Hordeum vulgare]], cereale noto in Sardegna sin dal [[Paleolitico]] insieme al [[farro]] e [[avena sativa|avena]], coltivato in larga scala in epoca nuragica e soprattutto ai tempi dell'antica [[Roma]].
 
Secondo il DES (Dizionario Etimologico Sardo) di Max Leopold Wagner<ref>{{cita web|url=https://www.ilgiornaledelcibo.it/seada-sarda-storia-ricetta/}}</ref>, la seada sarebbe così chiamata per il suo “lustro untuoso”, il nome deriverebbe dal termine sardo sebu/seu che indica il grasso animale, che in origine veniva utilizzato per la realizzazione del piatto, valeil a dire[[Sego|sevo]] (''su ògiu seu)'', ricavato dal grasso degli ovini e non dei suini, come lo strutto (''ògiu de porcu'').
 
== Origine e produzione ==
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La seada va consumata fresca, prima che la sfoglia si secchi, quindi entro uno-due giorni. Si frigge in abbondante olio, eventualmente capovolgendola a metà cottura, ma è preferibile cuocere la parte superiore versando l'olio sopra con un cucchiaio, facendo molta attenzione a non bucare la sfoglia per evitare che entri l'olio o ne fuoriesca il formaggio fuso. Infine la sfoglia va immersa in miele scaldato in un pentolino sino a diventare liquido e servita su piatto immediatamente, prima che il ripieno si raffreddi e solidifichi.
 
Si accompagna egregiamente a vini dolci bianchi e aromatici quali la [[Malvasia di Bosa dolce naturale|Malvasia di Bosa]], la Vernaccia di Oristano, ile vinitipologie previstidi vino previste nel disciplinare [[Vermentino di Gallura DOCG]] DOCG, il Vermentino di Sardegna, il Moscato di Sardegna e l'Anghelu Ruju<ref>{{cita libro|autore=Daniela Guaiti|titolo=Sardegna|editore=Edizioni Gribaudo|anno=2010|pagine=118-120|url=http://books.google.it/books?id=w25Ubo7buvMC&pg=PA118&dq=Seadas}}</ref>. Variante: per cospargere il miele sulla seada (''ammerrare sas seadas'') riscaldare il miele con un po' d'acqua in un pentolino capace e quando il miele è in ebollizione immergerle a una a una, subito ritirarle e sistemarle a colonna su un piatto da portata, quindi versarvi il resto del miele.
 
== Note ==
 
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