Leonardo Fibonacci: differenze tra le versioni
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I dati della sua biografia sono scarsi e confusi, e desumibili in gran parte da notizie contenute nelle sue opere, oltre che da due documenti d'archivio. In particolare non sono note né la data di nascita, né quella di morte, collocabili nei decenni 1170-1240.
Assieme al padre Guglielmo dei Bonacci, facoltoso [[mercante]] [[pisa]]no e rappresentante dei mercanti della [[Repubbliche marinare|Repubblica di Pisa]] (nell'epistola di dedica a [[Michele Scoto]] si legge che il padre era ''publicus scriba pro pisanis mercatoribus'')<ref>G. Germano, ''New editorial perspectives on Fibonacci's Liber abaci'', in «Reti medievali rivista» 14, 2, 2013, pp. 157-173: [http://www.rmoa.unina.it/2147/1/400-1462-3-PB.pdf 170-173] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20210709022418/http://www.rmoa.unina.it/2147/1/400-1462-3-PB.pdf |date=9 luglio 2021 }}.</ref> nella zona di [[Bugia (Algeria)|Bugia]] in [[Algeria]], passò alcuni anni in quella città, dove studiò i procedimenti aritmetici che studiosi [[musulmani]] stavano diffondendo nelle varie parti del [[mondo islamico]]. Qui ebbe anche precoci contatti con il mondo dei mercanti e apprese tecniche matematiche sconosciute in [[Civiltà occidentale|Occidente]]. Alcuni di tali procedimenti erano stati introdotti per la prima volta dagli [[india]]ni, portatori di una cultura diversa, e talora più avanzata, rispetto a quella occidentale. Proprio per perfezionare queste conoscenze Fibonacci viaggiò molto in [[Egitto]], [[Siria]], [[Sicilia]], [[Grecia]] arrivando a [[Costantinopoli]], alternando presumibilmente il commercio con gli studi matematici<ref>Nel ''Prologo'' dell'opera Fibonacci afferma infatti: ''ubi ex mirabili magisterio in arte per novem figuras Indorum introductus, scientia artis in tantum mihi pre ceteris placuit et intellexi ad illam, quod quicquid studebatur ex ea apud Egyptum, Syriam, Greciam, Siciliam et Provinciam cum suis variis modis, ad que loca negotiationis causa postea peragravi, per multum studium et disputationis didici conflictum''</ref>. Molto dovette ai trattati di [[Muḥammad ibn Mūsā al-Khwārizmī]], di [[Abu Kamil]] Shujāʿ ibn Aslam e di altri maestri, persiani e arabi, senza però essere mero diffusore della loro opera. Ritornato in [[Italia]], la sua notorietà giunse anche alla corte dell'[[Imperatore del Sacro Romano Impero|imperatore]] [[Federico II di Svevia|Federico II]]. Il matematico e l'imperatore si incontreranno a [[Pisa]], presumibilmente nell'estate del [[1226]]<ref>La notizia ci viene dall'incipit dell'epistola con cui Fibonacci dedicò un'altra sua opera, il [[Liber quadratorum]], all'imperatore Federico II: ''Cum magister Dominicus pedibus Celsitudinis Vestre, Princeps Gloriosissime Domine Frederice, me Pisis duceret presentandum...''</ref>.
La Repubblica di Pisa gli assegnò un vitalizio che gli permise di dedicarsi completamente ai suoi studi<ref>F. Bonaini, ''Memoria unica sincrona di Leonardo Fibonacci, novamente scoperta'', in «Giornale Storico degli Archivi Toscani» I, 4, 1857, pp. 239-246; E. Ulivi, "Scuole e maestri d'abaco in Italia tra Medioevo e Rinascimento", in ''Un ponte sul Mediterraneo: Leonardo Pisano, la scienza araba e la rinascita della matematica in Occidente'', a cura di E. Giusti, Firenze, Polistampa, 2016, pp. 121-160</ref>:
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«Considerando l’onore e il profitto della nostra città e dei cittadini, che derivano loro dalla dottrina e dai diligenti servigi del discreto e sapiente maestro ''Leonardo Bigollo'' nelle stime e ragioni d’abaco necessarie alla città e ai suoi funzionari, e in altre cose quando occorre, deliberiamo col presente atto che allo stesso Leonardo, per la sua dedizione e scienza e in ricompensa del lavoro che sostiene per studiare e determinare le stime e le ragioni sopraddette, vengano assegnate dal comune e dal tesoro pubblico venti lire a titolo di mercede o salario annuo, oltre ai consueti benefici, e che inoltre lo stesso [Leonardo] serva come al solito il comune pisano e i suoi funzionari nelle pratiche d’abaco» (trad. di E. Giusti, ''Leonardo Fibonacci e la rinascita della matematica in Occidente'').
Nel documento si legge che Fibonacci era detto “Bigollo” (“Discretus et sapiens magister Leonardo Bigollo”), epiteto che in passato si riteneva essere offensivo, ma che in realtà potrebbe significare “bilingue”, oppure “viaggiatore”. Come osserva Pier Daniele Napolitani: «La delibera si trova nel ''Constitutum pisanum legis et usus'', conservato all’Archivio di Stato di Pisa ed è inserita nel volume del 1233 tra le aggiunte datate 1242; le date sono in stile pisano e corrispondono alle nostre 1233 e 1241. Il documento non è datato e quindi può essere relativo a uno qualsiasi degli anni compresi tra questi due. Il 1241 è quindi il limite temporale estremo oltre il quale non si hanno più notizie di Leonardo.»<ref>P.D. Napolitani, ''Fibonacci: la rinascita della [[matematica]] in Occidente'', "Grandangolo Scienza 31", RCS MediaGroup, Milano, 2016, pp. 46-47.</ref>. Il fatto che il Comune lo incaricasse della tenuta dei bilanci e dell'assistenza ai suoi funzionari nel corso degli anni Trenta spinge a formulare l'ipotesi che la sua nascita debba essere collocata più avanti del 1170 tradizionalmente accettato. A lui Pisa ha intitolato il lungarno che va dal [[Ponte
== Opere ==
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Nel [[1202]] e poi successivamente nel [[1228]] Leonardo Fibonacci pubblicò il ''[[Liber abbaci]]'', opera in quindici capitoli con la quale introdusse le nove cifre da lui definite "indiane", e il segno 0 (gli altri popoli non utilizzavano questo simbolo perché non ne sentivano il bisogno) che in latino è chiamato ''zephirus'', adattamento dell'arabo ''sifr'', ripreso a sua volta dal termine sanscrito ''śūnya'', che significa "vuoto". ''Zephirus'' in veneziano divenne ''zevero'' ed infine comparve l'italiano "zero".<ref>Constance Reid, ''Da zero a infinito. Fascino e storia dei numeri '', Bari, Dedalo, 2010. ISBN 978-88-220-6812-5.</ref> Per mostrare ''[[ad oculum]]'' l'utilità del nuovo sistema numerico, egli pose sotto gli occhi del lettore una tabella comparativa di numeri scritti nei due sistemi romano e indiano. Fibonacci espose così per la prima volta in Europa la [[numerazione posizionale]] [[india]]na, così come l'aveva appresa dai matematici persiani e arabi (tale numerazione era stata infatti adottata dagli [[Arabi]]).<ref>"Leonardo Fibonacci (detto Leonardo Pisano)", in ''[http://www.treccani.it/enciclopedia/leonardo-fibonacci_(Federiciana)/ Enciclopedia fridericiana]'', Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani, 2005.</ref>
Nel libro presentò inoltre [[criteri di divisibilità]], regole di calcolo di [[Radicale (matematica)|radicali]] quadratici e cubici ed altro. Introdusse con poco successo anche la barretta delle [[Frazione (matematica)|frazioni]], nota al mondo islamico prima di lui. Nel ''Liber abbaci'' sono anche compresi i quesiti matematici che gli furono posti dagli intellettuali del tempo, con la loro soluzione (uno dei capitoli trattava [[aritmetica]] commerciale, [[ragioneria]], problemi di cambi, ecc.).
All'epoca il mondo occidentale usava i [[numeri romani]] e il [[sistema di numerazione greco]], i calcoli si eseguivano con l'[[abaco]]. Il nuovo sistema introdotto da Fibonacci stentò molto ad essere accettato, tanto che nel [[1280]] la città di [[Firenze]] proibì l'uso delle cifre indo-arabe da parte dei banchieri, alcuni dei quali pare falsificassero lo zero a loro vantaggio, modificandolo in 6, 8 o 9. Da allora infatti lo zero, invece che a "cerchio" fu rappresentato ad "uovo" in modo da impedirne la falsificazione. Si riteneva inoltre che lo "0" apportasse confusione e venisse impiegato anche per mandare messaggi segreti e, poiché questo sistema di numerazione veniva chiamato "cifra", da tale denominazione deriva l'espressione "messaggio cifrato".<ref>[[Simon Singh]], ''Codici & segreti. La storia affascinante dei messaggi cifrati dall'antico Egitto a Internet'', Milano, Rizzoli, 2001. ISBN 88-17-12539-3.</ref>
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