Economia keynesiana: differenze tra le versioni

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{{citazione|La stessa regola di calcolo finanziario suicida governa ogni passo della vita. Noi distruggiamo le bellezze della campagna perché gli splendori della natura, che non appartengono a nessuno, non hanno valore economico. Noi siamo capaci di chiuderespegnere lail porta in faccia al soleSole e allele stelle, perché non pagano un dividendo.|[[John Maynard Keynes]], ''National Self-Sufficiency''<ref name=K33>{{Cita|Keynes (1933)}}.</ref>|The same rule of self-destructive financial calculation governs every walk of life. We destroy the beauty of the countryside because the unappropriated splendors of nature have no economic value. We are capable of shutting off the sun and the stars because they do not pay a dividend.|lingua=EN}}
In [[macroeconomia]] l{{'}}'''economia keynesiana''' è una scuola di [[storia del pensiero economico|pensiero economica]] basata sulle idee di [[John Maynard Keynes]], [[economista]] [[Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord|britannico]] vissuto a cavallo tra il [[XIX secolo|XIX]] e il [[XX secolo]].
 
== Descrizione ==
{{vedi anche|Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta}}
[[File:Lopokova and Keynes 1920s cropped.jpg|miniatura|Keynes in una foto degli [[Anni 1920|anni Venti]]]]
Keynes ha spostato l'attenzione dell'economia dalla [[produzione]] di beni alla [[domanda e offerta#Domanda|domanda]], osservando come in talune circostanze la [[domanda aggregata]] è insufficiente a garantire la piena [[Occupazione (lavoro)|occupazione]].
 
Da qui, secondo Keynes, vi sarebbe la necessità di un [[intervento pubblico]] statale a sostegno della domanda, nella consapevolezza che, se questa diminuisse, il prezzo da pagare sarebbe un'eccessiva [[disoccupazione]] nei periodi di crisi, in quanto, quandoè laassai domandaprobabile diminuisce,in ètal assai probabilecaso che le reazioni degli operatori economici al calo della domanda producano le condizioni per ulteriori diminuzioni della [[domanda aggregata]] stessa. Per questo, vi sarebbe la necessità di un intervento da parte dello Stato per incrementare la domanda globale anche in condizioni di [[deficit pubblico]] (''deficit spending''), intervento che a sua volta determinerebbe un aumento dei [[consumo|consumi]], degli [[investimento|investimenti]] e dell'[[Occupazione (lavoro)|occupazione]], dunque [[crescita economica]].
 
Questa teoria si oppone alle conclusioni della cosiddetta [[economia neoclassica]], sostenitrice invece della capacità del mercato di riequilibrare domanda e offerta grazie alla [[legge di Say]].
 
Un particolare aspetto di questa dottrina economica è il [[keynesismo militare]], che teorizza come fattore di [[sviluppo economico]] un aumento della [[produzione]] industriale a scopi militari come(applicato fattore diad [[sviluppo economico]], applicatoesempio nella [[Germania nazista]] e negli [[Stati Uniti d'America]] del [[dopoguerra]]).
 
=== Concetti base ===
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==Keynes, libero scambio e protezionismo==
=== Il punto di svolta della Grande Depressione ===
All'inizio della sua carriera, Keynes era un economista marshallese profondamente convinto dei benefici del libero scambio. A partire dalla crisi del 1929, constatando l'impegno delle autorità britanniche a difendere la parità aurea della sterlina e la rigidità dei salari nominali, aderì gradualmente a misure protezionistiche<ref name="J.M. Keynes, free trade and protectionism">{{Cita pubblicazione|nome=Max|cognome=Maurin|data=2010|titolo=J.M. Keynes, le libre-échange et le protectionnisme|rivista=L'Actualité économique|volume=86|numero=1|pp=109–129109-129|lingua=fr|doi=10.7202/045556ar|url=https://www.erudit.org/fr/revues/ae/2010-v86-n1-ae3990/045556ar/}}</ref>.
 
Il 5 novembre 1929, ascoltato dal Comitato [[Harold Macmillan|MacMillan]] per portare l'economia britannica fuori dalla crisi, Keynes indicò che l'introduzione di tariffe sulle importazioni avrebbe aiutato a riequilibrare la bilancia commerciale. Il rapporto della commissione afferma, in una sezione intitolata "controllo delle importazioni e aiuti alle esportazioni", che in un'economia dove non c'è piena occupazione, l'introduzione di tariffe può migliorare la produzione e l'occupazione. Così, la riduzione del deficit commerciale favorisce la crescita del paese<ref name="J.M. Keynes, free trade and protectionism" />.
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{{citazione|Io simpatizzo, quindi, con coloro che vorrebbero minimizzare, piuttosto che con coloro che vorrebbero massimizzare, l'intreccio economico tra le nazioni. Idee, conoscenza, scienza, ospitalità, viaggi - queste sono le cose che dovrebbero essere internazionali per loro natura. Ma lasciamo che i beni siano fatti in casa quando è ragionevolmente e convenientemente possibile, e, soprattutto, che la finanza sia principalmente nazionale.|[[John Maynard Keynes]], ''National Self-Sufficiency''<ref name="K33"/>|I sympathize, therefore, with those who would minimize, rather than with those who would maximize, economic entanglement among nations. Ideas, knowledge, science, hospitality, travel - these are the things which should of their nature be international. But let goods be homespun whenever it is reasonably and conveniently possible, and, above all, let finance be primarily national.|lingua=EN}}
 
Più tardi, Keynes ebbe una corrispondenza scritta con [[James Meade]] che si concentrava sulla questione delle restrizioni alle importazioni. Keynes e Meade hanno discusso la scelta migliore tra quote e tariffe. Nel marzo 1944 Keynes entrò in una discussione con [[Marcus Fleming]] dopo che quest'ultimo aveva scritto un articolo intitolato "Quote contro svalutazione". In questa occasione, vediamo che ha definitivamente preso una posizione protezionista dopo la [[Grande Depressionedepressione]]. In effetti, riteneva che le quote potessero essere più efficaci del deprezzamento della moneta per affrontare gli squilibri esterni. Così, per Keynes, il deprezzamento della moneta non era più sufficiente e le misure protezionistiche divennero necessarie per evitare i deficit commerciali. Per evitare il ritorno delle crisi dovute a un sistema economico autoregolato, gli sembrava essenziale regolare il commercio e fermare il libero scambio (deregolamentazione del commercio estero).
 
Egli sottolinea che i paesi che importano più di quanto esportano indeboliscono le loro economie. Quando il deficit commerciale aumenta, la disoccupazione aumenta e il PIL rallenta. E i paesi con un surplus hanno una "esternalità negativa" sui loro partner commerciali. Si arricchiscono a spese degli altri e distruggono la produzione dei loro partner commerciali. John Maynard Keynes credeva che i prodotti dei paesi in surplus dovessero essere tassati per evitare squilibri commerciali<ref>{{Cita web|url=http://www.theguardian.com/commentisfree/2010/may/05/reform-euro-or-bin-it-greece-germany|titolo=Reform the euro or bin it {{!}} Joseph Stiglitz|sito=the Guardian|data=2010-05-05|lingua=en|accesso=2022-03-19}}</ref>. Così non crede più nella teoria del [[vantaggio comparato]]. (su cui si basa il libero scambio) che afferma che il deficit commerciale non ha importanza, poiché il commercio è reciprocamente vantaggioso.
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* [[Pareggio di bilancio]]
* [[Austerità]]
 
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