Progetto Lebensborn: differenze tra le versioni
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Il '''Progetto Lebensborn''' ('''Progetto Sorgente di Vita''') fu uno dei diversi programmi avviati dal gerarca [[nazismo|nazista]] [[Heinrich Himmler]] per realizzare le [[eugenetica|teorie eugenetiche]] del [[Terzo Reich]] sulla [[razza ariana]] e portare la popolazione ariana in Germania a 120 milioni di persone entro il [[1980]].<ref>{{Cita web|url=http://www.akra.it/amis/schede.asp?id=6&idsch=
Aveva come [[motto]]:
{{Citazione|Ogni madre di buon sangue sarà santa per noi|}} [[File:Himmler bambina ariana.jpg|thumb|upright=1.8|Himmler con la figlia [[Gudrun Burwitz|Gudrun]] nel 1935]]▼
▲[[File:Himmler bambina ariana.jpg|thumb|upright=1.8|Himmler nel 1935]]
== Gli inizi del progetto ==
[[File:Bundesarchiv Bild 183-S72707, Heinrich Himmler.jpg|thumb|upright=0.5|Himmler nel 1942]]
[[File:Bundesarchiv Bild 119-2179, Walter Richard Darré.jpg|thumb|upright=0.5|Walther Darré]]
Dal [[1929]] le [[Schutzstaffel]] (SS) furono dirette da Himmler, convinto fautore delle teorie razziste dell'SS-Obergruppenführer [[Richard Walther Darré]], espresse dalla formula ''Sangue e terra''<ref>{{cita|Darré, 1978|}}.</ref> e le volle applicare al reclutamento delle ''Schutzstaffel''. A tale scopo era stato costituito alla fine del [[1931]] il [[RuSHA]], o ‘'SS-Rasse- und Siedlungshauptamt'’, guidato inizialmente dallo stesso Darré. Era l'ufficio incaricato di controllare la purezza ideologica e razziale di tutti i membri delle SS e l'autorità in materia di genealogia, rilasciando i certificati di attestazione del lignaggio ed i permessi di matrimonio; era inoltre responsabile dell'esecuzione della politica di colonizzazione dei territori orientali conquistati.
La prima disposizione che aprì la strada del programma eugenetico fu l'emanazione dell’''Ordine sul matrimonio'' del 31 dicembre [[1931]] secondo il quale ogni SS doveva essere autorizzato da Himmler stesso a sposarsi tramite la concessione di un certificato che documentasse la sanità mentale e fisica degli sposi e dei loro antenati.<ref>{{cita|Beccaria Rolfi-Maida, 1997|p. 129}}.</ref>▼
▲La prima disposizione che aprì la strada del programma eugenetico fu l'emanazione
Raccomandava quindi Himmler il 28 ottobre [[1939]], dopo due mesi dall'entrata nella [[seconda guerra mondiale]]:
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[[File:Bundesarchiv B 145 Bild-F051638-0067, Lebensbornheim, Säuglingszimmer.jpg|upright=0.7|thumb|La sala neonati]]
In realtà sin dal [[1935]] era stato dato il via al progetto Lebensborn, attraverso un circuito di apposite cliniche aperte in Germania. Himmler concepì un mistico rapporto tra le [[SS]] e le leggende [[teutoni]]che di [[Enrico I l'Uccellatore]] e [[Federico il Grande]]. Nel [[1934]] fece ristrutturare in [[Vestfalia]] il castello di [[Wewelsburg]], con una spesa di undici milioni di marchi, dove organizzare un vero e proprio Ordine delle SS in stile medievale, consacrato alla tutela della purezza razziale.<ref>{{cita|Manvell-Fraenkel, 2007|pp. 90-91}}.</ref><ref>Nella trasmissione televisiva ''Mixer'' del 10 aprile [[1997]], ''Battaglione Lebesborn'', a cura di Chantal Lasbats, si sosteneva che il castello fosse un centro [[ideologia|ideologico]] e operativo del progetto Lebensborn.</ref>▼
▲Himmler concepì un mistico rapporto tra le [[SS]] e le leggende [[teutoni]]che di [[Enrico I l'Uccellatore]] e [[Federico il Grande]]. Nel [[1934]] fece ristrutturare in [[Vestfalia]] il castello di [[Wewelsburg]], con una spesa di undici milioni di marchi, dove organizzare un vero e proprio Ordine delle SS in stile medievale, consacrato alla tutela della purezza razziale.<ref>{{cita|Manvell-Fraenkel, 2007|pp. 90-91}}.</ref><ref>Nella trasmissione televisiva ''Mixer'' del 10 aprile [[1997]], ''Battaglione Lebesborn'', a cura di Chantal Lasbats, si sosteneva che il castello fosse un centro [[ideologia|ideologico]] e operativo del progetto Lebensborn.</ref>
Il 10 dicembre
Il 1º gennaio del [[1938]] la società, con il nome di ''Amt L'' (''Ufficio L'', dove "L" sta per Lebesborn),<ref>Organizzazione dell'Amt Lebesborn:
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* Amt'' Ad '': ''Adoptierungen''
* Amt'' S '': ''Standes''</ref>
passò sotto il controllo diretto dello Stato maggiore delle SS cioè dello stesso Himmler che, per avere più libertà d'azione, trasferì il centro e gli uffici da Berlino a [[Monaco di Baviera|Monaco]], nell'ex sede del Centro comunitario ebraico e nella casa requisita dalle SS a [[Thomas Mann]].<ref>{{cita|Hillel-Henry, 1976|pp. 78-79}}.</ref> I massimi dirigenti dell'organizzazione furono lo Standartenführer-SS (colonnello) [[Max Sollman]] dell'amministrazione, [[Inge Viermetz]] della sezione cliniche, il dottor [[Gregor Ebner]] della sezione medica, [[Günther Tesch]] della sezione legale.
La prima clinica o “casa di maternità” cominciò a funzionare il 15 agosto [[1936]] in Baviera; quella austriaca nel 1938 tutte con il concetto di selezione razziale, ovvero ''Auslese''.<ref name=E-S_25>{{cita|Ericsson-Simonsen, 2007|p. 25}}.</ref> Altre ne furono aperte sino a contare, prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, sei cliniche con 263 letti per le madri e 487 per i neonati.<ref>{{cita|Lilienthal, 1985|p. 45}}.</ref>
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== Il parziale fallimento ==
Il programma Lebensborn, a cui gli ufficiali SS furono obbligati a partecipare, fu finanziato direttamente da una tassa a carico della ''[[Nationalsozialistische Volkswohlfahrt]]'' (NSV), l'ente di previdenza sociale dei dirigenti [[SS]]. Il progetto non riuscì ad avere la larga adesione che si aspettava Himmler, poiché delle 238.000 SS solo 8.000 vi aderirono.<ref>{{cita|Beccaria Rolfi-Maida, 1997|p. 132}}.</ref>
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Significativa a questo proposito la testimonianza al [[processo di Norimberga]] di [[Gregor Ziemer]],<ref>[[Gregor Ziemer]] è stato l'autore del soggetto del film statunitense del [[1943]] ''[[Hitler's Children]]'' incentrato sul progetto Lebensborn, diretto da Irving Reis e [[Edward Dmytryk]].</ref> un educatore [[statunitense]] visitatore per motivi di studio dell'istituzione statale per la tutela dei figli illegittimi di madri tedesche di sangue puro. Egli raccontava come le case fossero tutte in ambienti naturali, lontane dallo [[smog]] cittadino e dove le donne ricoverate, salvo le ore dedicate all'istruzione [[ideologia|ideologica]] nazista, erano libere da qualsiasi lavoro domestico.
La clinica visitata da Ziemer, un albergo di lusso requisito ad ebrei, si presentava pulita e luminosa. Questi, assistendo al pranzo delle partorienti, si meravigliò della quantità e della qualità dei cibi. Le donne, prima di iniziare a mangiare, salutavano con il braccio teso il ritratto di Hitler sotto una [[svastica]], dicendo in coro: "Nostro [[Führer]] ti ringraziamo per la tua munificenza; ti ringraziamo per questa casa; ti ringraziamo per questo cibo. A te dedichiamo tutte le nostre forze: a te dedichiamo la vita nostra e quella dei nostri figli!". Osservava Ziemer: "Ringraziavano un [[dio|nume]]. Offrivano a Hitler i loro bambini ancora non nati".<ref>{{cita|Ziemer, 1944|pp. 26-30}}. La testimonianza riportata nel libro di Ziemer è la trascrizione fedele di quella tenuta dallo stesso nel [[Tribunale Militare Internazionale]] (in ''Procès des grands criminels de guerre'', Vol. XXX, doc. PS-2441, pp. 502-541).</ref>
Le statistiche dell'Ufficio Razza e Popolamento certificarono che nei Lebensborn tedeschi avevano partorito circa 2.000 donne che avevano dimostrato di possedere i requisiti razziali richiesti.
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== La germanizzazione ==
In particolare furono aperte "case per le madri" in [[
Il compito era quello di convincere ragazze-madri non tedesche, ma dalle caratteristiche razziali
Tra gli effetti collaterali si ebbe la nascita dei cosiddetti “figli della guerra”, ovvero figli nati da soldati tedeschi che si trovavano nei territori occupati. Le madri di questi bambini, soprattutto a fine guerra, venivano additate come “puttane dei crucchi”, nei Paesi Bassi ''moffenhoer'' o ''moffenmeiden'', in Norvegia e Danimarca ''tyskertøser'', in Francia ''femmes à boche''.<ref>{{cita|Ericsson-Simonsen, 2007|p. 42}}.</ref> In alcuni casi si sono effettuati degli “studi medici” sull'intelligenza di queste madri, con risultati di apparenti ritardi mentali così come ai loro figli.<ref>{{cita|Ericsson-Simonsen, 2007|p. 37}}.</ref>
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=== Norvegia ===
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-119-0413-38, Norwegen, deutscher Soldat, Einheimische.jpg|thumb|Norvegia: un soldato tedesco fotografa delle bimbe norvegesi in costume tradizionale]]
Nel febbraio [[1941]], l'anno successivo all'invasione, il progetto Lebensborn venne esportato in [[Norvegia]] grazie al capo delle SS in Norvegia [[Wilhelm Rediess]], il capo del Lebensborn in Germania [[Max Sollmann]] e il Reichkommisar [[Josef Terboven]], dove conseguì buoni risultati.<ref name=E-S_28>{{cita|Ericsson-Simonsen, 2007|p. 28}}.</ref>
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Già dal [[1940]], il direttore medico del Lebensborn, Gregor Ebner, scriveva a Himmler come fosse auspicabile portare in Germania donne norvegesi.<ref>{{cita|Hillel-Henry, 1976|p. 147}}.</ref>
Himmler rispose che "Il trasferimento obbligatorio in Germania delle norvegesi che aspettano un bambino dalle truppe di occupazione
Ebner in realtà pensava che si dovessero trasferire in Germania non solo le norvegesi incinte di soldati tedeschi, ma le donne nordiche in genere, poiché presentavano generalmente caratteristiche razziali migliori delle tedesche, specialmente di quelle della Germania meridionale.
Si optò invece il sistema più semplice per la germanizzazione: il [[Rapimento dei bambini da parte della Germania nazista|rapimento di bambini norvegesi]], “figli della guerra”, trasportati in Germania in appositi istituti per essere poi adottati e/o germanizzati,
=== Danimarca ===
La Danimarca, a differenza di altre nazioni occupate, aveva rinunciato a ogni resistenza all'
In Danimarca nacquero 5579 bambini<ref>Anette Warring, Tyskerpiger, p.146</ref> da padre tedesco, ma
Verso la fine del 1944 in Danimarca vi erano 3
Differentemente dalla Norvegia, per le madri dei figli della guerra, l'offerta di sostegno, protezione ed aiuto economico da parte del Lebensborn fu meno allettante.<ref>{{cita|Ericsson-Simonsen, 2007|p. 70}}.</ref>
=== Paesi Bassi ===
Anche nei Paesi Bassi le donne che avevano a che fare con gli
Per quanto riguarda questo paese non si conoscono dati riguardanti le donne che frequentarono soldati tedeschi durante l'occupazione, ne sul numero di bambini nati da padre tedesco, ma si hanno solo alcune cifre fornite dalla ''Nationalsozialistische Volkswohlfahrt'' (NSV) che stima sia di 8000-10000 (stima che però tiene conto solamente dei bambini da loro assistiti).<ref>{{nl}} L. de Jong, ''Het Kominkrijk der Nederlanden in de Tweede Wereldoorlog'', vol. 5, pt.1, Martinus Nijoff, 1972.</ref>
Il primo "Centro per le Madri e i lattanti" (''Mütter-und Säugligsheim'') sorse a Amsterdam nel febbraio 1942 che andava ad unirsi ai centri dell'NSV di Rotterdam e de L'Aia. Esistevano anche altri centri più piccoli dell'NSV come quelli a [[Valkenburg]] e
=== Francia ===
Anche qui si presentò il problema di quale nazionalità, francese o tedesca, avessero questi bambini
Così come negli altri paesi, alla fine della guerra le donne che avevano avuto a che fare con i tedeschi vennero punite mediante [[lassativo|purghe]] o taglio di capelli ed i loro figli vennero chiamati con toni dispregiativi come “figlio del nemico”, Fritz o ''boche'' (crucco).<ref>{{cita|Ericsson-Simonsen, 2007|p. 137}}.</ref>
=== Regioni orientali occupate<ref>Con tale termine si considerano i territori
Nell'agosto [[1942]], un anno dopo l'invasione
L'8 settembre 1942 il comandante della [[2. Panzerarmee]], il generale [[Rudolf Schmidt]], scriveva a Hitler che il numero di ''Mischlingskinder'' (bambini di sangue misto) poteva ammontare a 1,5 milioni. Nonostante il numero esagerato di tale predizione,
Un mese dopo, Himmler si rivolgeva ai soldati sul fronte russo:
"Qualcuno chiederà: Reichsführer, che cosa dobbiamo fare con un uomo che è stato qui sei-otto mesi e che ha un figlio da una russa? Rispondo: bisogna esaminare ogni singolo caso. Se la ragazza è di razza buona sarà accettato: se la ragazza è di razza cattiva l'uomo sarà cacciato e messo in prigione".<ref>{{cita|Collotti, 1982|p. 349}}.</ref>
Il [[Rapimento dei bambini da parte della Germania nazista|rapimento e la germanizzazione di bambini]]
Dal momento della ritirata tedesca da Stalingrado l'unica misura attuata fu la registrazione delle nascite che comunque erano molto distanti dalle previsioni iniziali. Infatti il ministero del Reich stimò le nascite di bambini nei territori di [[Bielorussia]], Ucraina, [[Estonia]], [[Lettonia]] e [[Lituania]] in
=== Polonia ===
[[File:NSV.jpg|upright=0.7|thumb|Manifesto pubblicitario (1935) per la NSV<ref>''Assistenza e salute popolare nazionalsocialista'' (logo in alto a sinistra) e, in particolare, per le "UNTERSTÜTZT DAS HILFSWECK MUTTER UND KIND" (''Opera assistenziale per madre e fanciullo'').</ref>]]
Dapprima si ricercarono i bambini negli [[orfanotrofio|orfanotrofi]] [[Polonia|polacchi]] o presso le famiglie che presentavano i tratti razziali di appartenenza alla razza nordica. In seguito la ricerca dei bambini da "germanizzare" si estese in tutte le direzioni: negli [[scuola materna|asili]], nelle scuole, nelle famiglie di divorziati sino a includervi i bambini di genitori deportati o eliminati nei campi di sterminio oppure presi per strada a caso perché risultavano "a occhio", per i loro capelli biondi e gli occhi azzurri, come appartenenti alla "buona razza". I bambini, dotati di una nuova identità tedesca, obbligati a parlare solo il tedesco e a frequentare scuole tedesche, venivano quindi affidati a nuovi genitori.
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Secondo lo storico tedesco Michael Foedrowitz, il numero dei figli della guerra in Polonia ammontava a 80.000-100.000.<ref>{{de}} Michael Foedrowitz, ''Deutsch-Polnische Kriegskinder'', Berlino, 28 ottobre 2002</ref>
=== Boemia
Dal 1939 al 1945
L'intento era di germanizzare la popolazione locale per ottenere aree “razziali pure”. Ciò comportava però una selezione che richiedeva fasi successive interdipendenti: identificazione, selezione, segregazione e, potenzialmente, anche eliminazione in base ai giudizi di esperti sullo status razziale, genetico, politico e sociale delle singole persone. L'approccio complessivo comprendeva la ''Rassenpolitik'' (politica razziale), la ''Sozialpolitik'' (politica sociale) e la ''Gesundheitspflege'' (politica della salute pubblica), dove la massima autorità era l'ufficio del Reichsprotektor. In queste regioni il matrimonio misto e interetnico era tradizionalmente accettato, ma dopo l'occupazione tedesca divennero un problema di sentimento nazionalistico. I figli delle coppie miste ottenuti da cechi con tedeschi sudeti erano visti dai nazisti come un urgente e serio problema. Si decise quindi che ogni individuo == Le testimonianze dei bambini germanizzati ==
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=== Sigismund Krajeski ===
Rapito dalla sua famiglia a [[Poznań]] nel 1943, quando aveva dieci anni, fu portato al campo di concentramento di Kalish e da lì, dopo quattro mesi, a [[Gmunden]] in [[Austria]]. Nella scuola di germanizzazione Sigismund fa una vita dura: punito e picchiato perché continua a parlare in polacco e non rinnega la sua [[nazionalità]].
«Dei tedeschi venivano nel campo e sceglievano i bambini che gli piacevano... facevano credere che i genitori
=== Anonima ===
La madre aveva ricevuto l'ordine di presentarsi con la piccola figlia all'Ufficio Comunale della Gioventù. Lì venne separata dalla mamma e portata a Kalish; dal campo fu trasferita con altre bambine polacche alla scuola di germanizzazione "Illenau".<ref>Un antico istituto trasformato in un asilo per il progetto Lebensborn e per il [[Aktion T4|T4]] presso il villaggio di [[Achern]] nel [[Baden-Württemberg|Baden]].</ref>
«Siamo state marchiate alla mano sinistra e al capo...ci dissero "voi metterete al mondo due o tre tedeschi di razza, poi sparirete"...Ci facevano anche continuamente delle iniezioni...penso...che fossero di [[ormone|ormoni]] per farci raggiungere celermente la [[pubertà]]. Di tanto in tanto le SS...ci facevano passare un nuovo esame razziale sempre più severo. Le bambine che venivano scartate non le
Alcuni di questi bambini sradicati dalla loro famiglia d'origine e assimilati completamente a quella d'adozione, dopo molti anni di vita nel nuovo ambiente familiare e sociale si rifiutarono di riprendere il filo della loro vita spezzata. È il caso di queste due bambine germanizzate:
=== Hélène Wilkanowicz ===
Rapita in Polonia a [[Pabianice]], quando aveva dodici anni dalle SS perché aveva capelli biondi e occhi azzurri
Dopo la guerra, aveva ormai diciassette anni, non volle tornare in Polonia, ma neanche si sentiva tedesca «D'altra parte qui mi trattano ancora come una sporca polacca, ''Dreckpolack''. È orribile che in Germania… si rimane uno sporco polacco, come si rimane un sudicio ebreo.» Forse - continua - tornerà in Polonia. «Ma io sono malata, soffro ancora per quel periodo. Nostalgia. Una cosa che uccide, ''das macht sie kaputt''. Non trovo più pace…».<ref name="cita
=== Eugenia Ewertowska ===
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== Il numero dei bambini rapiti ==
La "Gazeta Ludowa", un giornale polacco, scriveva nel 1947 che il numero dei bambini rapiti arrivava a
Secondo un altro calcolo si arriverebbe invece ad un massimo di duecentomila di cui solo il 15-20 per cento tornò alla sua famiglia di origine.<ref>{{cita|Burleigh-Wippermann, 1992|p. 285}}.</ref>
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Nel dopoguerra, oltre ai bambini germanizzati, anche le madri che li diedero alla luce subirono nei [[Scandinavia|paesi scandinavi]] dolorose ripercussioni. Esse furono chiamate “donne di Hitler” e considerate dai connazionali come “traditrici della Patria”.<ref>Il contenuto di quanto segue nel testo e le frasi virgolettate sono basati su {{Cita web|autore=Filippo Maria Battaglia|url=http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=190773|titolo=Operazione «Lebensborn», gli innocenti sacrificati alla follia della razza ariana|editore=[[Il Giornale]]|data=6 luglio 2007|pagina=28|accesso=23 febbraio 2014}}</ref>
Le “madri Lebensborn”, iscritte in liste pubbliche come [[collaborazionismo|collaborazioniste]], vennero ripudiate dalla famiglia d'origine e licenziate dal proprio posto di lavoro. Le «puttane del crucco» corsero il rischio di essere [[linciaggio|linciate]]: «A [[Odense]], una donna che stava per essere aggredita fu costretta a rifugiarsi nel suo tetto. La folla fracassò i vetri per irrompere in casa sua. Alcuni giovani si arrampicarono dietro a lei, lasciandola a terra svenuta. Mentre era incosciente le strapparono i capelli, la rasero integralmente, la violentarono».<ref name="cita
Alla fine di maggio del [[1945]], nella sola [[Oslo]], risultavano arrestate e chiuse in campi di concentramento mille donne e poco dopo il governo norvegese emanò una legge retroattiva che cancellava il diritto di cittadinanza per ogni donna che si fosse sposata con un tedesco nei cinque anni precedenti.
Tali misure, ricevettero un forte sostegno da parte della popolazione come dimostrato anche dalle seguenti testimonianze degli storici norvegesi Lars Borgersrud e Kjersti Ericsson, riportate al programma televisivo "[[La storia siamo noi]]":<ref>[http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=518 RAI, "La storia siamo noi"] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20090201012231/http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=518 |data=1º febbraio 2009
{{Citazione|L’odio nei confronti dei War Children può essere spiegato nella durezza dell’occupazione tedesca nei confronti del nostro paese. Non si deve dimenticare che diecimila norvegesi sono stati uccisi, mentre altri novemila sono stati deportati in Germania dove hanno subito un trattamento durissimo e almeno milleseicento di loro sono stati uccisi nei lager nazisti. Soprattutto nel nord della Norvegia la popolazione ha reagito all'occupazione rifiutando di collaborare con il nemico e dando vita ad un movimento di resistenza che è durato per tutti gli anni della guerra, per questo molti norvegesi hanno reagito alla drammatica esperienza dell’occupazione identificando questi bambini con il nemico tedesco.}}
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Si diffonde una mentalità che richiama quella da cui era nato il progetto Lebensborn. Uno dei più diffusi giornali norvegesi sostiene che «tutti questi bambini tedeschi cresceranno e costituiranno una larga minoranza bastarda all'interno del nostro popolo (...) sono incapaci di diventare norvegesi: i loro padri sono tedeschi, le loro madri sono tedesche per mentalità e per comportamento». Si riteneva perciò indispensabile liberarsene, poiché costituivano una minaccia per la purezza dell'identità nazionale.
Un noto [[psichiatria|psichiatra]], Ørnuf Ødegård, affermava che «queste donne sono con ogni probabilità mentalmente ritardate» e «in ragione della teoria dell'[[ereditarietà]] anche buona parte dei loro figli lo sarebbe stata».<ref name="cita
Dalla teoria si cercò di passare ai fatti: vennero trasferiti trenta bambini in Svezia e si cominciò a pensare ad una [[deportazione]] di massa in [[Australia]], poi mai realizzata.
Allontanandosi sempre più nella memoria gli anni della tragedia mondiale, il governo norvegese consentì che le donne prive di [[cittadinanza]] potessero rientrare nel loro paese dopo aver firmato una dichiarazione che riconosceva che “l'opinione pubblica è contro di lei, che ci sarebbero state difficoltà e situazioni spiacevoli per lei e i suoi figli, che all'occorrenza avrebbe potuto essere internata, che si trattava di un soggiorno temporaneo”.<ref name="cita
=== L'appello alla Corte europea dei diritti dell'uomo ===
Ancora in anni più recenti non si sono spenti gli effetti del progetto Lebensborn: nel marzo [[2007]], 154 norvegesi, 4 svedesi ed un tedesco, figli del Lebensborn, hanno presentato un ricorso alla [[Corte europea dei diritti dell'uomo]] accusando il governo norvegese di aver messo in atto nei loro confronti una grave [[discriminazione]].
Al governo norvegese che, in passato, come tacita ammissione della sua politica discriminatoria, senza mai averla dichiarata apertamente, aveva offerto parziali [[indennizzo|indennizzi]], ora le vittime del Lebensborn chiedono risarcimenti fino a 250.000 [[euro]] come prezzo della loro infanzia cancellata.
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* {{Cita libro|autore=[[Lidia Beccaria Rolfi]], Bruno Maida|titolo=Il futuro spezzato: i nazisti contro i bambini|editore=Giuntina|pagine=214|anno=1997|url=http://books.google.it/books/about/Il_Futuro_Spezzato.html?id=2gg55Sc1os0C|cid=Beccaria Rolfi-Maida, 1997|isbn=978-88-8057-057-8}}
* {{Cita libro|autore=Marc Hillel, Clarissa Henry|titolo=In nome della razza|url=https://archive.org/details/ofpureblood00hill|editore=Sperling & Kupfer|pagine=292|città=Milano|anno=1976|cid=Hillel-Henry, 1976|isbn=0-07-028895-X}}
* {{Cita libro|autore=Roger Manvell, Heinrich Fraenkel|titolo=Heinrich Himmler: The SS, Gestapo, His Life and Career|url=https://archive.org/details/heinrichhimmlers0000manv|editore=Skyhorse Publishing|pagine=320|anno=2007|cid=Manvell-Fraenkel, 2007|lingua=
* {{Cita libro|autore=[[Richard Walther Darré]]|titolo=La nuova nobiltà di sangue e suolo|editore=Edizioni di Ar|città=Padova|anno=1978|cid=Darré, 1978|isbn=978-88-89107-30-0}}
* {{Cita libro|autore=Georg Lilienthal|titolo=Der "Lebensborn e.V.": Ein Instrument nationalsozialistischer Rassenpolitik|editore=Fischer Taschenbuch Verlag|anno=1985|cid=Lilienthal, 1985|lingua=tedesco}}
* {{Cita libro|autore=Gregor Ziemer|titolo=Educazione alla morte. Come si crea un nazista|editore=Constamble & Co|città=Londra|anno=1944|cid=Ziemer, 1944|isbn=978-88-8137-233-1}}
* Teresa Arcelloni, ''Lebensborn. I figli del Nazionalsocialismo. La rielaborazione di una leggenda'', Voghera, Marvia Edizioni, 2018. ISBN 9788889089699
* {{Cita libro|autore=Heinz Höhne|titolo=L'Ordine Nero. La storia delle SS|editore=Garzanti|pagine=357|città=Milano|anno=1968|cid=Höhne, 1968|isbn=
* {{Cita libro|autore=[[Enzo Collotti]]|titolo=Nazismo e società tedesca, 1933-1945|editore=Loescher|anno=1982|cid=Collotti, 1982|isbn=88-201-2328-2}}
* {{Cita libro|autore=Giuseppe Mayda|titolo=I dossier segreti di Norimberga. Interrogatori e documenti del processo più celebre della storia|editore=Mursia|anno=1977|cid=Mayda, 1977}}
* {{Cita libro|autore=|curatore=Reimund Schnabel|traduttore=Herma Trettl|titolo=Il disonore dell'uomo|editore=Lerici|città=Milano|anno=1961|cid=Schnabel, 1961|isbn=
* {{Cita libro|autore=Veslemøy Kjendsli|titolo=Kinder der Schande ein "Lebensborn-Mädchen" auf der Suche nach ihrer Vergangenheit|editore=Luchterhand|città=Amburgo|anno=1992|cid=Kjendsli, 1992|lingua=de}}
* {{Cita libro|autore=|curatore=Kjersti Ericsson, Eva Simonsen|titolo=I figli di Hitler. La selezione della «razza ariana», i figli degli invasori tedeschi nei territori occupati|editore=Boroli Editore|pagine=204|anno=2007|cid=Ericsson-Simonsen, 2007|isbn=978-88-7493-112-5}}
* {{Cita libro|autore=Miroslav Ivanov|titolo=Obiettivo: Mercedes nera|editore=Mondadori|città=Milano|anno=1972|cid=Ivanov, 1972}}
* {{Cita libro|autore=Michael Burleigh, Wolfgang Wippermann|titolo=Lo stato razziale. Germania 1933-1945|editore=Rizzoli|città=Milano|anno=1992|cid=Burleigh-Wippermann, 1992}}
* {{Cita pubblicazione|lingua=
* {{Cita libro|autore=Boris Thiolay|titolo=Lebensborn: la fabrique des enfants parfaits. Ces Français qui sont nés dans une maternité SS|editore=Flammarion|anno=2012|cid=Thiolay, |lingua=francese|isbn=2-08-124343-1}}
* {{Cita libro|autore=Catrine Clay, Michael Leapman|titolo=Master race: the Lebensborn experiment in Nazi Germany|editore=Hodder & Stoughton|anno=1995|cid=Clay-Leapman, 1995|lingua=
* Dorothee Schmitz-Köster: ''Deutsche Mutter bist du bereit - Alltag im Lebensborn''. Aufbau-Verlag, 2002.
* Gisela Heidenreich: ''Das endlose Jahr. Die langsame Entdeckung der eigenen Biographie - ein Lebensbornschicksal''. 2002.
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