Pensiero di Hegel: differenze tra le versioni
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{{torna a|Georg Wilhelm Friedrich Hegel}}
▲[[File:Hegel portrait by Schlesinger 1831.jpg|thumb|200px|Georg Wilhelm Friedrich Hegel]]
La '''filosofia di Georg Wilhelm Friedrich Hegel''' rappresenta una delle linee di pensiero più profonde e complesse<ref>Francesco Coniglione, Michele Lenoci, Giovanni Mari, Gaspare Polizzi, ''Manuale di base di storia della filosofia. Autori, indirizzi, problemi'', Firenze University Press, 2009, p.140</ref>
della [[
Hegel sviluppò un quadro teorico completo come non veniva sviluppato dall'epoca di [[Platone]] e [[Aristotele]], un "sistema"<ref>''Sapere.it'' alla voce ''Sistema hegeliano''</ref> (idealismo assoluto), studiando il rapporto tra [[mente]] e [[natura]], [[soggetto (filosofia)|soggetto]] e [[Oggetto (filosofia)|oggetto]] della [[conoscenza]] e della [[psicologia]]; e tenendo conto nella sua prospettiva dello [[Stato]], della [[storia]], dell'[[arte]], della [[religione]] e della [[filosofia]]. In particolare, ha sviluppato un [[concetto]] di mente o [[spirito (filosofia)|spirito]],
Da Hegel, sia accogliendo le sue proposizioni che rifiutandole, si sviluppa gran parte della filosofia moderna, dagli sviluppi successivi della [[Romanticismo#
==Nascita e sviluppo del sistema==
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Nel [[1817]] pubblicò un'esposizione completa e sistematica della sua filosofia, l'''[[Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio]]''. Nel [[1818]] gli venne offerta la cattedra di filosofia che era stata di [[Johann Fichte]] all'[[Humboldt-Universität zu Berlin|Università di Berlino]], dove rimase fino alla morte, avvenuta nel [[1831]] a causa di un'epidemia di [[colera]].
=== Scritti teologici giovanili ===
Nel periodo trascorso a [[Berna]] e a [[Francoforte sul Meno|Francoforte]], dal [[1794]] al [[1800]], Hegel redasse i saggi pubblicati postumi nel 1907 a cura di Herman Nohl col titolo di ''[[Scritti teologici giovanili]]''.<ref>
Nello scritto ''[[Religione popolare e cristianesimo]]'' ([[1794]]), la [[religione]] popolare (''Volksreligion'') è quella che Hegel definisce [[soggettività|soggettiva]] perché ''impegna la [[Immaginazione|fantasia]] e il cuore'' della singola persona ed è insieme ''pubblica'', perché s'identifica con i costumi e le istituzioni di un popolo, come avveniva nella religione della ''[[polis]]'' greca. La città - Stato [[Grecia|greca]], secondo Hegel, che riprende motivi di [[Friedrich Hölderlin|Hölderlin]], [[Friedrich Schiller|Schiller]] e [[Gotthold Ephraim Lessing|Lessing]], è una comunità organica di persone le quali sono, in modo concreto (''concretum'', cresciuto insieme), cittadini e religiosi insieme, ove si realizza la ''vera libertà'' che esclude sia le forme oppressive della comunità sull'individuo che l'indipendenza di ogni individuo dalla comunità; vera libertà è la possibilità di realizzare la propria volontà nella realtà politica, sociale e religiosa della comunità alla quale si appartiene.
Il [[Cristianesimo]] è invece una religione ''privata'' e ''
Nella ''[[La vita di Gesù]]'' ([[1795]]) Hegel ne espone la biografia - senza riferimenti all'[[incarnazione]], ai [[miracolo|miracoli]], alla sua divinità e alla [[resurrezione]] - e l'insegnamento, considerato equivalente alla legge morale [[Immanuel Kant|kantiana]], sulla scorta della ''[[La religione entro i limiti della semplice ragione|Religione entro i limiti della sola ragione]]'' di Kant. Hegel ha sostenuto che ''"Gesù ha essenzialmente insegnato l'[[imperativo categorico|imperativo categorico kantiano]]"'': «''Fate che valga per voi quel che volete che valga come legge universale fra gli uomini''».<ref>«Così Hegel produce una costante traduzione delle parole di Gesù in altrettante espressioni kantiane così come del filosofo di Königsberg tende a riproporre il tessuto concettuale e teoretico in merito alla dottrina dell'etica e della religione.» (in [http://www.filosofico.net/hegelvitagesuuuuuue4.htm ''Guida allo studio della Vita di Gesù'' di Hegel. A cura di Maurizio Pancaldi ]</ref><ref>«Hegel arriva ad attribuire a Gesù la stessa formulazione dell'imperativo categorico kantiano: "Agite secondo una massima tale che, ciò che voi volete che valga come legge universale fra gli uomini, valga anche per voi».</ref>
Ne ''[[La positività della religione cristiana]]'' ([[1796]]) Hegel rintraccia nell'ambiente e nella cultura [[ebreo|ebraica]], incapace di cogliere la spiritualità dell'[[etica]] cristiana, legata com'è all'esteriorità del formalismo [[fariseo|farisaico]], la causa dell'involuzione della religione naturale in una religione positiva, ossia tradotta in [[dogma|dogmi]], perché fondata sulla [[rivelazione]] divina e sulla struttura autoritaria della [[Chiesa (
Ebreo che si rivolge agli ebrei, Gesù è costretto a presentarsi come [[Messia]], a fondare il cristianesimo sulla rivelazione di Dio, a operare miracoli, a istituire un [[sacerdozio]] che ne conservi l'insegnamento, negando la libertà di pensiero: in questo modo la ragione diviene ''passiva'' e non ''legislativa''.
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Con l'avvento del [[Cristianesimo]] ecclesiastico e [[dogma]]tico si è verificata invece la separazione dell'individuo dalla vita politica e religiosa. Questo non accadeva con la religione predicata da [[Gesù]] che era fondata sull'unità degli aspetti razionali e sensibili dell'uomo, ed era quindi più vicina al mondo [[Grecia|greco]], capace di godere della [[natura]] e di vivere la vita religiosa in comunanza con quella [[politica]]. Il mondo greco quindi espressione di quella totalità-unione che si è persa con la morte di Cristo.
Si deve al popolo ebraico infatti questa scissione tra l'uomo e [[Dio]]. Nella loro antica [[storia]] l'origine di questa separazione è stata l'esperienza del [[diluvio universale]] che ha portato gli [[ebreo|ebrei]] a concepire una natura ostile da cui poteva salvarli solo il loro potente Dio [[trascendente]] e lontano da loro: il Dio di Mosè che ha dato loro le tavole dei [[comandamenti]]. L'uomo e la natura sono niente, Dio è tutto. Quindi per gli ebrei la natura è nemica, e diversi e ostili sono gli altri uomini, poiché essi soli sono il popolo eletto che non deve confondere l'unico Dio con gli dei di altri popoli.
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==== La critica a Kant ====
Hegel, come già i pre-romantici e i [[romanticismo|romantici]], critica [[Immanuel Kant|Kant]] per il suo [[dualismo]], ovvero per la contrapposizione fra [[fenomeno]] e [[noumeno]]. In questo modo Kant dimostra di non avere la concezione dell'Assoluto che implica il superamento tra finito ed infinito nell'Assoluto. In secondo luogo, Hegel critica l'intento di Kant di volere realizzare una filosofia del finito, vale a dire la sua missione di rintracciare soltanto l'esistenza delle ''colonne d'Ercole'' della conoscenza umana<ref>''Critica della ragion pura'', A 395.</ref>, cioè della Ragione oltre la quale c'è l'inconoscibilità razionale della metafisica. Ma se Kant si propone di criticare la Ragione ancor prima di conoscerla, egli non farà altro che tentare di imparare a nuotare, prima ancora di buttarsi in acqua. La ragione invece può cogliere l'Assoluto. Bisogna restituire al popolo tedesco la metafisica. «Un popolo senza metafisica è come un tempio senza santuario»<ref>Hegel, ''Scienza della logica'', Prefazione alla prima edizione</ref>.
Muove quindi la critica al Criticismo: nella Prefazione alla ''Filosofia del Diritto'', afferma che criticare è facile, la mentalità superficiale critica sempre, Kant vede solo il negativo che è solo un momento -l'antitesi- e una parte della realtà, invece bisogna considerare la realtà nella sua totalità: il vero è l'intero.
Per Hegel Kant
{{
La filosofia di Kant ha affermato l'inconoscibilità dell'Incondizionato/infinito, e ridotto la conoscenza delle cose finite, l'anima e il mondo, alla sola manifestazione sensibile, nell'impossibilità anche per questi di conoscere la cosa in sé e per sé; perdendosi in un vuoto discorso sulle forme del sapere.
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{{vedi anche|Fenomenologia dello spirito}}
Hegel sviluppa il tema della risoluzione del finito nell'[[infinito (filosofia)|infinito]] nella Fenomenologia dello Spirito (laddove fenomenologia significa ''Scienza di ciò che appare''). La fenomenologia è la ''storia romanzata'' dello Spirito (Geist) che si ripercorre a partire dalla forme più semplici della coscienza individuale; potremmo dire che la ''Fenomenologia'' sia il ricongiungersi dell'universale con sé stesso, attraversando il concreto: in pratica è come se nella dottrina hegeliana esistessero due piani separati che s'intersecano e sovrappongono quando l'Assoluto s'incarna nello Spirito soggettivo.
[[File:Fenomenologia.svg|300px|
*Il primo percorso è quello della coscienza individuale verso il possesso dell'Assoluto ed è questa la strada indicata nella ''Fenomenologia''.
*Il secondo cammino è quello dell'Assoluto che attraverso gli stadi dialettici dello sviluppo logico di [[Idea]] (con la corrispondente dottrina della Logica) - [[Natura]] (studiata dalla Filosofia della Natura) - [[Spirito (filosofia)|Spirito]] (descritto nella Filosofia dello Spirito
Hegel riproporrà infine l'intero percorso, sia quello individuale che quello dello stesso Assoluto, nella ''[[Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio]]''.
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Per Hegel è fondamentale superare le opposizioni e le scissioni della mente (ad esempio fenomeno/noumeno kantiano oppure Essere immutabile di Parmenide/Essere in divenire di Eraclito).
Il fine di Hegel (e di conseguenza della sua filosofia) è quello di costruire una totalità unificata, che chiamerà Spirito Assoluto, superando questa armonia scissa e, pertanto, il compito della filosofia sarà quello di costruire questo Assoluto al fine di superare le opposizioni e le scissioni.
Lo stesso Hegel dice: "l'interesse della Ragione è raggiungere una sintesi unificata", cioè l'unione tra in sé
La conflittualità che per prima cosa Hegel deve risolvere è la dualità Finito/Infinito.
Egli non vuole né ridurre l'infinito ad una molteplicità di finito né considerare il finito come molteplicità dell'infinito. Hegel, dunque, deve mettere sullo stesso piano Finito e Infinito insieme, sostenendo che ''il mondo non è altro che la manifestazione e realizzazione dell'infinito''.<ref>Gianluigi Pasquale, ''La ragione della storia'', Bollati Boringhieri, p. 20 e sgg.</ref>
Il finito, costituito dalle sue parti finite, esiste solo e unicamente in funzione dell'Infinito. Ciò significa che una parte di finito presa singolarmente per Hegel non esiste.
Per comprendere a fondo questo concetto hegeliano, è necessario rifarsi alla concezione romantica (di impronta schellinghiana) della Natura, intesa come Organismo vitale. Essa, infatti, è costituita da parti, le quali singolarmente non esistono, ma insieme formano il Tutto (Il Tutto al di sopra della Parte). Questa concezione che risale al pensiero [[Baruch Spinoza|spinoziano]], sarà in seguito definita come "[[olismo]]". In particolare il sistema filosofico hegeliano è stato chiamato "Monismo Panteistico Dinamico"<ref>''Enciclopedia filosofica: Conrad-Martius'', C. Sansoni, 1967, p. 20</ref>.
In questo senso Hegel si avvicina in parte al concetto di Sostanza già presente in Spinoza, salvo che l'Assoluto è Soggetto dinamico in divenire, Pensiero di Pensiero (Aristotele).
La realtà, dunque, non è [[sostanza (filosofia)|sostanza]] ma Soggetto, Spirito. Il soggetto inteso come attività, processo, automovimento, rappresenta un'acquisizione moderna resa possibile ad Hegel dalla scoperta di [[Immanuel Kant|Kant]] dell'"io penso" (l<nowiki>'</nowiki>''appercezione [[trascendentale]]''). La realtà dunque è Spirito infinito e non è più rappresentata dalla sostanza [[statica]]mente al di sotto delle cose ricoperte dalla loro apparenza [[fenomeno|fenomenica]]. La realtà è soggetto, attività, automovimento. Non sono le cose che procedono dall'Assoluto ma l'Assoluto è questo stesso procedere.
Cosicché le vicende del mondo non sono estranee alla [[storia]] dello [[Spirito (filosofia)|Spirito]]. La storia del mondo è la storia stessa di Dio, è la storia dell'avvento dello Spirito, del realizzarsi della [[ragione]].<ref>Luigi Gandini, ''In dialogo con la Filosofia'', vol. II, Edizioni Lulu, 2010, ''passim''</ref>
=== Identità fra ragione e realtà ===
<div align="center">{{
La [[ragione]] (Vernunft), per Hegel non è
*Con la prima parte della formula ("''ciò che è razionale è reale''"), Hegel vuole dire che ciò che è ragionevole diventa realtà, si attua in forme concrete. Un ideale razionale prima o poi si realizza. E se non si realizza, vuol dire che non è razionale. Quindi, secondo Hegel, gli ideali e i programmi politici che non si sono mai tradotti in atto, si sono dimostrati, proprio per questo, irrazionali e senza alcun valore, delle vane [[fantasia (filosofia)|fantasie]] di esaltati. Per sapere se un programma politico o un'[[ideologia]] è giusta, è razionale, bisogna vedere se si attua concretamente nella [[storia]].<ref>Questa prima parte della formula riprende evidentemente la conclusione cartesiana del ''cogito ergo sum'' per il quale è veramente razionale ciò che trova la sua corrispondenza nella realtà</ref>
*La seconda parte della formula ("''ciò che è reale è razionale''") dice che in tutto ciò che è reale (nella natura e nella storia) si può rintracciare un'intrinseca razionalità. La realtà, cioè l'insieme dei fenomeni naturali e degli eventi storici, non è una materia caotica, caratterizzata dal [[Caso (circostanza)|caso]], ma ha un suo sviluppo [[logica|logico]], poiché è il manifestarsi di una struttura razionale (l'Idea, o Ragione), che è inconsapevole nella natura e consapevole nell'uomo. Tutto ciò che esiste ''deve'' poter essere compreso. Non esiste veramente nulla che la nostra ragione non sia in grado di capire. Pertanto, il manifestarsi di un'azione reale è rintracciabile nella sola Ragione, origine e procedimento del reale stesso.<ref>Diego Fusaro, ''op.cit.'', ''ibidem''</ref>
Allora la [[logica]], che studia i processi del pensiero, troverà la sua corrispondenza nella [[metafisica]], che studia i processi della realtà. Una delle colpe di Kant è stata quella di avere privato con il [[criticismo]] il popolo tedesco della metafisica, ma un popolo senza metafisica è come «un tempio senza santuario». Bisogna restituire alla speculazione la metafisica identificandola con la logica.
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=== Funzione giustificatrice della filosofia ===
Una volta appurato che la realtà è ragione e di conseguenza idea, e che tutto ciò che avviene è razionale, si tratta di stabilire quale sia il compito della [[filosofia]]. Hegel lo riscontra nel semplice ''prendere atto della realtà'' quale essa sia. La filosofia non deve prefiggersi di trasformare la realtà, come dirà [[Marx]]. La filosofia, essendo la più alta e compiuta manifestazione dell'Assoluto, non può essere presente in ogni stadio del pensiero umano, ma solo alla fine del percorso, quando la realtà è già compiuta e non vi è più nulla da trasformare. Si tratta di rendere sistematico e organico il processo descrittivo di "ricapitolazione"<ref>Anna Giannatiempo Quinzi, ''Il "cominciamento in Hegel"''. Edizioni di Storia e Letteratura, 1983 pag. 210 e sgg.</ref>. Ecco dunque che la filosofia altro non deve se non ''giustificare''.<ref>Ubaldo Nicola, ''Antologia di filosofia. Atlante illustrato del pensiero'', Giunti Editore, 2003 p.355 e sgg.</ref>
Ad ogni modo, anche se si ammette l'esistenza dell'[[Accidente (filosofia)|accidentale]] nella natura e nella storia, la trama [[essenza (filosofia)|essenziale]] del mondo, gli aspetti che contano nell'[[universo]], restano, per Hegel, razionali e necessari. E se il reale è razionale, per Hegel la [[filosofia]] deve sostanzialmente accettare la realtà presente, senza contrapporre ad essa degli ideali alternativi (poiché la realtà, sostanzialmente, è già come deve essere). Compito della filosofia è prendere atto della realtà storica e giustificarla con la ragione.
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La filosofia, però, può spiegare la realtà solo al termine del suo processo di realizzazione. Infatti, un periodo storico può essere pienamente compreso solo al termine del suo sviluppo, quando ha espresso tutte le sue potenzialità.
Hegel sostiene che la filosofia è simile alla Nottola di Minerva<ref>Hegel, Prefazione ai ''Lineamenti di filosofia del diritto''
=== La dialettica ===
L'Assoluto, per Hegel, è fondamentalmente il [[divenire]]. La legge che regola tale divenire - e cioè la legge dell'Assoluto - è la ''dialettica''.<ref>Ubaldo Nicola, ''op.cit.'', p.358 e sgg.</ref> La dialettica è in primo luogo la [[legge]] della [[razionalità]], cioè il principio universale che fissa i rapporti fra i [[concetto|concetti]] opposti del pensiero. Ma la dialettica è anche la legge della [[realtà]], cioè chiave stessa dell'[[universo]], dato che la realtà (la [[natura]] e il mondo umano della [[storia]]) è una manifestazione della razionalità. La dialettica è una proprietà dei pensieri e una proprietà delle cose. Anche il mondo, in ogni sua parte, nella natura e nella storia, porta le tracce di questa legge.
Il concetto di dialettica, nella tradizione filosofica, ha ricevuto significati diversi. Per [[Immanuel Kant|Kant]], dialettica è l'attività della ragione che si dibatte in insanabili contraddizioni quando abbandona il terreno dell'[[esperienza]]. Per [[Johann Gottlieb Fichte|Fichte]] dialettico è lo sviluppo dell'Io che procede attraverso tre momenti: uno positivo (tesi), uno negativo di opposizione (antitesi), e uno di conciliazione degli opposti tramite limitazione (sintesi).
Hegel riprende la concezione triadica fichtiana secondo cui i rapporti fra i concetti si articolano in tre momenti (tesi, antitesi e sintesi). Questi termini, però non compaiono in Hegel<ref>
*il 1º momento è definito intellettivo astratto, o l'idea in sé (studiata dalla logica)
*il 2º momento è definito razionale negativo o dialettico, o l'idea fuori di sé (studiata dalla filosofia della natura)
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Il 1º momento ''intellettivo astratto'' consiste nel considerare i concetti opposti del pensiero come del tutto distinti e separati gli uni dagli altri. Questo modo di pensare i concetti opposti, come sussistenti di per sé e senza influenze reciproche (il bene distinto dal male, la vita dalla morte, ecc.), è opera dell'[[intelletto]] (Verstand), che si lascia guidare dal principio di identità e di [[principio di non-contraddizione|non contraddizione]], secondo cui ogni cosa è uguale a se stessa ed è assolutamente diversa dalle altre.
Per l'intelletto (Verstand), ad esempio, il bene è bene e basta, e per esistere non ha bisogno che di se stesso, la vita è vita e basta, ecc. Si tenga presente che per Hegel l'intelletto è la facoltà del dividere, del classificare, che separa e irrigidisce i concetti. La ragione (Vernunft), invece, è la facoltà che li mette in movimento e ne coglie l'unità.
L'intelletto è il [[Astrazione (filosofia)|pensiero astratto]], la ragione è il pensiero concreto.
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Nel 3º momento, ''razionale positivo o speculativo'', la ragione si rende conto che ogni coppia di idee opposte si trova sempre contenuta in un'altra idea superiore che ne rappresenta la sintesi, ossia la loro correlazione. L'idea del vendere è l'opposto di quella del comprare, ma l'una non può sussistere senza l'altra, ed entrambe sono contenute nell'idea del [[commercio]] (sintesi) che le mette in correlazione.
Il terzo momento è detto anche della ''negazione della negazione'', giacché in esso gli opposti vengono negati nella loro negatività (cioè nella loro separazione) e affermati nella loro unità in un concetto superiore. Il terzo momento è detto anche del ''superamento'', parola italiana che traduce il sostantivo tedesco "Aufhebung",
Ma la sintesi, a sua volta, diviene tesi di una successiva triade, e così via. In tal modo lo spirito passa da sintesi particolari a sintesi sempre più vaste. Ad esempio, il mercato è solo una delle componenti di una sintesi più vasta, la società, e questa di una sintesi ancora più ampia, lo Stato, ecc.
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==L'ultimo Hegel==
Nella
Andando oltre la [[teodicea]] di [[Leibniz]], secondo Hegel il male presente in ogni aspetto dell'esistenza, il [[pantragismo]], rientra nell'[[ottimismo]] dialettico in cui la negatività viene conservata e superata dalla sintesi della razionalità, il [[panlogismo]].
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Invece nel pensiero dell'ultimo Hegel sorge una drastica dissociazione da questo processo dialettico che, mediante il ''logico'', neutralizzerebbe il ''tragico'' rendendolo giustificabile e quindi giusto ([[pangiustificazionismo]]).
Infatti, nella famosa sezione dedicata all'"[[astuzia della
* l'[[alienazione#Hegel|alienazione]] (''Entäusserung'') dello Spirito assoluto, che è riconciliabile (''Versöhnung'') con se stesso, e
* l'[[estraniazione]] (''Entfremdung'') dello spirito soggettivo e personale, il quale invece non ne può ricavare alcuna consolazione e conforto.
L'ottimistica visione esistenziale svanisce davanti alla constatazione del persistere della [[
==Note==
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*[[Ernst Bloch]], ''Soggetto - oggetto. Commento a Hegel'', Il Mulino, Bologna, Il Mulino, 1975.
*[[Remo Bodei]], ''Sistema ed epoca in Hegel'', Il Mulino, Bologna 1975.
*[[Claudio Cesa]] (a cura di), ''Guida a Hegel'', Laterza, Roma-Bari 2004.
*[[Benedetto Croce]], ''Saggio sullo Hegel'', Bibliopolis, Napoli, 2006.
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*[[György Lukács]], ''Il giovane Hegel e i problemi della società capitalistica'', Einaudi, 1960.
* Alexander Magee, ''Hegel e la tradizione ermetica'', Edizioni Meditarrenee, 2013.
* ̪[[Herbert Marcuse]], ''Ragione e rivoluzione: Hegel e il sorgere della teoria sociale'', Il Mulino, Bologna, 1997.
* Arturo Massolo, ''Logica hegeliana e filosofia contemporanea'', Giunti Marzocco, Firenze 1967.
* [[Costanzo Preve]], ''Hegel Marx Heidegger'', C.R.T., Pistoia 1999.
* Costanzo Preve, ''Hegel antiutilitarista'', Settimo Sigillo, Roma 2007.
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*[[Idealismo tedesco]]
*[[Fenomenologia dello spirito]]
*[[La vita di Gesù]]
*[[Scienza della logica]]
*[[Uno (filosofia)]]
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{{Portale|filosofia}}
[[Categoria:Posizioni e teorie filosofiche
[[Categoria:Idealismo tedesco|Hegel, Georg]]
[[Categoria:Georg Wilhelm Friedrich Hegel]]
[[Categoria:Filosofia romantica]]
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