Arduino d'Ivrea: differenze tra le versioni

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{{Monarca
|nome = Arduino d'Ivrea
|immagine = Arduino d'ivrea.jpg
|legenda = Arduino d'Ivrea
|stemma = Corona ferrea monza (heraldry).svg
|titolo = [[Sovrani d'Italia#Ottoni di Sassonia (962–1024)|Re d'Italiadegli Italici]]
|sottotitolo = (formalmente '''Re degli Italici''')
|inizio regno = 15 febbraio [[1002]]
|fine regno = [[1014]]
|incoronazione = 15 febbraio [[1002]]
|predecessore = [[Ottone III di Sassonia|Ottone III]]
|successore = [[Enrico II il Santo|Enrico II]]
|data di nascita = [[955]] circa
|luogo di nascita = [[Pombia]]
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==== L'ascesa al trono ====
[[File:Ivrea Duomo Lapide Arduino.jpg|thumb|Duomo di Ivrea, lapide di riconciliazione di [[Warmondo]] per il millenario dall'elevazione a re d'Italia da parte di Arduino]]
Il 15 febbraio [[1002]], approfittando della morte di Ottone III avvenuta solo ventitré giorni prima, un certo<ref group="Riferimenti">Per la quantità di ''[[Grandi del regno|potentes]]'' che appoggiarono Arduino per l'elevazione al trono italico (che, si ricorda, in quest'epoca la carica di sovrano ha un carattere d'ufficio e non dinastico/ereditario) si veda {{Cita|Sergi 2018|pp. 32-33, nota 24}}.</ref> gruppo di ''[[Grande del regno|potentes]]'' elessero a [[re d'Italia]] Arduino, venendo incoronato dal vescovo di Pavia Guido<ref group="Riferimenti">In realtà sembra che il vescovo non partecipò attivamente all'incoronazione: questo dato è una congettura dell'erudito pavese del XIX secolo Giuseppe Robolini, anche se questo assunto è ripreso come vero da Guido P. Majocchi, ''Pavia città regia. Storia e memoria di una capitale medievale'', Roma, Viella, 2008, p.65. Per i dettagli, si veda {{Cita|Lucioni|p. 54, nota 108}}.</ref> nella [[basilica di San Michele Maggiore]] della città<ref>{{la}} ''[https://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&l=it&bandnummer=bsb00000858&pimage=00533&v=100&nav= Catalogi regum Italicorum Oscelenses]'', in [[Monumenta Germaniae Historica|MGH]], ''Scriptores rerum Longobardicarum et Italicarum'', a cura di G. Waitz, Hannoverae, Impensis Bibliopolii Hanhiani, 1878, p. 520, citato da {{Cita|Lucioni|p. 55}}.</ref>. Arduino aveva il sostegno di almeno alcune grandi famiglie, tra cui gli [[Obertenghi]], stirpe di appartenenza della moglie [[Berta degli Obertenghi (regina d'Italia)|Berta]]<ref name=":8" />, aspiranti alla [[Marca di Tuscia|carica marchionale di Tuscia]], carica non occupata dalla morte del marchese [[Ugo II di Toscana|Ugo II]] il 21 dicembre 1001 e non assegnata per la morte, avvenuta un mese dopo, di Ottone III, e, da essa, forse, aspirarono al trono italico<ref>{{Cita|Sergi 2018|p. 33, nota 25}}.</ref>, anche se tali ipotesi riguardo a tali ambizioni non è universalmente accettata<ref>{{Cita|Sergi 2018|p. 34, nota 26}}.</ref>. Ulteriori suoi sostenitori furono il già citato [[vescovo di Como]] Pietro ed il [[vescovo di Asti]] [[Pietro (vescovo di Asti)|Pietro]] (forse figlio del [[Conti palatini di Lomello|conte di Lomello]] Cuniberto e quindi nipote del vescovo di Como citato poc'anzi)<ref name=":1">{{Cita|Lucioni|pp. 52-54}}.</ref>. Ciò mostra che in realtà «Arduino trovò appoggi al di fuori dell'ambiente sociale dei ''secundi milites'' scontenti delle politiche episcopali al quale la vecchia storiografia aveva circoscritto la cerchia dei suoi seguaci»<ref name=":1" />, radunando attorno alla propria figura «una solidarietà composita, che sulla base di interessi anche molto lontani percorreva e spaccava verticalmente la società»<ref>{{cita libro|autore=Germana Gandino|capitolo=Orizzonti politici ed esperienze culturali dei vescovi di Vercelli tra i secoli IX e XI|titolo=Contemplare l'ordine. Intellettuali e potenti dell'alto medioevo|città=Napoli|editore=Liguori|anno=2004|p=74}}</ref>.
 
Il cronista Adalbondo nella sua ''Vita Heinrici II imperatoris''<ref>{{la}} Adalboldo, ''[https://www.dmgh.de/mgh_ss_4/index.htm#page/686/mode/1up Vita Heinrici II imperatoris]'', a cura di G. Waitz, in ''[[Monumenta Germaniae Historica|MGH]]'', ''Scriptores'', Hannoverae, Impensis Bibliopolii Aulici Haniani, 1841, vol. 4, p. 687.</ref>, fornisce la lista dei nemici di Arduino al momento dell'incoronazione, pur non essendo un elenco esauriente e a tratti discutibile<ref>{{Cita|Lucioni|p. 55}}.</ref>. La lista comprende il marchese [[Tedaldo di Canossa]], l'[[arcivescovo di Ravenna]] Federico<ref>{{treccani|federico_(Dizionario-Biografico)|Federico}}</ref><ref group="Riferimenti">Nel già citato diploma emesso pochi giorni l'incoronazione a favore dell'[[Monastero di San Salvatore (Pavia)|abbazia di San Salvatore]] di [[Pavia]], retta dall'abate Andrea, confermò al monastero alcuni beni e diritti preesistenti, ma, in più, ridiede al monastero il controllo (o quantomeno il diritto) sull'[[abbazia di Pomposa]], che era passata meno di un anno prima all'arcidiocesi di Ravenna a seguito di un'assemblea svoltasi il 4 aprile 1001 all'interno della [[basilica di Sant'Apollinare in Classe]] di Ravenna davanti a papa Silvestro II, in precedenza arcivescovo della suddetta diocesi, e di Ottone III. Per approfondire, si veda {{Cita|Lucioni|pp. 63-64}}.</ref>, il [[vescovo di Modena]], il [[vescovo di Novara]] [[Pietro III (vescovo di Novara)|Pietro III]] e il [[vescovo di Vercelli]] [[Leone di Vercelli|Leone]], principale<ref group="Riferimenti">Tale ruolo di "principale" nemico di Arduino fu affibbiato dallo storico del XIX secolo [[Luigi Provana del Sabbione|Luigi Provana]], come evidenziato da {{cita|Levra|p. 133}}.</ref> nemico di Arduino. Un ulteriore nemico non citato dal cronista fu senza alcun dubbio il [[vescovo di Parma]] e cugino di Tedaldo Sigifredo<ref>{{Cita|Lucioni|p. 63, nota 143}}.</ref>, oltre che il già citato [[vescovo di Ivrea]] [[Warmondo]], forse sostituito brevemente da Arduino nella cattedra episcopale con un certo Ottobiano<ref name=":3">{{Cita|Lucioni|pp. 69-73}}.</ref>. Un ulteriore possibile avversario fu il [[vescovo di Torino]] [[Gezone]]<ref>{{Cita|Lucioni|pp. 80-81}}.</ref>. In posizione più ambigua, ma favorevole ad Enrico II, Adalbondo riporta l'[[arcivescovo di Milano]]<ref group="Riferimenti">Milano, possibile area di origine o di esercizio della carica comitale del padre di Arduino, Dadone, era nell'area di influenza dei principali alleati di Arduino, gli Obertenghi. Da notare che Arduino donò un pallio alla Chiesa milanese e che gli atti privati redatti tra il 1002 e il 1004 a Milano e nell'area a nord di essa sono datati a partire dalla salita al trono di Arduino. Si veda {{Cita|Lucioni|pp. 56-57}}.</ref> [[Arnolfo II da Arsago|Arnolfo]] (di ritorno dall'[[Impero bizantino]], da dove aveva scortato fino a [[Bari]] la promessa sposa di Ottone III, [[Zoe Porfirogenita|Zoe]]), il [[vescovo di Cremona]] Olderico<ref group="Riferimenti">Della [[Conti del Seprio|stirpe comitale dei Seprio]], distretto a nord di Milano, era un protetto di Adelaide. In una carta risulta che il vescovo accettò la conferma di alcuni beni da parte del messo Adelelmo detto Azzo, messo di Arduino, Difficilmente quindi fu avversario di Arduino. Si veda {{Cita|Lucioni|pp. 57-58}}.</ref>, il [[vescovo di Piacenza]] Sigifredo<ref group="Riferimenti">Della stirpe comitale dei de Besate, la posizione di Sigifredo è di difficile interpretazione: forse in un primo momento fu favorevole ad Arduino, ma la cosa non è certa. Si veda {{Cita|Lucioni|pp. 58-59}}.</ref>, il già menzionato vescovo di Pavia Guido (che risulta improbabile fosse nemico di Arduino), il [[vescovo di Brescia]]<ref group="Riferimenti">Brescia [[Contea di Brescia|era un comitato]] nelle mani di Tedaldo di Canossa. Non è possibile chiarire se il vescovo di Brescia citato da Adalbondo e Tietmaro fosse l'anziano Adalberto o Landolfo da Arsago, fratello dell'arcivescovo di Milano. Il vescovo di Brescia, in una discussione con Arduino, avrebbe irritato il sovrano a tal punto che quest'ultimo lo afferrerò per i capelli e lo sbatté a terra, nonostante fosse un suo sostenitore. Si veda {{Cita|Lucioni|pp. 59-60}}.</ref> e il [[vescovo di Como]] Pietro III (anche se in realtà, come delineato prima, si schierò con Arduino, tanto da apparire in qualità di arcicancelliere di Arduino del regno in nove diplomi redatti tra il 27 febbraio 1002 e il 28 gennaio 1005<ref>{{Cita|Lucioni|p. 60}}.</ref>).
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Nel 1658 il conte [[Filippo San Martino di Agliè]], favorito della reggente del ducato di Savoia [[Cristina di Borbone-Francia]] e celebre commediografo che pretendeva di discendere da re Arduino, chiese all'abate Paolo Grato Gromo di Ternengo di poter riesumare i resti di Arduino dall'orto del monastero e di poterle trasportare nel suo [[Castello Ducale di Agliè|castello di Agliè]]. Il conte non era nuovo ad atti di tal tipo, tanto che l'anno precedente aveva ottenuto le presunte ceneri di [[Anscario I|Attone Anscario]], morto nell'898 e capostipite dei marchesi d'Ivrea, e le aveva sepolte nella [[Pieve di San Lorenzo (Settimo Vittone)|chiesa di San Lorenzo]] in Castello a [[Settimo Vittone]]<ref name=":10" />.
 
Nel 1764 il castello di Aglié venne acquistato da [[Carlo Emanuele III di Savoia]] allo scopo di darlo in appannaggio al ramo cadetto dei [[Duca di Chiablese|duchi di Chiablese]]<ref name=":022">{{Cita|Pene Vidari|pp. 88-89}}.</ref>, al quale nulla importava delle spoglie di Arduino. Nel 1769 i resti furono trafugati dalla marchesa Cristina di Saluzzo Miolans, moglieamante del precedenteconte proprietario[[Carlo delFrancesco castellodi Valperga|Francesco Valperga di AgliéMasino]] e moglie del marchese Giuseppe di San Martino, amanteprecedente proprietario del conte [[Carlo Francescocastello di Valperga|Francesco Valperga di Masino]]Aglié<ref name=":10" />.
 
Racconta [[Giuseppe Giacosa]] che: <br />
{{Citazione|...Al conte di Masino coceva il pensiero di quelle poche ceneri, già tolte alla sacra volta e ai canti della chiesa, già rapite alla ferace terra di Fruttuaria, mal guardate e cadute ora... a tale padrone, cui non le consacrava nessun vincolo di sangue, nessuna ragione né di nome né di memorie. Però le sue alte cariche non gli permettevano aperta dimostrazione, né la remotissima agnazione potevagli attribuire il diritto di rivendicare le spoglie mortali del grande antenato. Chiudeva nell'animo la pietosa ira, alla quale era conforto l'amore della marchesa e il sapernela partecipe. Ma la pietà femminile è industre e temeraria...}}
La cassetta con le presunte ceneri di Arduino fu quindi portata dalla marchesa presso il [[castello di Masino]], di proprietà dell'amante e(che "legittimo"si considerava discendente del sovrano); i Savoia di fatto non reagirono seriamente al furto, così come i San Martino, il tutto a vantaggio dei [[Valperga (famiglia)|Valperga]] di Masino, nuovi proprietari delle spoglie<ref name=":022" />. La storia si inserisce con evidenza nelle strategie di nobilitazione dinastica perseguite con frequenza nel passato. Nella cappella del suddetto castello, ora di proprietà del [[Fondo per l'Ambiente Italiano|FAI]], le spoglie mortali di re Arduino riposano finalmente in pace ancora oggi<ref name=":10" />. Nel 1827 o 1828, il [[Re di Sardegna#Savoia|re di Sardegna]] [[Carlo Felice di Savoia|Carlo Felice]] a la regina [[Maria Cristina di Borbone-Due Sicilie (1779-1849)|Maria Cristina di Borbone-Due Sicilie]] visitarono il castello di Masino e fecero aprire l'urna con per vederne il contenuto, poi essa fu risigillata e poi benedetta, benedizione ripetuta nel 1892 per volere del conte [[Cesare Valperga di Masino]], cattolico conservatore e [[Sindaci di Torino|sindaco di Torino]] fino al settembre 1870, quando si dimise in protesta per la [[presa di Roma]], il quale fece inoltre apporre una lapide che ripercorre le vicende delle spoglie di Arduino<ref name=":103">{{Cita|Levra|pp. 140-141}}.</ref>.
 
==La sua figura==
La figura di Arduino, come rilevato dallo storico canavesano del XIX secolo [[Antonino Bertolotti]], non godeva nel [[Canavese]] di grande fama, fama che riuscì ad acquisire nell'immaginario collettivo e folcloristico grazie al suddetto studioso e ai suoi epigoni, i quali esagerarono la considerazione che Arduino deteneva per il folclore locale, fatto in realtà decisamente recente e a loro contemporaneo<ref name=":102">{{Cita|Levra|pp. 137-139}}.</ref>.
 
La cultura e la [[storiografia]] romantica resero popolare la figura di Arduino di Ivrea, vedendo in lui un esponente precoce della lotta per la liberazione dell'Italia dalle catene della dominazione straniera, attribuendo un significato simbolico alla sua nomina a [[Sovrani d'Italia#Ottoni di Sassonia (962–1024)|re d'Italia]]. In realtà non c'era in lui nessuna coscienza nazionale.
 
Per contro, la [[Chiesa (comunità)|Chiesa]], memore delle sanguinarie scorribande di Arduino contro i [[Diocesi di Ivrea|vescovi di Ivrea]] e di [[Arcidiocesi di Vercelli|Vercelli]], aveva teso in passato a ridimensionarne la statura politica e militare, vedendo nelle sue gesta la mera brama di potere e la mancanza di rispetto per le prerogative ecclesiastiche.