Apollonio Rodio: differenze tra le versioni

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{{F|letteratura greca|giugno 2022}}
[[File:Argonautica.tif|miniatura|''Argonautica'', 1572. Da [[Biblioteca europea di informazione e cultura|BEIC]], biblioteca digitale]]
{{Bio
|Nome = Apollonio Rodio
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|Nazionalità = greco antico
|PostNazionalità = <ref>{{Treccani|apollonio-rodio|Apollònio Rodio|accesso=15 luglio 2019}}</ref>
|Immagine = Argonautica.tif
|Didascalia = ''Argonautica'', 1572
}}
 
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Figlio di Silleo (o Illeo) e di Rode, compì i suoi studi ad Alessandria, dove fu discepolo di [[Callimaco]] e compagno di studi di [[Eratostene]], divenendo, all'età di circa 30 anni, bibliotecario della [[Biblioteca di Alessandria]] dal re [[Tolomeo II Filadelfo]], succedendo a [[Zenodoto]]<ref>''P. Oxy.'' X, 1241.</ref>; contemporaneamente ebbe l'incarico dell'educazione del figlio di Tolomeo II Filadelfo, il futuro [[Tolomeo III]] Evergéte.
 
Secondo il lessico bizantino ''[[Suda (enciclopedia)|Suda]]'' dovette andare in esilio a [[Rodi]] per la scarsa considerazione che i suoi concittadini diedero alla sua opera principale, dove sarebbe vissuto fino alla sua morte, intorno al 215; per via di questa vicenda fu soprannominato "Rodio". A questo suo trasferimento, secondo la tradizione, non sarebbe estraneeestranea la sopraggiunta inimicizia con [[Callimaco]], che affermava che l'unico requisito della poesia era l'essenzialità lirica e per questo condannava tutta l'epica antica per la sua incapacità di mantenere una continuità di tono e di ispirazione. Queste, e altre affermazioni non meno rivoluzionarie, fra cui ricordiamo la celebre «Μέγα βιβλίον, μέγα κακόν» (grande libro, grande male), avrebbero visto contrapposto Apollonio, spalleggiato da [[Asclepiade di Samo|Asclepiade]] e [[Posidippo]], ed eruditi come [[Prassifane di Mitilene]].
 
Occorre però ricordare che, come sostiene una buona parte di critica, non è possibile che nell'Alessandria di quel tempo fra Callimaco ed Apollonio non ci sia stato alcun rapporto, ma è eccessivo intendere questi rapporti come quelli maestro-allievo, e si fonda su basi incerte e spesso erronee il mito della rivalità con l'altro poeta. Infatti la maggioranza delle allusività reciproche sono state trovate nelle loro opere a torto; non la prova la supposizione della Suda, secondo cui l{{'}}''Ibis'' (un poemetto calunnioso di Callimaco) avesse per bersaglio Apollonio; non la prova la dubbia paternità dell'epigramma "Contro Callimaco" dell{{'}}''[[Antologia Palatina]]''; infine, circa il Prologo degli ''Aitia'', gli scoli fiorentini sostengono che non colpiva Apollonio.<br />
 
== Opere ==
=== Le Argonautiche ===
{{Vedi anche|Le Argonautiche}}
Fu autore del poema epico "[[Le Argonautiche (Apollonio Rodio)|Le Argonautiche]]", in quattro libri, che narra il viaggio di [[Giasone (mitologia)|Giasone]] e della sua nave "Argo". Durante il soggiorno a Rodi, è possibile che Apollonio abbia scritto una seconda edizione de "Le Argonautiche", in quanto le fonti antiche parlano di una ''proèkdosis'' (edizione preliminare) ed una ''èkdosis'' (edizione).
 
=== Opere minori ===
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Gli erano attribuiti anche degli epigrammi, non giunti, tranne uno, dubbio, contro [[Callimaco]]<ref>''Antologia Palatina'', XI, 275.</ref>ː
{{citazione| Callimaco, sozzura, bagattella, testa vuotaː <br />
Callimaco è il colpevole (''aitios'') che scrisse gli ''Aitia''ǃ|trad. A. D'Andria}}
 
Testimonianza del suo lavoro critico su Omero è una proposta della [[Lezione (filologia)|lezione]] κεφαλάς ''kefalàskephalàs'' (teste) al verso 3 del primo libro dell{{'}}''[[Iliade]]''; inoltre accettò la variante di [[Zenodoto]] δαῖτα ''dàita'' del verso 5, mentre la lezione più comune, quella adottata successivamente da [[Aristarco di Samotracia]], recita "mandò in pasto ai cani forti anime d'eroi e a tutti gli uccelli". Come osservano ironicamente [[Rudolf Pfeiffer|Pfeiffer]] ed [[Giancarlo Abbamonte|Abbamonte]], un'anima è un "pasto leggero" per gli animali ed inoltre l'espressione "forti anime" non ha troppo senso e non è mai attestata altrove; Apollonio Rodio si rese conto della difficoltà del testo e propose invece kefalàsκεφαλάς (teste) così che il pasto diventasse più "lauto"; inoltre l'espressione "forti teste" è ben attestata in Omero ed Esiodo e sempre col significato metaforico di "forti corpi" assolutamente adatto al contesto.
Sappiamo che adottò la lezione zenodotea dàita (pasto) così che il testo risultasse "cibo per i cani e pasto per gli uccelli": lo deduciamo da due passi, distanti poche decine di versi, del secondo libro delle Argonautiche in cui usa il termine dàita. Così facendo rimarca il termine e ne indica, collocandolo in un poema di imitazione di [[Omero]], implicitamente l'autenticità omerica.