Economie di scala: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Recupero di 1 fonte/i e segnalazione di 0 link interrotto/i.) #IABot (v2.0.9.5
m Annullata la modifica di 78.209.147.112 (discussione), riportata alla versione precedente di AdertBot
Etichetta: Rollback
 
(9 versioni intermedie di 5 utenti non mostrate)
Riga 1:
{{NN|economia|aprile 2013}}
La [[locuzione]] '''economie di scala''' (''economies of scale'') è usata in [[economia]] per indicare la relazione esistente tra aumento della scala di produzione (di un'impresa, di un'unità produttiva o di un impianto) e diminuzione del [[costo]] unitario del prodotto.
Il costo unitario è dato dal costo totale diviso per la quantità prodotta e corrisponde al costo medio. Secondo le ricerche condotte dagli economisti Robert D. Atkinson e Michael Lind sul rapporto tra dimensioni dell'impresa e performance economiche, le imprese più grandi tendono, in media, a presentare livelli più elevati di [[produttività]], maggiore capacità di [[innovazione]] e maggiore [[competitività]] sui mercati nazionali e internazionali rispetto alle loro controparti più piccole.<ref>{{Cita libro|autore=Robert D. Atkinson|autore2=Michael Lind|titolo=Big Is Beautiful: Debunking the Myth of Small Business|url=https://mitpress.mit.edu/9780262537100/big-is-beautiful/|anno=2019|editore=The MIT Press|ISBN=9780262537100}}</ref>
Il costo unitario è dato dal costo totale diviso per la quantità prodotta e corrisponde al costo medio.
 
AllaAl basesuccesso di economie di scala viconcorrono possonodiversi essereaspetti: fattori tecnici, statistici, organizzativi o connessi al grado di controllo del [[mercato]], la non ottimizzazione di tutti gli aspetti può avere come conseguenza [[diseconomie di scala]].
 
== La delimitazione della nozione di economie di scala ==
Riga 29:
 
==Le determinanti delle economie di scala==
 
===Economie nel mantenimento di scorte e nella capacità produttiva di riserva===
{{vedi anche|Rendimenti di scala}}
 
Alla base delle economie di scala vi sono anche i [[rendimenti di scala]] collegati ai fattori statistici relativi alla necessità dell'impresa di prevedere cambiamenti futuri della domanda di mercato.
Riga 38:
L'aumento meno che proporzionale del volume di scorte e di capacità produttiva di riserva deriva dalla particolare distribuzione delle medie campionarie: al crescere della numerosità del campione, la varianza della distribuzione delle medie campionarie diminuisce. Dato un certo intervallo di confidenza, questo produce una restrizione dell'intervallo di stima. In pratica, al crescere del campione, dato il grado di "affidabilità" della stima, siamo in grado di fare previsioni via via più precise.
 
{{vedi anche|Rendimenti di scala}}
 
===Economie nelle transazioni===
Riga 64 ⟶ 63:
 
==Potere di mercato e attività d’influenza e lobbying==
Un’ampia quota di mercato può comportare un elevato potere sul mercato degli input e degli output dell’impresa e facilitare le attività d’influenza e di [[Gruppo di pressione|lobbying]] per ottenere normative favorevoli, a scapito dei consumatori.
 
==Le economie di scala e la tendenza verso il monopolio: il dilemma di Cournot==
Una logica conseguenza della presenza di economie di scala è che la prima impresa capace di aumentare la scala di produzione può estromettere, grazie ai costi unitari più bassi, le altre imprese operanti sul mercato, diventando quindi [[Monopolio|monopolista]]. È stato però notato che in numerosi settori industriali si riscontra la presenza di numerose imprese di diverse dimensioni e strutture organizzative, nonostante la presenza di rilevanti economie di scala. Questa contraddizione, tra l’evidenza empirica riguardante la forma di mercato e l’incompatibilità logica fra economie di scala e concorrenza, è stata denominata ‘dilemma[[Oligopolio di Cournot’Cournot|''dilemma di Cournot'']].<ref>Arrow (1979, p. 156).</ref> Come osserva Mario Morroni (2010, pp. 152-54), il dilemma di Cournot appare irrisolvibile se si considerano solo gli effetti delle economie di scala sulla forma di mercato. Se invece si amplia l’analisi, includendo anche gli aspetti che riguardano lo sviluppo delle conoscenze e l’organizzazione delle transazioni, è possibile concludere che non sempre le economie di scala portano al monopolio. Infatti, i vantaggi competitivi derivanti dallo sviluppo delle ''capabilities'' dell’impresa e dalla gestione delle transazioni con i fornitori e i clienti finali possono controbilanciare quelli forniti dalla dimensione di scala, contrastando così la tendenza verso il monopolio insita nelle economie di scala. In altre parole, l’eterogeneità delle forme organizzative e delle dimensioni delle imprese operanti in un settore di attività può essere determinata da fattori riguardanti la qualità dei prodotti, la flessibilità produttiva, le modalità contrattuali, le opportunità di apprendimento, l’eterogeneità delle preferenze dei clienti che esprimono una domanda differenziata rispetto alla qualità del prodotto, e l’assistenza prima e dopo la vendita. Possono dunque coesistere nello stesso settore di attività forme organizzative molto diverse, pur in presenza di economie di scala, come, per esempio, la produzione flessibile su larga scala, la produzione flessibile su piccola scala, la produzione di massa, la produzione industriale basata su tecnologie rigide associate a sistemi organizzativi flessibili e la tradizionale produzione artigianale. Le considerazioni che riguardano le economie di scala sono dunque importanti, ma non sufficienti a spiegare la dimensione dell’impresa e la struttura di mercato. È necessario tener conto anche dei fattori legati allo sviluppo delle ''capabilities'' e alla gestione dei [[costi di transazione]].<ref>Per un’analisi di questi due aspetti si veda Morroni (2010).</ref>
 
==Le economie di scala nella storia dell'analisi economica==
Riga 229 ⟶ 228:
*[[Economie esterne]]
*[[Economie di apprendimento]]
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto}}
 
== Collegamenti esterni ==