Enrico VII di Lussemburgo: differenze tra le versioni

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m Citata la cronaca della discesa di Arrigo VII in Italia, descritta dettagliatamente da Giovanni Villani nel libro X della Nuova Cronica. Cancellata la data del 1311 quale anno di ingresso in Italia, perchè arrivò ad Asti il 10 ottobre 1310 (così come anche indicato successivamente nel testo già esistente)
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|nome = Enrico VII di Lussemburgo
|immagine = Tino di camaino, statue dal monumento funebre di arrigo VII di lussemburgo, 1313, 04.JPG
|legenda = [[Tino di Camaino]], ''Ritratto di Enrico VII'', (Monumento funebre di Arrigo VII, [[1313]], [[DuomoMuseo didell'Opera del Duomo (Pisa)]])
|titolo = [[Imperatori del Sacro Romano Impero|Imperatore dei Romani]]
|sottotitolo =
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|successore1 = [[Ludovico il Bavaro|Ludovico IV]]
|titolo2 = [[Sovrani del Lussemburgo|Conte di Lussemburgo]]
|titolo3 = [[Sovrani d'Italia#Dinastie successive (1125–1556)|Re d'Italia]]
|inizio regno2 = 5 giugno [[1288]]
|fine regno2 = 24 agosto [[1313]]
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Mentre questi negoziati erano in corso, Enrico iniziò la sua discesa nel nord Italia nel mese di ottobre [[1310]], mentre suo figlio maggiore Giovanni rimaneva a [[Praga]] come vicario imperiale. Nel corso della traversata delle [[Alpi]] e della [[pianura lombarda]], nobili e prelati di entrambe le fazioni guelfe e ghibelline si affrettarono a salutarlo, mentre Dante diffuse una lettera pregna di ottimismo indirizzata ai governanti e al popolo di Firenze.
 
Decenni di guerra e di lotte avevano visto in Italia la nascita di decine di città-stato indipendenti, ognuna nominalmente guelfa o ghibellina, sostenuta dalla nobiltà urbana a sostegno di un sovrano potente (come Milano), o dalle emergenti classi mercantili incorporate in uno stato repubblicano (come Firenze). All'inizio non dimostrò alcun favoritismo per nessuna delle parti, sperando che la sua magnanimità sarebbe stata ricambiata da entrambe le fazioni; tuttavia, insistette sul fatto che i governanti attuali di tuttatutte le città-stato italiane avevano usurpato i loro poteri, che le città dovevano tornare sotto il controllo immediato dell'Impero, e che gli esuli dovevano essere richiamati. Infine costrinse le città a rispettare le sue richieste. Anche se Enrico ricompensò la loro sottomissione con titoli e feudi, questo atteggiamento causò unaun forte risentimento che crebbe nel corso del tempo.
Questa era la situazione che il re dovette affrontare quando arrivò a [[Torino]] nel novembre del [[1310]], alla testa di 5.000 soldati, di cui 500 cavalieri.
 
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Ma il caos nella città di Roma costrinse Enrico ad allontanarsi e, seguendo il consiglio dei ghibellini toscani, si recò ad [[Arezzo]]. Qui, nel settembre [[1312]], emise una sentenza contro Roberto di Napoli, in quanto vassallo ribelle, mentre da [[Carpentras]], vicino ad Avignone, Clemente V non era disposto a sostenere pienamente l'imperatore. Ma prima che Enrico potesse organizzarsi per attaccare Roberto di Napoli, dovette avere a che fare con i fiorentini.
A metà settembre, si avvicinò molto rapidamente alla città toscana: era ovvio che la milizia della città e la cavalleria guelfa non potevano competere con l'esercito imperiale in una battaglia aperta. Siena, Bologna, Lucca e altre città inviarono uomini per aiutare nella difesa delle mura. Così ebbe inizio l'assedio di Firenze: l'imperatore disponeva di circa {{formatnum:15000}} fanti e {{formatnum:2000}} cavalieri, contro {{formatnum:64000}} difensori. Firenze fu in grado di mantenere aperta ogni porta, tranne quella dalla parte dell'imperatore assediante, e mantenne tutte le sue rotte commerciali funzionanti. Per sei settimane Enrico batté le mura di Firenze e alla fine fu costretto ad abbandonare l'assedio. Tuttavia, entro la fine del 1312, aveva soggiogato gran parte della Toscana e avevanoaveva trattato i suoi nemici sconfitti con grande indulgenza.
 
Nei primi di gennaio del 1313 arrivò a [[Poggibonsi]], memore della fedeltà alla causa ghibellina dei suoi abitanti, qui dopo avere ricevuto le chiavi della città, iniziò la costruzione di una nuova città sul sito dell'antica Poggio Bonizio, ribattezzandola Monte Imperiale. Il nuovo insediamento, che doveva essere un nuovo capisaldo del potere imperiale nella Toscana fu recintato e munito di quattro porte: Porta Romana, Porta Aretina, Porta Pisana e la Porta Nicolaia. Da Monte Imperiale l'Imperatore pronunziò editti contro i guelfi toscani ed anche contro Roberto d'Angiò. Nel marzo del [[1313]], l'imperatore tornò nella sua roccaforte di Pisa, e da qui accusò formalmente di tradimento Roberto di Napoli che finalmente aveva deciso di accettare la carica di capitano della lega guelfa. Mentre indugiava a Pisa, in attesa di rinforzi provenienti dalla Germania, attaccò Lucca, un nemico tradizionale di Pisa.
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=== La morte ===
[[File:Arrigo VII a San CascianoArrigosanca1312.jpg|thumb|left|Ingresso di Enrico VII a [[San Casciano in Val di Pesa|San Casciano]]]]
[[File:Buonconvento-Lapide a Enrico VII.JPG|thumb|[[Buonconvento]], lapide a Enrico VII posta sul municipio.]]
Il suo primo obiettivo fu la città guelfa di Siena, che cinse d'assedio, ma nel giro di una settimana sembra che fosse colpito dalla [[malaria]]. Lasciati i Bagni di Macereto e le Terme di Santa Caterina, dove aveva cercato sollievo, si portò a Buonconvento dove morì venerdì 24 agosto 1313 a ora nona nella chiesa di San Pietro, come riporta Tommaso Montauri. Anche [[Agnolo di Tura]] riporta che morì nella chiesa di Buonconvento. La stessa cosa affermano altri cronisti dell'epoca, come riportato nel volume ''Arrigo VII di Lussemburgo imperatore'' curato da Carli, Civitelli e Pellegrini.
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Pisa era una città ghibellina, il che significa che la città aveva sostenuto il Sacro Romano Impero. Quando Enrico VII morì, i Pisani costruirono una tomba monumentale all'interno della loro [[Cattedrale di Pisa|Cattedrale]], con ricco corredo. La tomba fu collocata dietro l'altar maggiore, nell'[[abside]]. La scelta del luogo era diretta a dimostrare la devozione dei Pisani per l'Imperatore.
 
La tomba fu costruita nel [[1315]] da [[Tino di Camaino]] ed era composta dal sarcofago, la statua di Enrico VII, disteso sopra di esso e molte altre statue di dignitari e angeli. Ma non ebbe lunga vita: per motivi politici fu smantellata, poi fu danneggiata nell'incendio del [[1595]], e le parti furono riutilizzate in altri luoghi della piazza del Duomo. Fino al [[1985]], il sarcofago dell'imperatore era stato trasferito nel transetto destro della Primaziale, vicino all'urna di San Ranieri, patrono alfeo. Un paio di statue erano state messe sulla parte superiore della facciata e una serie di statue raffiguranti lo stesso Enrico e i suoi consiglieri erano nel Campo[[Camposanto Santo Monumentalemonumentale]]. Oggi le statue si trovano nel [[Museo dell'Opera del Duomo (Pisa)|Museo dell'Opera del Duomo]], inaugurato nel [[1986]], mentre la tomba è rimasta nella Cattedrale.
 
Una ricognizione è stata effettuata nel 2014 ed ha permesso di recuperare le ossa dell'Imperatore, la corona, lo scettro e il globo, oltre ad un raffinatissimo drappo rosso.<ref>{{cita news|url=http://www.archeologiamedievale.it/2014/05/20/drappo-di-seta-unico-al-mondo-nel-sarcofago-di-enrico-vii|titolo=Drappo di seta unico al mondo nel sarcofago di Enrico VII|sito=archeologiamedievale.it|data=20 maggio 2014|accesso=21 maggio 2014}}</ref>