Anitya: differenze tra le versioni
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'''Anitya''', "impermanenza", è un termine [[sanscrito]] ([[lingua pāli]] ''anicca''; [[Lingua cinese standard|cinese]] {{cinese|無常|''wúcháng''}}; [[Lingua giapponese|giapponese]] {{nihongo2|無常|mujō}}; [[Lingua tibetana|tibetano]] ''mi rtag pa'') che indica uno dei [[Tre Segni dell'Esistenza|tre aspetti fondamentali dell'esistenza]] nella dottrina [[canone
[[File:056_Teaching_Impermanence_(9014223736).jpg|destra|miniatura|dipinto buddista che mostra l'impermanenza]]
▲'''Anitya''', "impermanenza", è un termine [[sanscrito]] ([[lingua pāli]] ''anicca''; [[Lingua cinese standard|cinese]] {{cinese|無常|''wúcháng''}}; [[Lingua giapponese|giapponese]] {{nihongo2|無常|mujō}}; [[Lingua tibetana|tibetano]] ''mi rtag pa'') che indica uno dei [[Tre Segni dell'Esistenza|tre aspetti fondamentali dell'esistenza]] nella dottrina [[canone buddhista|canonica]] del [[buddhismo]], che sono:
# l'impermanenza<ref>{{Cita web|url=https://www.treccani.it/vocabolario/impermanenza_%28Neologismi%29/|titolo=impermanenza}}</ref> o cambiamento o divenire (''anitya'');
# la sofferenza o l'insoddisfacibilità connaturata alle cose mondane (''[[duḥkha]]'');
# il ''non sé'' o l'insostanzialità della personalità o l'inesistenza di un nucleo permanente e separato (''[[anātman]]'').
Insieme queste tre caratteristiche fondamentali dell'esistenza, della vita di ogni "[[Esseri senzienti (
Nelle parole di Bhikkhu Ñanamoli:
: Qualsiasi cosa ''È'', sarà ''ERA''.
== Etimologia ==
La parola ''anitya'' è composta da ''a'' (non) e ''nitya'' (costante), e quindi significa letteralmente "non costante", "non permanente", "non eterno".<ref>{{Cita libro|autore=Saverio Sani|anno=2023|titolo=Dizionario Sanscrito-Italiano|città=Pisa|editore=Edizioni ETS|ISBN=9788846721730}}</ref> Indica, dunque, il carattere non permanente dei fenomeni, e l'aspetto transitorio delle cose materiali, ma dal punto di vista buddista anche la "[[Anātman|non sostanzialità dell'io]]", che è un altro concetto fondamentale della dottrina.
==Citazioni canoniche ==
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: «Sarebbe meglio, o ''bhikkhu'', che una persona ordinaria e non istruita consideri questo corpo, costituito dei quattro grandi elementi, come il proprio sé piuttosto che la mente. Perché questo? [Perché] questo corpo si può constatare durare per un anno, o per due anni, cinque anni, dieci anni, venti anni, cinquant'anni, cent'anni e ancora di più. Ma quello che si chiama mente, che si chiama pensiero, che si chiama coscienza, di continuo un momento sorge e un altro cessa, di giorno come di notte».
: ''Saṃyutta Nikāya, 12.61''
== Rapporti con la filosofia ==
Nell'ambito filosofico il concetto buddista di impermanenza si confronta con la tradizione del pensiero occidentale trovando convergenze, ma più spesso differenze.<ref name=":0">{{Cita pubblicazione|autore=Cristiano Martorella|anno=2006|mese=giugno-agosto|titolo=La Verità e il Luogo. Convergenze e divergenze fra la filosofia occidentale e giapponese|rivista=Diogene Filosofare Oggi|numero=4|pp=14-19}}</ref>
La principale difficoltà risiede nella prevalenza della [[funzione di verità|logica vero-funzionale]] che tende a escludere un mutamento dei fenomeni, e presenta una propensione del pensiero occidentale a indirizzarsi verso una disposizione in categorie, piuttosto che riconoscere il flusso di [[fenomeno (filosofia)|fenomeni]] non stabili.<ref name=":0" /> Inoltre c'è un pregiudizio, abbastanza frequente, che ritiene la [[logica]] esposta dal pensiero occidentale come l'unica corretta, escludendo visioni alternative, come il concetto di impermanenza, e le conseguenze che ne derivano.<ref name=":0" /> Secondo la dottrina buddista gli stessi fenomeni mentali sarebbero transitori, e quindi ciò varrebbe anche per le categorie logiche che sarebbero in ultima istanza soltanto un mero strumento dell'intelletto per organizzare la rappresentazione della realtà.
== Note ==
<references />
== Bibliografia ==
* Thich Nhat Hanh, ''Il cuore dell'insegnamento del Buddha'', Milano, Neri Pozza Editore, 2000, ISBN 88-7305738-1.
* Vincenzo Talamo (a cura di). ''Saṃyutta Nikāya''. Astrolabio Ubaldini, Roma 1998, ISBN 88-340-1293-3▼
* Cristiano Martorella, ''La Verità e il Luogo. Convergenze e divergenze fra la filosofia occidentale e giapponese'', in ''Diogene Filosofare Oggi'', n. 4, anno 2, giugno-agosto 2006, pp. 14–19.
▲* Vincenzo Talamo (a cura di). ''Saṃyutta Nikāya''
== Collegamenti esterni ==
* [https://zeninthecity.org/impermanenza-buddhismo/ L’impermanenza nel buddhismo: una guida pratica per abbracciare il cambiamento]{{Collegamenti esterni}}
{{Controllo di autorità}}
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