Giovanni Gronchi: differenze tra le versioni

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Cerimonia della imposizione della berretta cardinalizia: Errore corretto,: Il nome del cardinale nel 1953.
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Fu eletto [[Presidente della Camera dei deputati (Italia)|presidente della Camera dei deputati]] nella [[I legislatura della Repubblica Italiana|I]] e nella [[II legislatura della Repubblica Italiana|II legislatura]], forse per distoglierlo dalla politica attiva, in quanto titolare di una carica istituzionale<ref name=vigorelli/>. Ciò non gli impedì di assumere un atteggiamento critico verso il [[NATO|Patto Atlantico]]<ref>{{Cita|MontanelliCervi 1989|p. 27|MontanelliCervi}}.</ref> e di essere tra i primi assertori, in ambito democristiano, del superamento della politica centrista di De Gasperi e di un avvicinamento al Partito Socialista di [[Pietro Nenni]].
[[File:Giovanni Gronchi presidente della Camera.jpg|thumb|220x124px|right|Il [[Presidente della Camera dei deputati (Italia)|presidente della Camera dei deputati]] Giovanni Gronchi]]
=== Elezione alla Presidenza della Repubblica ===
[[File:Giuramento Gronchi.jpg|miniatura|destra|Il giuramento di Giovanni Gronchi come [[presidente della Repubblica Italiana]], 11 maggio 1955]]
All'[[Elezione del Presidente della Repubblica Italiana del 1955|elezione del presidente della Repubblica del 1955]], il segretario nazionale della DC, Amintore Fanfani candidò il [[Presidente del Senato della Repubblica|presidente del Senato]] [[Cesare Merzagora]], che non raccoglieva l'unanimità dei consensi del partito democristiano a causa delle divisioni interne in chiave antifanfaniana e [[Mario Scelba|antiscelbiana]]<ref>{{Cita|MontanelliCervi 1989|p. 20|MontanelliCervi}}.</ref> ed era stato eletto come indipendente, sia pure nelle liste DC.
[[File:Gronchi Scelba elezione.jpg|thumb|220x124px|right|Il neoeletto presidente della Repubblica Giovanni Gronchi insieme all'allora [[Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana|presidente del Consiglio dei ministri]] [[Mario Scelba]], 1955]]
Al secondo scrutinio, la sinistra DC si espresse per Gronchi, che raggiunse 127 voti. Essendo allora chiaro il fallimento della candidatura [[Cesare Merzagora|Merzagora]], anche i voti dell'opposizione di sinistra confluirono su Giovanni Gronchi (terzo scrutinio). Dopo un vano tentativo di convincerlo al ritiro, Fanfani fu costretto a candidare ufficialmente il [[Presidente della Camera dei deputati (Italia)|presidente della Camera]] alla massima carica dello Stato. Il 29 aprile [[1955]], al quarto scrutinio, Gronchi venne eletto [[Presidente della Repubblica Italiana|presidente della Repubblica]] con 658 voti su 883, compresi i suffragi della destra monarchica<ref>{{Cita|MontanelliCervi 1989|p. 24|MontanelliCervi}}.</ref>.
 
Come presidente della Camera, toccò a lui presiedere la seduta comune e leggere a voce alta le schede con il suo nome che via via gli venivano porte e continuò a leggerle fino alla fine. Si interruppe solo pochi istanti, quando un applauso del Parlamento segnò il raggiungimento del ''quorum''. Gronchi si alzò allora dallo scranno e, con in mano una scheda, ringraziò l'assemblea con un breve inchino. Poi sedette di nuovo e continuò a leggere le schede con una certa tensione della voce. Quando ebbe letto l'ultima scheda pregò al microfono il vicepresidente della Camera, [[Giovanni Leone]], di procedere allo scrutinio e di proclamare il risultato. Fra gli applausi si alzò e guadagnò l'uscita.
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Leone ufficializzò poco dopo l'elezione del nuovo capo dello Stato e ne venne poi eletto successore come presidente della Camera. Secondo il regolamento, quando Gronchi si alzò e si ritirò nel suo ufficio, anche il [[presidente del Senato]] [[Cesare Merzagora]] – che gli era vicino – lasciò il posto al vice presidente del Senato, che sedette accanto al vicepresidente Leone<ref>L'analoga elezione di un altro presidente della Camera a capo dello Stato (quella di [[Oscar Luigi Scalfaro]] nel 1992) non vide ripetersi l'insolita scena, in quanto l'uomo politico, essendo a conoscenza del consenso dei grandi elettori sul suo nome, evitò di presiedere la seduta comune che l'avrebbe poi eletto presidente della Repubblica, lasciando tale compito all'allora vicepresidente della Camera [[Stefano Rodotà]], che procedette all'intero scrutinio e proclamò il risultato.</ref>.
 
=== Politica estera del Presidentepresidente ===
[[File:Giovanni Gronchi 1961.jpg|thumb|left|Il presidente della Repubblica Giovanni Gronchi nel 1961]]
Durante il suo mandato, Gronchi tentò di adottare una politica estera di equidistanza tra i blocchi, personale e parallela a quella governativa, ma trovò l'opposizione della [[Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale|Farnesina]] e dei governi alleati della [[NATO]]<ref>
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Un altro momento acuto di crisi si ebbe nel marzo del [[1957]], quando il presidente Gronchi scrisse personalmente una lettera indirizzata al presidente degli Stati Uniti [[Dwight D. Eisenhower|Dwight Eisenhower]] contenente rilevanti obiettivi di politica estera. La lettera fu redatta senza che fosse consultato preventivamente il governo, ma soltanto trasmessa per la controfirma successiva del ministro competente<ref name=fabrizio>Fabrizio Rossi Longhi, ''Il messaggio 'ritenuto' del presidente Gronchi al Presidente Eisenhower'', in: Marcello Saija (a cura di), ''Gaetano Martino. Scienziato, rettore, statista (1900-1967)''. Atti del Convegno internazionale di studi, Messina, 24-26 novembre 2000, Trisform, Messina, 2003.</ref>. Tale prassi, oltre ad essere irrituale<ref>Vittorio Zincone, ''Presidente e Governo'', ''[[Il Tempo]]'', 14 giugno 1957.</ref>, avrebbe ingenerato un pericoloso precedente interpretativo della [[Costituzione della Repubblica Italiana|norma costituzionale italiana]], autorizzando ''de facto'' il presidente della Repubblica ad indicare al governo le linee da adottare in politica estera. Onde evitare pericolosi «scivolamenti» verso il [[Repubblica presidenziale|presidenzialismo]], pertanto, l'allora ministro degli esteri [[Gaetano Martino]], previo scambio di note con il presidente del Consiglio [[Antonio Segni]], decise di ritenere il messaggio del capo dello Stato e di non inoltrarlo al destinatario statunitense<ref name=fabrizio/>.
[[File:Gronchi Dulles 1955.jpg|thumb|220x124px|right|Gronchi insieme al [[segretario di Stato degli Stati Uniti]] [[John Foster Dulles]] nel 1955]]
Gronchi, tuttavia, non rinunciò alla sua diplomazia personale, ma con esiti irrilevanti. Preparò con cura un suo viaggio a [[Mosca (Russia)|Mosca]] (febbraio [[1960]]), sperando di trovare un'interlocuzione sui suoi progetti di mediazione dell'Italia nei rapporti Est-Ovest e, soprattutto, sul problema tedesco, ma si trovò di fronte l'atteggiamento ironico e tracotante<ref>Silvio Bertoldi, ''L'italiano che seppe tener testa a Krusciov'', ''[[Oggi (periodico)|Oggi]]'', 26 gennaio 1961.</ref> di [[Nikita Sergeevič Chruščёv|Nikita Krusciov]], che lo irrise di fronte alla stampa<ref>Sergio Romano, ''cit.'', pp. 113-114.</ref> provocando una messa a punto della diplomazia italiana a viaggio concluso. L'episodio è stato descritto da Tito Lucrezio Russo, in ''"Parla il Capo dello Stato''": «Con telespresso segreto del 15 febbraio 1960 diramato dalla Farnesina alle Ambasciateambasciate italiane operanti in ambito [[NATO]], avente per oggetto la visita del presidente a [[Mosca (Russia)|Mosca]], fu sottolineato che il tono della discussione era stato polemico, pur non essendo mancati degli spunti costruttivi per il miglior chiarimento di alcune posizioni sovietiche. Krusciov – proseguì la nota – aveva accusato il Governogoverno italiano di essere troppo legato alla politica americana, riferendosi anche alle installazioni di missili e, circa la [[Germania Ovest]], di essere troppo ligio alle tesi di [[Konrad Adenauer]]. Lo statista sovietico aveva prefigurato una confederazione dei due Stati tedeschi, subordinata all'irreale, preventiva rinunzia di uno di essi (chiaramente inimmaginabile per quello comunista) al proprio sistema politico–sociale, con [[Berlino]] come capitale ed avente lo status di "città libera". Alla precisa domanda di Gronchi se fosse giusto creare tale status senza sentire prima le popolazioni interessate, Krusciov aveva replicato: ''"Noi non siamo obbligati a sentire il parere di [[Berlino Ovest]]"''».<ref>{{Cita libro|autore=Tito Lucrezio Rizzo|titolo=Parla il Capo dello Stato|città=Roma|editore=Gangemi|anno=2012|p=68}}</ref>
[[File:Gronchi Heuss 1957.jpg|thumb|220x124px|right|Il [[presidente della Repubblica Italiana]] Giovanni Gronchi con il [[presidente della Repubblica Federale Tedesca]] [[Theodor Heuss]], 1957]]
Maggior successo, in politica estera, ebbe il suo appoggio personale alle aperture terzomondiste del ruolo economico dell'Italia operate dal presidente dell'[[Eni]], [[Enrico Mattei]], proprio in quegli anni<ref>Sergio Romano, ''cit.'', pp. 106-107.</ref>.
 
=== Cerimonia della imposizione della berretta cardinalizia ===
 
Durante il suo mandato, il presidente Gronchi, il 17 dicembre 1958, impose la [[berretta]] cardinalizia all'allora [[Nunziatura apostolica in Italia|nunzio]] mons. [[Giuseppe Fietta]]<ref>{{cita web|url=http://camera.archivioluce.com/camera-storico/scheda/foto/i_presidenti/00031/IL0000008459/11/Imposizione-della-berretta-al-nunzio-apostolico-Fietta-da-parte-di-Gronchi.html?indexPhoto=2|titolo=
Imposizione della berretta al nunzio apostolico Fietta da parte di Gronchi|data=17 dicembre 1958}}</ref><ref>{{cita web|url=https://archivio.quirinale.it/aspr/fotografico/PHOTO-002-026640/presidente/giovanni-gronchi/ricevimento-del-corpo-diplomatico-auguri-capodanno-e-imposizione-della-berretta-cardinalizia-al-cardinale-giuseppe-fietta|titolo=Mercoledì
17 dicembre 1958: Presidenza Giovanni Gronchi
Ricevimento del Corpo Diplomatico per gli auguri di Capodanno e imposizione della berretta cardinalizia al Cardinale Giuseppe Fietta (Foto)|data=17 dicembre 1958}}</ref>. Questa cerimonia<ref>Cerimonia per la consegna della berretta cardinalizia effettuata, in data precedente, al Palazzo del Quirinale anche dal [[Luigi Einaudi|presidente Einaudi]] il 14 gennaio 1953 (il neo-cardinale [[Francesco Borgongini Duca]]); invece per la Francia: [[Palazzo dell'Eliseo|all'Eliseo]], da parte del [[Vincent Auriol|presidente Auriol]], il 15 gennaio 1953 la nomina a cardinale del futuro [[Papa Giovanni XXIII|pontefice Giovanni XXIII]].</ref> era riservata per privilegio ad alcuni [[Capo di Stato|capi di Stato]] di nazioni cattoliche. La norma verrà abolita da [[Papa Paolo VI|Paolo VI]], non solo a motivo di essere oramai superata ma anche della paura di possibili abusi nel caso ci fossero governi autoritari.
 
=== Tentativi di apertura a sinistra ===
Gronchi mirò ad inserire i [[Partito Socialista Italiano|socialisti]] nella maggioranza parlamentare, ma ottenne effetti opposti, con conseguenze destabilizzanti.
[[File:Gronchi Merzagora Togliatti.jpg|thumb|220x124px|right|Gronchi insieme a [[Palmiro Togliatti]], leader del [[Partito Comunista Italiano|PCI]] e a [[Cesare Merzagora]]]]
Il suo dissenso con la linea politica del centrismo degasperiano si manifestò già al suo insediamento, quando tentò di accettare le dimissioni presentategli dal presidente del Consiglio [[Mario Scelba|Scelba]] solo a titolo di cortesia<ref>{{Cita|MontanelliCervi 1989|p. 28|MontanelliCervi}}.</ref>. L'apertura al PSI, tuttavia, non era attuabile, in vigenza del patto d'unità d'azione tra socialisti e comunisti. Anche il successivo [[Governo Segni I|governo Segni]], infatti, fu sorretto da una maggioranza di centro.
 
Nuove prospettive si aprirono dopo i [[Rivoluzione ungherese del 1956|fatti di Ungheria]], con la denuncia del patto d'unità d'azione da parte dei socialisti. Ma, alla caduta del primo governo Segni (maggio 1957), a seguito del ritiro dell'appoggio del [[Partito Socialista Democratico Italiano|PSDI]], l'unica soluzione alla crisi si profilò con la formazione di un monocolore democristiano, senza maggioranza precostituita. Gronchi tentò la strada del «[[governo del presidente]]» (già percorsa dal suo predecessore Einaudi, con il [[governo Pella]]), affidando l'incarico ad [[Adone Zoli]], un elemento non di spicco della DC, per guadagnarsi l'appoggio esterno dei socialisti. Tuttavia, le condizioni poste da [[Pietro Nenni]] per appoggiare il nuovo governo non poterono essere accettate dal presidente del Consiglio incaricato<ref name="cita-MontanelliCervi-1989-pp71-74-MontanelliCervi">{{Cita|MontanelliCervi 1989|pp. 71-74|MontanelliCervi}}.</ref>.
[[File:Giovanni Gronchi and Giulio Andreotti 1960 Olympics.jpg|thumb|220x124px|right|Il presidente Gronchi, con alla sua destra [[Giulio Andreotti]], durante l'apertura dei [[Giochi della XVII Olimpiade|Giochi Olimpici]] a [[Roma]] nel 1960]]
[[Adone Zoli]] riuscì a ottenere la fiducia del [[Parlamento della Repubblica Italiana|Parlamento]] solo con l'appoggio dei monarchici e quello della destra neofascista, determinante, sia pure per un solo voto, alla [[Camera dei deputati (Italia)|Camera dei deputati]]; di conseguenza, il 10 giugno 1957 presentò le sue dimissioni, che furono accolte da Gronchi con riserva. Il presidente della Repubblica, per risolvere nuovamente la crisi, inaugurò l'esperienza del mandato esplorativo, che affidò al presidente del Senato [[Cesare Merzagora]], ma che si concluse con un nulla di fatto<ref name="cita-MontanelliCervi-1989-pp71-74-MontanelliCervi"/>. Onde evitare una situazione di ingovernabilità, quindi, Gronchi fu costretto a convincere Zoli a ritirare le dimissioni e a restare in carica fino al termine della legislatura (1958). La comunicazione di ciò alle Camere, da parte di Zoli, non comportò un nuovo voto di fiducia<ref name="cita-MontanelliCervi-1989-pp71-74-MontanelliCervi"/>.
 
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== Gronchi nella cultura di massa ==
[[File:Olympische Spelen te Rome Opening President van Italie Gronchi, Bestanddeelnr 911-5409.jpg|thumb|Giovanni Gronchi (al centro) alle [[Giochi della XVII|Olimpiade Olimpiade|Olimpiadi di Roma]] del 1960]]
 
* La figura di Giovanni Gronchi, per quanto controversa, ha dato la sua impronta a un periodo importante della storia e della politica italiana del [[secondo dopoguerra]], tanto che i giornalisti [[Indro Montanelli]] e [[Mario Cervi]] hanno intitolato il volume della ''[[Storia d'Italia (Montanelli)|Storia d'Italia]]'' dedicato alla seconda parte degli [[anni cinquanta]] e ai primi [[anni sessanta]] del [[XX secolo]] ''L'Italia dei due Giovanni'', accomunando l'importanza storica di Gronchi a quella dell'omonimo pontefice [[Papa Giovanni XXIII|Giovanni XXIII]]<ref>{{Cita libro|autore=Indro Montanelli|autore2=Mario Cervi|titolo=L'Italia dei due Giovanni|città=Milano|editore=Rizzoli|anno=1989}}</ref>.
* Durante il suo viaggio presidenziale a [[Washington]] (1956), Gronchi fu preceduto dalla fama di uomo politico di orientamento progressista, tanto che la sua conferenza stampa fu introdotta da un giornalista con la battuta che il presidente italiano era nato vicino a [[Pisa]] «una città famosa per la sua torre che pende un po' a sinistra»<ref>Sergio Romano, ''cit.'', p. 105.</ref>.
* Fu il primo capo di Stato italiano a visitare l'[[America Meridionalemeridionale]] e il primo presidente a visitare [[Istanbul]]. Il 14 novembre del [[1957]] nella città turca gli furono preparate accoglienze degne di un sovrano. Lo scopo del viaggio fu quello di visitare i molti italiani che erano lì emigrati e di allacciare colloqui diplomatici con il presidente [[Celâl Bayar]]. In [[Argentina]] ebbe accoglienze memorabili e si commosse: era la prima volta che un capo di Stato italiano visitava alcuni Paesi dell'[[America del Sud]]. In un suo discorso al [[Luna Park (Buenos Aires)|Luna Park]] di [[Buenos Aires]], la voce gli si spezzò più volte per l'emozione, rasentando il pianto.
* Gronchi ebbe l'onore di inaugurare due edizioni dei [[Giochi olimpici]]: i [[VII Giochi olimpici invernali]] tenutisi a [[Cortina d'Ampezzo]] nel [[1956]] e i [[Giochi della XVII Olimpiade]] tenutisi a [[Roma]] nel [[1960]].
* Nel 1961 inaugurò anche l'[[Expo 1961|Esposizione Internazionale del Lavoro del 1961]], tenutasi a [[Torino]], e le celebrazioni del [[centenario dell'Unità d'Italia]].
* Il 23 giugno [[1959]] un buffo incidente occorse al presidente nell'ex palco reale del [[Teatro dell'Opera di Roma]]: a causa della disattenzione di un collaboratore che non gli aveva avvicinato la sedia, Gronchi cadde a terra mentre stava accingendosi a sedere al fianco dell'allora presidente francese [[Charles de Gaulle]], che era in visita ufficiale in Italia. Il fatto, taciuto dai principali organi di informazione, fu rappresentato in televisione da una scenetta comica recitata da [[Raimondo Vianello]] e [[Ugo Tognazzi]] all'interno del programma ''[[Un due tre]]'', il quale fu poi cancellato in seguito a tale evento<ref>{{Cita news|url=http://archiviostorico.corriere.it/1996/maggio/27/Dalla_caduta_Gronchi_alla_Scala_co_0_96052710914.shtml|titolo=Dalla "caduta" di Gronchi alla Scala alle "corna" di Leone anti universitari|pubblicazione=Corriere della Sera|data=27 maggio 1996|accesso=16 luglio 2008|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20121103154421/http://archiviostorico.corriere.it/1996/maggio/27/Dalla_caduta_Gronchi_alla_Scala_co_0_96052710914.shtml}}</ref>.
* Nello stesso 1959, Gronchi concesse la [[Grazia (diritto)|grazia]], dopo trentadue anni di detenzione, all'ergastolano [[Sante Pollastri]], al quale il cantautore [[Luigi Grechi]] dedicherà, nel [[1993]], la canzone ''[[Il bandito e il campione]]'', ispirata alle vicende di Pollastri e del ciclista [[Costante Girardengo]]. Della stessa vicenda sarà poi pubblicato un libro di [[Marco Ventura]] e prodotta la [[fiction]] [[Rai]] ''[[La leggenda del bandito e del campione]]'', con [[Giuseppe Fiorello]] nel ruolo del protagonista.