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{{F|opere letterarie|arg2=antica Roma|settembre 2011}}
{{C|la voce ha un improbabile collegamento a Geta (ca. 100 anni di anticipo)|opere letterarie|arg2=antica Roma|luglio 2013}}
{{Libro
|tipo =
|titolo = La formazione dell'oratore<br />(Institutio oratoria)
|titoloorig = Institutio oratoria
|titolialt = L'istituzione oratoria
|titoloalfa =
|immagine = Quintilian, Institutio oratoria ed. Burman (Leiden 1720), frontispiece.jpg
|didascalia = FrontespizioAntiporta di un'edizione del 1720 dell'''Institutio oratoria''
|annoorig = [[I90-96 secolo]]d.C.
|autore = [[Marco Fabio Quintiliano]]
|annoorig = [[I secolo]]
|forza_cat_anno = no
|annoita =
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|sottogenere = [[Retorica|retorico]]
|lingua = la
|editioprinceps = Roma, [[Giovanni Filippo De Lignamine]], 1470
}}
 
L''''''Institutio oratoria''''' ("La formazione dell'oratore") è l'opera maggiore di [[Marco Fabio Quintiliano]] e l'unica ad esserci interamente pervenuta per intero.<ref>Lavore, cit., p. 798.</ref>
 
Dedicata a Vittorio[[Marco Vitorio Marcello]], funzionario della corte di [[Domiziano]], per l'educazione del figlio [[Geta]], l'opera (databile tra il [[90]] e il [[96|96 d.C.]]), compendia l'esperienza di un insegnamento durato vent'anni (dal [[70]] d.C. al 90 d.C. ca). ScopoIl dititolo questdell'opera è fungere da manualeconsiderarsi perespressione colorodella chevolontà voglianoautoriale impegnarsiin nellquanto è contenuto nella lettera all'educazioneeditore Trifone posta a premessa dell'opera stessa.
 
Si tratta, dunque, di un vero e proprio manuale di [[pedagogia]] e retorica, emulazione del ''De oratore'' di [[Cicerone]], considerato da Quintiliano in qualità di modello ideale di oratore e di trattatistica retorica.
Il titolo dell'opera proviene dallo stesso autore, indicato da un'espressione contenuta in una lettera al suo editore Trifone, posta a premessa dell'opera. Si tratta di un vero e proprio manuale sistematico di [[pedagogia]] e di retorica, in 12 libri, pervenutoci integro.
 
==Struttura dell'opera==
All'interno dei dodici libri l'autore mira a seguire idealmente la formazione di un oratore:
Il primo libro fa parte a sé, trattando di problemi vari di pedagogia relativi all'istruzione "elementare" (una novità assoluta nel panorama culturale antico): dalla scelta del maestro, al modo di insegnare i primi elementi di scrittura e lettura, dalla questione se sia più utile l'istruzione pubblica o privata (e in questo lui privilegia la scuola pubblica poiché suscita nei piccoli l'attitudine alla vita sociale, stimolanti forme di competizione e crea amicizie), al modo di riconoscere e invogliare le capacità dei singoli discepoli, e così via.
 
Il primo libro fapuò parteessere considerato quasi a sé stante, trattando di problemi vari di pedagogia relativi all'istruzione "elementare" (una novità assoluta nel panorama culturale antico): dalla scelta del maestro, al modo di insegnare i primi elementi di scrittura e lettura, dalla questione se sia più utile l'istruzione pubblica o privata (e in questo lui privilegia la scuola pubblica poiché suscita nei piccoli l'attitudine alla vita sociale, stimolanti forme di competizione e crea amicizie), al modo di riconoscere e invogliare le capacità dei singoli discepoli, e così via.
Il secondo, invece, chiarisce la didattica del retore, consiglia la lettura di autori "''optimi''", né troppo antichi né troppo moderni, esorta gli scolari a praticare declamazioni attinenti alla vita reale (e a puntare comunque alla "sostanza delle cose"), con un linguaggio semplice ed appropriato.
 
Il secondo, invece, chiarisce la didattica del retore, consiglia la lettura di autori "''optimi''", né troppo antichi né troppo moderni, esorta gli scolari a praticare declamazioni attinenti alla vita reale (e a puntare comunque alla "sostanza delle cose"), con un linguaggio semplice ed appropriato.
I libri dal III al VII trattano della ''inventio'' e della ''dispositio'', cioè lo studio degli argomenti da inserire nelle cause e l'arte di distribuirli;
 
Il terzo libro consta di una rassegna delle fonti dottrinali di cui Quintiliano si servì nel contesto della composizione dell'opera; tra di esse spiccano trattati di età alessandrina risalenti al III-II sec. a.C., e ad autori latini come [[Cicerone]], [[Aulo Cornelio Celso|Celso]] e [[Plinio il Vecchio]].
I libri dall'VIII al X, dell'''[[elocutio]]'', ovvero della scelta dello stile e dell'orazione. Il X libro insegna i modi di acquisire la ''facilitas'', cioè la disinvoltura nell'espressione; qui, prendendo in esame gli autori da leggere e da imitare, Quintiliano inserisce un famoso excursus storico-letterario sugli scrittori greci e latini (in cui compara Cicerone a [[Demostene]]), preziosa testimonianza sui canoni critici dell'antichità (ma i giudizi hanno un carattere esclusivamente retorico).
 
I libri dal IIIVI al VII trattano della dell{{'}}''inventio'' e della ''[[dispositio]]'', cioè il reperimento e lo studio degli argomenti da inserire nelle cause e l'arte di distribuirli;
L'XI libro parla della ''memoria'' e dell'''actio'', cioè dell'arte di tenere a mente i discorsi e di porgerli.
 
I libri dall'VIII al IX sono incentrati sull{{'}}''[[elocutio]]'', ovvero della scelta dello stile e contengono un'ampia rassegna altamente tecnica delle [[figura_retorica|figure di parola e di pensiero]].
 
I libri dall'VIII al X, dell'''[[elocutio]]'', ovvero della scelta dello stile e dell'orazione. Il X libro insegna i modi di acquisire la ''facilitas'', cioèovvero la disinvoltura nell'espressione; qui,. prendendoPrendendo in esame gli autori da leggere e da imitare, Quintiliano inserisce unil famosoceleberrimo excursus storico-letterario sugli scrittori greci e latini (in cui compara, ad esempio, Cicerone a [[Demostene]]), preziosa testimonianza sui canoni critici dell'antichità (mapur avendo i giudizi hanno un carattere esclusivamente retorico). L'autore sottolinea l'importanza dell'avere più modelli di riferimento piuttosto che cercare di imitare un solo autore, e di cercare la precisione nei propri scritti, ma senza farsi ridurre al silenzio dall'eccessivo zelo verso la ricerca della forma perfetta.
 
L'XI libro parlatratta della ''memoria'' e dell{{'}}''actio'', cioèovvero dell'artedella di tenere a mente i discorsimnemotecnica e didella porgerli''performance''.
 
Il XII libro (la parte "''longe gravissimam''", "di gran lunga più impegnativa" dell'opera) presenta, infine, la figura dell'oratore ideale: le sue qualità morali, i principi del suo agire, i criteri da osservare, il ''[[vir bonus dicendi peritus]]'' di [[Marco Porcio Catone|catoniana]] memoria.
 
== Il progettoProgetto educativo ==
L'''Institutio oratoria'' si delinea, dunque, come un programma complessivo di formazione culturale e morale, scolastica ed intellettuale, che il futuro oratore deve seguire scrupolosamente, dall'infanzia fino al momento in cui avrà acquistato qualità e mezzi per affrontare un uditorio (il termine "institutio" sta ad indicare, propriamente, "insegnamento, educazione, istruzione", confrontabile col termine greco di "''paidèia''"): e ciò, in risposta alla corruzione contemporanea dell'eloquenza, che Quintiliano vede in termini moralistici, e per la quale individua come rimedi il risanamento dei costumi e la rifondazione delle scuole.
Ma, soprattutto, propugnò il criterio del ritorno all'antico, alle fonti della grande eloquenza romana, i cui onesti principi erano stati sanciti dall'oratoria di Catone e la cui perfezione era stata toccata da [[Cicerone]].
 
Le fonti dell'opera furono, quasi certamente, la "Retorica" d'[[Aristotele]] e proprio gli scritti retorici dell'Arpinate, anche se, a differenza di quest'ultimo, egli intende formare non tanto l'uomo di stato, guida del popolo, ma semplicemente e principalmente l'"uomo".
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== Utopia dell'oratore "totale" ==
Pur nella nuova situazione politica, in un impero unitario e pacificato, Quintiliano ripropone così il modello di [[oratore]] di età repubblicana, di stampo catoniano-ciceroniano; è nel recupero dell'oratoria per un nuovo spazio di missione civile il vero scopo di Quintiliano, in cui si risolve la problematica dei rapporti fra oratore e principe tracciata nel XII libro e tacciata, dalla critica, di [[servilismo]] dimenticando, a tal proposito, che egli doveva effettivamente molto alla [[Dinastia flavia|dinastia Flavia]] (in particolare a Domiziano, addirittura osannato come sommo poeta) e la sua appartenenza appartenevaafferiva a quel mondo di "provinciali" che avevano un vero e proprio culto per l'imperatore, simbolo per loro dell'ordine e del benessere.
 
L'[[oratore]] perfetto deve avere, secondo Quintiliano, una conoscenzavasta acultura dir poco "enciclopedica"generale ([[filosofia]], [[scienza]], [[diritto]], [[storia]]), ma dev'essere -anche oltree che un "tuttologo" - anchesoprattutto un uomo onesto, "''optima sentiens optimeque dicens''",<ref>Quintiliano, ''Institutio oratoria'', XII, 1, 25.</ref> o -, come disse già Catone -, "''vir bonus dicendi peritus''".
 
== La riscoperta del testo in età umanistica ==
Tuttavia, nel predicare questo ritorno a Cicerone, Quintiliano non realizzava che ciò esigeva anche il ritorno alle condizioni di libertà politica di quel tempo: in ciò sta il segno più evidente del carattere antistorico (se non "utopistico") del classicismo da lui vagheggiato.
Fino agli inizi del [[XV secolo]], l'<nowiki/>''Institutio oratoria'' fu nota solo in forma frammentaria. La riscoperta del testo integrale si deve all'[[Umanesimo|umanista]] [[Poggio Bracciolini]], [[Poggio Bracciolini#Cacciatore di manoscritti|"cacciatore" di manoscritti di testi classici]], che nel [[1416]] rinvenne, presso la biblioteca del [[Abbazia di San Gallo|monastero di San Gallo]], un codice in cui l'<nowiki/>''Institutio oratoria'' era conservata in forma completa. Bracciolini comunicò le circostanze del rinvenimento in una lettera all'umanista [[Guarino Veronese]], suo amico; la lettera, datata dicembre 1416 (seconda silloge, ''Ep''. IV 5), può essere considerata un documento emblematico dell'[[Umanesimo]], perché da essa emergono alcuni motivi cruciali della nuova mentalità (dall'ammirazione per i classici al sentimento di appartenenza a un'''élite'' proprio degli umanisti, dalla polemica contro il [[Medioevo]] al classicismo retorico e ideologico).<ref name=":0">{{Cita libro|nome=Paolo|cognome=Chiesa|titolo=La trasmissione dei testi latini: storia e metodo critico|edizione=Nuova [2a] edizione|collana=Studi superiori|data=2024|editore=Carocci editore|pp=91-98|ISBN=978-88-290-2242-7}}</ref>
 
Nella lettera, Bracciolini riferisce di aver immediatamente comunicato la scoperta ai due umanisti suoi amici [[Leonardo Bruni]] e [[Niccolò Niccoli]], i quali gli chiesero di avere al più presto una copia dell'opera. La copia che Bracciolini fece di propria mano e inviò a Bruni è andata perduta, ma è attraverso essa che l'''Institutio oratoria'' fu conosciuta dagli umanisti italiani. Da allora, l'opera sarebbe divenuta oggetto di studi approfonditi e intense discussioni.<ref name=":0" />
 
== Edizioni ==
* {{Cita libro|titolo=L'istituzione oratoria|curatore=Rino Faranda|città=Torino|editore=Unione tipografico-editrice torinese|anno=1968|volume=2 voll.|lingua=la, it|sbn=SBL0326644|anteposizione-curatore=no|postscript=nessuno}}; 2ª ed., a cura di Piero Pecchiura, 1979.
* {{Cita libro|titolo=Istituzione oratoria|edizione=prefazione traduzione e note di Orazio Frilli|città=Bologna|editore=Nicola Zanichelli editore|anno=1972-1978|volume=5 voll.|lingua=la, it|sbn=SBL0345439}}
 
==Note==
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==Bibliografia==
*[[ Virgilio Lavore]], ''Latinità'', Principato, Milano, 1989 (11a ristampa della 2ª ed.)
 
== Altri progetti ==
{{Interprogetto|testo=la:De Institutione Oratoria |etichetta=''Institutio oratoria''|preposizione=dell'}}
 
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
 
{{Controllo di autorità}}
{{Portale|Antica Roma|letteratura|lingua latina}}
 
[[Categoria:Saggi del I secolo]]