Plasticità (fisica): differenze tra le versioni

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[[File:Stress v strain A36 2.pngsvg|thumbminiatura|Curva tensione-deformazione di materiali duttili]]
[[File:Stress v strain Aluminum 2.png|thumb|Curva tensione-deformaz. di materiali incrudenti.]]
[[File:Stress v strain brittle 2.png|thumb|Curva tensione-deformazione di materiali fragili]]
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== Origine del fenomeno ==
La plasticità, e quindi lo snervamento, sono rappresentativi, a livello macroscopico, di fenomeni che trovano spiegazione a livello microscopico, sulla scala dell'organizzazione molecolare del materiale. Nei materiali metallici, la plasticità può essere spiegata sulla base di modificazioni irreversibili del loro reticolo cristallino, cioè in termini della teoria delle [[dislocazioneDislocazione (cristallografia)|dislocazioni]] (a tale conclusione pervennero contemporaneamente già nel [[1934]] gli studiosi [[Egon Orowan]], [[Michael Polanyi]] e [[Geoffrey Ingram Taylor]]).
 
In altri materiali, come i [[polimeri]], il comportamento plastico non può essere spiegato con la suddetta teoria delle dislocazioni, in quanto mancano di una regolarità di struttura molecolare (la struttura cristallina). In tal caso, la plasticità è spiegata come un effetto della sollecitazione che induce una regolarità, orientata secondo la sollecitazione, nel caos delle catene molecolari del polimero.
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[[File:Tensione-Sforzo.png|thumb|Curva del rapporto tensione-sforzo]]
I primi studi moderni sul comportamento elasto-plastico delle strutture risalgono alla seconda metà del XIX secolo. Fra gli autori più importanti in questa fase si ricordano [[w:en:Henri Tresca|Tresca]], [[Adhémar Jean Claude Barré de Saint-Venant|S. Venant]] e Levy. Un nuovo sviluppo della teoria si è avuto poi agli inizi del [[XX secolo]], in special modo ad opera di [[Richard von Mises|von Mises]] e [[Theodore von Kármán|von Karman]].
 
Attorno al [[1940]] è stata sviluppata, particolarmente ad opera della scuola russa di Nadai ed Iliushin, una [[teoria della plasticità]] in termini finiti nota come ''deformation theory''. Tale teoria si basa essenzialmente sull'assunzione di un legame tra tensioni <math>\mathbf{\sigma}</math> e deformazioni <math>\mathbf{\varepsilon}</math> in termini globali del tipo
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e riferendosi essenzialmente a processi di carico che non comportino ritorni in fase elastica di parti della struttura precedentemente plasticizzate. In tal modo il problema elasto-plastico veniva trattato come una sorta di problema elastico nonlineare.
 
Più recentemente una teoria diversa si è imposta nel panorama degli studi meccanici della plasticità. Essa, nota come ''Flow theory'' o ''Teoria incrementale della plasticità'', è essenzialmente legata ai nomi di Melan, Prager (1930-40), Hodge, Hill, Drucker, Budiansky, [[Warner T.Tjardus Koiter|Koiter]] (1950-60), Maier, Mandel (1960-70). Tale teoria riflette un punto di vista incrementale, studia cioè le relazioni tra gli incrementi infinitesimi di carico <math>\mathbf{\dot{p}}</math> e i corrispondenti incrementi della soluzione in termini di tensioni, deformazioni e spostamenti <math>(\mathbf{\dot{\sigma}},\mathbf{\dot{\varepsilon}},\mathbf{\dot{u}})</math>, nota la situazione preesistente in termini di carico, deformazioni e tensioni. Tale approccio si è rivelato più significativo ed efficace nel cogliere la natura anolonoma del comportamento elasto-plastico.
 
== Materiali martensitici ==
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{{Portale|ingegneria|materiali|meccanica}}
 
[[Categoria:Proprietà dei materialimeccaniche]]
[[Categoria:Plasticità (meccanica)]]