Enrico VII di Lussemburgo: differenze tra le versioni
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|nome = Enrico VII di Lussemburgo
|immagine = Tino di camaino, statue dal monumento funebre di arrigo VII di lussemburgo, 1313, 04.JPG
|legenda = [[Tino di Camaino]], ''Ritratto di Enrico VII'', (Monumento funebre di Arrigo VII, [[1313]], [[
|titolo = [[Imperatori del Sacro Romano Impero|Imperatore
|sottotitolo =
|stemma = Coat of arms of Henry VII, Holy Roman Emperor.svg
|inizio regno = 29 giugno [[1312]]
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|successore1 = [[Ludovico il Bavaro|Ludovico IV]]
|titolo2 = [[Sovrani del Lussemburgo|Conte di Lussemburgo]]
|titolo3 = [[
|inizio regno2 = 5 giugno [[1288]]
|fine regno2 = 24 agosto [[1313]]
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|madre = [[Enrico VI di Lussemburgo#Matrimonio e discendenza|Beatrice d'Avesnes]]
|consorte = [[Margherita di Brabante]]
|figli = [[Giovanni I di Boemia|Giovanni]]<br />[[Maria del Lussemburgo|Maria]]<br />[[Beatrice di Lussemburgo|Beatrice]]
|religione = [[Chiesa cattolica|Cristianesimo Cattolico]]
}}
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|Nome = Enrico VII di Lussemburgo
|Cognome =
|PreData = [[
|Sesso = M
|LuogoNascita = Valenciennes
|GiornoMeseNascita =
|AnnoNascita = 1275
|LuogoMorte =
|GiornoMeseMorte = 24 agosto
|AnnoMorte = 1313
|
|Attività = sovrano
|Nazionalità =
|Categorie = no
|FineIncipit = è stato [[conte di Lussemburgo]], [[re di Germania]] dal [[1308]], [[re dei Romani]] e [[imperatore del Sacro Romano Impero]] dal [[1312]] alla morte, primo imperatore della [[Casa di Lussemburgo]]. Durante il suo breve regno rafforzò la causa imperiale in [[Italia]], divisa dalle lotte partigiane tra le fazioni [[guelfi|guelfa]] e [[Ghibellini|ghibellina]], e ispirò i componimenti di lode di [[Dino Compagni]]
}}
== Origine ==
Secondo la ''Histoire généalogique de la maison royale de Dreux (Paris), Luxembourg'',
== Biografia ==
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Mentre questi negoziati erano in corso, Enrico iniziò la sua discesa nel nord Italia nel mese di ottobre [[1310]], mentre suo figlio maggiore Giovanni rimaneva a [[Praga]] come vicario imperiale. Nel corso della traversata delle [[Alpi]] e della [[pianura lombarda]], nobili e prelati di entrambe le fazioni guelfe e ghibelline si affrettarono a salutarlo, mentre Dante diffuse una lettera pregna di ottimismo indirizzata ai governanti e al popolo di Firenze.
Decenni di guerra e di lotte avevano visto in Italia la nascita di decine di città-stato indipendenti, ognuna nominalmente guelfa o ghibellina, sostenuta dalla nobiltà urbana a sostegno di un sovrano potente (come Milano), o dalle emergenti classi mercantili incorporate in uno stato repubblicano (come Firenze). All'inizio non dimostrò alcun favoritismo per nessuna delle parti, sperando che la sua magnanimità sarebbe stata ricambiata da entrambe le fazioni; tuttavia, insistette sul fatto che i governanti attuali di
Questa era la situazione che il re dovette affrontare quando arrivò a [[Torino]] nel novembre del [[1310]], alla testa di 5.000 soldati, di cui 500 cavalieri.
Dopo un breve soggiorno ad [[Asti]], dove intervenne negli affari politici della città con grande costernazione dei guelfi italiani, Enrico procedette verso [[Milano]], dove fu incoronato [[re d'Italia]] con la [[Corona
I Guelfi toscani si rifiutarono di partecipare alla cerimonia e così ebbe inizio la preparazione all'opposizione ai sogni imperiali di Enrico. Come parte del suo programma di riabilitazione politica, Enrico richiamò dall'esilio i [[Visconti]], i governanti estromessi da Milano. [[Guido della Torre]], che aveva cacciato i Visconti da Milano, si oppose e organizzò contro l'imperatore una rivolta che fu spietatamente repressa, mentre i Visconti riacquistavano il potere e [[Matteo Visconti]] veniva nominato vicario imperiale di Milano, e suo cognato, Amedeo di Savoia, vicario generale in Lombardia. Queste misure, oltre a un prelievo di massa imposto alle città italiane, portarono le città guelfe a rivoltarsi contro Enrico e determinarono un'ulteriore resistenza quando il sovrano cercò di far valere i diritti imperiali su quelle che erano diventate terre comunali e provò a sostituire i regolamenti comunali con le leggi imperiali. Tuttavia, Enrico riuscì a ripristinare una parvenza di potere imperiale in alcune parti del nord Italia, in città come [[Parma]], [[Lodi]], [[Verona]] e [[Padova]].
Allo stesso tempo ogni resistenza dei comuni del nord Italia veniva soppressa senza pietà. La prima città a subire l'ira di Enrico fu [[Cremona]], dove la famiglia [[Della Torre|Torriani]] e i loro sostenitori si erano rifugiati: cadde il 26 aprile [[1311]] e le mura della città furono rase al suolo.
[[File:Rimskajizda.gif|sinistra|miniatura|L'imperatore Enrico raffigurato in una miniatura mentre entra in Brescia, dopo averne ottenuto la resa e fatto demolire sia le torri che le mura]]
Enrico poi impiegò quattro mesi di tempo nell'estate 1311 nell'[[Assedio di Brescia (1311)|assedio di Brescia]], che gli fece ritardare il suo viaggio a [[Roma]]. L'opinione pubblica cominciò a rivoltarsi contro Enrico; la stessa Firenze si alleò con le comunità guelfe di [[Lucca]], [[Siena]] e [[Bologna]] e si impegnò in una guerra di propaganda contro il re. Questo comportò anche che papa Clemente V, sotto la pressione crescente da re Filippo di Francia, cominciò a prendere le distanze da Enrico e ad abbracciare la causa dei guelfi italiani che si erano rivolti al papato per ottenere sostegno.
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Ma il caos nella città di Roma costrinse Enrico ad allontanarsi e, seguendo il consiglio dei ghibellini toscani, si recò ad [[Arezzo]]. Qui, nel settembre [[1312]], emise una sentenza contro Roberto di Napoli, in quanto vassallo ribelle, mentre da [[Carpentras]], vicino ad Avignone, Clemente V non era disposto a sostenere pienamente l'imperatore. Ma prima che Enrico potesse organizzarsi per attaccare Roberto di Napoli, dovette avere a che fare con i fiorentini.
A metà settembre, si avvicinò molto rapidamente alla città toscana: era ovvio che la milizia della città e la cavalleria guelfa non potevano competere con l'esercito imperiale in una battaglia aperta. Siena, Bologna, Lucca e altre città inviarono uomini per aiutare nella difesa delle mura. Così ebbe inizio l'assedio di Firenze: l'imperatore disponeva di circa {{formatnum:15000}} fanti e {{formatnum:2000}} cavalieri, contro {{formatnum:64000}} difensori. Firenze fu in grado di mantenere aperta ogni porta, tranne quella dalla parte dell'imperatore assediante, e mantenne tutte le sue rotte commerciali funzionanti. Per sei settimane Enrico batté le mura di Firenze e alla fine fu costretto ad abbandonare l'assedio. Tuttavia, entro la fine del 1312, aveva soggiogato gran parte della Toscana e
Nei primi di gennaio del 1313 arrivò a [[Poggibonsi]], memore della fedeltà alla causa ghibellina dei suoi abitanti, qui dopo avere ricevuto le chiavi della città, iniziò la costruzione di una nuova città sul sito dell'antica Poggio Bonizio, ribattezzandola Monte Imperiale. Il nuovo insediamento, che doveva essere un nuovo capisaldo del potere imperiale nella Toscana fu recintato e munito di quattro porte: Porta Romana, Porta Aretina, Porta Pisana e la Porta Nicolaia. Da Monte Imperiale l'Imperatore pronunziò editti contro i guelfi toscani ed anche contro Roberto d'Angiò. Nel marzo del [[1313]], l'imperatore tornò nella sua roccaforte di Pisa, e da qui accusò formalmente di tradimento Roberto di Napoli che finalmente aveva deciso di accettare la carica di capitano della lega guelfa. Mentre indugiava a Pisa, in attesa di rinforzi provenienti dalla Germania, attaccò Lucca, un nemico tradizionale di Pisa.
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=== La morte ===
[[File:
[[File:Buonconvento-Lapide a Enrico VII.JPG|thumb|[[Buonconvento]], lapide a Enrico VII posta sul municipio.]]
Il suo primo obiettivo fu la città guelfa di Siena, che cinse d'assedio, ma nel giro di una settimana sembra che fosse colpito dalla [[malaria]]. Lasciati i Bagni di Macereto e le Terme di Santa Caterina, dove aveva cercato sollievo, si portò a Buonconvento dove morì venerdì 24 agosto 1313 a ora nona nella chiesa di San Pietro, come riporta Tommaso Montauri. Anche [[Agnolo di Tura]] riporta che morì nella chiesa di Buonconvento. La stessa cosa affermano altri cronisti dell'epoca, come riportato nel volume ''Arrigo VII di Lussemburgo imperatore'' curato da Carli, Civitelli e Pellegrini.
La leggenda vuole che fosse stato avvelenato da un frate di nome Bernardino da Montepulciano.
{{Cita news
|lingua=it
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}}</ref>. Dall'analisi del teschio è emerso anche che il volto scolpito da [[Tino di Camaino]] non corrisponde a quello che avrebbe avuto realmente.
Dopo la sua morte gli furono tolte le viscere che furono conservate sotto l'altare di Sant'Antonio nella chiesa stessa, come ricordava una lapide in situ fino a tutto il 1700. Il corpo fu trasportato a Paganico e poi a Suvereto, dove fu sottoposto, a causa del caldo che impediva il ritorno del cadavere in Germania, al rito del [[mos Teutonicus]], ossia la bollitura del corpo per separare le carni dalle ossa. In questo modo le ossa, unitamente ai simboli imperiali, scettro e globo, vennero tumulate fra spezie e aromi nel [[Duomo di Pisa]], la città in assoluto a lui più fedele, mentre le carni furono sepolte nella chiesa di [[Buonconvento]] dove la comunità locale fu ben felice di ospitare la reliquia dell’Imperatore. Enrico non aveva nemmeno 40 anni quando morì e le speranze per un effettivo potere imperiale, in Italia, morirono con lui.
=== L'eredità ===
Alla morte di Enrico VII, e per i decenni successivi, la figura centrale nella politica italiana sarebbe stata proprio Roberto di Napoli. Nell'Impero, il figlio di Enrico, [[Giovanni I di Boemia|Giovanni il Cieco]], fu eletto [[re di Boemia]] nel [[1310]]. Dopo la morte di Enrico VII, due rivali, [[Ludovico il Bavaro|Ludovico Wittelsbach di Baviera]] e [[Federico il Bello]] della [[Casa d'Asburgo]], rivendicarono la corona. La loro disputa culminò il 28 settembre [[1322]] nella [[battaglia di Mühldorf]], dove Federico fu sconfitto. Anche la spedizione italiana di Ludovico ([[1327]]-[[1329]]), realizzata nello spirito di recuperare le sconfitte di Enrico, fu abortita. L'eredità di Enrico risulta particolarmente evidente nelle carriere di successo di due fra i despoti locali che egli fece vicari imperiali in città del nord, [[Cangrande I della Scala]] di [[Verona]] e [[Matteo Visconti]] di [[Milano]].
Il medievalista tedesco [[Bernd Schneidmüller]] inserisce Enrico VII nella sua lista dei "[[re-conte|re-conti]]", gli [[sacro romano imperatore|imperatori]] o [[re dei Romani]] dei [[secolo XIV|secoli XIV]] e [[secolo XV|XV]] anteriori al definitivo passaggio del titolo imperiale alla [[Casa d'Asburgo]].
=== Il monumento funebre a Pisa ===
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Pisa era una città ghibellina, il che significa che la città aveva sostenuto il Sacro Romano Impero. Quando Enrico VII morì, i Pisani costruirono una tomba monumentale all'interno della loro [[Cattedrale di Pisa|Cattedrale]], con ricco corredo. La tomba fu collocata dietro l'altar maggiore, nell'[[abside]]. La scelta del luogo era diretta a dimostrare la devozione dei Pisani per l'Imperatore.
La tomba fu costruita nel [[1315]] da [[Tino di Camaino]] ed era composta dal sarcofago, la statua di Enrico VII, disteso sopra di esso e molte altre statue di dignitari e angeli. Ma non ebbe lunga vita: per motivi politici fu smantellata, poi fu danneggiata nell'incendio del [[1595]], e le parti furono riutilizzate in altri luoghi della piazza del Duomo. Fino al [[1985]], il sarcofago dell'imperatore era stato trasferito nel transetto destro della Primaziale, vicino all'urna di San Ranieri, patrono alfeo. Un paio di statue erano state messe sulla parte superiore della facciata e una serie di statue raffiguranti lo stesso Enrico e i suoi consiglieri erano nel
Una ricognizione è stata effettuata nel 2014 ed ha permesso di recuperare le ossa dell'Imperatore, la corona, lo scettro e il globo, oltre ad un raffinatissimo drappo rosso.<ref>{{cita news|url=http://www.archeologiamedievale.it/2014/05/20/drappo-di-seta-unico-al-mondo-nel-sarcofago-di-enrico-vii|titolo=Drappo di seta unico al mondo nel sarcofago di Enrico VII|sito=archeologiamedievale.it|data=20 maggio 2014|accesso=21 maggio 2014}}</ref>
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</div>
Il 31 marzo [[1311]], dal castello dei Guidi a Porciano, Dante scrisse ai suoi concittadini di Firenze cercando di convincerli ad assoggettarsi a Enrico VII, nel quale riconosceva le alte qualità morali e nel quale sperava per un riequilibrio del potere temporale della Chiesa succube del Regno di Francia.
== Famiglia ed eredi ==
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# [[Giovanni I di Boemia|Giovanni di Lussemburgo]] (10 agosto, [[1296]] – 26 agosto, [[1346]]),
# [[Maria del Lussemburgo|Maria]] (1304 – 26 marzo [[1324]], [[Issoudun]]), sposata a [[Parigi]] il 21 settembre [[1322]] con re [[Carlo IV di Francia]].
# [[Beatrice di Lussemburgo|Beatrice]] (1305 – 11 novembre [[1319]]), sposata nel [[1318]] con re [[Carlo Roberto d'Angiò|Carlo I di Ungheria]].
== Ascendenza ==
{{Ascendenza
| 1 = Enrico VII di Lussemburgo
| 2 = [[Enrico VI di Lussemburgo]]
| 4 = [[Enrico V di Lussemburgo]]
| 8 = [[Valerano III di Limburgo]]
| 9 = [[Ermesinda di Lussemburgo]]
| 5 = Margherita di Bar
|10 = [[Enrico II di Bar]]
|11 = Philippa di Dreux
|22 = [[Roberto II di Dreux]]
|23 = Yolande de Coucy
| 3 = Beatrice d'Avesnes
| 6 = [[Baldovino d'Avesnes]]
|12 = [[Burcardo d'Avesnes]]
|13 = [[Margherita II delle Fiandre]]
| 7 = Félicité di Coucy
|14 = Thomas II di Coucy
|15 = Mahaut di Rethel
|16 = [[Enrico III di Limburgo]]
|17 = Sofia di Saarbrücken
|18 = [[Enrico IV di Lussemburgo]]
|19 = [[Agnese di Gheldria]]
|20 = [[Teobaldo II di Bar]]
|21 = Ermesinda di Bar-sur-Seine
|24 = Giacomo d'Avesnes
|25 = Adelina di Guisa
|26 = [[Baldovino I di Costantinopoli]]
|27 = [[Maria di Champagne (1174-1204)|Maria di Champagne]]
|28 = Raoul I di Coucy
|29 = Alix di Dreux
|30 = Hugues II di Rethel
|31 = Félicité di Broyes
}}
== Note ==
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[[Categoria:Imperatori del Sacro Romano Impero]]
[[Categoria:Lussemburgo-Limburgo]]
[[Categoria:Morti in provincia di Siena]]
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