Impresa di Fiume: differenze tra le versioni

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|Esito = Ritiro dei ribelli dannunziani
|Mutamenti_territoriali = Proclamazione dello [[Stato Libero di Fiume]]
|Schieramento1 = [[Forze armate fiumane]]<br />[[File:Labaro Reggenza Italiana del Carnaro.svg|20px]] [[Reggenza italiana del Carnaro]]<br />[[File:Logo Fasci di Combattimento.svg|20px]] [[Fasci italiani di combattimento]]<br />[[File:Eagle of Associazione Nazionalista Italiana.svg|20px]] [[Associazione Nazionalista Italiana]]
|Schieramento2 = {{Bandiera|ITA 1861-1946}} [[Governo Nitti I]]<br />[[Governo Nitti II]]<br />[[Governo Giolitti V]]
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=== Il contesto nel primo dopoguerra ===
{{Vedi anche|Trattato di Versailles|Trattato di Saint-Germain-en-Laye (1919)|Trattato di Rapallo (1920)}}
[[File:Trattato di Londra.svg|thumb|upright=1.7|In verde chiaro sono indicati i territori rivendicati dall'Italia con [[Patto di Londra]] del 1915. La Dalmazia settentrionale, nel 1919, venne invece assegnata, contro la volontà dell'Italia, al nuovo regno serbo-croato-sloveno. La mancata annessione della Dalmazia all'Italia fu una delle cause di insoddisfazione che portarono alla definizione di "[[vittoria mutilata]]", che venne in parte mitigata dal [[trattato di Rapallo (1920)]], per i risultati della pace]]
 
La città multietnica di Fiume era un [[Città e distretto di Fiume|Corpus separatum e municipio autonomo]] delle [[Terre della Corona di Santo Stefano]] nell'ambito dell'[[Impero austro-ungarico]]. Un censimento del 1910 (nel quale fu richiesta la lingua materna - Muttersprache), calcolò una popolazione di {{formatnum:49806}} abitanti: {{formatnum:24212}} dichiaravano come propria lingua l'italiano, {{formatnum:12926}} il croato e altre lingue, soprattutto ungherese, sloveno e tedesco. Nel censimento non si consideravano i dati della località di [[Sussak]], località a maggioranza croata separata dalla città dal [[Eneo (fiume)|fiume Eneo]] e appartenente al confinante [[Regno di Croazia e Slavonia]].
 
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{{Vedi anche|Vittoria mutilata}}A Fiume, nell'aprile 1919 l'irredentista fiumano [[Giovanni Host-Venturi]] e l'esponente nazionalista [[Giovanni Giuriati]] crearono una [[milizia]] di volontari filo-italiani per resistere in caso di annessione jugoslava della città.<ref>Giordano Bruno Guerri, ''D'Annunzio'', Oscar Mondadori, Milano 2008 pag. 223</ref>
 
Nel frattempo [[Gabriele D'Annunzio]] si era recato a [[Roma]] per tenere una serie di comizi in favore dell'italianità di Fiume. I discorsi di D'Annunzio coinvolsero un numero crescente di reduci e adolescenti.<ref>Leandro Castellani, ''L'impresa di Fiume'', su Storia illustrata nº 142, Settembre 1969 pag. 35: "Sulle migliaia di giovani reduci senza lavoro le grandi parole fanno presto a far breccia."</ref>. Questa campagna diede origine al mito della [[vittoria mutilata]], un modello di [[revanscismo]] che reclamava l'annessione all'Italia dell'intera costa orientale dell'Adriatico, nonostante fosse in larga parte popolata da genti slave (a sud di Fiume, la sola città a maggioranza italiana era [[Zara]], che fu infatti ceduta col [[Trattato di Saint-Germain-en-Laye (1919)|Trattato di Saint-Germain-en-Laye]]).
 
Tra la primavera e l'estate 1919, la situazione a Fiume divenne sempre più incandescente, a causa delle tensioni tra attivisti irredentisti (appoggiati dai militari italiani) e militari francesi, filo-jugoslavi. Il 29 giugno scoppiò un tafferuglio fra militari francesi e militanti pro-italiani, che ricevettero man forte da soldati italiani. Gli scontri, noti come "Vespri fiumani", durarono fino al 6 luglio e provocarono la morte di nove francesi.<ref>{{cita web|url=http://www.ilpost.it/2014/03/16/impresa-fiume-gabriele-dannunzio/|titolo=L'impresa di Fiume|editore=ilpost.it|data=16 marzo 2014|accesso=22 marzo 2014}}</ref>
 
Tra la primavera e l'estate 1919, la situazione a Fiume divenne sempre più incandescente, a causa delle tensioni tra attivisti irredentisti (appoggiati dai militari italiani) e militari francesi, filo-jugoslavi. Il 29 giugno scoppiò un tafferuglio fra militari francesi e militanti pro-italiani, che ricevettero man forte da soldati italiani. Gli scontri, noti come "Vespri fiumani", durarono fino al 6 luglio e provocarono la morte di nove francesi.<ref>{{cita web|url=http://www.ilpost.it/2014/03/16/impresa-fiume-gabriele-dannunzio/|titolo=L'impresa di Fiume|editore=ilpost.it|data=16 marzo 2014|accesso=22 marzo 2014}}</ref>
Fu riunita una commissione militare interalleata, che decise lo scioglimento del Consiglio Nazionale Fiumano e pretese il ritiro dei reparti coinvolti negli scontri.
 
I militari più politicizzati erano alcuni battaglioni dei [[Granatieri di Sardegna|Granatieri]]. I reparti lasciarono Fiume il 25 agosto, accompagnati da manifestazioni irredentiste, e si acquartierarono a [[Ronchi dei Legionari|Ronchi di Monfalcone]].<ref>Marina Cattaruzza, ''L'Italia e il confine orientale'', Società editrice Il Mulino, Bologna, 2007, pag. 147-148: "...il ritiro dei granatieri di Sardegna era accompagnato da parossistiche dimostrazioni di folla, vestita di bianco rosso e verde, con le donne che si gettavano in ginocchio dinanzi ai partenti supplicandoli di non lasciarle nelle mani dei croati e i bambini che si aggrappavano alle loro gambe e li afferravano per le mani."</ref>. Qui, sette ufficiali determinati a tornare a Fiume inviarono a D'Annunzio una lettera, invitandolo a sostenere la lotta irredentista.
 
{{citazione|Sono i Granatieri di Sardegna che Vi parlano. È Fiume che per le loro bocche vi parla. [...] Noi abbiamo giurato sulla memoria di tutti i morti per l'unità d'Italia: Fiume o morte! e manterremo, perché i granatieri hanno una fede sola e una parola sola. L'Italia non è compiuta. In un ultimo sforzo la compiremo.|Dalla lettera inviata a D'Annunzio da alcuni ufficiali dei Granatieri di Sardegna}} Il 30 giugno d'Annunzio aveva già ricevuto una richiesta di sostegno da parte di una delegazione fiumana. Nel frattempo, nazionalisti e militari al confine avevano organizzato una rete di volontari, pronti a un'azione di forza.
 
=== L'occupazione della città ===
Ai primi di settembre D'Annunzio garantì ai [[Cospirazione|cospiratori]] che il [[7 settembre 1919]] avrebbe raggiunto Ronchi per guidare il ritorno dei granatieri a Fiume. I molti dubbi e un'improvvisa influenza lo costrinsero a onorare l'impegno solo l'[[11 settembre]] [[1919]].
 
Prima di partire, D'Annunzio informò uno dei principali sostenitori della ribellione adriatica: [[Benito Mussolini]], direttore del giornale ''[[Il Popolo d'Italia]]'' e fondatore dei [[Fasci italiani di combattimento]].<ref>Fonte: [http://www.rigocamerano.org/pstwonew.htm rigocamerano.org] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20070311015337/http://www.rigocamerano.org/pstwonew.htm |data=11 marzo 2007 }}</ref>.
{{citazione|Mio caro compagno, il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Anche una volta lo spirito domerà la carne miserabile... Sostenete la Causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio.|D'Annunzio a Mussolini, 11 settembre 1919<ref>Leandro Castellani, ''L'impresa di Fiume'', su Storia illustrata n° 142, Settembre 1969 pag. 36</ref>}}
[[File:Medaglia Fiume.JPG|thumb|left|upright=0.7|[[Medaglia commemorativa della spedizione di Fiume|Medaglia Commemorativa di Bronzo della Marcia di Ronchi]] (1919-1920)]]
 
D'Annunzio arrivò a Ronchi in compagnia di alcuni ufficiali, tra cui il tenente [[Guido Keller]], il tenente Almerigo Ongaro e l'ufficiale degli alpini Cornelio Andersen, che requisì gli autocarri per il trasporto delle truppe. Il comandante dei granatieri presenti a Ronchi, il maggiore [[Carlo Reina]]<ref name="Mulino 2012">[[Roberto Vivarelli]], Storia delle origini del fascismo, volume I, Il Mulino, 2012, pag. 563</ref> accettò di affiancare il poeta guidando una colonna ribelle a Fiume. All'alba del [[12 settembre]] [[1919]] la colonna si mise in viaggio verso Fiume. Lungo la strada si unirono [[bersaglieri]], cavalleggeri e [[Arditi]], cui si aggiunsero i volontari irredentisti di Host-Venturi.<ref name="Mulino 2012"/>.
 
Oltrepassato il confine e ignorati i richiami alla disciplina del governatore militare [[Vittorio Emanuele Pittaluga]], D'Annunzio entrò in città acclamato dalla popolazione italiana. Nel pomeriggio lo scrittore si affacciò al palazzo del governatore e proclamò l'[[annessione]] di Fiume all'Italia.
 
{{citazione|Italiani di Fiume! Nel mondo folle e vile, Fiume è oggi il segno della libertà; nel mondo folle e vile vi è una sola verità: e questa è Fiume; vi è un solo amore: e questo è Fiume! Fiume è come un faro luminoso che splende in mezzo ad un mare di abiezione... Io soldato, io volontario, io mutilato di guerra, credo di interpretare la volontà di tutto il sano popolo d'Italia proclamando l'annessione di Fiume.|Dal discorso tenuto da D'Annunzio il 12 settembre dal Palazzo del Governo di Fiume}}
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D'Annunzio costituì un "Gabinetto di Comando" al cui vertice pose [[Giovanni Giuriati]]. Il [[governo Nitti I]] guidato da [[Francesco Saverio Nitti]] disconobbe l'azione di d'Annunzio e incaricò il [[Commissario straordinario]] per la Venezia-Giulia, il generale [[Pietro Badoglio]], di reprimere la ribellione. Il commissario inviò un aereo su Fiume, per lanciare un proclama in cui si ordinava ai ribelli di rientrare nei ranghi, dichiarando disertori coloro che avessero persistito nell'occupazione di Fiume.
 
L'ultimatum di Badoglio non sortì effetti significativi.<ref>{{cita libro | autore= Pietro Badoglio. Roma 1946. | anno=1946 | titolo= Rivelazioni su Fiume | città=[[Roma]] | url=http://www.icsm.it/articoli/ri/regioesercitofascismo.html#4up | accesso=25 marzo 2016}}</ref> Nitti decise di porre la città sotto embargo impedendo l'afflusso di viveri per i ribelli, ma rifornendo la popolazione tramite la [[Croce Rossa Italiana|Croce Rossa]]. Nonostante ciò, D'Annunzio denunciò il blocco come un'infamia, accusando Nitti "di affamare i bambini e le donne" e invitando tutti gli alleati in Italia a raccogliere fondi per l'Impresa. Il 16 settembre D'Annunzio inviò una polemica lettera a Mussolini, contestandogli lo scarso sostegno finanziario:
 
{{citazione|Mio caro Mussolini, mi stupisco di voi e del popolo italiano. Io ho rischiato tutto, ho fatto tutto, ho avuto tutto. [...] Io ho tutti soldati qui, tutti soldati in uniforme, di tutte le armi. È un'impresa di regolari. E non ci aiutate neppure con sottoscrizioni e collette. [...] Non c'è proprio nulla da sperare? E le vostre promesse? Bucate almeno la pancia che vi opprime, e sgonfiatela. Altrimenti verrò io quando avrò consolidato qui il mio potere. Ma non vi guarderò in faccia.|D'Annunzio a Mussolini}}
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Questa lettera apparve su ''Il Popolo d'Italia'' il 20 settembre emendata dalle parti più polemiche (quelle che appaiono in corsivo). Mussolini avviò rapidamente una sottoscrizione pubblica per finanziare Fiume che raccolse quasi tre milioni di lire. Una prima tranche di denaro, ammontante a {{formatnum:857842}} lire, fu consegnata a D'Annunzio il 7 ottobre. Parte del denaro, con un'autorizzazione pubblica del poeta, fu utilizzata per finanziare lo [[squadrismo]] milanese.<ref>Giordano Bruno Guerri, ''D'Annunzio'', Oscar Mondadori, Milano 2008 pag. 232: "Il Comandante riconosceva di averlo autorizzato a trattenere una cifra imprecisata per i suoi "combattenti".</ref>
 
Quando alcuni redattori de ''Il Popolo d'Italia'' accusarono Mussolini di avere sottratto a D'Annunzio una parte dei fondi, il poeta prese le difese del capo fascista con una lettera pubblica, nella quale affermò che legionari e fascisti stavano combattendo la stessa lotta: "dichiaro anche una volta che&nbsp; – avendo spedito a Milano una compagnia di miei legionari bene scelti per rinforzo alla vostra e nostra lotta civica&nbsp; – io vi pregai di prelevare dalla somma delle generosissime offerte il soldo fiumano per quei combattenti".
 
Il 26 ottobre si tennero a Fiume le elezioni che videro proporsi, per la prima volta, i fautori dell'annessione all'[[Italia]] guidati da [[Riccardo Gigante]]. La lista annessionistica vinse circa il 77% dei consensi e Gigante divenne sindaco della città il 26 novembre.
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Cittadini! Se voi rifiutate queste proposte, voi comprometterete in modo fors'anche irreparabile la città, i vostri ideali, i vostri più vitali interessi. Decidete! Decidete voi, che siete figli e i padroni di voi e di Fiume, e non permettete, non tollerate che altri abusino del vostro nome, del vostro diritto, e degli interessi supremi d'Italia e di Fiume.|Parte del testo del volantino affisso nottetempo sui muri di Fiume per conto del governo italiano}}
 
Il 15 dicembre il Consiglio nazionale della città di Fiume approvò le proposte del governo italiano con 48 voti favorevoli e 6 contrari. Gli elementi più accesi della popolazione e dei legionari contestarono le decisioni prese dal Consiglio arrivando anche a intimidire gli elementi più moderati con la benevola tolleranza del Vate,<ref>Giordano Bruno Guerri, ''D'Annunzio'', Oscar Mondadori, Milano 2008 pag. 245: "Il timore che la popolazione, ormai stanca, votasse in massa per il sì indusse i legionari più scalmanati a violenze e a intimidazioni apertamente tollerate da d'Annunzio".</ref> al punto che il quotidiano nazionalista ''[[La Vedetta d'Italia]]'' fu chiusachiuso per qualche giorno,;<ref>Giordano Bruno Guerri, ''D'Annunzio'', Oscar Mondadori, Milano 2008 pag. 245: "Le pressioni sui votanti si fecero sempre più gravi e perfino ''La Vedetta d'Italia'', il giornale nazionalista che aveva sostenuto l'impresa dall'inizio, fu chiuso per qualche giorno perché favorevole al "modus vivendi"".</ref> pertanto si preferì indire un plebiscito per decidere il da farsi. Il testo del quesito fu il seguente:
 
{{citazione|È da accogliersi la proposta del governo italiano dichiarata accettabile dal Consiglio nazionale nella seduta del 15 dicembre 1919, sciogliendo Gabriele dD'Annunzio e i suoi legionari dal giuramento di tenere Fiume fino a che l'annessione non sia decretata e attuata?.|Testo del plebiscito votato dai cittadini fiumani il 18 dicembre 1919}}
 
Lo scrutinio iniziò la sera stessa mostrando un andamento nettamente favorevole all'accoglimento delle proposte italiane, ma allo stesso tempo i legionari bloccarono lo scrutinio sequestrando le urne.<ref>Mimmo Franzinelli e Paolo Cavassini, ''Fiume, l'ultima impresa di D'Annunzio'', Le scie Mondadori, 2009 Milano, pag. 217</ref> D'Annunzio colse l'occasione di annullare quelle elezioni dall'esito sfavorevole.
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{{citazione|Io sono venuto a Fiume per difendere le secolari libertà di questa terra, non per violentarle o reprimerle.|Testo della lettera con la quale Giovanni Giuriati rassegnò le proprie dimissioni da capo di gabinetto}}
 
Gli subentrò [[Alceste Dede Ambris]], ex [[sindacalismo rivoluzionario|sindacalista rivoluzionario]] e [[interventismo|interventista]], giunto a Fiume nel gennaio del 1920.
 
Badoglio interruppe ogni trattativa e lasciò l'incarico di commissario della Venezia Giulia. Al suo posto subentrò il generale [[Enrico Caviglia]].
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Nella stessa Fiume gli ufficiali del Regio Esercito vivevano con disagio la nuova situazione, tanto che lo stesso generale Caviglia pensò di sfruttare il dissidio interno tra monarchici e repubblicani. Inoltre alcune decisioni dello stesso D'Annunzio alimentavano dubbi e polemiche. Nel marzo 1920 un furto compiuto da alcuni legionari ai danni di alcuni commercianti scatenò le ire del capitano dei [[Carabinieri]] [[Rocco Vadalà]], che richiese al Vate lo scioglimento dal giuramento per poter abbandonare la città. Dopo alcune resistenze iniziali i Reali Carabinieri abbandonarono la città seguiti da alcuni ufficiali di altre Armi.
 
Al contempo il problema degli approvvigionamenti diventò sempre più pressante tanto che circa quattromila bambini dovettero sfollare da Fiume con il supporto dei [[Fasci italiani di combattimento]] e delle organizzazioni femminili.<ref>Giordano Bruno Guerri, ''D'Annunzio'', Oscar Mondadori, Milano 2008 pag. 248: "Quattromila bambini furono sfollati e mandati in varie città del Nord, grazie grazie all'organizzazione dei Fasci di Combattimento e di gruppi patriottici femminili".</ref>
 
Il 22 aprile gli autonomisti di [[Riccardo Zanella]], ostili ai legionari dannunziani, con l'appoggio dei [[Partito Socialista Italiano|socialisti]], proclamarono lo sciopero generale.<ref>Mimmo Franzinelli e Paolo Cavassini, ''Fiume, l'ultima impresa di D'Annunzio'', Le scie Mondadori, 2009 Milano, pag. 218</ref>
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Nell'autunno del 1920 Fiume divenne il centro di un piano insurrezionale, che aveva lo scopo di rovesciare il [[Governo Giolitti V|governo Giolitti]] e imporre un nuovo regime in Italia. Secondo le intenzioni dei golpisti, una spedizione doveva partire dal Carnaro e marciare su Roma (o passando per Trieste o con uno sbarco ad Ancona) e assumere il potere. L'eversione era motivata da timori che riguardavano sia la politica interna, sia quella estera. Nel mese di settembre, infatti, era in corso l'[[occupazione delle fabbriche]] e la destra temeva che i [[Partito Socialista Italiano|socialisti]] potessero trasformare la protesta in un tentativo rivoluzionario, anche perché il governo si mostrava troppo morbido nei confronti degli operai, non reprimendo l'occupazione con la dovuta energia. Inoltre, D'Annunzio e i suoi seguaci erano preoccupati per le trattative tra Italia e Jugoslavia in merito al confine orientale, temendo che il governo potesse lasciare Fiume e la Dalmazia agli slavi.
 
Al complotto presero parte vari elementi dello schieramento dannunziano. Anzitutto, i legionari che già occupavano Fiume e i [[Associazione Nazionalista Italiana|nazionalisti]], che furono tra i più attivi nell'invitare il poeta a "osare", tanto che elementi come [[Alfredo Rocco]], [[Francesco Coppola (politico)|Francesco Coppola]] e lo stesso [[Enrico Corradini]] si recarono più volte da D'Annunzio per discutere il progetto. L'atteggiamento dei fascisti era più cauto: Mussolini non intendeva rischiare il suo futuro politico su un progetto incerto.<ref name=":0">{{Cita libro|nome=Erminio|cognome=Fonzo|titolo=Storia dell'Associazione nazionalista italiana (1910-1923)|url=https://www.worldcat.org/oclc/1001485208|editore=Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2017|pp=228-253|ISBN=978-88-495-3350-7}}</ref>.
 
Il piano giunse a un livello avanzato di elaborazione e nel mese di settembre e ottobre i potenziali eversori tenevano riunioni quasi quotidiane a Roma, presso la redazione de ''[[L'Idea Nazionale]]''. I golpisti erano sostenuti da una cordata di industriali, tra i quali [[Oscar Sinigaglia]], che intendevano finanziare l'impresa, ma altri settori del mondo industriale preferirono tenersi in disparte.
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I golpisti speravano di trascinare dalla loro parte alcuni ufficiali del [[Regio Esercito]], in particolare l'ammiraglio [[Enrico Millo]], governatore della Dalmazia, e il generale [[Enrico Caviglia]]. Senza l'appoggio dei militari, infatti, il piano era destinato al fallimento. Si aspettavano, inoltre, che i corpi di pubblica sicurezza, in particolare i [[Reali Carabinieri]], non avrebbero preso le armi contro di loro.
 
Le voci sull'organizzazione del colpo di Stato divennero di pubblico dominio alla fine di settembre e tutti i giornali italiani se ne interessarono. [[Giovanni Giolitti|Giolitti]], con un'abile manovra, riuscì a stroncare sul nascere i propositi dannunziani: da un lato, fece avvicinare da suoi emissari gli elementi più malleabili del fronte golpista, a partire da Mussolini, che fecero venire meno il sostegno; dall'altro, si assicurò la fedeltà degli alti gradi dell'esercito.<ref name=":0" />.
 
I golpisti, pertanto, vistisi privati del sostegno dei militari, furono costretti a recedere dai loro propositi. Il piano insurrezionale non fu messo in atto, ma tra i potenziali eversori restò l'idea di prendere il potere con la forza, che sarebbe stata realizzata nel 1922 con la [[Marcia su Roma]].
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{{citazione|Io rassegno nelle mani del Podestà e del Popolo di Fiume i poteri che mi furono conferiti il 12 settembre 1919 e quelli che il 9 settembre 1920 furono conferiti a me e al Collegio dei Rettori adunati in Governo Provvisorio. Io lascio il Popolo di Fiume arbitro unico della propria sorte, nella sua piena coscienza e nella sua piena volontà... Attendo che il popolo di Fiume mi chieda di uscire dalla città, dove non venni se non per la sua salute. Ne uscirò per la sua salute. E gli lascerò in custodia i miei morti, il mio dolore, la mia vittoria.|Dalla lettera scritta da D'Annunzio in cui rassegnava le dimissioni al generale Ferrario}}
 
Il 31 dicembre 1920, D'Annunzio firmò la resa che portò alla costituzione dello "[[Stato libero di Fiume]]". Della delegazione di ufficiali incaricati di trattare la resa del "Vate" faceva parte anche l’ardito [[Pietro Micheletti]], fedelissimo del generale Caviglia e, reduce della [[prima guerra mondiale]] ed in servizio presso il Ministero della Guerra.<ref>[https://www.romagnauno.it/rimini/a-maciano-di-pennabilli-saranno-intitolate-due-piazze-e-un-viale-a-tre-illustri-personalita-del-luogo/>%3E]</ref> Nel gennaio 1921 i legionari cominciarono a lasciare la città su vagoni ferroviari predisposti dall'esercito. D'Annunzio partì il 18 gennaio, trasferendosi a [[Venezia]].
 
In Italia, la legislatura a causa delle reazioni nel Paese si chiuse anticipatamente e le elezioni politiche si tennero nel maggio 1921, dopo le quali il governo di Giolitti fu sfiduciato dalla [[Camera dei deputati del Regno d'Italia|Camera dei deputati]] e si formò un nuovo esecutivo guidato da [[Ivanoe Bonomi]].
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D'Annunzio cercò appoggio politico in diverse fazioni e cercò di estendere il bacino dei suoi seguaci.
 
Tra i legionari dannunziani erano presente un nucleo di reduci sovversivi che vedeva nella rivolta fiumana l'inizio di una "rivoluzione nazionale" che unisse i valori del [[nazionalismo italiano]] e del [[sindacalismo rivoluzionario]], già espressa nel [[sansepolcrismo]] dei primi [[Fasci italiani di combattimento|Fasci italiani di Combattimento]]. Seppure in minoranza, la frangia "rivoluzionaria" dei legionari - caratterizzata da figure come [[Mario Carli]] e [[Guido Keller]] - avrebbero influenzato profondamente la propaganda, la memorialistica e la storiografia sull'Impresa di Fiume. Tra i partecipanti all’impresa fiumana va annoverato il Movimento Ardito che aderì con entusiasmo all’impresa Fiumana e fu di questa una colonna portante. Il tenente colonnello Francesco Lorenzo Pullé inviato dal governo italiano a Fiume per quantificare le forze armate fiumane affermò che gli arditi erano presenti con 2065 uomini (secondi solo ai bersaglieri con 2474) tra cui personaggi importanti quali gli arditi [[Ettore Muti]] e [[Renato Ricci]], [[Mario Carli]]. Nella relazione di [[Gino Coletti]] segretario e promotore della Associazione Nazionale Arditi d’Italia (ANAI) in occasione del congresso dell’Anai del 13 marzo 1921 (pubblicata nell’opuscolo “Due Anni di passione Ardita” 1919-1921 a cura della Libreria Editrice de l’Ardito - Milano) diceva, a proposito del comportamento dell’Associazione verso l’impresa di Fiume: “Sarà bene mi soffermi per dire quanto è stato fatto dall’Associazione Arditi per l’impresa di Fiume. Essa ha dato i migliori legionari dei quali molti sono caduti durante le cinque giornate. Per la sede di Milano sono passati e sono stati sussidiati (viaggi, diaria, viatici, ecc.) oltre duemila legionari per i quali è stata spesa la somma di L. 60.000.{{formatnum:60000}} A Fiume l’Associazione ha dato tutto: danari, sangue, sacrifici immensi. Tutti noi ad essa ci siamo offerti, affrontando e patendo l’insidia, l’odio, la galera e la persecuzione. Abbiamo eletto D’Annunzio nostro Capo Supremo ed abbiamo atteso sempre i suoi ordini, pronti ad ogni momento a marciare con lui. Sennonché le malefatte di chi doveva esserci di collegamento con il comando di Fiume hanno fatto si che noi fossimo colti impreparati dalla tragedia e che D’Annunzio, all’oscuro completamente della situazione interna dell’Italia, sbagliasse tattica lasciandosi sfuggire i momenti buoni per afferrare la nostra vittoria e la liberazione di Fiume. Coloro che oggi cianciano di tradimento da parte nostra sono proprio gli stessi che in buona o mala fede hanno tradita la causa fiumana”.
 
Ad accrescere il peso simbolico della "sinistra" legionaria, la collaborazione tra D'Annunzio e [[Alceste Dede Ambris]], che nel gennaio 1920 fu chiamato a fianco del poeta come "capo di gabinetto politico": la loro collaborazione portò alla redazione della [[Carta del Carnaro]] e alla costituzione di una vasta rete di sostenitori in Italia.<ref>da ''La Conquista'', presente in Claudia Salaris ''Alla festa della rivoluzione'' Il Mulino, Bologna</ref>.
 
Il mito di D'Annunzio si fondava sul suo grande carisma, dando origine a leggende circa la sua popolarità. Alcuni seguaci e simpatizzanti sostennero che lo stesso [[Lenin]], contestando l'inattività del Partito Socialista Italiano, definì D'Annunzio come uno degli uomini in grado di realizzare la [[rivoluzione]] in [[Italia]].<ref>"Voi socialisti non siete rivoluzionari. In Italia ci sono soltanto tre uomini che possono fare la rivoluzione: Mussolini, D'Annunzio e Marinetti". Cfr. E. Settimelli ''Mille giudizi di statisti'', Erre, Milano e cfr. A. Schiavo ''Futurismo e Fascismo'', Volpe, Roma, 1981</ref><ref>Giordano Bruno Guerri, ''D'Annunzio'', Oscar Mondadori, Milano 2008 pag. 247: "Lo stesso Bombacci nel dicembre 1920 affermò che "il movimento dannunziano è perfettamente e profondamente rivoluzionario. Lo ha detto anche Lenin al Congresso di Mosca". In effetti sembra che Lenin avesse definito D'Annunzio "l'unico rivoluzionario in Italia", ma per bollare l'inettitudine dei socialisti, più che per lodarlo".</ref> L'aneddoto, riportato da alcuni socialisti dissidenti tra cui [[Nicola Bombacci]], non è mai stato confermato, né risultano prese di posizione ufficiali del governo sovietico a favore di D'Annunzio.
 
Lo storico Roberto Vivarelli, indica nell'Impresa di Fiume una svolta decisiva del processo di decadimento e di crisi dello [[Stato liberale]]. L'impresa contribuì a rendere pubblica ed esasperatamente chiara la realtà di uno Stato debole oberato da interessi di parte e spesso corrotto. In questo contesto Mussolini, appoggiò la ''sortita'' di D'Annunzio e ne sfruttò il ''momento propizio''. Mussolini comprendeva l'intuito di D'Annunzio: l'impresa era la grande occasione per restituire all'Italia quella unità che il patto di [[Londra]] le aveva sottratto.<ref>{{cita web|url=https://www.worldcat.org/title/dopoguerra-in-italia-e-lavvento-del-fascismo-1918-1922-1-dalla-fine-della-guerra-allimpresa-di-fiume/oclc/490852341|titolo=Il dopoguerra in Italia e l'avvento del fascismo (1918-1922) – 1: Dalla fine della guerra all'impresa di Fiume (Book, 1967)|editore=worldcat.org|accesso=22 marzo 2014}}</ref>.
 
Il fascismo fu influenzato per molti aspetti dall'esperienza fiumana: oltre ai riti e ai simboli del combattentismo, assumerà anche i modi di praticare la politica, come l'imposizione di determinati slogan e valori tramite la [[comunicazione di massa]], il culto del capo, la repressione delle opposizioni.
 
Il prestigio dell'esperienza fiumana rimase intatto durante il fascismo. Dopo il 1938 gli ex legionari fiumani erano tra le categorie che potevano essere risparmiate dalle [[leggi razziali fasciste]].<ref>{{citazione|Art. 14. Il Ministro per l'interno, sulla documentata istanza degli interessati, può, caso per caso, dichiarare non applicabili le disposizioni dell'art 10, nonché dell'art. 13, lett. h):
a) ai componenti le famiglie dei caduti nelle guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola e dei caduti per la causa fascista;
b) a coloro che si trovino in una delle seguenti condizioni:
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3. mutilati, invalidi, feriti della causa fascista;
4. iscritti al Partito Nazionale Fascista negli anni 1919-20-21-22 e nel secondo semestre del 1924;
5. '''"legionari fiumani'''"}}
 
[http://www.romacivica.net/novitch/LeggiRaz/DifRazza.htm Provvedimenti per la difesa della razza italiana DECRETO-LEGGE 17 novembre 1938-XVII, numero 1728] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20081212005823/http://www.romacivica.net/novitch/LeggiRaz/DifRazza.htm|data=12 dicembre 2008}}</ref>.
 
=== Il rapporto tra D'Annunzio e Mussolini ===
Il rapporto tra D'Annunzio e Mussolini fu complesso: inizialmente fascisti e fiumani collaborarono attivamente, anche grazie ai fondi raccolti tramite ''[[Il Popolo d'Italia]].'' In un secondo momento, D'Annunzio si indispettì per l'atteggiamento dimostrato da Mussolini verso il [[trattato di Rapallo (1920)|trattato di Rapallo]].<ref>[http://www.gabrieledannunzio.it/volo_arcangelo.asp ''Il volo dell’arcangelo'' da gabrieledannunzio.it, 1º luglio 2015]</ref><ref>[https://www.iltempo.it/cultura-spettacoli/2013/11/21/news/gabriele-dannunzio-e-il-volo-dellarcangelo-che-cambio-la-storia-rischio-di-perdere-la-vita-si-penso-ad-un-attentato-in-realta-fu-spinto-da-una-signora-importunata-915808/]</ref>. L'adesione di Mussolini al trattato indignò molti legionari e [[fascismo|fascisti]], più devoti al mito del Comandante di Fiume che al comitato centrale di Milano.<ref>C. Silvestri, ''D'Annunzianesimo e fascismo a Trieste'' – in "Trieste" anno IV, n. 20 luglio-agosto 1957</ref>.
 
===La posizione di Gramsci===
In un articolo dell'ottobre 1919, [[Antonio Gramsci|Gramsci]] valutò l'impresa di Fiume come un sintomo di quel processo di disfacimento che (secondo lui) stava in quel periodo gravemente indebolendo lo Stato italiano; Gramsci, infatti, interpretava la fondazione della repubblica fiumana come una iniziativa di tipo secessionista nei confronti del Regno d'Italia; per Gramsci, il fatto che un avventuriero come D'Annunzio avesse potuto sfidare in armi l'autorità del governo era un segnale significativo della incapacità della borghesia italiana a conservare integro lo Stato unitario; nella visione gramsciana, solamente il proletariato avrebbe potuto, soppiantando per via rivoluzionaria la borghesia come classe dominante, impedire la disgregazione definitiva dello Stato.<ref>Antonio Gramsci, ''L'unità nazionale'' (articolo non firmato) in "L'Ordine Nuovo", anno I, n. 20, 4 ottobre 1919.</ref>.
 
In un successivo articolo del gennaio 1921, Gramsci riaffermò la sua interpretazione della impresa di Fiume come "clamorosa prova delle condizioni di debolezza, di prostrazione, di incapacità funzionale dello Stato borghese italiano [...] in completo sfacelo"; osservò tuttavia che il Partito socialista non aveva saputo approfittare di tale situazione di debolezza dello Stato capitalistico (situazione che ora Gramsci riconosceva come temporanea) per rafforzare a fini rivoluzionari le posizioni del proletariato; Gramsci concludeva che la liquidazione della repubblica di Fiume compiuta da Giolitti aveva oggettivamente rafforzato lo Stato borghese e, di conseguenza, aveva indebolito politicamente la classe operaia.<ref>Antonio Gramsci, ''Fiume'' (articolo non firmato) in "L'Ordine Nuovo", 11 gennaio 1921; ora in Antonio Gramsci, ''Socialismo e fascismo. L'Ordine Nuovo 1921-1922'', Einaudi, Torino 1978 (settima edizione), pp. 34-6.</ref>.
 
In un articolo dello stesso periodo, Gramsci condanna duramente il "cinismo [...] triviale" del governo Giolitti, il quale, durante l'impresa di Fiume, aveva dipinto nella sua propaganda con i colori più foschi D'Annunzio e i suoi legionari, indicati alla pubblica esecrazione come saccheggiatori e nemici della patria; ma&nbsp; – continua Gramsci –, dopo la conclusione dell'avventura fiumana, quello stesso governo ora concedeva a D'Annunzio un esilio dorato nel suo "palazzo principesco" di Venezia, e accordava ai legionari una piena e completa amnistia. Viceversa, osserva Gramsci, lo stesso governo Giolitti, nel settembre 1920, aveva promesso solennemente clemenza agli operai che avevano [[Biennio rosso in Italia|occupato le fabbriche]], mentre ora perseguitava e incarcerava parecchi di loro "colpevoli solo di aver lavorato durante l'occupazione".<ref>Antonio Gramsci, ''Negazione di Dio'' (articolo non firmato) in "L'Ordine Nuovo", 6 gennaio 1921; ora in Antonio Gramsci, ''Socialismo e fascismo. L'Ordine Nuovo 1921-1922'', Einaudi, Torino 1978 (settima edizione), pp. 23-4.</ref>.
 
Occorre aggiungere che nei primi mesi del 1921, quando l'offensiva violenta dello [[squadrismo]] era ormai pienamente dispiegata, Gramsci intravide una possibilità di approfittare tatticamente del dissidio in quel periodo esistente fra D'Annunzio e Mussolini, e di tentare un accordo con i legionari fiumani per formare una coalizione armata contro i fascisti; tale tentativo si concretizzò nell'aprile 1921 in un viaggio di Gramsci a [[Gardone Riviera]] per incontrare D'Annunzio; ma tale incontro (di cui si era fatto mediatore un legionario che frequentava la redazione de "L'Ordine Nuovo") non ebbe mai luogo.<ref>[[Paolo Spriano]], ''Storia del Partito comunista italiano. I. Da Bordiga a Gramsci'', Einaudi, Torino 1967, pp 133-4.</ref>. Gramsci, pochi mesi prima, aveva cercato di analizzare i termini del contrasto tra dannunziani e fascisti: commentando una violenta zuffa avvenuta a Torino fra le due fazioni, Gramsci aveva osservato che, a differenza dei fascisti, i legionari erano tendenzialmente apolitici ed erano tenuti assieme dal solo vincolo della devozione personale a D'Annunzio; altra differenza tra fascisti e legionari (sempre secondo Gramsci) consisteva nell'estrazione prevalentemente borghese dei primi, mentre i secondi erano più che altro un "gruppo di spostati" senza una precisa collocazione di classe, i quali si illudevano di risolvere i loro problemi di sussistenza seguendo D'Annunzio nei suoi piani d'insurrezione militare.<ref>Antonio Gramsci, ''Fascisti e legionari'' (articolo non firmato) in "L'Ordine Nuovo", 19 febbraio 1921; ora in Antonio Gramsci, ''Socialismo e fascismo. L'Ordine Nuovo 1921-1922'', Einaudi, Torino 1978 (settima edizione), pp. 76-9.</ref>.
 
== Note ==
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=== Storiografia ===
*{{cita libro|autore=[[Paolo Alatri]], ''|titolo=Nitti, D’Annunzio e la questione adriatica'', |editore=[[Feltrinelli]], |città=Milano,|anno=1959|p=|isbn=|cid=Alatri 1959.}}
*{{cita [[libro|autore=Paolo Alatri]], ''|titolo=Scritti politici di Gabriele D’Annunzio'', |editore=Feltrinelli, |città=Milano,|anno=1980|p=|isbn=|cid=Alatri 1980.}}
*[[Ernesto Cabruna]] ,Fiume-10 gennaio 1921- 23 marzo 1922, Zizzini, Montegiorgio,1932.
*{{cita libro|autore=[[Marina Cattaruzza]], ''|titolo=L’Italia e il confine orientale'', |editore=[[Il Mulino]], |città=[[Bologna]],|anno=2007|p=|isbn=|cid=Cattaruzza 2007.}}
*{{cita libro|autore=[[Renzo De Felice]], ''|titolo=D'Annunzio politico (1918-1928)'', |editore=[[Editori Laterza|Laterza]], [[Roma]]-|città=[[Bari]],|anno=1978|p=|isbn=|cid=De Felice 1978.}}
*{{cita libro|autore=Paolo Cavassini, |autore2=Mimmo Franzinelli, ''|titolo=Fiume. Un racconto per immagini dell'impresa di D'Annunzio'', |editore=LEG, [[|città=Gorizia]]|anno=2019|p=|isbn=|cid=Cavassini, Franzinelli 2019.}}
*{{cita libro|autore=[[Ferdinando Gerra]], ''|titolo=L'impresa di Fiume'', |editore=Longanesi, |città=Milano|anno=1974|p=|isbn=|cid=Gerra 1974.}}
*{{cita libro|autore=[[Giordano Bruno Guerri]], ''|titolo=Disobbedisco. Cinquecento giorni di rivoluzione. Fiume 1919-1920'', |editore=Mondadori|città=Milano,|anno=2019|p=|isbn=|cid=Guerra 2019.}}
* [[Michael A. Ledeen]], ''D'Annunzio a Fiume'', Laterza, Bari 1975.
*{{cita libro|autore=[[Michael A. Ledeen]]|titolo=D'Annunzio a Fiume|editore=Editori Laterza|città=[[Bari]]|anno=1975|p=|isbn=|cid=Ledeen 1975}}
*{{cita libro|autore=Marco Mondini, ''|titolo=Fiume 1919. Una guerra civile italiana'', |editore=Salerno, |città=[Roma,|anno=2019|p=|isbn=|cid=Mondini 2019.}}
*{{cita libro|autore=[[George L. Mosse]], ''|titolo=L'uomo e le masse nelle ideologie nazionaliste'', |editore=[[Casa editrice Giuseppe Laterza & figli|Laterza]], |città=Bari|anno=2019|p=|isbn=|cid=Mosse 1999.2019}}
*{{cita libro|autore=[[Raoul Pupo]], ''|titolo=Fiume città di passione'', |editore=Laterza, Roma-|città=Bari, |anno=2019.|p=|isbn=|cid=Pupo2019}}
*{{cita libro|autore=[[Claudia Salaris]], ''|titolo=Alla festa della rivoluzione. Artisti e libertari con D'Annunzio a Fiume'', [[|editore=Il Mulino]], [[|città=Bologna]]|anno=2002|p=|isbn=|cid=Salaris 2002.}}
*{{cita libro|autore=Enrico Serventi Longhi, ''|titolo=Il faro del mondo nuovo'', |editore=Gaspari, |città=Udine,|anno=2019|p=|isbn=|cid=Serventi Longhi 2019.}}
*{{cita libro|autore=Federico Carlo Simonelli, ''|titolo=D'Annunzio e il mito di Fiume. Riti, simboli, narrazioni'', |editore=Pacini, |città=Pisa,|anno=2021|p=|isbn=|cid=Simonelli 2021.}}
*{{cita libro|autore=Giovanni Stelli, '' |titolo=Storia di Fiume dalle origini ai giorni nostri'', |editore=Biblioteca dell'Immagine, |città=[[Pordenone]],|anno=2017|p=|isbn=|cid=Stelli 2017.}}
*[[Lucio Villari]], ''La luna di Fiume'', Guanda, Milano, 2019.
*{{cita libro|autore=[[Lucio Villari]]|titolo=La luna di Fiume|editore=Guanda|città=Milano|anno=2019|p=|isbn=|cid=Villari 2019}}
 
=== Memorialistica ===
*{{cita libro|autore=[[Giovanni Comisso]], ''|titolo=Il porto dell'amore'', |editore=Longanesi, |città=Milano|anno=1924|p=|isbn=|cid=Comisso 1924.}}
*{{cita libro|autore=[[Leone Kochnitzky]], ''|titolo=La quinta stagione o i centauri di Fiume'', |editore=Zanichelli, |città=Bologna|anno=1922|p=|isbn=|cid=Kochnitzky 1922.}}
 
* [[Giovanni Comisso]], ''Il porto dell'amore'', Longanesi, Milano 1924.
* [[Leone Kochnitzky]], ''La quinta stagione o i centauri di Fiume'', Zanichelli, Bologna 1922.
=== Narrativa ===
*{{cita libro|autore=[[Alessandro Barbero]], ''|titolo=[[Poeta al comando'', ]]|editore=[[Arnoldo Mondadori Editore|Mondadori]],|città=Milano|anno=2003|p=|isbn=|cid=Barbero 2003}}
*{{cita libro|autore=[[Giulio Leoni]]|titolo=[[E trentuno con la morte...]]|editore=[[Arnoldo Mondadori Editore|Mondadori]]|città=Milano|anno=2003|p=|isbn=|cid=Leoni 2003}}
* Gabriele Marconi, ''Le stelle danzanti'', [[Vallecchi]], 2009
*{{cita libro|autore=Gabriele Marconi|titolo=Le stelle danzanti|editore=[[Vallecchi]]|città=Firenze|anno=2009|p=|isbn=|cid=Marconi 2009}}
* [[Antonella Sbuelz]], ''Greta Vidal'', [[Frassinelli]], 2009
*{{cita libro|autore=[[Antonella Sbuelz]]|titolo=Greta Vidal|editore=[[Frassinelli]]|città=Segrate|anno=2009|p=|isbn=|cid=Sbuelz 2009}}
 
=== Filmografia ===
*''[[Fiume o morte!]]'', docu-film di [[Igor Bezinović]], Croazia, 2025
 
== Voci correlate ==
* [[Alceste Dede Ambris]]
* [[Benito Mussolini]]
* [[Forze armate fiumane]]