Giovanni Gronchi: differenze tra le versioni
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Leone ufficializzò poco dopo l'elezione del nuovo capo dello Stato e ne venne poi eletto successore come presidente della Camera. Secondo il regolamento, quando Gronchi si alzò e si ritirò nel suo ufficio, anche il [[presidente del Senato]] [[Cesare Merzagora]] – che gli era vicino – lasciò il posto al vice presidente del Senato, che sedette accanto al vicepresidente Leone<ref>L'analoga elezione di un altro presidente della Camera a capo dello Stato (quella di [[Oscar Luigi Scalfaro]] nel 1992) non vide ripetersi l'insolita scena, in quanto l'uomo politico, essendo a conoscenza del consenso dei grandi elettori sul suo nome, evitò di presiedere la seduta comune che l'avrebbe poi eletto presidente della Repubblica, lasciando tale compito all'allora vicepresidente della Camera [[Stefano Rodotà]], che procedette all'intero scrutinio e proclamò il risultato.</ref>.
=== Politica estera del
[[File:Giovanni Gronchi 1961.jpg|thumb|left|Il presidente della Repubblica Giovanni Gronchi nel 1961]]
Durante il suo mandato, Gronchi tentò di adottare una politica estera di equidistanza tra i blocchi, personale e parallela a quella governativa, ma trovò l'opposizione della [[Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale|Farnesina]] e dei governi alleati della [[NATO]]<ref>
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Un altro momento acuto di crisi si ebbe nel marzo del [[1957]], quando il presidente Gronchi scrisse personalmente una lettera indirizzata al presidente degli Stati Uniti [[Dwight D. Eisenhower|Dwight Eisenhower]] contenente rilevanti obiettivi di politica estera. La lettera fu redatta senza che fosse consultato preventivamente il governo, ma soltanto trasmessa per la controfirma successiva del ministro competente<ref name=fabrizio>Fabrizio Rossi Longhi, ''Il messaggio 'ritenuto' del presidente Gronchi al Presidente Eisenhower'', in: Marcello Saija (a cura di), ''Gaetano Martino. Scienziato, rettore, statista (1900-1967)''. Atti del Convegno internazionale di studi, Messina, 24-26 novembre 2000, Trisform, Messina, 2003.</ref>. Tale prassi, oltre ad essere irrituale<ref>Vittorio Zincone, ''Presidente e Governo'', ''[[Il Tempo]]'', 14 giugno 1957.</ref>, avrebbe ingenerato un pericoloso precedente interpretativo della [[Costituzione della Repubblica Italiana|norma costituzionale italiana]], autorizzando ''de facto'' il presidente della Repubblica ad indicare al governo le linee da adottare in politica estera. Onde evitare pericolosi «scivolamenti» verso il [[Repubblica presidenziale|presidenzialismo]], pertanto, l'allora ministro degli esteri [[Gaetano Martino]], previo scambio di note con il presidente del Consiglio [[Antonio Segni]], decise di ritenere il messaggio del capo dello Stato e di non inoltrarlo al destinatario statunitense<ref name=fabrizio/>.
[[File:Gronchi Dulles 1955.jpg|thumb|220x124px|right|Gronchi insieme al [[segretario di Stato degli Stati Uniti]] [[John Foster Dulles]] nel 1955]]
Gronchi, tuttavia, non rinunciò alla sua diplomazia personale, ma con esiti irrilevanti. Preparò con cura un suo viaggio a [[Mosca (Russia)|Mosca]] (febbraio [[1960]]), sperando di trovare un'interlocuzione sui suoi progetti di mediazione dell'Italia nei rapporti Est-Ovest e, soprattutto, sul problema tedesco, ma si trovò di fronte l'atteggiamento ironico e tracotante<ref>Silvio Bertoldi, ''L'italiano che seppe tener testa a Krusciov'', ''[[Oggi (periodico)|Oggi]]'', 26 gennaio 1961.</ref> di [[Nikita Sergeevič Chruščёv|Nikita Krusciov]], che lo irrise di fronte alla stampa<ref>Sergio Romano, ''cit.'', pp. 113-114.</ref> provocando una messa a punto della diplomazia italiana a viaggio concluso. L'episodio è stato descritto da Tito Lucrezio Russo, in ''
[[File:Gronchi Heuss 1957.jpg|thumb|220x124px|right|Il [[presidente della Repubblica Italiana]] Giovanni Gronchi con il [[presidente della Repubblica Federale Tedesca]] [[Theodor Heuss]], 1957]]
Maggior successo, in politica estera, ebbe il suo appoggio personale alle aperture terzomondiste del ruolo economico dell'Italia operate dal presidente dell'[[Eni]], [[Enrico Mattei]], proprio in quegli anni<ref>Sergio Romano, ''cit.'', pp. 106-107.</ref>.
=== Cerimonia della imposizione della berretta cardinalizia ===
Durante il suo mandato, il presidente Gronchi, il 17 dicembre 1958, impose la [[berretta]] cardinalizia all'allora [[Nunziatura apostolica in Italia|nunzio]] mons. [[Giuseppe Fietta]]<ref>{{cita web|url=http://camera.archivioluce.com/camera-storico/scheda/foto/i_presidenti/00031/IL0000008459/11/Imposizione-della-berretta-al-nunzio-apostolico-Fietta-da-parte-di-Gronchi.html?indexPhoto=2|titolo=
Imposizione della berretta al nunzio apostolico Fietta da parte di Gronchi|data=17 dicembre 1958}}</ref><ref>{{cita web|url=https://archivio.quirinale.it/aspr/fotografico/PHOTO-002-026640/presidente/giovanni-gronchi/ricevimento-del-corpo-diplomatico-auguri-capodanno-e-imposizione-della-berretta-cardinalizia-al-cardinale-giuseppe-fietta|titolo=Mercoledì
17 dicembre 1958: Presidenza Giovanni Gronchi
Ricevimento del Corpo Diplomatico per gli auguri di Capodanno e imposizione della berretta cardinalizia al Cardinale Giuseppe Fietta (Foto)|data=17 dicembre 1958}}</ref>. Questa cerimonia<ref>Cerimonia per la consegna della berretta cardinalizia effettuata, in data precedente, al Palazzo del Quirinale anche dal [[Luigi Einaudi|presidente Einaudi]] il 14 gennaio 1953 (il neo-cardinale [[Francesco Borgongini Duca]]); invece per la Francia: [[Palazzo dell'Eliseo|all'Eliseo]], da parte del [[Vincent Auriol|presidente Auriol]], il 15 gennaio 1953 la nomina a cardinale del futuro [[Papa Giovanni XXIII|pontefice Giovanni XXIII]].</ref> era riservata per privilegio ad alcuni [[Capo di Stato|capi di Stato]] di nazioni cattoliche. La norma verrà abolita da [[Papa Paolo VI|Paolo VI]], non solo a motivo di essere oramai superata ma anche della paura di possibili abusi nel caso ci fossero governi autoritari.
=== Tentativi di apertura a sinistra ===
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* La figura di Giovanni Gronchi, per quanto controversa, ha dato la sua impronta a un periodo importante della storia e della politica italiana del [[secondo dopoguerra]], tanto che i giornalisti [[Indro Montanelli]] e [[Mario Cervi]] hanno intitolato il volume della ''[[Storia d'Italia (Montanelli)|Storia d'Italia]]'' dedicato alla seconda parte degli [[anni cinquanta]] e ai primi [[anni sessanta]] del [[XX secolo]] ''L'Italia dei due Giovanni'', accomunando l'importanza storica di Gronchi a quella dell'omonimo pontefice [[Papa Giovanni XXIII|Giovanni XXIII]]<ref>{{Cita libro|autore=Indro Montanelli|autore2=Mario Cervi|titolo=L'Italia dei due Giovanni|città=Milano|editore=Rizzoli|anno=1989}}</ref>.
* Durante il suo viaggio presidenziale a [[Washington]] (1956), Gronchi fu preceduto dalla fama di uomo politico di orientamento progressista, tanto che la sua conferenza stampa fu introdotta da un giornalista con la battuta che il presidente italiano era nato vicino a [[Pisa]] «una città famosa per la sua torre che pende un po' a sinistra»<ref>Sergio Romano, ''cit.'', p. 105.</ref>.
* Fu il primo capo di Stato italiano a visitare l'[[America
* Gronchi ebbe l'onore di inaugurare due edizioni dei [[Giochi olimpici]]: i [[VII Giochi olimpici invernali]] tenutisi a [[Cortina d'Ampezzo]] nel [[1956]] e i [[Giochi della XVII Olimpiade]] tenutisi a [[Roma]] nel [[1960]].
* Nel 1961 inaugurò anche l'[[Expo 1961|Esposizione Internazionale del Lavoro del 1961]], tenutasi a [[Torino]], e le celebrazioni del [[centenario dell'Unità d'Italia]].
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