Institutio oratoria: differenze tra le versioni

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L''''''Institutio oratoria''''' ("La formazione dell'oratore") è l'opera maggiore di [[Marco Fabio Quintiliano]] e l'unica ad esserci pervenuta per intero.<ref>Lavore, cit., p. 798.</ref>
 
Dedicata a [[Marco Vitorio Marcello]], funzionario della corte di [[Domiziano]], per l'educazione del figlio Geta, l'opera (databile tra il [[90]] e il [[96|96 d.C.]]), compendia l'esperienza di un insegnamento durato vent'anni (dal [[70]] ad.C. al 90 ad.C. ca). Il titolo dell'opera è da considerarsi espressione della volontà autoriale in quanto è contenuto nella lettera all'editore Trifone posta a premessa dell'opera stessa.
 
Si tratta, dunque, di un vero e proprio manuale di [[pedagogia]] e retorica, emulazione del ''De oratore'' di [[Cicerone]], considerato da Quintiliano in qualità di modello ideale di oratore e di trattatistica retorica.
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I libri dal VI al VII trattano dell{{'}}''inventio'' e della ''[[dispositio]]'', cioè il reperimento e lo studio degli argomenti da inserire nelle cause e l'arte di distribuirli;
 
I libri dall'VIII al IX sono incentrati sull{{'}}''[[elocutio]]'', ovvero della scelta dello stile e contengono un'ampia rassegna altamente tecnica delle [[figura_retorica|figure di parola e di pensiero|figura_retorica]].
 
Il X libro insegna i modi di acquisire la ''facilitas'', ovvero la disinvoltura nell'espressione. Prendendo in esame gli autori da leggere e da imitare, Quintiliano inserisce il celeberrimo excursus storico-letterario sugli scrittori greci e latini (in cui compara, ad esempio, Cicerone a [[Demostene]]), preziosa testimonianza sui canoni critici dell'antichità (pur avendo i giudizi un carattere esclusivamente retorico). L'autore sottolinea l'importanza dell'avere più modelli di riferimento piuttosto che cercare di imitare un solo autore, e di cercare la precisione nei propri scritti, ma senza farsi ridurre al silenzio dall'eccessivo zelo verso la ricerca della forma perfetta.