Delfo Zorzi: differenze tra le versioni

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Le accuse dei pentiti inerenti alla strage di Piazza Fontana: Citazioni di opinioni personali proposte come di fatti acclarati.
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|AnnoMorte =
|Epoca = 1900
|Attività = ex terrorista
|PreAttività = è un ex
|Attività = terrorista
|Attività2 = attivista
|Attività3 = imprenditore
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}}
 
Ex esponente di [[Ordine Nuovo (movimento)|Ordine Nuovo]], fu accusato, dai [[collaboratore di giustizia|collaboratori di giustizia]] [[Carlo Digilio]], Martino Siciliano e Edgardo Bonazzi, di essere l'esecutore materiale della [[strage di Piazzapiazza Fontana]] a [[Milano]] e di [[Strage di Piazzapiazza della Loggia|Piazza della Loggia]] a [[Brescia]] ma, dopo un tortuoso percorso giudiziario, fu definitivamente assolto da entrambeambedue le accuse<ref name="milano.repubblica.it">''[http://milano.repubblica.it/cronaca/2014/02/21/news/piazza_della_loggia_processo_da_rifare_dopo_40_anni_zorzi_assolto_a_titolo_definitivo-79262818/?ref=HREC1-5 Piazza della Loggia, processo da rifare dopo quarant'anni. Zorzi assolto a titolo definitivo]'', ''Repubblica.it'', 21 febbraio 2014.</ref>.

La sua colpevolezza fu definita solo, pur se prescritta, per alcuni attentati minori commessi dalla cellula veneziana di Ordine Nuovo, in quanto «Zorzi a [[Trieste]] e [[Gorizia]] collocò candelotti di [[nitroglicerina|gelignite]]» che non detonarono (mentre in piazza Fontana fu usato «un esplosivo diverso e di maggiore potenza»)<ref name="freda" />, e per la partecipazione alle riunioni in cui la cellula padovana di ON di [[Franco Freda]] organizzò gli [[attentati ai treni dell'estate 1969]], che non fecero vittime ma solo feriti<ref name="biondani" />.

La sentenza definitiva di assoluzione per piazza Fontana precisa inoltre che «la cellula veneziana di [[Carlo Maria Maggi (terrorista)|Maggi]] e Zorzi» nel 1969 organizzava attentati terroristici, ma riguardo ai due imputati «non è dimostrata la loro partecipazione alla strage del 12 dicembre»<ref name="freda" /><ref name="veneti" />.
 
== Biografia ==
=== Studi e la militanza in Ordine Nuovo ===
Nativo di Arzignano ma residente a [[Mestre]], dove la sua famiglia commerciava in [[pellami]], figlio di un geologo dei [[Ufficio affari riservati|servizi segreti]].<ref name="4agosto1974.wordpress.com">https://4agosto1974.wordpress.com/2014/11/12/il-reclutamento-di-delfo-zorzi-da-parte-dellufficio-affari-riservati/</ref> Nel 1964 partecipò all'[[Operazione manifesti cinesi]], una campagna di disinformazione contro il [[Partito Comunista Italiano]], ideata da [[Federico Umberto D'Amato]], manifesti inneggianti alla Unione Sovietica stalinista. I manifesti erano a firma di fantomatici gruppi comunisti italiani stalinisti. Furono scritti dal giornalista Giuseppe Bonanni, de [[Il Borghese]]. [[Mario Tedeschi]] diede l'incarico della loro diffusione a [[Stefano Delle Chiaie (politico)|Stefano Delle Chiaie]], che diede ordine dell'affissione a [[Mestre]] a Martino Siciliano, Delfo Zorzi e Paolo Molin.
 
Aderì al [[Centro Studi Ordine Nuovo]] di [[Pino Rauti]] nel [[1966]], ma nel [[1968]] si trasferì a [[Napoli]] per studiare Lingue orientali all'[[Istituto Universitario Orientale di Napoli|Istituto Universitario Orientale]] dove si laureò, poicon 110 e lode, nel 1974<ref name="archiviostorico.corriere.it">''Delfo, i misteri giapponesi'', ''[[Corriere della Sera]]'', 12 novembre 1995.</ref> con una tesi sul nazionalismo giapponese dalla [[Rinnovamento Meiji|restaurazione imperiale Meiji]] alla seconda guerra mondiale, cheavendo ebbecome 110relatore eil lodeprof. [[Piero Corradini]], il quale segnalò Zorzi a Oreste Vaccaro per l'assegnazione di una borsa di studio per il trasferimento di Zorzi in Giappone. Con [[Pio Filippani Ronconi]], direttore del seminario di indianistica, diede l'esame, di [[Lingua sanscrita|sanscrito]]<ref>{{pdf}} [http://www.stefanolorenzetto.it/pagine/interviste/Zorzi%20Delfo.pdf Intervista di Stefano Lorenzetto a Delfo Zorzi], ''Il Giornale'', 11 maggio 2014, p. 16.</ref>. All'Università nel 1968 iniziò a frequentare la giovane Annamaria Cozzo la quale, iscritta al [[Fronte universitario d'azione nazionale|FUAN]], aveva preso parte alla [[battaglia di Valle Giulia]]<ref>[http://www.strano.net/stragi/tstragi/salvini/salvin19.htm capitolo 17<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>.
 
Il 9 ottobre [[1968]], con Giampietro Mariga e Martino Siciliano prese parte all'assalto della sede del [[Partito Comunista Italiano]] di [[Campalto]] a [[Mestre]]. L'obiettivo, secondo le rivelazioni dello stesso Siciliano, era l'asportazione dell'elenco degli iscritti per individuare taluni che svolgevano opera di controinformazione nei confronti di Ordine Nuovo<ref name="strano.net">[http://www.strano.net/stragi/tstragi/salvini/salvin16.htm capitolo 14<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>. La sede fu devastata e fu prelevata la bandiera del PCI<ref name="strano.net"/>. Il 17 novembre del [[1968]] fu arrestato con Giampietro Mariga perché sorpreso dalla polizia in possesso di un mitra, un elmetto, una tuta mimetica e una piccola quantità di esplosivo. A seguito dello scioglimento del Centro Studi aderì a [[Ordine Nuovo (movimento)|Ordine Nuovo]], di cui divenne capo cellula a [[Mestre]]<ref>{{cita|Ferdinando Imposimato|p. 101:..a Venezia-Mestre Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi e Giancarlo Vianello..}}</ref> città dove era maestro di [[judo]] nella palestra di via Felisati.
 
Secondo il pentito Siciliano, implicato contemporaneamente anche in un tentativo di rapimento dell'editore e attivista di sinistra [[Giangiacomo Feltrinelli]], Delfo Zorzi (con Siciliano stesso) fu protagonista attivo di molte azioni del gruppo, compreso il furto di 30 chilogrammi di esplosivo alle cave di Arzignano e Chiampo, cosareato affermataconfermato anchedalla datestimonianza di [[Carlo Digilio]]. Siciliano lo descrive come duro e con tendenze violente: «Zorzi era un tipo deciso e determinato e voleva la distruzione dell'avversario. Un giorno, per dimostrare la sua virilità ariana ha strozzato con le sue mani un gatto davanti a tutti noi. Ha pestato a freddo diversi militanti che si erano resi colpevoli di qualche debolezza. Ad uno, dopo averlo picchiato, gli ha strofinato il viso contro un muro di cemento. Lui pensava che i camerati dell'[[Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale|Msi]] potevano sbagliare per debolezza ma non quelli di Ordine Nuovo»<ref>''[http://cerca.unita.it/ARCHIVE/xml/105000/103631.xml?key=Giuseppe+Caruso&first=921&orderby=1&f=fir&dbt=arc I fascisti che volevano rapire Feltrinelli. Martino Siciliano, pentito al processo Piazza Fontana, sodale di Zorzi: «Avevamo un piano nel caso in cui la sinistra fosse andata al potere»] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160204011913/http://cerca.unita.it/ARCHIVE/xml/105000/103631.xml?key=Giuseppe+Caruso&first=921&orderby=1&f=fir&dbt=arc |data=4 febbraio 2016 }}''</ref>.
 
Nel novembre 1969, il gruppo di Ordine Nuovo guidato da Zorzi, in occasione del progettato viaggio del [[Presidente della Repubblica Italiana|Presidente della Repubblica]] [[Saragat]] nella [[Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia]] pianificò degli attentati dimostrativi contro la scuola slovena di Trieste e contro il cippo di confine jugoslavo<ref>[http://www.strano.net/stragi/tstragi/salvini/salvin17.htm capitolo 15<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>. Il gruppo di cui faceva parte, oltre a Zorzi stesso, pure Martino Siciliano e la Cozzo, poco prima di mezzanotte si portò sugli obiettivi e lasciò un ordigno sulla finestra della scuola e un altro presso il [[cippo di confine]] posto davanti alla [[Stazione di Gorizia Centrale|stazione di Gorizia]] ma in territorio jugoslavo. Entrambi gli ordigni programmati per esplodere a [[mezzanotte]], al fine di non provocare alcuna vittima,<ref>{{cita|Mario Caprara, Gianluca Semprini|p. 237}}.</ref><ref>[http://www.strano.net/stragi/tstragi/salvini/salvin29.htm capitolo 27<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref> però non deflagrarono e nel giro di alcuni giorni furono rinvenuti dalle forze dell'ordine. La mancata esplosione fu determinata dal mal funzionamento della batteria dell'orologio<ref name="Mario Caprara p. 236">{{cita|Mario Caprara, Gianluca Semprini|p. 236}}.</ref>.
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=== Trasferimento in Giappone ===
AppassionatoLaureatosi dibrillantemente culturanel nipponica,1974 nelcon il prof. [[1974Piero Corradini]], Zorziottenne, sitramite trasferìla graziesegnalazione addello stesso prof. Corradini al linguista Oreste Vaccari, una borsa di studio per soggiornare in [[Giappone]], dove cominciò ad insegnare italiano all'università<ref name="Mario Caprara p. 258">{{cita|Mario Caprara, Gianluca Semprini|p. 258}}.</ref>.
 
Nel 1977 un'inchiesta dell'''Espresso'' rivelò che dall'autunno 1975 al giugno 1976 Zorzi aveva lavorato, con lo pseudonimo "Alfredo Rossetti", come corrispondente dal Giappone del ''[[Il popolo|Popolo]]'', giornale della Democrazia Cristiana, grazie alla sua amicizia con il redattore Angelo Padovan. Secondo l'inchiesta, di questi contatti sarebbe stato al corrente anche [[Dario Antoniozzi]], interessato a rafforzare le relazioni bilaterali con il [[Partito Liberal Democratico (Giappone)|Partito Liberal-Democratico]] giapponese, in particolare con la fazione di destra guidata da Masaaki Nakayama. Zorzi avrebbe agito da tramite tra i due partiti all'insaputa dell'ambasciata italiana in Giappone, che si opponeva all'accordo. A seguito dell'inchiesta, Padovan fu costretto a dimettersi.<ref name="archiviostorico.corriere.it"/>; ammise poi di aver conosciuto Zorzi durante un viaggio in Giappone, durante il quale aveva intervistato Nakayama, ma di non aver mai saputo che fosse un "uomo di destra"<ref>Giacomo Pacini, ''La spia intoccabile. Federico Umberto D'Amato e l'Ufficio Affari Riservati'', Torino, Einaudi, 2021, pp. 166-169.</ref>.
Nel dicembre 1975 gli fu richiesto, da parte di alcuni esponenti della [[Democrazia Cristiana]] di contattare Nakayama, leader della frangia più conservatrice del [[Partito Liberal Democratico (Giappone)|Partito Liberal Democratico]]<ref name="archiviostorico.corriere.it"/>. Nel 1980 ritornò in Italia dove a [[Marghera]] si sposò con la giapponese Yoko Shimoji, originaria di [[Okinawa]]<ref>Maurizio Dianese e Gianfranco Bettin, La strage: Piazza Fontana : verità e memoria, p 109</ref>. Grazie alle ingenti disponibilità economiche della moglie pose le fondamenta della ditta di import export che lo portò al successo come imprenditore<ref name="Dianese e Gianfranco Bettin p 110">Maurizio Dianese e Gianfranco Bettin, La strage: Piazza Fontana : verità e memoria, p 110</ref>. Nello stesso periodo conobbe [[Ryoichi Sasakawa]], uno dei più influenti finanziatori della [[Destra (politica)|Destra]] nipponica<ref name="archiviostorico.corriere.it"/>.
 
Nel dicembre 1975 gli fu richiesto, da parte di alcuni esponenti della [[Democrazia Cristiana]] di contattare Nakayama, leader della frangia più conservatrice del [[Partito Liberal Democratico (Giappone)|Partito Liberal Democratico]]<ref name="archiviostorico.corriere.it"/>. Nel 1980 ritornò in Italia dove a [[MargheraVenezia]] si sposò con la giapponese Yoko Shimoji, originaria di [[Okinawa]]<ref>Maurizio Dianese e Gianfranco Bettin, La strage: Piazza Fontana : verità e memoria, p 109</ref>. Grazie alle ingenti disponibilità economiche della moglie pose le fondamenta della ditta di import export che lo portò al successo come imprenditore<ref name="Dianese e Gianfranco Bettin p 110">Maurizio Dianese e Gianfranco Bettin, La strage: Piazza Fontana : verità e memoria, p 110</ref>. Nello stesso periodo conobbe [[Ryoichi Sasakawa]], uno dei più influenti finanziatori della [[Destra (politica)|Destra]] nipponica<ref name="archiviostorico.corriere.it"/>. Nel 1985 fu spiccato contro di lui un mandato di cattura internazionale per ricostituzione di partito fascista, ma il governo giapponese negò l'estradizione. Nel 1987 fu condannato in contumacia a 10 anni, ma la corte di appello e di cassazione ribaltarono il verdetto, assolvendolo in via definitiva. Il mandato di cattura fu così revocato.
 
A seguito del matrimonio, nel [[1989]] ottenne anche il passaporto giapponese, opportunità raramente concessa dal Giappone<ref name="Dianese e Gianfranco Bettin p 110"/> e che nel suo caso andò contro alcune regole con permesso speciale del Ministero della Giustizia nipponico (uno dei 5 criteri è "condotta sempre generalmente buona e nessun passato di comportamento sedizioso"), vista la militanza in un gruppo considerato eversivo dall'Italia. Con la nuova nazionalità assunse, come prescritto all'epoca dalla legge locale, il nuovo nome di Hagen Roi (波元路伊), il cui cognome (Hagen) in [[lingua giapponese|giapponese]] significa «origine delle onde»<ref name="Mario Caprara p. 258"/><ref>Giovanni Maria Bellu, ''[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2002/11/12/zorzi-in-italia-non-torno-giudici-sono.html Zorzi: In Italia non torno, i giudici sono inaffidabili]'', ''la Repubblica'', 12 novembre 2002.</ref>.
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Nel 1995 [[Martino Siciliano]], che si era da tempo trasferito a [[Tolosa]] dove si era ricostruito una vita, vide il suo nome saltare fuori nell'ambito delle indagini su piazza Fontana. Siciliano perse quindi il proprio lavoro e chiese aiuto all'amico Zorzi che si impegnò ad assumerlo in una sua azienda a [[San Pietroburgo]]<ref>{{cita|Mario Caprara, Gianluca Semprini|p. 247}}.</ref>. Siciliano si recò in Russia ma per motivi non appurati rientrò immediatamente in Italia. Siciliano raccontò in particolare di una riunione tra i due veneziani [[Carlo Maria Maggi (1934)|Carlo Maria Maggi]] e Zorzi e i padovani [[Franco Freda]] e [[Giovanni Ventura]] in cui si sarebbe delineata la strategia inerente agli [[Attentati ai treni dell'estate 1969|attentati ai treni]] e di una presunta confessione di Zorzi in merito alla [[strage di piazza Fontana]]<ref>{{cita|Mario Caprara, Gianluca Semprini|p. 248}}.</ref>.
 
Nel 1993, già il pentito [[Carlo Digilio]], l'unico ordinovista mai condannato in via definitiva per aver partecipato alla strage di piazza Fontana, seppur con un ruolo marginale, aveva iniziato a rilasciare dichiarazioni ma un ictus, che lo colpì poco dopo, quasi lo uccise. Digilio sostenne di essere un agente della [[Central Intelligence Agency|CIA]] infiltrato in Ordine Nuovo e di aver raccolto la confidenza di Zorzi in cui avrebbe sostenuto di aver preso materialmente parte all'attentato<ref>{{cita|Mario Caprara, Gianluca Semprini|p. 251}}.</ref><ref>LaStampa - 11.12.1996 - numero 340 - pagina 14 «Con un moto di orgoglio Zorzi mi disse che aveva partecipato all'azione di Milano e che nonostante tutti quei morti, che erano dovuti a un errore, l'azione era stata importante perché aveva ridato forza alla destra e colpito le sinistre nel Paese».</ref>.
 
Il magistrato [[Guido Salvini (giudice)|Guido Salvini]] diede il via al settimo processo per la strage di piazza Fontana<ref>{{cita|Giorgio Boatti|p. 410}}.</ref> che vide stavolta sul banco degli imputati: Zorzi, [[Carlo Maria Maggi (1934)|Carlo Maria Maggi]] e [[Giancarlo Rognoni]]<ref name="cita-Giorgio-Boatti-p404">{{cita|Giorgio Boatti|p. 404}}.</ref>. Zorzi e Maggi guidavano la cellula veneziana-mestrina di Ordine Nuovo mentre il milanese Rognoni era accusato di aver fornito la logistica per l'attentato. Nel frattempo Martino Siciliano decide di interrompere la collaborazione accusando la magistratura italiana di non aver mantenuto fede alle promesse fattegli e di pagarlo una «miseria»<ref name="cita-Giorgio-Boatti-p411">{{cita|Giorgio Boatti|p. 411}}.</ref>. Significativo il fatto che nel 1995 il giudice veneziano [[Felice Casson]] avesse inserito Siciliano nel registro degli indagati poiché secondo l'accusa di Maggi un ufficiale dei [[Raggruppamento operativo speciale|ROS]] gli avrebbe offerto una cospicua somma in cambio di rivelazioni importanti, somma che sarebbe stata accettata da Siciliano<ref>{{cita|Giorgio Boatti|p. 416}}.</ref>. Nel 1995, durante l'iter giudiziario, Digilio fu invece colpito da un ictus che ne diminuì sensibilmente le capacità mnemoniche<ref name="cita-Giorgio-Boatti-p404"/> e le sue testimonianze, anche del 1993 e 1994, furono considerate inattendibili. [[Vincenzo Vinciguerra]] in tribunale il 3 marzo 1993 dichiarò di come Zorzi fu arruolato, dopo il primo arresto nel 1968, da [[Elvio Catenacci]] nell'[[Ufficio affari riservati]] del [[Ministero dell'Interno]], per il quale già il padre geologo aveva lavorato.<ref name="4agosto1974.wordpress.com"/>. Sempre Vinciguerra, già nel 1984, testimonia di come Zorzi gestisse i contatti di Maggi con i funzionari di Polizia e che Zorzi era "perfettamente integrato nella struttura di Polizia".<ref name="4agosto1974.wordpress.com"/> Per quanto riguarda Siciliano furono accertati in seguito avvenuti contatti tra quest'ultimo e Zorzi e di versamenti di denaro<ref name="cita-Giorgio-Boatti-p411"/><ref name="Mario Caprara p. 256">{{cita|Mario Caprara, Gianluca Semprini|p. 256}}.</ref>.
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Tutti gli imputati furono nuovamente assolti anche in appello<ref>''[http://milano.repubblica.it/cronaca/2012/04/14/news/la_strage_di_piazza_della_loggia_tutti_assolti_al_processo_d_appello-33291630/ Piazza della Loggia, nessun colpevole, assolti in quattro al processo d'appello]'', ''Repubblica.it'', 14 aprile 2012.</ref>, in seguito al ricorso della Procura generale di Brescia contro l'assoluzione in appello, Zorzi fu definitivamente assolto dalla [[Corte di cassazione|Cassazione]] nel [[2014]] insieme a Delfino (per Pino Rauti intervenne l'estinzione del procedimento, essendo questi deceduto nel frattempo)<ref name="milano.repubblica.it"/>.
 
Al termine del processo Zorzi dichiarò la propria solidarietà ai parenti delle vittime: «Sento sinceramente il bisogno di sottolineare l'empatia che provo nei confronti dei parenti delle vittime della strage di Brescia in quanto posso ben comprendere la loro sofferenza avendo, in maniera e misura molto diversa, sofferto moltissimo anch'io, sotto tutti i profili personali e professionali»<ref name="brescia.corriere.it">''[http://brescia.corriere.it/brescia/notizie/cronaca/14_febbraio_24/zorzi-piazza-loggia-maggi-innocente-chi-sa-parli-baa77816-9d37-11e3-bc9d-c89ba57f02d5.shtml Zorzi su piazza Loggia: «Maggi innocente. Chi sa parli»]'', ''Corriere.it'', 24 febbraio 2014.</ref>. Aggiungendo che «un'oscura regia ha voluto a tutti i costi ricercare per le stragi un colpevole che fosse rigorosamente 'fascista' e, sottolineo, non 'il colpevole'.»<ref name="brescia.corriere.it"/> e dicendosi certo dell'innocenza di Carlo Maria Maggi, la cui sentenza di assoluzione, come quella di Maurizio Tramonte, era invece stata annullata dalla medesima sentenza della Cassazione<ref>''[http://www.bresciaoggi.it/stories/Cronaca/655750_zorzi_io_innocente_chi_sa_parli/?refresh_ce&utm_source=twitterfeed&utm_medium=twitter&scroll=1681 Zorzi: «Io innocente, chi sa parli»] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140301213407/http://www.bresciaoggi.it/stories/Cronaca/655750_zorzi_io_innocente_chi_sa_parli/?refresh_ce&utm_source=twitterfeed&utm_medium=twitter&scroll=1681 |date=1 marzo 2014 }}'', ''Bresciaoggi'', 24 febbraio 2014.</ref>. Sia Maggi che Tramonte saranno condannati all'ergastolo nel 2015.
 
=== Ultimi anni ===
Nel 1997, in un'intervista al ''Corriere della sera'', Zorzi ha definito i suoi presunti rapporti con i servizi segreti "una leggenda metropolitana". Ha aggiunto che "in tutto l'archivio segreto del Viminale non c'è nulla su di me. E più archivi vengono fuori, più sono contento. Spero che nella villa al mare di [[Federico Umberto D'Amato]] si scopra una cassaforte con l'elenco delle spie più spie d'Italia. Si vedrà che non ci sono". Va rilevato che, nel momento in cui Zorzi concedeva quell'intervista, la deposizione dell'assistente di polizia Pierluigi Pascuzzi alla procura di Roma era ancora protetta da segreto istruttorio e non di dominio pubblico; nella deposizione si parlava di un presunto archivio segreto di D'Amato nascosto in una villa del litorale ostiense, archivio del quale Zorzi era evidentemente al corrente<ref>Giacomo Pacini, ''La spia intoccabile. Federico Umberto D'Amato e l'Ufficio Affari Riservati'', Torino, Einaudi, 2021, p. 170.</ref>.
 
Nel [[2002]] il corrispondente de ''[[Il manifesto]]'' e della [[Rai|RAI]] [[Pio D'Emilia]] pubblica un'inchiesta in Giappone sulle sue vicende giudiziarie e svela retroscena sulle pratiche non ortodosse con le quali Zorzi avrebbe ottenuto la cittadinanza giapponese. Zorzi denunciò D'Emilia chiedendo 10 milioni di euro come risarcimento morale, assistito dall'avvocato Takeshi Takano, difensore di diversi [[Crimini di guerra giapponesi|criminali di guerra giapponesi]].<ref name="ReferenceA"/>
 
Nel settembre del [[2005]] il settimanale ''[[L'Espresso]]''<ref>[http://espresso.repubblica.it/dettaglio-archivio/1104867&m2s=a] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20070305121739/http://espresso.repubblica.it/dettaglio-archivio/1104867%26m2s%3Da |data=5 marzo 2007 }} L'inchiesta de ''L'Espresso'' sugli affari di Zorzi in Italia, settembre 2005.</ref> pubblica una lunga inchiesta di [[Alessandro Gilioli]] sugli affari che Zorzi intratterebbe nel mondo del pellame e dell'alta moda, tramite la Grup.p.&nbsp;Italia e altre società anonime in [[Svizzera]], [[Lussemburgo]], [[Isola di Man]], con la malavita giapponese e coreana, riportando accuse di riciclaggio, denunce per associazione a delinquere finalizzata alla truffa e usura insieme a Daniela Parmigiani, amministratrice della Gru.p.&nbsp;Italia, ai danni di [[Maurizio Gucci]] nel 1995.<ref name="archivio900.it">http://www.archivio900.it/it/articoli/art.aspx?id=6163</ref> L'unico negozio della Grup.p al di fuori dell'Italia è a [[Bogotà]], dove tuttora vive Siciliano.<ref name="archivio900.it"/> Gilioli rivela inoltre l'amicizia che lo lega agli ex-militanti di [[estrema destra]] Paolo Giachini e [[Massimiliano Fachini]], imprenditori di pellame, e della vicinanza all'ex ufficiale nazista [[Erich Priebke]].<ref name="archivio900.it"/> Sotto società anonime, Zorzi è il proprietario di ''Oxus'' a [[Milano]], con sede in [[Galleria Vittorio Emanuele II]], in locali di proprietà del comune meneghino, e di un altro negozio della stessa catena in Piazza Fiume a [[Roma]]<ref>Gaia Giuliani, ''[http://www.repubblica.it/2006/12/sezioni/cronaca/zorzi-proteste-anniversario/zorzi-proteste-anniversario/zorzi-proteste-anniversario.html Marketing di protesta contro Delfo Zorzi per non dimenticare piazza Fontana]'', ''Repubblica.it'', 12 dicembre 2006.</ref> Il giornale ha ricevuto una querela da parte della società detentrice del marchio ma è stato assolto.<ref>{{cita|Mario Caprara, Gianluca Semprini|p. 259}}.</ref>.
 
Zorzi vive a [[Tokyo]], nel quartiere di [[Aoyama (Tokyo)|Aoyama]]. Da quando è stato assolto da tutte le accuse in via definitiva, terminando così la sua latitanza, ha potuto dare nuovo impulso imprenditoriale alle sue attività grazie a frequenti rientri in Europa e in Italia. Zorzi è intervenuto nel corso di una puntata della trasmissione televisiva ''[[Porta a Porta]]'', condotta da [[Bruno Vespa]], affermando la propria innocenza. La telefonata è stata in parte ritrasmessa durante la trasmissione ''[[Blu notte - Misteri italiani|Blu notte]]'', condotta da [[Carlo Lucarelli]], in una puntata dedicata alla [[strage di piazza Fontana]]. Dopo l'assoluzione in Cassazione, ha concesso una lunga intervista a [[Stefano Lorenzetto]] de ''[[il Giornale]],'', dove, come detto, dichiara la propria vicinanza emotiva alle vittime delle stragi<ref>[http://www.stefanolorenzetto.it/pagine/interviste/Zorzi%20Delfo.pdf] Assolto da tutte le stragi: «I miei 31 anni di via crucis giudiziaria».</ref>. Dal Giappone, coadiuvato dal nipote, Zorzi ha continuato la sua carriera imprenditoriale in Italia, tessendo tuttora una vasta rete di aziende operanti nel settore tessile e dell'alta moda con filiali in molteplici Paesi.
 
== Note ==
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{{Portale|biografie}}
 
[[Categoria:Attivisti italiani]]
[[Categoria:Italiani emigrati in Giappone]]
[[Categoria:Personalità del neofascismo]]
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[[Categoria:Terroristi degli Anni di piombo]]
[[Categoria:Politici di Ordine Nuovo]]
[[Categoria:AttivistiFascisti italianigiapponesi]]