Broccolino: differenze tra le versioni
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Il '''broccolino''' è una varietà linguistica parlata dagli [[italoamericani]] di [[Brooklyn]], uno dei cinque distretti della città statunitense di [[New York]]. Broccolino è anche il nome italianizzato di [[Brooklyn]], probabilmente attribuitogli durante l'[[emigrazione italiana]] negli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]].
Tra le mete migratorie nel periodo postunitario, oltre ai paesi europei come [[Francia]], [[Svizzera]] e [[Germania]], figurano anche [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]], [[Argentina]] e [[Brasile]]. Nel periodo tra il 1880 e il 1914 più di quattro milioni e mezzo di italiani, provenienti soprattutto dall'Italia meridionale, sbarcarono negli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]]<ref name=":0">
Dopo la [[prima guerra mondiale]] il governo statunitense impose restrizioni per i flussi migratori emanando l'''Immigration Act'' o ''Barred Zone Act'', che richiedeva un test di alfabetizzazione per tutti gli immigrati di età superiore ai 16 anni e, più tardi, l'
▲=== L'emigrazione italiana negli Stati Uniti ===
▲Tra le mete migratorie nel periodo postunitario, oltre ai paesi europei come [[Francia]], [[Svizzera]] e [[Germania]], figurano anche [[Stati Uniti]], [[Argentina]] e [[Brasile]]. Nel periodo 1880 e il 1914 più di quattro milioni e mezzo di italiani, provenienti soprattutto dall'Italia meridionale, sbarcarono negli [[Stati Uniti]]<ref>Dalla voce [http://www.treccani.it/enciclopedia/italoamericano_(Enciclopedia-dell'Italiano)/ ''Italoamericano''], in Treccani.it, URL consultato il 15/12/2014</ref>. Gli espatri dall'[[Italia]] raggiunsero quasi i sei milioni, prima di arrestarsi nel 1976, quando iniziarono i rientri<ref>Ibidem</ref>.
▲Dopo la [[prima guerra mondiale]] il governo statunitense impose restrizioni per i flussi migratori emanando l'Immigration Act o Barred Zone Act, che richiedeva un test di alfabetizzazione per tutti gli immigrati di età superiore ai 16 anni e, più tardi, l'Immigration Act o Johnson Act (1924) limitò il numero delle entrate dei migranti negli Stati Uniti.
Secondo [[Tullio De Mauro]] è possibile studiare l'emigrazione italiana su tre profili:
* demografico: in quanto causa del diradamento della popolazione;
* economico: migliorarono i salari, i contratti di lavoro e gli immigrati inviarono denaro a coloro che erano rimasti in patria;
* linguistico: sfoltì l'analfabetismo e la massa di dialettofoni soprattutto nel Sud Italia, dove la scuola si sviluppò solo a cavallo della prima guerra mondiale. La dialettofonia esclusiva si attestava al 97,5% negli anni dell'unificazione<ref
Per gli emigrati il registro di comunicazione prevalente erano i dialetti locali e non venivano a conoscenza dell'italiano standard, a causa della distanza tra i due paesi. I dialetti avevano anche un sostrato culturale e identitario, un ricordo della vita in Italia, mentre l'apprendimento dell'inglese voleva dire successo e ascesa sociale<ref>Hermann W.Haller, ''Una lingua perduta e ritrovata.
Si crearono comunità dialettofone su base regionale o provinciale, dove però le attitudini degli italiani verso l'italiano erano più negative che positive, molti genitori, per esempio, erano contrari all'insegnamento dell'italiano ai figli<ref>Y. Correa-Zoli, «The language of Italian American», in C. Ferguson e S. Heath, ''Language in the USA'', Cambrige: Cambrige Press, 1981, pp. 239-256</ref>.▼
In questo contesto socioculturale i contatti tra lingua e dialetto contribuirono a creare un continuum linguistico che non aveva delimitazioni nette e che, accanto all'inglese, passava dall'italiano dialettale al dialetto italianizzato, ai pidgin di tipo italo-americano, ai dialetti arcaici<ref>Hermann W.Haller, ''Una lingua perduta e ritrovata. L’italiano degli italo-americani'', Firenze: La Nuova Italia, 1993, p. 5</ref>.▼
▲Si crearono comunità dialettofone su base regionale o provinciale, dove però le attitudini degli italiani verso l'italiano erano più negative che positive, molti genitori, per esempio, erano contrari all'insegnamento dell'italiano ai figli<ref>Y. Correa-Zoli, «The language of Italian American», in C. Ferguson e S. Heath, ''Language in the USA'',
=== Caratteristiche ===▼
▲In
Sono state individuate cinque fasi che ripercorrono lo sviluppo della lingua italiana nel [[nord America]]<ref>R. Di Pietro, «Language as a marker of Italian ethnicity», in ''Studi emigrazione'', vol. 42, 1976, pp. 207-217</ref>:
* nella prima l'italiano e, più spesso, il dialetto regionale prevalgono sull'inglese che è relegato ad espressioni fisse come ''Ok, that's
* nella seconda fase la conoscenza dell'inglese è ancora debole, ma avviene
* la terza fase è caratterizzata dall'utilizzo dell'italoamericano nelle comunità italiane. Vi è ancora il cambiamento di codice dove la base è l'italoamericano e l'inglese è la lingua di sostituzione;
* nella quarta fase si utilizza soprattutto l'inglese, mentre l'italoamericano passa in secondo piano;
* infine, nella quinta fase c'è una totale scomparsa delle influenze italoamericane dato che i parlanti sono ormai monolingui in inglese.
Dagli studi sugli italo-americani di [[New York]] e [[Long Island]] si rileva l'esistenza di una lingua franca non-standard<ref>«Quando invitati a parlare l’italiano standard, i soggetti producevano infatti tale varietà semiformale, fatto che permette di assumere la presenza di una lingua franca italo-americana, che si sarebbe formata tra gli emigranti dialettofoni provenienti da varie parti d'[[Italia]]. […] Naturalmente le condizioni specifiche delle lingue degli emigrati, associate alle caratteristiche sociali peculiari nel contesto della nuova società, producevano una varietà parlata “alta” nuova e diversa negli Stati Uniti.» (Hermann W.Haller, ''Una lingua perduta e ritrovata. L’italiano degli italo-americani'', Firenze: La Nuova Italia, 1993, p.8)</ref>, omogenea e parlata da emigrati provenienti dal Sud Italia che la usavano per la comunicazione “alta” al fuori dall'ambito della famiglia, in cui prevalevano dialetti stretti o varie forme di pidgin<ref>Ibidem, p. 4</ref>.▼
La presenza di una lingua franca condivisa da chi proveniva da regioni diverse dell'[[Italia]] potrebbe essere il risultato del ''dialect levelling'' (livellamento dialettale) grazie al quale la grande varietà di dialetti converge verso una forma comune. Alcuni esempi lessicali sono l'utilizzo di 'scudo' (probabilmente risalente ai primi immigrati dall'Italia poco dopo l'unificazione) con il significato di ‘dollaro', oppure pezzo/pezza usati con il medesimo significato (che si riferisce all'usanza di tagliare le monete d'oro in parti uguali, ognuno con valore di un dollaro<ref>Di Pietro R., «Bilinguismo e italiano come lingua seconda negli Stati Uniti», in ''Il veltro'', 1986, p. 16</ref>).▼
La lingua franca italo-americana si distingue per la prevalenza di caratteristiche dialettali sugli [[anglicismi]] e sui tratti popolari<ref>Hermann W.Haller, ''Una lingua perduta e ritrovata. L’italiano degli italo-americani'', Firenze: La Nuova Italia, 1993, p.8</ref>. Il suo utilizzo varia a seconda di fattori come età, generazione, sesso, livello di scolarizzazione, inserimento sociale, itinerario migratorio<ref>Dalla voce [http://www.treccani.it/enciclopedia/italoamericano_(Enciclopedia-dell'Italiano)/ ''Italoamericano''], in Treccani.it, URL consultato il 18/12/2014</ref>.▼
Basando l'analisi sul fattore generazionale, i soggetti anziani – quindi appartenenti alla prima generazione – sono emigrati soprattutto dalle zone rurali dell'Italia meridionale e si sono stabiliti negli [[Stati Uniti]] senza una valida preparazione sociale e culturale<ref>Hermann W.Haller, «Come si parla l’italiano negli Stati Uniti», in ''Italiano e oltre'', 1986, n.1, pag 37 </ref>.▼
Sono quelli che non hanno acquisito perfettamente l'inglese e presentano un alto grado di convergenza tra dialetto e inglese. I giovani della prima generazione che, invece, hanno frequentato la scuola in [[Italia]], hanno una competenza migliore nell'italiano standard. Lasciano penetrare alcuni termini dialettali nel loro registro alto che è privo di convergenza con l'inglese. Tuttavia, per questa generazione il quadro resta molto vario e i confini con la prima possono essere in qualche caso sfumati: dipendono, per esempio, dagli anni d'istruzione in [[Italia]] e negli [[Stati Uniti]], dall'atteggiamento linguistico dei genitori e dei parenti, l'influenza dei coetanei americani e dell'istruzione scolastica nel nuovo paese<ref>Ibidem, pag 38. Haller distingue le due generazioni grazie all’età media al momento dell’emigrazione (11,7 contro 25 anni dei parlanti di prima generazione), per la media superiore di anni d’istruzione (12,2 della prima generazione di giovani, contro 7,2 anni per la prima generazione), per l’età media inferiore (44,5 contro 57,3), e per la permanenza più lunga negli Stati Uniti (31,8 contro 27,5) .</ref>.▼
Con la seconda generazione di giovani l'inglese è la varietà dominante, ma è evidente la [[diglossia]] costituita dall'inglese e dagli elementi dialettali, popolari e anglo-americani acquisiti da genitori e nonni. Si verifica il degrado nella competenza della varietà alta con discorsi zoppicanti, pieni di ripetizioni, autocorrezioni, silenzi disperati, quando non capita la parola giusta<ref>Hermann W.Haller, ''Una lingua perduta e ritrovata. L’italiano degli italo-americani'', Firenze: La Nuova Italia, 1993, p.19</ref>. Si tratta di una generazione nata in [[America]] da genitori italiani. Generalmente tende al monolinguismo anglofono, che si rivela anche quando si tenta di parlare italiano: per esempio è frequente l'utilizzo di ''andar fuori'' con il significato di 'uscire', perché tradotto dall'inglese ''going out''; oppure il plurale del verbo ne «la gente mi trattavano», che si spiega considerando il plurale del sostantivo inglese ''people''<ref>Hermann W.Haller, «Come si parla l’italiano negli Stati Uniti», in ''Italiano e oltre'', 1986, n.1, p. 39</ref>.▼
Le indagini sulle comunità di New York hanno rivelato che la perdita dell'italiano diminuisce con l'avanzare dell'età nella prima generazione, ma lo slittamento linguistico, e quindi l'avviarsi dell'italiano ad essere percepito come lingua straniera, aumenta con l'avanzare dell'età nella seconda generazione<ref>Dalla voce ''[http://www.treccani.it/enciclopedia/italoamericano_%28Enciclopedia_dell%27Italiano%29/ Italoamericano]'', in Treccani.it, URL consultato il 18/12/2014</ref>.▼
▲Dagli studi sugli italo-americani di [[New York]] e [[Long Island]] si rileva l'esistenza di una lingua franca non-standard<ref>«Quando invitati a parlare
=== Caratteristiche dialettali ===▼
==== Fonologia ====▼
L'incontro dinamico tra l'inglese, l'italiano standard e le caratteristiche dialettali regionali ha prodotto un grado di dialettalità variabile<ref>Molti degli esempi riportati sono tratti da ''Una lingua perduta e ritrovata. L’italiano degli italo-americani'' di Hermann W.Haller. L’indagine è stata svolta tra il 1978 e il 1979 sulle comunità metropolitane di New York. </ref>.▼
I tratti dialettali più frequenti, tipici dei dialetti meridionali, si riscontrano nella [[sonorizzazione (fonetica)|sonorizzazione]] di /p/ e /t/ intervocaliche (''lasciado'', ''trovado''), la sonorizzazione della /t/ tra –n e vocale (''tando''), l'assimilazione di rl a –rr- (''parro'' per 'parlo', ''parrano'' per 'parlano') e nd a -nn- (''quanno''). Altre caratteristiche sono l'[[apocope]] (''so iuta'', ''so cambiate''), la [[sincope (linguistica)|sincope]] (''mi rcordo'', ''certament'') e le consonanti raddoppiate come la 'b' (''subbito'')<ref>Hermann W.Haller, ''Una lingua perduta e ritrovata. L’italiano degli italo-americani'', Firenze: La Nuova Italia, 1993, p.10</ref>. Questi residui dialettali prevalgono negli individui anziani, di prima generazione, diventati bilingui in età adulta.▼
▲La presenza di una lingua franca condivisa da chi proveniva da regioni diverse dell'[[Italia]] potrebbe essere il risultato del
==== Morfosintassi ====▼
▲La lingua franca italo-americana si distingue per la prevalenza di caratteristiche dialettali sugli [[anglicismi]] e sui tratti popolari<ref>Hermann W.Haller, ''Una lingua perduta e ritrovata.
▲Basando l'analisi sul fattore generazionale, i soggetti anziani – quindi appartenenti alla prima generazione – sono emigrati soprattutto dalle zone rurali dell'Italia meridionale e si sono stabiliti negli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] senza una valida preparazione sociale e culturale<ref>Hermann W.Haller, «Come si parla
▲Sono quelli che non hanno acquisito perfettamente l'inglese e presentano un alto grado di convergenza tra dialetto e inglese. I giovani della prima generazione che, invece, hanno frequentato la scuola in [[Italia]], hanno una competenza migliore nell'italiano standard. Lasciano penetrare alcuni termini dialettali nel loro registro alto che è privo di convergenza con l'inglese. Tuttavia, per questa generazione il quadro resta molto vario e i confini con la prima possono essere in qualche caso sfumati: dipendono, per esempio, dagli anni d'istruzione in [[Italia]] e negli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]], dall'atteggiamento linguistico dei genitori e dei parenti, l'influenza dei coetanei americani e dell'istruzione scolastica nel nuovo paese<ref>Ibidem, pag 38. Haller distingue le due generazioni grazie
▲Con la seconda generazione di giovani l'inglese è la varietà dominante, ma è evidente la [[diglossia]] costituita dall'inglese e dagli elementi dialettali, popolari e anglo-americani acquisiti da genitori e nonni. Si verifica il degrado nella competenza della varietà alta con discorsi zoppicanti, pieni di ripetizioni, autocorrezioni, silenzi disperati, quando non capita la parola giusta<ref>Hermann W.Haller, ''Una lingua perduta e ritrovata.
▲Le indagini sulle comunità di New York hanno rivelato che la perdita dell'italiano diminuisce con l'avanzare dell'età nella prima generazione, ma lo slittamento linguistico, e quindi l'avviarsi dell'italiano ad essere percepito come lingua straniera, aumenta con l'avanzare dell'età nella seconda generazione<ref
▲L'incontro dinamico tra l'inglese, l'italiano standard e le caratteristiche dialettali regionali ha prodotto un grado di dialettalità variabile<ref>Molti degli esempi riportati sono tratti da ''Una lingua perduta e ritrovata.
▲I tratti dialettali più frequenti, tipici dei dialetti meridionali, si riscontrano nella [[sonorizzazione (fonetica)|sonorizzazione]] di /p/ e /t/ intervocaliche (''lasciado'', ''trovado''), la sonorizzazione della /t/ tra –n e vocale (''tando''), l'assimilazione di rl a –rr- (''parro'' per 'parlo', ''parrano'' per 'parlano') e nd a -nn- (''quanno''). Altre caratteristiche sono l'[[apocope]] (''so iuta'', ''so cambiate''), la [[sincope (linguistica)|sincope]] (''mi rcordo'', ''certament'') e le consonanti raddoppiate come la 'b' (''subbito'')<ref>Hermann W.Haller, ''Una lingua perduta e ritrovata.
È la [[morfosintassi]] ad avere il maggior numero di elementi dialettali, soprattutto per gli emigrati di prima generazione.
Tra gli emigrati che hanno frequentato alcuni anni di scuola in [[Italia]], si possono trovare giovani che parlano correttamente l'italiano e altri che hanno qualche incertezza. Nel complesso sono in grado di tenere separate le varie lingue ma, avendo vissuto in un ambiente dialettofono anche negli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] e, a fronte di un'inerzia linguistica, presentano molti dei tratti morfosintattici elencati di seguito.
Gli italo-americani sostituiscono spesso l'[[articolo determinativo]] con 'a', soprattutto se femminile singolare (''a giobba'', ''a gente'', ''a luce'', ''a lavatrice'').
Il [[pronome personale]] atono 'ci' si unisce spesso alla forma verbale andando a sostituire la terza persone singolare e plurale italiana (gli, le, loro). Alcuni esempi: «se incontri uno non ci (gli) puoi parlare», «ci (loro) danno i soldi»<ref>Ibidem, p. 11</ref>. Comune nei dialetti meridionali è l'amplificazione del [[comparativo]] degli aggettivi (''più meglio'').
La congiunzione 'che' è spesso usata con funzione polisemica: «a highschool che io sono andato» (funzione locale), «ho lasciato l'Italia che avevo diciannove anni» (funzione temporale)<ref>Ibidem, p.12</ref>; o può sostituire il [[pronome relativo]]: «la temperatura che non mi sono mai potuta adattare».
Gli aggettivi possessivi vengono spesso utilizzati in posizione postnominale, tendenza tipica dei dialetti meridionali: a casa ''tua'', il dialetto ''tuo''.
Per le forme verbali spesso 'avere' è usato come [[verbo intransitivo]] (''ho venuto'', ''ho ritornato'', ''m'ha piaciuto''), mentre 'essere' è usato come verbo transitivo (''sono vista''). Il presente dei [[verbi ausiliari]] è il tempo più usato, mentre occorre spesso la confusione tra il [[condizionale]] e il [[congiuntivo]] nei periodi ipotetici («se in Italia ci fusse u travagghiu giusto, fosse differente»)<ref>Ibidem, pp. 13-15.</ref>.
Mentre la seconda generazione, costituita da coloro che sono nati negli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]], presenta l'[[ausiliare]] 'avere' seguito da infinito, ma è ipotizzabile che ci sia una convergenza con l'inglese (''had to''+infinito). Inoltre è frequente l'assenza di accordo tra genere e numero fra sostantivi e aggettivi: «la gente sono diversi».
Per il [[lessico]] si distinguono due tendenze principali: l'occorrenza di dialettismi nell'italo-americano e l'uso di [[anglicismi]].
Nel primo caso, tra i pochi esempi, si riscontra l'uso di 'imparare' e 'insegnarsi' soprattutto per emigrati provenienti dalle regioni meridionali («mi sono imparato», «si sono imparato»); 'tenere' viene spesso usato con il significato di 'avere' («teneva due anni», «tengo assai nostalgia»).
Per i soggetti di seconda generazione si notano infiltrazioni di variazioni individuali nella parlata (''pazienz'', '''necessitate''', ''amichi'') a causa dell'incertezza nell'utilizzo dei dialetti.
Gli anglicismi compaiono in numero minore nella varietà alta parlata dagli [[italo-americani]]. Negli individui anziani tra i pochi prestiti si notano ''jobless'' (disoccupato), ''standard'', ''nice'' (carino), ''retire'' (andare in pensione). Alcuni calchi usati sono carta verde (''the green card'', il permesso di lavoro per gli emigrati negli Stati Uniti) e ''italiani americani'' (dall'inglese ''Italian Americans'')<ref>Hermann W.Haller, «Come si parla
Nelle generazioni successive, la lacuna linguistica dell'italiano viene colmata da [[calchi]] come: «Mi sento comodo a parlare inglese», dall'inglese ''to feel comfortable''; «ritornare indietro», corrispondente a ''to go back''; «ritirarsi dal lavoro» preso da to ''retire from work''.▼
▲Nelle generazioni successive, la lacuna linguistica dell'italiano viene colmata da [[Calco linguistico|calchi]] come: «Mi sento comodo a parlare inglese», dall'inglese ''to feel comfortable''; «ritornare indietro», corrispondente a ''to go back''; «ritirarsi dal lavoro» preso da to ''retire from work''.
La tendenza alla pidginizzazione, con il conio di parole nuove, risponde all'esigenza di una comunicazione immediata. Tra le voci più popolari compaiono<ref>Ibidem, p. 34</ref>:
* ''bosso'' dall'ingl. Boss «capo»,
* ''carro'' dall'ingl. Car «macchina»,
* ''fattoria'' dall'ingl. Factory «fabbrica»,
* ''storo'' dall'ingl. Store «negozio»,
* ''farma'' dall'ingl. Farm «fattoria»,
* ''fornitura'' dall'ingl. Furniture «mobili»,
* ''giobba'' dall'ingl. Job «lavoro»,
* ''grosseria'' dall'ingl. Grocery «generi alimentari»,
* ''trobolo'' dall'ingl. Trouble «guaio»,
* ''bisinisse'' dall'ingl. Business «affare»,
* ''draivare'' dall'ingl. to drive «guidare»,
* ''germanese'' dall'ingl. German «tedesco»,
* ''marchetta'' dall'ingl. Market «mercato»,
* ''tichetta'' dall'ingl. Ticket «biglietto»
* ''mollo'' dall'ingl. Mall «centro commerciale».
I più competenti nell'uso del lessico italo-americano sono gli anziani con limitata esperienza linguistica sia in inglese sia in italiano. Questi termini sono destinati a cadere in disuso nelle comunità italo-americane, poiché già dalla prima generazione di giovani, sebbene conosciuti, non vengono più utilizzati. La varietà alta dei nonni è diventata la loro varietà bassa.
Nel 2011 il censimento negli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] ha rilevato che 723.632 italiani parlano italiano come [[madrelingua]]<ref>Camille Ryan, ''[
[[New York]] è lo stato dove su 213.785 individui al di sopra dei 5 anni, il 27,97% parla italiano<ref name=":1" />. Non è possibile prevedere con certezza quale sarà il destino dell'italo-americano e, in generale, dell'italiano in [[America]], ma alcuni indizi indicano che la loro sopravvivenza è incerta. La limitazione dell'utilizzo dell'italiano all'ambiente domestico e familiare nelle comunità italo-americane spiega il degrado della competenza linguistica in questa varietà nelle generazioni più giovani<ref>Hermann W.Haller, ''Una lingua perduta e ritrovata.
▲La limitazione dell'utilizzo dell'italiano all'ambiente domestico e familiare nelle comunità italo-americane spiega il degrado della competenza linguistica in questa varietà nelle generazioni più giovani<ref>Hermann W.Haller, ''Una lingua perduta e ritrovata. L’italiano degli italo-americani'', Firenze: La Nuova Italia, 1993, p. 21</ref>. Infatti, se da un lato le giovani generazioni possono sviluppare un bilinguismo italiano/inglese, mano a mano che ci si allontana dalla generazione dei primi immigrati, l'[[Lingua inglese|inglese]] viene appreso sempre più come [[madrelingua]], mentre l'[[Lingua italiana|italiano]] è relegato ad essere la [[lingua seconda]].
Tuttavia le iscrizioni ai corsi erogati in italiano sul suolo statunitense hanno registrato una crescita del 3,0% nel 2009<ref>Camille Ryan, [http://www.mla.org/pdf/2009_enrollment_survey.pdf ''Enrollments in Language Other Than English in United States Institutions of Higher Education, Fall 2009''] (PDF) in The Modern Language Association of America, 2010, p.11. URL consultato il 22/12/2014.</ref> e continuano a registrare un aumento positivo. È chiaro che per mantenere in vita una lingua, uno dei fattori determinanti è l'appoggio delle autorità scolastiche e di quanti ne sostengono l'inserimento nei sistemi educativi<ref>Di Pietro R. (1986), «Bilinguismo e italiano come lingua seconda negli Stati Uniti», in ''Il veltro'', p. 21</ref>.
Già negli anni Ottanta l'italo-americano era considerato dagli emigrati una varietà bassa, dovuta a una situazione socioeconomica sfavorevole, ma comunque una varietà affettiva. In questo periodo l'«italiano» inteso dalle prime generazioni era diverso rispetto alle seconde. Per gli anziani l'italiano era il dialetto o l'italiano regionale, per i più giovani l'italiano era la varietà italo-americana mista al continuum linguistico degli emigrati<ref>Hermann W.Haller, ''Una lingua perduta e ritrovata.
Per la salvaguardia dell'italiano negli [[Stati Uniti]] è vivo il desiderio di mantenerne l'uso e di insegnarlo ai bambini con l'appoggio dell'educazione bilingue<ref>Ibidem p. 55</ref>. Ciò nonostante non è da trascurare che le risposte a studi e questionari riflettono una volontà ideale più che la realtà effettiva. ▼
A preferire il dialetto come [[madrelingua]] erano gli emigrati di prima generazione, anche se gli conferivano minore importanza, mentre la prima generazione di giovani era favorevole al mantenimento del dialetto perché non ostacolava l'apprendimento dell'inglese. In questo caso la scelta era probabilmente dettata dalla volontà di mantenere vive le proprie origini.
Il processo di americanizzazione, la mancanza di stabilità dell'italiano parlato e il più frequente [[bilinguismo]] italiano/inglese della nuova emigrazione, dovuta alla conoscenza dell'italiano standard, ci dicono che le varietà parlate negli [[Stati Uniti]] subiscono un processo di ristrutturazione<ref>Hermann W.Haller, «Come si parla l’italiano negli Stati Uniti», in ''Italiano e oltre'', 1986, n.1, p. 39</ref>. In questo contesto è probabile che il broccolino utilizzato dagli [[italo-americani]] di [[New York]] subisca una diminuzione significativa.▼
▲L'inglese è ovviamente la varietà colta e di prestigio opposta alla varietà italo-americana mista (dialetto e inglese), perché percepita dalla maggior parte degli emigrati come "scorretta", adatta a un uso informale<ref>Ibidem p. 51</ref>. Per la salvaguardia dell'italiano negli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] è vivo il desiderio di mantenerne l'uso e di insegnarlo ai bambini con l'appoggio dell'educazione bilingue<ref>Ibidem p. 55</ref>. Ciò nonostante non è da trascurare che le risposte a studi e questionari riflettono una volontà ideale più che la realtà effettiva.
▲Il processo di americanizzazione, la mancanza di stabilità dell'italiano parlato e il più frequente [[bilinguismo]] italiano/inglese della nuova emigrazione, dovuta alla conoscenza dell'italiano standard, ci dicono che le varietà parlate negli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] subiscono un processo di ristrutturazione<ref
==Note==
== Voci correlate ==
* [[Brooklyn]]
* [[Italoamericani]]
* [[Italiani di New York]]
* [[Emigrazione italiana]]
{{Emigrazione italiana}}
{{Portale|linguistica|Stati Uniti d'America|New York}}
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