Barlaam e Iosafat: differenze tra le versioni

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{{Santo
[[File:Battistero di parma, portale sud 03 leggenda di barlaam.JPG|thumb|300px|La ''Leggenda di Barlaam'' di B.Antelami (Parma, Battistero)]]
|nome = Barlaam e Iosafat
'''Barlaam e Iosafat''' (o '''Josaphat'''), anticamente venerati come [[santo|santi]] cristiani, sono i protagonisti di un romanzo [[agiografia|agiografico]], popolarissimo in [[età medievale]], ispirato alla vicenda della conversione del [[Gautama Buddha|Buddha]].
|sesso = M
|immagine = Varlaam and Joasath, based on Simon Ushakov.jpg
|didascalia = Barlaam e Iosafat in un'incisione russa del 1680
|venerato da = [[Chiesa ortodossa]]
|ricorrenza = 26 agosto ([[Chiesa greca ortodossa]])<br>19 novembre (Chiese ortodosse slave)
}}
'''Barlaam e Iosafat''' (o '''Josaphat'''), anticamente venerati come [[santo|santi]] cristiani, sono i protagonisti di un romanzo [[agiografia|agiografico]], popolarissimo in [[età medievale]], ispirato alla vicenda della conversione del [[Gautama Buddha|Buddha]]. La leggenda del Buddha venne conosciuta dai [[cristiani]] nell'[[Iran]] orientale e nell'[[Asia centrale]] dove i cristiani vivevano a contatto con i [[Buddhismo|buddisti]], con i [[mazdeismo|mazdeisti]] e i [[manicheismo|manichei]], grazie anche alla diffusione di qualche testo scritto come il ''[[Lalitavistara Sutra|Lalitavistara]]''. Gli stessi nomi dei santi titolari ricalcano il [[sanscrito]]: il termine ''[[Bodhisattva]]'' si trasformò in ''Budasaf'' e poi in ''Iosafat''; dal nome dell'eremita ''Balahuar'', epiteto del Buddha stesso, ha origine il nome di ''Barlaam''.
 
La prima redazione del testo, risalente presumibilmente al [[VI secolo]], fu scritta innell'iranica [[lingua iranica pahlavicapahlavi]], quindi venne tradotto in [[lingua siriaca|siriaco]] e in [[lingua araba|arabo]] e da queste derivarono molte altre traduzioni, a partire dal [[lingua greca|greco]]. La successiva conversionetraduzione in [[lingua latina|latino]], aprì le porte alla diffusione in tutta l'[[Europa]] del testo, convertito a sua volta anche in lingue volgari.<ref>"Le muse", De Agostini, Novara, 1964, Vol.II, pag.55-56</ref> Il più antico [[manoscritto]] che ce la tramanda è del [[1021]] ed è conservato a [[Kiev]]; il suo parente più stretto è a [[Stato Monastico Autonomo del Monte Athos|Monte Athos]]; l'altro del [[1064]] è ad [[Oxford]].<ref>Alberto Melloni, ''Il Corriere della Sera'', 7 febbraio 2013, [[elzeviro]] di pag.41</ref>
La leggenda del Buddha venne conosciuta dai [[cristiani]] nell'[[Iran]] orientale e nell'[[Asia centrale]] dove i cristiani vivevano a contatto con i [[Buddhismo|buddisti]], con gli [[zoroastro|zoroastriani]] e i [[manicheismo|manichei]], grazie anche alla diffusione di qualche testo scritto come il ''[[Lalitavistara]]''.
 
Il racconto, giunto in Occidente nell'[[XI secolo]] ed attribuito a [[Giovanni Damasceno]], conobbe una rapida diffusione e venne ritenuto storico, tanto che i nomi di Barlaam e di Iosafat vennero inseriti nel [[Martirologio Romano]] al [[27 novembre]].<ref>Silvia Ronchey: '' La Cattedrale sommersa. Alla ricerca del sacro perduto'', Collana Saggi italiani, Rizzoli, Milano, 2017, pag. 244; isbn=978-88-17-09465-8</ref>. Fu incluso da [[Jacopo da Varagine]] nella sua ''[[Legenda Aurea]]'' e ispirò opere di [[Bernardo Pulci]] e di [[Lope de Vega]], oltre a numerose opere scultoree, come quella nel [[Battistero di Parma]] di [[Benedetto Antelami]], miniature e vetrate, nonché alcune immagini sul [[mosaico di Otranto]] (precisamente i due elefanti indiani alla base dell'[[albero della vita]])<ref>Silvia Ronchey, ''Il Buddha bizantino'', in ''Storia di Barlaam e Iosafat. La vita bizantina del Buddha'', a cura di S. Ronchey e P. Cesaretti, Einaudi, Torino 2012, pp. vii-cvii.</ref>.
La prima redazione del testo, risalente presumibilmente al [[VI secolo]], fu scritta in lingua iranica pahlavica, quindi venne tradotto in [[lingua siriaca|siriaco]] e in [[lingua araba|arabo]] e da queste derivarono molte altre traduzioni, a partire dal [[lingua greca|greco]]. La successiva conversione in [[lingua latina|latino]], aprì le porte alla diffusione in tutta l'[[Europa]] del testo, convertito a sua volta anche in lingue volgari.<ref>"Le muse", De Agostini, Novara, 1964, Vol.II, pag.55-56</ref>
 
== Contenuto ==
Il racconto, giunto in Occidente nell'[[XI secolo]] ed attribuito a [[Giovanni Damasceno]], conobbe una rapida diffusione e venne ritenuto storico, tanto che i nomi di Barlaam e di Iosafat vennero inseriti nel [[Martirologio Romano]] al [[27 novembre]].
=== Parte I ===
Abenner, re dell'[[India]] pagano e idolatra, perseguita i seguaci del [[Cristianesimo]], introdotto in quelle terre da [[san Tommaso]]. Quando nasce il suo primogenito, che viene chiamato Iosafat, il sovrano convoca alcuni indovini che gli predicano il futuro del neonato: per compiacerlo, questi inventano profezie di un futuro roseo; uno di essi, tuttavia, gli rivela che il neonato abbraccerà il culto cristiano. Il re fa allora costruire uno splendido palazzo, nel quale rinchiude suo figlio perché ci viva circondato dal lusso, senza venire mai a conoscenza di qualunque dolore possa compromettere la sua felicità.
 
Mentre Abenner continua a perseguitare i cristiani, Barlaam, un dignitario dall'animo nobile, presta soccorso a un uomo con un piede maciullato da una bestia feroce: costui si rivela essere [[Cristo]] e lo converte, dandogli il dono della parola. Coi suoi discorsi Barlaam riesce ad ammaliare il re, ponendo le basi per la sua conversione. I funzionari di corte, invidiosi della stima che il re ha nei confronti di Barlaam, spingono Abenner a dichiarargli di volersi convertire; di fronte a questa bugia il funzionario reagisce con gioia, rivelando così la propria adesione al cristianesimo. Abenner tuttavia non fa giustiziare Barlaam, ma lo esilia; il dignitario si ritira nel deserto in eremitaggio.
Narra del principe [[india]]no Iosafat al cui padre, pagano, viene predetto che si convertirà al cristianesimo: Iosafat viene quindi tenuto lontano dalle miserie del mondo, in mezzo al lusso ed ai piaceri, ma ciò non gli impedisce di prendere coscienza delle miserie della vita umana (conosce la malattia, la vecchiaia e la morte). Il giovane viene quindi convertito dal santo [[eremita]] Barlaam e, divenuto eremita egli stesso, converte al cristianesimo il padre ed i sudditi.
 
Passano gli anni e Iosafat, mai uscito dal suo isolamento, comincia a essere curioso di cosa ci sia fuori dal palazzo, e chiede a suo padre di poterne uscire; il re è costretto ad acconsentire. Appena fuori dal palazzo, il giovane incontra un [[lebbra|lebbroso]], un cieco e un vecchio, e rimane sconvolto nello scoprire che al mondo esistono la malattia e la morte. Barlaam lo viene a sapere: avvicinatosi a Iosafat con uno stratagemma, lo inizia al Cristianesimo e lo [[battesimo|battezza]] in gran segreto. Un istitutore di Iosafat, insospettito, scopre che il giovane prega in segreto, e informa Abenner; questi ordina l'arresto di Barlaam, ma il dignitario sparisce nel nulla.
La storia venne in realtà ricalcata sul modello della vicenda della conversione del Buddha (il nome [[sanscrito]] ''[[Bodhisattva]]'' si trasformò in ''Budasaf'' e poi in ''Iosafat''; dal nome dell'eremita ''Balahuar'', sdoppiamento del Buddha stesso, si arrivò al nome di ''Barlaam''): venne tradotta in [[lingua greca|greco]] e poi in [[Lingua latina|latino]], quindi in numerose lingue volgari. Divenne tanto popolare da essere inclusa da [[Jacopo da Varagine]] nella sua ''[[Legenda Aurea]]'' e da ispirare alcune opere di [[Bernardo Pulci]] e di [[Lope de Vega]], oltre a numerose opere scultoree, come quella nel [[Battistero di Parma]] di [[Benedetto Antelami]], miniature e vetrate.
 
=== Parte II ===
La predicazione di Barlaam rafforza la fede dei monaci, che non cedono a torture e martìri; Abenner, inoltre, si infuria quando scopre che Iosafat desidera ardentemente farsi monaco. Il re organizza allora un piano: convocherà un asceta [[induismo|induista]], che vestirà i panni di Barlaam e, davanti a un tribunale di maghi, dotti e astrologhi [[politeismo|politeisti]], fingerà di abiurare il cristianesimo. Iosafat tuttavia scopre l'inganno, e prega per un intervento della [[divina provvidenza]]: anziché abiurare, il finto Barlaam finisce per difendere la religione cristiana, in maniera così convincente che nessuno è in grado di replicare.
 
Abenner convoca allora Theudas, mago [[idolatria|idolatra]] e dedito a pratiche occulte, che evoca degli spiriti maligni con le sembianze di splendide fanciulle, e li invia da Iosafat perché suscitino in lui il desiderio carnale, ma il suo piano non ha alcun effetto. Theudas allora spinge una fanciulla a dichiarare il proprio amore a Iosafat e, fingendo di volersi convertire, chiedergli di unirsi a lui per una notte. Iosafat è sul punto di cadere nell'inganno, ma prima che possa giacere con la fanciulla viene colto da visioni del [[Paradiso]] e dell'[[Inferno]], grazie alle quali respinge la tentazione. Theudas allora affronta direttamente Iosafat, ma di fronte alla solidità della sua fede finisce per convertirsi a sua volta.
 
Abenner decide allora di dare parte del suo regno a Iosafat, per richiamarlo ai doveri politici: questi, nonostante il desiderio di condurre vita monastica nel deserto, obbedisce al padre, ma ne approfitta per distruggere templi e altari idolatri, erigendo al posto loro delle chiese; distribuisce inoltre le proprie ricchezze ai poveri, tanto che la sua fama si sparge ovunque. Di fronte alla rettitudine di suo figlio, Abenner viene finalmente convertito: gli lascia la gestione del regno e vive il resto della sua vita in penitenza, morendo in stato di grazia. Dopo alcuni anni di regno, Iosafat decide di portare a compimento il proprio voto: dopo aver informato il suo popolo, lascia il governo e si reca nel deserto. Ben presto attorno a lui si radunano migliaia di seguaci, ma lui ingiunge loro di tornare indietro, poiché deve tener fede alla propria promessa da solo.
 
Per due anni Iosafat vive da [[anacoreta]], nutrendosi di erbe, soffrendo la mancanza di acqua ed esposto alle intemperie; il diavolo lo tenta con i ricordi della vita passata, mandandogli visioni di belve, mostri e draghi che lo minacciano, ma il giovane non cede. Al termine di questo periodo, Iosafat si ricongiunge finalmente col suo maestro Barlaam, già in punto di morte, che lo sollecita a portare a compimento il proprio cammino spirituale. Barlaam muore, seguito dopo molti anni da Iosafat: le loro tombe diventano mèta di pellegrinaggi, conversioni e miracoli.
 
==Culto==
[[File:Battistero di parma, portale sud 03 leggenda di barlaam.JPG|thumb|300px|La ''Leggenda di Barlaam'' di B.Antelami[[Benedetto (ParmaAntelami]], Battistero)rilievo sul [[battistero di Parma]]]]
Il loro culto è ancora vivo presso la [[Chiesa greco-ortodossa]] che celebra la loro memoria il [[26 agosto]].
La memoria dei santi Barlaam e Iosafat per la [[Chiesa cattolica]] un tempo ricorreva il [[27 novembre]];<ref>[http://www.liturgialatina.org/martyrologium/21.htm Martyrologium Romanum 27 Novembris] Apud Indos, Persis finitimos, sanctorum Barlaam et Josaphat, quorum actus mirandos sanctus Joannes Damascenus conscripsit.</ref> tuttavia, essi non figurano nelle edizioni del [[Martirologio Romano]] successive al 2004,<ref>{{Cita web|lingua=it|url=https://www.santiebeati.it/dettaglio/100791|titolo=San Barlaam e Joasaph|sito=Santiebeati.it|accesso=2025-06-20}}</ref> alla luce di una revisione che ha eliminato figure di storicità incerta.
 
Il loro culto è invece ancora vivo presso la [[Chiesa greco-ortodossa]]: chela [[Chiesa di Grecia]] celebra la loro memoria il [[26 agosto]].
 
== Note ==
<references/>
 
== Voci correlate ==
* [[Buddhismo greco]]
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto|commons=Category:Barlaam and Josaphat}}
 
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
 
{{Controllo di autorità}}
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[[Categoria:Santi per nome]]
[[Categoria:Gautama Buddha]]
 
[[Categoria:Coppie di santi cristiani]]
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[[fr:Saint Josaphat (Inde)]]
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[[pl:Jozafat]]
[[ro:Varlaam și Ioasaf]]
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[[sv:Barlaam och Josafat]]
[[uk:Повість про Варлаама та Іоасафа]]
[[zh:貝爾拉姆與約瑟伐特]]