Primo ministro: differenze tra le versioni
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Nella grande maggioranza dei sistemi politici il primo ministro è nominato dal capo dello stato. In alcuni [[sistema parlamentare|sistemi parlamentari]] è eletto dal [[parlamento]]; ancor più rara è l'elezione diretta da parte del corpo elettorale (a livello statale questa soluzione è stata utilizzata in [[Israele]] dal 1996 al 2001).<ref>L'elezione diretta del primo ministro da parte del corpo elettorale è associata alla regola che, qualora il parlamento gli tolga la fiducia, il primo ministro si deve dimettere ma contemporaneamente il parlamento è sciolto e si va a nuove elezioni. Questa soluzione darebbe luogo, secondo alcuni autori, ad una particolare forma di governo, detta ''neoparlamentare'' che, tra l'altro, è stata adottata in Italia per regioni, province e comuni</ref> In [[Svezia]] il primo ministro è nominato dal [[presidente]] del [[camera bassa|parlamento]] [[Monocameralismo|monocamerale]].
Nei sistemi parlamentari e semipresidenziali il primo ministro deve avere la ''fiducia'' del parlamento. In alcuni ordinamenti (tra cui quello italiano, dove però l'unico titolo corretto per identificare il capo del governo è quello di [[presidente del Consiglio dei ministri]]) questo comporta che il primo ministro, nominato dal capo dello stato, deve sottoporre il proprio programma di governo al ''voto di fiducia'' del parlamento e, nel caso non lo ottenga, si deve dimettere; in molti altri ordinamenti, invece, la fiducia al momento della nomina è presunta, sicché non è necessario un voto di fiducia preliminare; in altri ancora, infine, il voto di fiducia è sostituito da un voto d'investitura del parlamento prima della nomina da parte del capo dello stato.
In tutti i sistemi parlamentari e semi-presidenziali il venir meno della fiducia del parlamento, che si manifesta nel ''voto di sfiducia'' (o, più esattamente, nel voto favorevole su una ''[[mozione di sfiducia]]'' proposta da membri del parlamento<ref>Certe costituzioni, ad esempio quella tedesca e quella spagnola, prevedono che la mozione di sfiducia indichi anche il nome di chi viene proposto come primo ministro al posto di quello in carica (cosiddetta ''[[sfiducia costruttiva]]''): è questa una soluzione finalizzata a rafforzare la stabilità del governo</ref> o nel voto sfavorevole su una ''questione di fiducia'' posta dallo stesso governo) comporta l'obbligo di dimissioni del governo (la cosiddetta ''crisi di governo''). Va aggiunto che di solito il governo si dimette già nel momento in cui, essendo venuto a mancare l'appoggio di uno o più partiti della sua coalizione, ritiene di aver perso la maggioranza in parlamento, evitando così di sottoporsi al voto di sfiducia (si parla, in questo caso, di ''crisi di governo extraparlamentare''). In alcuni ordinamenti (ad esempio quello [[Germania|tedesco]]), il rapporto di fiducia intercorre tra primo ministro e parlamento mentre in altri, più numerosi (ad esempio quello italiano), intercorre tra l'intero governo e il parlamento: la prima soluzione, ovviamente, tende ad accentuare la posizione di preminenza del primo ministro, poiché in questo modo i ministri dipendono direttamente solo da lui; la seconda soluzione, invece, accentua la collegialità del governo. Un'altra variabile riguarda quali camere nei parlamenti [[bicameralismo|bicamerali]] sono coinvolte nel rapporto fiduciario: in alcuni ordinamenti (ad esempio quello britannico) è richiesta la fiducia della sola [[camera bassa]], in altri (ad esempio quello italiano) la fiducia di entrambe le camere.
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La necessità che il primo ministro abbia la fiducia del parlamento limita considerevolmente l'effettivo margine di scelta del capo dello stato al momento della nomina. In particolare, nei sistemi [[bipartitismo|bipartitici]] o [[bipolarismo|bipolari]] il capo dello stato non può far altro che nominare primo ministro il [[leader di partito|leader del partito]] o della coalizione che, avendo vinto le elezioni, ha la maggioranza in parlamento. Nei sistemi multipartitici, invece, il capo dello stato mantiene un più ampio margine di scelta, soprattutto quando non si delinea in parlamento una coalizione di maggioranza in grado di sostenere il governo.
Nei sistemi [[Repubblica semipresidenziale|semi-presidenziali]] il governo deve mantenere non solo la fiducia del parlamento ma anche quella del [[presidente della Repubblica]], che, in caso contrario, può revocare il primo ministro e far così cadere il suo governo. Tanto nei sistemi parlamentari quanto in quelli semi-presidenziali le dimissioni (così come la cessazione dall'ufficio per altre cause, ad esempio la morte) del primo ministro comportano la decadenza dell'intero governo. Le costituzioni non stabiliscono un limite temporale al mandato del primo ministro, che rimane quindi in carica fino alle dimissioni o alla cessazione dall'ufficio per altri cause (in alcuni ordinamenti, però, il primo ministro decade automaticamente al termine della legislatura).
In alcuni sistemi (tipicamente quelli che seguono il cosiddetto [[sistema Westminster]]) il primo ministro, come del resto gli altri ministri, deve essere membro del parlamento; in altri (tra i quali quello italiano) può anche non esserlo, anche se normalmente lo è; infine, in alcuni sistemi (tra i quali quello [[Francia|francese]] e molte altre repubbliche semi-presidenziali) il primo ministro non può essere membro del parlamento e, se lo è, deve dimettersi al momento della nomina.
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Il primo ministro sceglie gli altri membri del governo e gli attribuisce il portafoglio ministeriale; in alcuni sistemi li nomina formalmente, in altri la nomina formale spetta al [[capo dello stato]] su sua proposta, di fatto vincolante. Con le stesse modalità può revocare i membri del governo o mutare i loro portafogli. Va anche aggiunto che in certi sistemi (ad esempio in Italia) l'articolazione in dicasteri dell'amministrazione è predeterminata dalla [[legge]], sicché il primo ministro può solo decidere i nomi dei titolari; in altri sistemi (quale quello [[Gran Bretagna|britannico]]), invece, il primo ministro ha anche il potere di modificare tale articolazione.
Spettano inoltre al primo ministro, direttamente o attraverso la proposta al [[capo dello stato]], le nomine di altre importanti cariche dello stato e, in alcuni paesi, anche dei membri della [[camera alta]]. In alcuni sistemi il potere di [[Parlamento#Mandato|sciogliere il parlamento]] è attribuito al primo ministro; in altri spetta invece al Consiglio dei ministri o, più frequentemente, al capo dello stato, su proposta del primo ministro o di sua iniziativa.
[[File:Mahathir Mohamad August 2019.jpg|thumb|[[Mahathir Mohamad]], il primo ministro più longevo della Malesia e uno dei leader più influenti del sud-est asiatico]]
Nella struttura del governo e, quindi, nel ruolo del primo ministro sono distinguibili due dimensioni: una "collegiale", in cui il primo ministro è presidente del collegio dei ministri che decidono congiuntamente la linea politica del governo, e una che potremmo definire "verticistica", in cui invece il primo ministro detiene una posizione di supremazia rispetto agli altri membri del governo. Nei vari ordinamenti prevale l'una o l'altra dimensione, secondo le scelte fatte in sede di costituzione o, più frequentemente, di [[convenzione costituzionale|convenzioni costituzionali]]: si va da governi con un elevato grado di collegialità ad altri dove sono più marcati gli aspetti verticistici, fino ad arrivare a casi in cui tra primo ministro e ministri intercorre un vero e proprio rapporto gerarchico.
Va anche detto che la posizione di preminenza del primo ministro, più ancora che dalla regolamentazione giuridica è determinata, in via di fatto, dalla configurazione del sistema dei partiti. È evidente, infatti, che in un sistema bipartitico il primo ministro, al contempo capo della maggioranza parlamentare e capo del governo, entrambi costituiti da esponenti del partito di cui è leader, finisce per ricoprire una posizione di netta supremazia che lo avvicina a quella del presidente di una repubblica presidenziale. Quando, invece, il primo ministro è a capo del governo sostenuto da una coalizione di partiti, è costretto a negoziare con i leader di questi stessi partiti e, di conseguenza, la sua posizione finisce per indebolirsi; ciò è ancor più vero se il sistema dei partiti non ha una configurazione bipolare e, quindi, le coalizioni tendono ad essere piuttosto instabili. === Nei sistemi semipresidenziali e presidenziali ===
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