Francesco Bertos: differenze tra le versioni

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L'artista è rimasto per lungo tempo oscuro e rimangono ancora diversi interrogativi irrisolti sulla sua vita. L'inizio romano della sua attività, riportato in più testi, risulta oggi negato<ref>{{Cita|Avery 2008|pp. 13, 22 n. 4.}}</ref>. Rimane invece plausibile che avesse avuto qualche esperienza fuori dal Veneto e un rapporto, non meglio precisato, con il più anziano scultore friulano Girolamo Bertos, attivo in Romagna.[[File:Vessel with three putti MET DP-917-001.jpg|miniatura|Francesco Bertos, ''Calamaio con tre putti'', forse 1738, bronzo, 38,1×23,5×16,8 cm, New York, Metropolitan Museum|sinistra]]
 
La notizia di Giannantonio Moschini che, nel 1817 definiva Francesco Bertos «valente discepolo di [[Giovanni Bonazza|Gio Bonazza]]»<ref>Moschini però lo definisce ipercorrettamente «Bertozzi Francesco» vedi: {{Cita libro|autore=Giannantonio Moschini|titolo=Guida per la città di Padova all'amico delle belle arti|anno=1817|editore=fratelli Gamba|città=Venezia|pp=182, 253}}</ref> risulta invece sufficientemente corretta in quanto sicuramente il Bertos fu generico "lavorante" e poi collaboratore dello scultore veneziano, come documentato in due attestati di pagamento del 1707 e 1710. Anche alcune opere di quel periodo correlate al Bonazza sono attribuibili al Bertos, come i due putti che affiancano il busto della Vergine del veneziano sopra l'altare maggiore della parrocchiale di Caselle di [[Santa Maria di Sala]] o la figura distesa della ''Maddalena penitente'', pendant del ''Girolamo penitente'', invece del Bonazza e anch'esso disteso (ambedue a Padova nella Biblioteca Universitaria)<ref>{{Cita|Guerriero 2002|pp. 113-118.}}</ref>.
L'attività autonoma e più tipica di Bertos inizia documentatamente nel 1715 con la commissione di Antonio Manin di alcuni gruppi di piccole figure in marmo per la [[Villa Manin|villa]] di [[Passariano]]. Lo scultore ne realizzò otto fino al 1719 cui seguirono delle grandi statue da giardino. Dal 1722 è documentato l'invio di alcune opere alla zar [[Pietro I di Russia|Pietro il Grand]]<nowiki/>e. Tra il 1738 e 1739 eseguì due gruppi in bronzo per casa i re di Sardegna<ref>{{Cita|Bacchi 2016|pp. 168-169.}}</ref>. Oltre ai Savoia il Bertos continuò ad essere apprezzato e ambito dalla nobiltà e dal potentato veneziano: erano segnalate diverse sue opere nel [[Palazzo Morosini Sagredo|palazzo Sagredo]] e nel [[Palazzo Pisani a Santo Stefano|palazzo Pisan]]<nowiki/>i e il [[Johann Matthias von der Schulenburg|maresciallo von der Schulenburg]] ne possedeva dodici esemplari<ref>{{Cita|Viancini 1994|pp. 143, 147.}}</ref>. Negli ultimi anni di vita lavorò ancora per i [[Pisani (famiglia)|Pisani]] realizzando le statue, questa volta grandi e un tempo attribuite genericamente all bottega del Bonazza, da porre a coronamento del palazzo dominicale nella nuova loro [[Villa Pisani (Stra)|villa di Stra]]<ref>{{Cita|Guerriero 2009|p. 208.}}</ref>.
 
L'attività autonoma e più tipica di Bertos inizia documentatamente nel 1715 con la commissione di Antonio Manin di alcuni gruppi di piccole figure in marmo per la [[Villa Manin|villa]] di [[Passariano]]. Lo scultore ne realizzò otto fino al 1719 cui seguirono delle grandi statue da giardino. Dal 1722 è documentato l'invio di alcune opere allaallo zar [[Pietro I di Russia|Pietro il Grand]]<nowiki/>e. Tra il 1738 e 1739 eseguì due gruppi in bronzo per casa iil re di Sardegna<ref>{{Cita|Bacchi 2016|pp. 168-169.}}</ref>. Oltre ai Savoia il Bertos continuò ad essere apprezzato e ambito dalla nobiltà e dal potentato veneziano: erano segnalate diverse sue opere nel [[Palazzo Morosini Sagredo|palazzo Sagredo]] e nel [[Palazzo Pisani a Santo Stefano|palazzo Pisan]]<nowiki/>i. e ilIl [[Johann Matthias von der Schulenburg|maresciallo von der Schulenburg]] ne possedeva dodici esemplari<ref>{{Cita|Viancini 1994|pp. 143, 147.}}</ref>. Negli ultimi anni di vita lavorò ancora per i [[Pisani (famiglia)|Pisani]] realizzando le statue, questa volta grandi e un tempo attribuite genericamente allalla bottega del Bonazza, da porre a coronamento del palazzo dominicale nella nuova loro [[Villa Pisani (Stra)|villa di Stra]]<ref>{{Cita|Guerriero 2009|p. 208.}}</ref>.
 
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== Opere ==
Certamente l'attenzione all'opera dello scultore [[Dolo (Italia)|dolese]] non va posta ai pezzi di maggiore dimensione in pietra in cui si smorza la brillantezza dei piccoli gruppi<ref>{{Cita|Avery 2008|p. 17.}}</ref>. Questi invece appaiono talmente fantasiosi e animati da giustificare l'ammirazione dei suoi contemporanei. Si tratta di complessi gruppi di figure intrecciate in movimenti dinamici ,che sembrano sfidare le leggi di gravità, organizzati con uno sviluppo piramidale. Si considera che l'attività sia iniziata con dei gruppi in marmo per poi passare alla preferenza del bronzo, più sicuro nella solidità dei "piccoli" complessi<ref>{{Cita|Banzato 2002|p. 89.}}</ref>. L'abilità necessaria di tali costrutti vedeva il Bertos praticare anche come fonditore come esemplificato in una sua scultura sl Getty firmata <small>BERTOS / INVENTOR / ET SCVLTOR / SOLVS / DEI GRATIA / FVSIT / PERFECIT / FECIT.</small> Una abilità talmente singolare che lo vide sottoposto all'Inquisizione per "diavoleria" « parendo impossibile che la mano umana possi arrivare à tanto»<ref>{{Cita libro|autore=Alice Binion|titolo=La Galleria scomparsa del maresciallo von der Schulenburg: un mecenate nella Venezia del Settecento|anno=1990|editore=Electa|città=Milano|pp=127-129}}</ref>. Si poteva trattare di gruppi più grandi, come quello de ''La Vittoria sostenuta dal Valore'' di [[Art Institute of Chicago|Chicago]] oppure i ''Quattro continenti'' di [[Walters Art Museum|Baltimora]], destinati per lo più a essere usati come [[Trionfo da tavola|trionfi da tavola]], oppure composizioni più semplici, ma sempre movimentate da putti o altre figure in posizioni estremamente dinamiche, destinate a funzioni più pratiche da uso quotidiano come saliere, portadolci o calami /per esempio il ''Calamaio'' di [[Metropolitan Museum of Art|New York]])<ref>{{Cita|Banzato 2002|pp. 90-91.}}</ref>.
 
Il suo capolavoro è la scultura [[La caduta degli angeli ribelli (Bertos)|''La caduta degli angeli ribelli'']] in marmo di carrara, dove raffigura [[San Michele arcangelo]] che abbatte una schiera di diavoli in pose contorte, per i quali in basso si apre l'Inferno. L'opera fu commissionata dal conte Trento, per onorare l'entrata del figlio tredicenne tra i cavalieri di Malta, ed oggi è conservata a Vicenza, nelle Gallerie di Banca Intesa a [[Palazzo Leoni Montanari]].
 
Nonostante la consuetudine col Bonazza più sensibile nelle grandi sculture, Bertos non appare legato al pieno barocco di un [[Giusto Le Court|Le Court]] quanto una continuazione degli schemi della Maniera veneta del XVI secolo<ref>{{Cita|Bacchi 2016|p. 169.}}</ref>, ma anche al [[Giambologna]] di cui riproduce alcune opere in piccola scala, come il ''Ratto della Sabina'' del [[Palazzo Reale (Torino)|Palazzo reale]] a [[Torino]]<ref>{{Cita|Viancini 1994|p. 151.}}</ref>. È rilevante che le opere più complesse presentino una fusione di elementi iconografici oggi difficilmente comprensibili nella loro sommatoria ma certamente noti ai committenti<ref>{{Cita|Viancini|pp. 150-151.}}</ref>.