L'avaro: differenze tra le versioni
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|Immagine = Harpagon Pouget.jpg
|Didascalia = Illustrazione di Arpagone, l'avaro
|Titolooriginale = L'Avare
|PostDramma = in cinque atti
|Linguaoriginale = francese
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|Cinema =
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'''''L'avaro''''' (''L'Avare
È ambientata a [[Parigi]] nella casa di Arpagone, nell'arco di un giorno. La [[pièce]] venne rappresentata per la prima volta a Parigi, al Teatro di Palais-Royal il 9 settembre 1668 dalla “Troupe du Roy”.
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Nel frattempo arriva Freccia che chiede a Frosina come se la passa, e se per caso è implicata in qualche affare con Arpagone. Frosina asserisce che sta trattando un affaruccio per il padrone di casa, sperando di ottenere una piccola ricompensa, come premio del lavoro svolto. Freccia la dissuade dal crederlo capace di ciò asserendo che non esista uomo più avaro di lui. Rientra Arpagone chiedendo a Frosina, cosa avesse da dirgli. Lei le confida che i preparativi per il matrimonio fra Anselmo ed Elisa, e tra lui e Marianna, stanno procedendo nel migliore dei modi.
Continua dicendo che non ha fatto altro che parlare bene di lui a Marianna, suscitandole una gran voglia di vederlo e conoscerlo. Aggiunge che la giovane Marianna piena di virtù e ben assennata, stravede per i sessantenni come lui rispetto ai suoi coetanei dai quali non si sente minimamente attratta. Asserisce poi che come dono di nozze porterà 1.200 franchi, unica notizia che preoccupa Arpagone, il quale sperava in una cifra più consistente. Infine, Frosina approfitta delle liete notizie, per chiedergli dunque un piccolo aiuto economico per sistemare un processo in corso, che se lo perdesse avrebbe su di lei gravissime conseguenze. Arpagone dopo essersi rabbuiato al sentir parlare di favori economici, fa finta di non aver sentito ringraziando e salutando la serva per
===Atto III===
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Valerio si difende asserendo di essere innamorato di Elisa, ma di non essere responsabile del furto del tesoro di Arpagone, e che quando si conoscerà il colpevole le cose si risolveranno. Arpagone ed Anselmo lo ammoniscono di non inventarsi false reputazioni e titoli inesistenti, e di mostrare le prove di quello che dice. Valerio, quindi, rivela di essere figlio di Don Tommaso D'Alburzio di Napoli. Continua dicendo di essere scappato all'età di sette anni per fuggire dalle persecuzioni nei confronti di molte nobili famiglie di Napoli, e di essere stato allevato come un figlio dal capitano della nave con la quale fuggì, e una volta adulto, saputo che suo padre era ancora vivo, iniziò a cercarlo per il mondo.
Durante tale viaggio conobbe Elisa, si innamorò di lei e che questo incontro gli fece prendere la decisione di introdursi in casa come domestico. Come prova della sua storia, cita persone e mostra oggetti e cimeli appartenenti alla sua famiglia. Marianna, sentendo tale racconto riconosce in lui suo fratello, spiegando che anche lei e sua madre fuggirono per mare ma furono presi dai corsari e fatti schiavi. Dopo dieci anni di schiavitù, riebbero la libertà grazie a una felice circostanza, tornarono a Napoli dove tutti i loro beni erano stati però venduti, e senza aver notizia del padre. Passarono quindi per Genova, dove
Aggiunge infine che intendeva sposarsi con una giovane donna come Elisa per rifarsi una nuova famiglia. A tali parole, Arpagone chiede ad Anselmo, ora padre di Valerio di provvedere a risarcire il furto di 10.000 scudi da parte di quest'ultimo. Sopraggiunge Cleante che tranquillizza il padre sulle sorti della cassetta, asserendo di custodirla lui stesso in un luogo, e che la riavrà a patto che permetta il matrimonio tra lui e Marianna. Arpagone però esige la cassetta per pagare le spese di matrimonio. Interviene quindi Anselmo che si offre di pagarle lui stesso il matrimonio e un nuovo vestito. Arriva però il commissario che esige di essere pagato per il lavoro di indagine svolto, sebbene breve. Arpagone si rifiuta di pagare e offre Mastro Giacomo, ormai scoperto autore di una falsa testimonianza, per la forca. Anselmo interviene ancora una volta, convincendolo a perdonare Mastro Giacomo
== Trasposizione cinematografica ==
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