Tullio Calcagno: differenze tra le versioni

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|Attività2 = giornalista
|Nazionalità = italiano
|PostNazionalità = , che aderì alla [[Repubblica Sociale Italiana]]. Nel 1944 fondò la rivista settimanale ''"[[Crociata Italica]]"'', di cui divennefu direttore, che divenne la più venduta nel territorio della Repubblica Sociale
|Immagine = Don Tullio Calcagno.jpg
}}
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==Biografia==
=== L'infanzia e la gioventù ===
Nato da una famiglia povera di [[Terni]] il 10 aprile [[1899]], entrò in [[seminario]] all'età di 10 anni<ref name="giannini">{{Cita web|url=http://www.storiaxxisecolo.it/fascismo/fascismo12a.htm|editore=storiaxxisecolo.it|autore=Gianna Giannini|accesso=18-6-2010|titolo=Fascismo: biografie, don Calcagno}}</ref> Nel [[1918]] lasciò il seminario perché insieme ai cosiddetti "[[Ragazzi del '99]]", partecipò alla [[prima guerra mondiale]] arruolato nell'esercito raggiungendo il grado di [[tenente]] di fanteria<ref name="cita-Massimo-Zannoni-p253">{{cita|Massimo Zannoni|p. 253}}.</ref> e una decorazione al valor militare<ref>{{ name="cita|-Massimo -Zannoni|p. 253}}<-p253"/ref>. Nel [[1924]] divenne parroco della [[Duomo di Terni|Cattedrale di Terni]] e insegnante di religione nel locale liceo<ref>{{ name="cita|-Massimo -Zannoni|p. 253}}<-p253"/ref>.
 
Fu inizialmente contrario alla firma del [[Patti Lateranensi|Concordato del 1929]] da parte della [[Santa Sede]]<ref name=giannini/>, ma poi cambiò idea ritenendo che questo patto avrebbe provocato un risveglio della religiosità cattolica in tutto il mondo<ref name=giannini/>.
 
Freddo nei confronti del regime fascista<ref>{{ name="cita|-Massimo -Zannoni|p. 253}}<-p253"/ref> vi si avvicinò in occasione della [[Guerra d'Etiopia]], divenendone un appassionato sostenitore<ref name=giannini/>. Allo scoppio della seconda guerra mondiale nel [[1940]] si schierò con gli interventisti<ref name=giannini/> chiedendo ripetutamente di poter essere assegnato al [[Ordinariato militare|corpo dei cappellani militari]]<ref name="archiviostorico.corriere.it">[http://archiviostorico.corriere.it/1994/giugno/21/con_Dio_con_Duce_co_0_94062113355.shtml con Dio e con il Duce<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>. Nel giugno del [[1942]] pubblica a proprie spese e senza approvazione ecclesiastica ''"La scure alla radice della Royal Oak ossia Guerra di Giustizia''"<ref>{{ name="cita|-Massimo -Zannoni|p. 253}}<-p253"/ref>, quasi un manifesto politico all'insegna della fedeltà alla Patria e all'alleato [[Germania nazista|tedesco]], contro le democrazie occidentali e soprattutto contro l'[[Unione Sovietica]]. Nel testo che sembra riecheggiare le posizioni del fascismo sociale e di [[Berto Ricci]]<ref name="centrostudilaruna.it">[http://www.centrostudilaruna.it/don-tullio-calcagno-il-prete-che-ando-a-morire-con-mussolini.html Don Tullio Calcagno, il prete che andò a morire con Mussolini | Francesco Lamendola<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref> traspare la convinzione che la sconfitta del capitalismo e del comunismo corrisponda ad un importante ideale da perseguire<ref name="centrostudilaruna.it"/> e l'idea che se in guerra è lecito uccidere deve anche esserlo di odiare il nemico<ref name="centrostudilaruna.it"/>.
Una copia del libro fu inviata anche a Roma e la segreteria di Mussolini decise di chiedere informazioni circa l'autore del libro e da Terni giunse quindi un telegramma che descriveva don Calcagno ''"di buona condotta morale e politica, nonché devoto al regime benché non sia iscritto"''<ref>{{ name="cita|-Massimo -Zannoni|p. 253}}<-p253"/ref>.
 
Il 30 giugno fu convocato a Roma dalla [[Congregazione per la Dottrina della Fede]] e redarguito al fine di convincerlo ad astenersi dalla politica attiva<ref name=autogenerato2>[http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=28722 Don Tullio Calcagno, il prete che andò a morire con Mussolini, Francesco Lamendola<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>.
 
=== L'adesione alla Repubblica Sociale Italiana ===
Per un po' di tempo don Calcagno evitò di interessarsi di politica ma dopo l'[[armistizio di Cassibile]] si presentò nell'appena riaperta sezione fascista di [[Terni]] per pubblicare alcuni articoli su ''"Prima linea"'', il giornale del fascismo ternano<ref>{{ name="cita|-Massimo -Zannoni|p. 253}}<-p253"/ref>. Il vescovo di Terni questa volta lo invitò a scegliere tra l'attività politica e quella religiosa ma don Calcagno preferì proseguire con le sue collaborazioni sui vari giornali così il 16 dicembre 1943 fu sospeso ''"[[Sospensione a divinis|a divinis]]"''<ref name="cita-Massimo-Zannoni-p254">{{cita|Massimo Zannoni|p. 254}}.</ref>. Si recò poi a [[Bologna]] dove sapeva di poter riprendere i contatti con altri religiosi schierati su posizioni fasciste<ref name="archiviostorico.corriere.it"/>.
 
Don Calcagno, dopo aver inutilmente cercato un contatto con [[Carlo Borsani]]<ref>{{ name="cita|-Massimo -Zannoni|p. 254}}<-p254"/ref>, iniziò a collaborare attivamente con riviste e quotidiani fascisti, finché non approdò al ''[[Regime fascista (giornale)|Regime fascista]]''<ref name=giannini/>, diretto da [[Roberto Farinacci]], segnalandosi subito per i suoi articoli molto aggressivi denunciando come "infame" l'[[armistizio dell'8 settembre 1943]]<ref name="archiviostorico.corriere.it"/>.
 
==== La "''Crociata Italica''" ====
[[File:Don Tullio Calcagno inverno 1944-45 a Venezia Teatro La Fenice.jpg|thumb|right|Don Calcagno a Venezia parla ai fascisti veneziani.]]
Calcagno, in forte contrasto con il vescovo di Cremona, rispose fondando nel [[1944]] un nuovo settimanale, la ''[[Crociata Italica]]''<ref name=giannini/>. Ricevette il sostegno di Farinacci, che gli fece ottenere i finanziamenti iniziali tramite il [[Ministero della Culturacultura Popolarepopolare]] e gli mise a disposizione la tipografia de "''Il Regime fascista''"<ref name="archiviostorico.corriere.it"/><ref>{{cita|Giuseppe Pardini|p. 453}}.</ref>. Il primo numero del periodico uscì il 9 gennaio [[1944]]; in breve tempo raggiunse la tiratura - record per l'epoca - tra le cento e le centocinquantamila copie<ref name=autogenerato2 /><ref>{{cita|Giuseppe Pardini|p. 453: raggiunse 150mila copie di tiratura ed era sostenuto da un movimento con qualche migliaio di aderenti}}.</ref> e diventando il giornale più venduto nel territorio della Repubblica Sociale<ref>[http://www.storiaxxisecolo.it/fascismo/fascismo12a.htm Fascismo: biografie, don Calcagno<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref><ref>{{cita|Massimo Zannoni|p. 255: "fra le 100.000 e le 125.000 copie"}}.</ref>. In esso ribadì la propria fedeltà alla [[Chiesa cattolica romana]]:
 
{{quotecitazione|Siamo cattolici apostolici romani, figli devoti e membri vivi almeno d'abito e di proposito dell'unica Santa Chiesa e tali intendiamo e speriamo di restare, con la grazia di Dio, fino alla tomba, nell'eternità della Chiesa trionfante. Cattolici rispettosi della santa tradizione; ossequenti alla sacra gerarchia; osservanti (pur con le nostre debolezze) della santa legge; professanti fermissimamente la fede cristiana cattolica fino alla condanna dell'ultima eresia, il modernismo, sino al dogma dell'infallibilità, non solo della Chiesa Cattolica, come unica depositaria della divina rivelazione, ma anche del Papa, quando, come Capo della Chiesa e legittimo interprete della Sacra Scrittura e Tradizione, insegna ''ex cathedra'', in materia di fede e di costumi, come argomento apodittico e definitivo di verità|Don Tullio Calcagno sul primo numero di Crociata Italica<ref name=autogenerato3>Silvio Bertoldi, Salò vita e morte della Repubblica Sociale Italiana, BUR, settembre 2005, pag 355</ref>}}
[[File:Don Edmondo De Amicis.jpg|thumb|right|Don Edmondo De Amicis, già cappellano delle CCNN in Africa Orientale in sostituzione di padre [[Reginaldo Giuliani]]<ref>L'Illustrazione italiana n°8, anno LXIII, pag 315</ref> collaborò alla rivista. Fu ucciso dai partigiani il 26 aprile [[1945]]]]
 
Ancora prima dell'uscita del settimanale si attirò l'ostilità del [[vescovo]] di [[diocesi di Cremona|Cremona]] [[Giovanni Cazzani]], che esortò i fedeli a diffidare di lui<ref>{{cita|Massimo Zannoni|p. 255}}.</ref> e poi anche l'ostilità {{chiarire|delle gerarchie cattoliche}}ecclesiastiche romane, che giudicavano l'iniziativa "''un errore storico e un'eresia antitaliana''"<ref name="archiviostorico.corriere.it"/>. Visto il successo della rivista, anche i tedeschi offrirono a don Calcagno appoggi e aiuti, che peraltro furono da quest'ultimo rifiutati<ref>{{cita|Massimo Zannoni|p. 255: "gli stessi tedeschi, visto il successo, proporranno a Don Calcagno di trasferirlo a Verona, ove opera la Propaganda Staffel"}}.</ref><ref>Silvio Bertoldi, Salò vita e morte della Repubblica Sociale Italiana, BUR, settembre 2005, pag 356</ref>. Alla rivista parteciparono anche altri parroci come [[Edmondo De Amicis (presbitero)|Don Edmondo De Amicis]], Don Antonio Padoan e Fra Ginepro da Pompeiana, che inviarono articoli<ref>Silvio Bertoldi, Salò vita e morte della Repubblica Sociale Italiana, BUR, settembre 2005, pag 354</ref>.
 
Dalle colonne del nuovo quotidiano, il [[presbitero]] attaccò violentemente quella parte del clero che, dopo aver lodato il fascismo anche con "manifestazioni solennissime" ne aveva preso le distanze al sopraggiungere delle difficoltà<ref name=autogenerato3 />. Nel novembre [[1944]] pronunciò alla radio un durissimo discorso in cui prese le distanze dalla chiesa di Roma:
 
{{quotecitazione|Noi Crociati Italiani abbiamo proclamato e proclamiamo alto e forte, senza ambiguità, che la nostra Patria, l'unica vera Patria è l'Italia che il 22 maggio strinse il Patto d'acciaio con la Germania, il 10 giugno 1940 scese in guerra contro le plutocrazie d'occidente, Francia e Inghilterra, a fianco della Germania, l'8 settembre 1943 non abbandonò e non tradì l'alleata Germania... Noi Crociati Italici, Re d'Italia sarà Cristo e solo Cristo, che non tradisce. A Lui e per Lui all'uomo che con migliore diritto di ogni altro appare da lui mandato a guidarci, Benito Mussolini, noi ubbidiremo fino alla morte...|Don Tullio Calcagno nel discorso radiofonico del novembre 1944<ref>Silvio Bertoldi, Salò vita e morte della Repubblica Sociale Italiana, BUR, settembre 2005, pag 357</ref>}}
 
Lo scontro divenne talmente aspro che Calcagno fondò un'associazione avente lo stesso nome della testata che si proponeva l'obiettivo, radicale e velleitario, di un'imponente riforma della [[Chiesa cattolica]] che portasse alla creazione di una Chiesa cattolica autocefala, cioè indipendente da quella romana e con un [[primate (ecclesiastico)|primate]] italiano distinto dal [[Papa]] di Roma: secondo lui, infatti, il sommo pontefice rivestiva un ruolo troppo universale per difendere adeguatamente gli interessi italiani<ref name=giannini/>. In un articolo, don Calcagno giunse a scrivere: "Io credo che Dio darà la vittoria all'Asse. Ora la politica del Vaticano è contraria a quella dell'Asse. Quindi, appena sarà fuori lo straniero, cioè gli angloamericani, dovremo mandarci dietro anche il Papa, i Cardinali di Curia ed altri prelati".<ref>{{Cita libro|titolo=Citato in M. Avagliano - M. Palmieri, L'Italia di Salò, pagine 199-200}}</ref>
 
===La morte===
Questo proponimento era troppo radicale per passare inosservato alle gerarchie cattoliche e il 24 marzo [[1945]], con il decisivo contributo dell'[[arcivescovo]] di [[arcidiocesi di Milano|Milano]] [[Ildefonso Schuster]], don Tullio Calcagno fu [[scomunica]]to<ref name=giannini/>. A questo punto decise di chiuderelasciare il giornale<ref>«Crociata eItalica» continuò le pubblicazioni fino al 23 aprile sotto la direzione di Giovanni Fumo.</ref>. Un mese dopo, il 24 aprile, [[1945]]decise di trasferirsi a [[Crema (Italia)|Crema]] in casa di amici disposti ad aiutarlo. Qui fu trovato dai partigiani che tentarono di arrestarlo ma don Calcagno riuscì a fuggire<ref>[[Silvio Bertoldi]], ''Salò. Vita e morte della Repubblica Sociale Italiana'', BUR, settembre 2005, pag 361</ref> e a trovare rifugio presso il Vescovo della città [[Francesco Maria Franco]]. Il 27 il Vescovo lo trasferì presso il seminario comboniano<ref>Emilio Cavaterra, Sacerdoti in grigioverde, Mursia, 1993, pag 160</ref> ma qui fu trovato dai partigiani ed arrestato e in serata trasferito a [[Milano]] dove condivise la prigionia con il cieco di guerra e medaglia d'oro [[Carlo Borsani]]. Il 29 aprile furono entrambi portati alle scuole di viale Romagna dove un improvvisato "''tribunale del popolo''" li condannò alla fucilazione. Nel caso di don Calcagno, il tribunale si limitò alla "''semplice formale constatazione della sua identità personale''"<ref name=autogenerato1>Silvio Bertoldi, ''op. cit.'', pag 362</ref>.
 
Condotti a piazzale Susa, i due furono entrambi fucilati<ref name=giannini/>. Don Calcagno, con indosso l'[[abito talare]], ebbe solo il tempo di inginocchiarsi per farsi il segno della croce<ref name=autogenerato1 /> e dare l'assoluzione a Carlo Borsani prima di essere raggiunto dalla raffica. Un sacerdote della vicina chiesa di Santa Croce, accorso al rumore degli spari, impartì alla salma l'[[estrema unzione]] ''[[sub condicione]]''<ref name="archiviostorico.corriere.it"/>. Per sfregio, le salme furono poi caricate su un carretto per la spazzatura, su cui vennero trasportate al [[cimitero di Musocco]], nel campo 10. Qui vennero tumulate in una tomba senza nome. Nel [[1949]], dopo ricerche effettuate dai fratelli<ref name="archiviostorico.corriere.it"/>, la salma fu traslata nel cimitero nella sua città natale<ref name=giannini/>.
 
== Note ==
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* Massimo Zannoni, La stampa nella Repubblica Sociale Italiana, Edizioni Campo di Marte, Parma, 2012
* Silvio Bertoldi, Salò vita e morte della Repubblica Sociale Italiana, BUR, settembre 2005
* Lucia Ceci, La fede armata. Cattolici e violenza politica nel Novecento, Bologna, il Mulino, 2022, pp. 133-148
 
==Voci correlate==
*[[Sigfrido Zappaterreni]], altro sacerdote che aderì alla RSI
 
==Collegamenti esterni==
* {{cita web | 1 = https://dontutliocalcagno.blogspot.it/ | 2 = Sito dedicato a don Tullio Calcagno | accesso = 5 maggio 2019 | dataarchivio = 14 maggio 2018 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20180514203026/http://dontutliocalcagno.blogspot.it/ | urlmorto = sì }}
 
{{Portale|biografie|cattolicesimo}}
 
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[[Categoria:Ufficiali del Regio Esercito]]
[[Categoria:Persone giustiziate per fucilazione]]
[[Categoria:Direttori di periodici italiani]]