Luigi Capello: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m Inserimento link e note a piè di pagina Etichette: Modifica visuale Edit Check (citazioni) attivato Modifica da mobile Modifica da web per mobile |
|||
(22 versioni intermedie di 6 utenti non mostrate) | |||
Riga 53:
}}
Durante la [[
Dai contemporanei era ritenuto uno dei migliori tattici del Regio Esercito italiano<ref>{{Cita libro|titolo=L. Falsini, Processo a Caporetto. I documenti inediti della disfatta, Roma, Donzelli Editore, 2017, p. 57}}</ref>; ancora a distanza di cinquant'anni dagli eventi lo scrittore [[Mario Silvestri]]
== Biografia ==▼
▲Dai contemporanei era ritenuto uno dei migliori tattici<ref>{{Cita libro|titolo=L. Falsini, Processo a Caporetto. I documenti inediti della disfatta, Roma, Donzelli Editore, 2017, p. 57}}</ref>; ancora a distanza di cinquant'anni dagli eventi lo scrittore [[Mario Silvestri]] sostiene che "di tutti i nostri comandanti d'armata Capello fu di gran lunga il migliore, quello più animato di spirito di iniziativa e dotato di notevole perspicacia ed intuizione, come dimostrò anche a Caporetto"<ref>M.Silvestri, ''Isonzo 1917'', p. 111.</ref>. In possesso di notevole facilità di parola, il Generale era in grado di infondere fiducia nei propri uomini alla vigilia dell' assalto<ref>{{Cita libro|titolo=A. Soffici, Kobilek - Giornale di battaglia, Firenze, Libreria della Voce, 1918, p.6}}</ref>: "Ed io, che gli stavo dietro a due passi e guardavo in faccia i miei prodi che stavano ad ascoltarlo, leggevo nei loro occhi, e ne gioivo, tutto l' effetto magico delle sue parole, ciascuna delle quali apportava alla nostra preparazione guerriera maggior impulso forse che non l' arrivo di qualche altra batteria di grosso calibro o di un nuovo carico di munizioni"<ref>{{Cita libro|titolo=F.S. Grazioli, In guerra coi Fanti d'Italia, Roma, Libreria del Littorio, 1930, p. 88}}</ref>.
Luigi Capello proveniva da una famiglia della piccola borghesia: suo padre Enrico era funzionario dei telegrafi, sua madre Enrica Volpi era casalinga. Le origini familiari non facevano presagire una carriera brillante, giacché le alte gerarchie del regio esercito provenivano di solito dall'ambiente sabaudo della nobiltà di spada. Malgrado non sentisse un particolare interesse verso la carriera militare, Capello fu costretto a fare questa scelta perché i suoi familiari desideravano dargli un avvenire sicuro, viste anche le cattive condizioni di salute del padre.<ref name="Dizionario">Manuel Galbiati, Giorgio Seccia, ''Dizionario biografico della Grande Guerra'', vol. 1, Nordpress Edizioni, Chiari, 2009. ISBN 9788895774152</ref>
Grazie alla preparazione massiccia e alla fiducia nella vittoria maturata fra i soldati<ref>{{Cita libro|titolo=L. Capello, Note di guerra, vol. I, Milano, Fratelli Treves Editori, p. 285}}</ref>, comandante il VI Corpo d'Armata,
▲==Biografia==
Favorevole all'
▲Per decisione paterna, frequentò la Scuola Militare di Modena da dove uscì con il grado di [[sottotenente]] nel 1878, per poi completare la propria formazione presso la [[Scuola di guerra]]. Divenuto [[colonnello]] nel 1904 comandò il 50º Reggimento fanteria. Con il grado di [[maggior generale]] nel 1910 comandò la [[Brigata]] "Abruzzi" per essere in seguito destinato in [[Libia]] durante la [[Guerra italo-turca]] dove ebbe il comando di una brigata inquadrata nella 4ª [[Divisione (unità militare)|Divisione speciale]] del generale [[Ferruccio Trombi]], prendendo parte a combattimenti nel settore di [[Derna (Libia)|Derna]]. Promosso [[tenente generale]] nel [[1914]] comandò la divisione militare territoriale di [[Cagliari]] e poi con l'entrata in [[prima guerra mondiale|guerra]] dell'Italia, avvenuta il 24 maggio [[1915]], il [[II Corpo d'armata (Regio Esercito)|II Corpo d'armata]].<ref>Enciclopedia Militare - Il Popolo d'Italia - Milano. Vol. II</ref>
=== La preparazione della XII Battaglia dell'Isonzo ===
▲Grazie alla preparazione massiccia e alla fiducia nella vittoria maturata fra i soldati<ref>{{Cita libro|titolo=L. Capello, Note di guerra, vol. I, Milano, Fratelli Treves Editori, p. 285}}</ref>, comandante il VI Corpo d'Armata, egli riuscì nella conquista di [[Gorizia]] ([[sesta battaglia dell'Isonzo|VI battaglia dell'Isonzo]]) ottenendo grande visibilità ed attirando anche lo sguardo di chi lo avrebbe gradito nel ruolo di Capo di Stato Maggiore in vece del generale Cadorna<ref>{{Cita libro|titolo=A. Vanzo, In guerra con la Terza Armata (a cura di A. Saccoman), Bassano del Grappa, Itinera Progetti, 2017, p. 260}}</ref>. Dopo un periodo sugli altipiani contrassegnato da scarsa attività, venne richiamato nella Zona di Gorizia e fu insignito della [[Croce di Grande Ufficiale dell' Ordine Militare di Savoia]]. In data 1° giugno 1917<ref>{{Cita libro|titolo=M. Coltrinari, Riflessioni sulla Grande Guerra. La Vittoria e i suoi artefici. I Generali italiani della Grande Guerra, vol. III, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2019, p.77}}</ref> gli venne assegnato il comando della [[2ª Armata (Regio Esercito)|2ª Armata]] (di stanza nell'[[Isonzo]]) che portò alla conquista della Bainsizza nell'[[Undicesima battaglia dell'Isonzo|undicesima offensiva in quel settore]]. Fu una vittoria di grande impatto, sia per le ingenti risorse materiali disponibili, sia per il nutrito concorso dei nove corpi di armata (dislocati tra il [[Monte Rombon]] e [[Vipacco]]) compresi nel suo comando: fu tale schiacciante vittoria italiana (che si rivelò essere però una vittoria a 'doppio taglio' per le insidie potenziali che il terreno conquistato presentava in caso di eventuale offensiva nemica) a stimolare il ricorso all' alleato tedesco da parte degli Austroungarici. Tali dinamiche costituirono i presupposti della sconfitta italiana nell' ottobre del 1917.
Diversi fattori fecero sì che l'idea di un'azione offensiva programmata precedentemente venisse abbandonata dal Comando Supremo in favore del mantenimento di un assetto difensivo. Tale mutamento dopo anni di azioni offensive venne considerato da Capello potenzialmente pericoloso per il morale delle truppe<ref>{{Cita libro|titolo=L. Capello, Note di guerra, vol. I, Milano, Fratelli Treves Editori, 1921, pp. 105 - 106}}</ref>: restare in attesa di quello che veniva comunemente considerato un improbabile attacco nemico avrebbe spento completamente lo spirito offensivo dei soldati, già stanchi dopo la battaglia d'agosto<ref>{{Cita libro|titolo=A. Gatti, Caporetto. Dal diario di guerra inedito (maggio - dicembre 1917), Bologna, Il Mulino, 1964, pp. 190 - 191}}</ref> e sfibrati dalla subdola propaganda pacifista che da tempo circolava in zona di guerra<ref>{{Cita libro|titolo=L. Capello, Caporetto, perché? (a cura di R. De Felice), Torino: Einaudi, 1967, p. 41}}</ref>. La malattia invalidante del Comandante della 2ª Armata (compagine su cui si abbatté poi l'urto nemico), la conseguente presenza di un comandante interinale<ref>{{Cita libro|titolo=A. Alberti, L'importanza dell'azione militare italiana. Le cause militari di Caporetto (introduzione e a cura di A. Ungari), Roma, Stato Maggiore dell'Esercito, Ufficio Storico, 2004, p. 185}}</ref> (generale [[Luca Montuori]]) e la lontananza del Capo di Stato Maggiore (intento a verificare la concretezza dell'ipotesi circa un attacco simultaneo alle fronti trentina ed isontina<ref>{{Cita libro|titolo=R. Cadorna, Sulle "Memorie" di Vittorio Emanuele Orlando, <<Nuova Antologia>> 1916 (1960), pp. 457 - 458}}</ref>) resero impossibile il dialogo diretto fra Cadorna e Capello con gravi ripercussioni<ref>{{Cita libro|titolo=A. Gatti, Fra le cause strategiche di Caporetto, in Uomini e folle di guerra, Milano, Mondadori, 1929, p. 231}}</ref>. Il Comandante della 2ª Armata era fortemente propenso ad orientarsi verso una controffensiva di vasto respiro mentre al Capo di Stato Maggiore premeva soprattutto la saldezza dell'assetto difensivo dello schieramento<ref>{{Cita libro|titolo=Comando Supremo, Direttiva n. 4741 del 10 ottobre 1917}}</ref>. Le figure secondarie incaricate di mantenere i contatti fra i generali Cadorna e Capello rallentarono ulteriormente il dialogo a distanza, spesso fraintendendone i contenuti ed accrescendo così i margini già ampi di incertezza che angustiavano il generale Capello<ref>{{Cita libro|titolo=A. Cavaciocchi, Un anno al comando del IV Corpo d'Armata, Udine, Gaspari, 2006, p. 71}}</ref>. In data 19 ottobre il confronto con Cadorna vi fu, ma pressoché a ridosso dell'attacco nemico: il Capo di Stato Maggiore ribadì la necessità di attenersi alla più stretta difensiva, riducendo la controffensiva d'armata ad azioni controffensive di carattere locale<ref>{{Cita libro|titolo=Raffronto fra gli ordini dati dal Comando della 2^ Armata e gli ordini del Comando Supremo, in L. Capello, Per la Verità, Milano, Fratelli Treves Editori, pp. 235 - 237 - Allegati: annotazioni all'allegato n. 9}}</ref>. Il generale Capello venne ricoverato per la severità dei sintomi che lo affliggevano ma, alla vigilia dell'attacco, pur febbricitante e malfermo in salute, ritornò alla sede del Comando senza autorizzazione medica<ref>{{Cita libro|titolo=Commissione per l'esame della petizione presentata al Senato del Regno dal Generale Capello - Malattia e rapporti col Comando interinale, in M.L. Suprani Querzoli, Malgrado. La verità sul generale Luigi Capello (nuova edizione ampliata), Venezia, Mazzanti Libri, 2024, pp. 557 - 559}}</ref>.
[[File:Generale Luigi Capello durante la Grande guerra.jpg|thumb|
▲Favorevole all' offensiva (intesa principalmente come manifestazione costante dello spirito offensivo), fu promotore<ref>{{Cita libro|titolo=AA.VV., Luigi Capello. Un Militare nella storia d'Italia (a cura di Aldo. A. Mola), Cuneo, Edizioni L' Arciere, 1987, p. 247}}</ref> e formatore<ref>{{Cita libro|titolo=G. Tommasi, Brigata Sassari. Note di guerra, Roma, Tipografia Sociale, 1925, p.17}}</ref> della [[Brigata meccanizzata "Sassari"|Brigata 'Sassari']]. Estese al contesto della [[2ª Armata (Regio Esercito)|2ª Armata]] le innovazioni già sperimentate precedentemente sul piano sia della preparazione psicologica del soldato, sia del perseguimento costante della sinergia fra Fanteria ed Artiglieria al fine di proteggere le truppe durante l' assalto alle trincee nemiche. In particolare, già dalla conquista di Gorizia, appoggiò l' opera del generale [[Francesco Saverio Grazioli]] che avrebbe poi favorito l' istituzione dei Riparti d'Assalto (gli [[Arditi]]), suscitando malumori che alimentarono lo strascico di rivalità (incisivo sulle valutazioni inerenti alle sue responsabilità relative alla sconfitta: la Relazione prodotta dalla Commissione d'Inchiesta<ref>{{Cita libro|titolo=Relazione della Commissione d'Inchiesta (R. Decreto 12 gennaio 1918 n. 35). Dall' Isonzo al Piave, 24 ottobre - 9 novembre 1917 (a cura di Col. PhD Antonino Zarcone e Prof. Aldo A. Mola), vol. II (Le cause e le responsabilità degli avvenimenti), Roma, Stato Maggiore Esercito, Ufficio Storico, 2014}}</ref> diede risalto principalmente ai suoi detrattori).
Il 24 ottobre 1917 l'ala sinistra della 2ª Armata venne duramente colpita dall'attacco austrotedesco. Anche la distruzione delle linee di comunicazioni (data da tempo per certa dal generale Capello<ref>{{Cita libro|titolo=Comando della II Armata, n. 5097 di protocollo, Stralcio della conferenza tenuta da S.E. il Comandante della II Armata, 17 settembre 1917, in L. Capello, Per la Verità, Milano, Fratelli Treves Editori, 1920, p. 257 - Allegati: allegato n. 18}}</ref>, ma non recepita nella gravità della sua portata dal generale [[Pietro Badoglio]]) concorse alla destabilizzazione collettiva. Il 25 ottobre Capello, prima di essere nuovamente ricoverato, ebbe modo di parlare al generale Cadorna e, da lui invitato, di esporgli il suo pensiero circa l'azione più opportuna da compiersi<ref>{{Cita libro|titolo=L. Capello, Caporetto, perché? (a cura di R. De Felice), Torino: Einaudi, 1967, p. 197}}</ref>. Ma la sua proposta del ripiegamento tempestivo, inizialmente approvata, suscitò perplessità all'interno del Comando Supremo tali da abbandonare l'idea, salvo riprenderla in seguito, quando il contesto si presentava di molto inasprito.
Sussistono numerose interpretazioni sulle cause della sconfitta, di cui alcune favorevoli agli intenti di Capello<ref name="Gualtieri2">[http://www.alessandrogualtieri.com/AG/Articoli/Voci/2009/4/25_Il_Generale_di_Caporetto.html Da un articolo di Alessandro Gualtieri del 25 aprile 2009] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20130308031207/http://www.alessandrogualtieri.com/AG/Articoli/Voci/2009/4/25_Il_Generale_di_Caporetto.html|data=8 marzo 2013}} URL consultato il 13 gennaio 2013</ref>. Una fonte fondamentale per l'analisi del comando del generale Capello è quella degli scritti del maresciallo Caviglia, che tratta anche della concezione psicologica della guerra e della pedagogia delle masse messa in atto dal generale. Caviglia scagiona Capello dalle accuse di ''hybris'' e lo presenta come un comandante equilibrato<ref>{{Cita libro|autore=Maria Luisa Suprani Querzoli|titolo=Luigi Capello. Profilo di un generale italiano|anno=2022|editore=Tralerighe Libri|città=Lucca|pp=103-104|ISBN=9788832872408}}</ref>.
▲[[File:Generale Luigi Capello durante la Grande guerra.jpg|thumb|Generale Luigi Capello durante la Grande guerra.]]
=== Il Dopoguerra ===
Secondo alcuni storici militari, come Rochat e Schindler, mentre i comandanti italiani della Grande guerra come [[Armando Diaz|Diaz]] e [[Pietro Badoglio|Badoglio]] furono fatti oggetto di onori da parte del regime, Capello fu emarginato, soprattutto a causa della propria appartenenza alla Massoneria (essendo stato iniziato il 15 aprile [[1910]] nella loggia "Fides" di [[Torino]]<ref>Vittorio Gnocchini, ''L'Italia dei Liberi Muratori. Brevi biografie di Massoni famosi'', Roma-Milano, Erasmo Edizioni-Mimesis, 2005, p. 56.</ref>, avendo poi conseguito il 33° e massimo grado del [[Rito scozzese antico ed accettato]]<ref>Aldo A. Mola, ''Storia della Massoneria italiana dalle origini ai giorni nostri'', Milano, 1972, pag. 506.</ref>). Anche la sete di verità, incurante degli equilibri che avrebbe infranto, congiurò a suo sfavore: "Ma Capello parla e scrive troppo. [...] lasci passare il tempo in silenzio"<ref>{{Cita libro|titolo=Intervista di Enzo Saini ad Ardengo Soffici, in <<Settimo Giorno>>, 26 marzo 1959}}</ref> ebbe a suggerire [[Benito Mussolini]]. Ma il Generale ritenne impensabile seguire tale consiglio 'prudente'.
===
▲Fu in seguito tra i primi ad aderire ai [[Fasci italiani di combattimento]]; fu chiamato a presiederne il Congresso di [[Roma]] nel novembre [[1921]]<ref name=Storia_illustrata_p._5>"Il Generale Capello appartenne alla massoneria", Storia illustrata n° 188, luglio 1973, pag. 5</ref> e nell'ottobre [[1922]] prese parte alla [[Marcia su Roma]]. In seguito al voto del [[Gran consiglio del fascismo]] del 13 febbraio [[1923]] che dichiarava incompatibile l'adesione al [[Fascismo]] e alla [[Massoneria in Italia|Massoneria]], Capello dichiarò apertamente la propria appartenenza massonica<ref name=Storia_illustrata_p._5/> e abbandonò il [[Partito Nazionale Fascista|PNF]]<ref>Anna Maria Isastia, "Massoneria e fascismo: la grande repressione", in: ''La Massoneria. La storia, gli uomini, le idee'', a cura di [[Zeffiro Ciuffoletti]] e [[Sergio Moravia]], Mondadori, Milano, 2019, p. 176.</ref>; e nel [[1924]] difese fisicamente dagli attacchi fascisti la sede centrale del [[Grande Oriente d'Italia]], [[Palazzo Giustiniani (Roma)|Palazzo Giustiniani]]<ref>Nicoletta Casano, ''Libres et persécutés. Francs-maçons et laïques italiens en exil pendant le fascisme'', Paris, Garnier, 2015, p. 55, n. 2.</ref>. Secondo alcuni storici militari, come Rochat e Schindler, mentre i comandanti italiani della Grande guerra come [[Armando Diaz|Diaz]] e [[Pietro Badoglio|Badoglio]] furono fatti oggetto di onori da parte del regime, Capello fu emarginato, soprattutto a causa della propria appartenenza alla Massoneria, essendo stato iniziato il 15 aprile [[1910]] nella loggia "Fides" di [[Torino]]<ref>Vittorio Gnocchini, ''L'Italia dei Liberi Muratori. Brevi biografie di Massoni famosi'', Roma-Milano, Erasmo Edizioni-Mimesis, 2005, p. 56.</ref>, avendo poi conseguito il 33° e massimo grado del [[Rito scozzese antico ed accettato]]<ref>Aldo A. Mola, ''Storia della Massoneria italiana dalle origini ai giorni nostri'', Milano, 1972, pag. 506.</ref>.
[[File:Luigi capello durante la detenzione a Formia.jpg|thumb|upright|Luigi Capello durante la detenzione nel giardino della clinica di [[Formia]].]]
Il 5 novembre 1925 Capello fu arrestato a [[Torino]] con l'accusa di aver preso parte all'organizzazione del fallito [[Attentati a Benito Mussolini|attentato]] contro [[Benito Mussolini|Mussolini
Secondo le informative di polizia la somma di cui fu trovato in possesso Zaniboni, giunta da [[Praga]] e consegnatagli da Quaglia, era stata elargita da un importante massone, il che fece prendere corpo all'idea che nella vicenda vi fosse uno Zaniboni cercò inutilmente di scagionare il Generale dal fallito attentato<ref>Da una cronaca dell'epoca: "In seguito, molto cavallerescamente scagiona il coimputato Capello da ogni responsabilità nel suo progettato gesto"</ref>: "Sarei altamente onorato di poter avere al mio fianco, per la stessa imputazione, quello che fu il più grande generale, dall'Armata in su, della nostra guerra. La mia posizione assurgerebbe a più chiaro significato. Malauguratamente devo avere solo l'amarezza di aver condotto, contro la mia volontà, questo uomo, vecchio e malfermo in salute, alla quale tutta l'Italia dovrebbe essere grata, alla mortificazione del carcere. [...] - e aggiunse - Io non avevo però informato il Capello dei miei intendimenti"<ref>{{Cita libro|titolo=D. Ascolano, Luigi Capello. Biografia militare e politica, Ravenna, Longo Editore, 1999, p. 251}}</ref>. Dal canto suo, Capello sostenne che se avesse realmente partecipato all'organizzazione dell'attentato non avrebbe avuto alcuna remora ad ammetterlo, ma il piano di Zaniboni (definito 'bestiale' da Capello) denotava un'imperizia tale da non poter essergli attribuito<ref>{{Cita libro|titolo=Laura Capello, N. 3264 (Generale Capello), Milano, Garzanti, 1946, pp. 118 - 119}}</ref>. Le uniche 'prove' del coinvolgimento del Generale consistettero nelle parole del collaboratore della Polizia Quaglia: "lo guardai negli occhi. Egli capì che ne sapevo quanto lui"<ref>{{Cita libro|titolo=D. Ascolano, Luigi Capello. Biografia militare e politica, Ravenna, Longo Editore, 1999, p. 256}}</ref>.
Nel
Scarcerato, trascorse gli ultimi anni di vita in un appartamento in via Stazione San Pietro a [[Roma]] e le estati a [[Grottaferrata]]<ref>Angelo Mangone, "Luigi Capello", Mursia Editore, Milano, 1994, pag. 159.</ref>.
▲Nel [[1927]] fu condannato a trent'anni di carcere, ma venne rimesso in libertà il 22 gennaio [[1936]]<ref name=Biagi />. Secondo [[Guido Leto]] la condanna abbreviata fu dovuta alla convinzione di Mussolini che, nonostante le prove, in realtà il generale fosse estraneo all'attentato, nonché per il riconoscimento degli importanti meriti di Capello acquisiti nella Grande Guerra<ref name="cita-Guido-Leto-p21">{{Cita|Guido Leto|p. 21}}.</ref>; inoltre Mussolini dispose la requisizione di alcuni locali della clinica del dottor Cusumano a Formia, all'interno dei quali (e dell'annesso giardino) Capello ebbe libera circolazione durante la detenzione, seppur sotto vigilanza da parte dei [[carabinieri]]<ref name="cita-Guido-Leto-p21"/>.
Riposa nel [[Cimitero del Verano]].
▲Scarcerato, trascorse gli ultimi anni di vita in un appartamento in via Stazione San Pietro a [[Roma]] e le estati a [[Grottaferrata]]<ref>Angelo Mangone, "Luigi Capello", Mursia Editore, Milano, 1994, pag. 159.</ref>. Oggi riposa nel [[cimitero del Verano]].
Con decreto del 26 dicembre 1947<ref>Registrato alla Corte dei conti il 29 gennaio 1948 – Esercito, registro n.2, foglio n.44.</ref> gli furono restituite tutte le decorazioni militari di cui era insignito, a partire dal 5 agosto dello stesso anno.
Riga 140 ⟶ 143:
* {{cita libro|autore=Luigi Cadorna|titolo=La guerra alla fronte italiana. Vol. 1|editore=Fratelli Treves Editori|città=Milano|anno=1921|cid=Cadorna 1921}}
* {{cita libro|autore=Luigi Cadorna|titolo=La guerra alla fronte italiana. Vol. 2|editore=Fratelli Treves editori|città=Milano|anno=1921|cid=Cadorna 1921}}
* Luigi Cadorna, Carlo Cadorna, ''Caporetto? Risponde Luigi Cadorna'', Roma, Bastogi Libri, 2020, ISBN 978-8855010894
* {{cita libro|autore=[[Guido Leto]]|titolo=OVRA fascismo-antifascismo|editore=Cappelli Editore|città=Bologna|anno=1951|cid=Leto 1951}}
*{{cita libro|autore=[[Enzo Biagi]]|titolo=Storia del Fascismo|editore=Sadea Della Volpe Editore|città=Firenze|anno=1964|cid=Biagi 1964}}
Riga 145 ⟶ 149:
* {{cita libro|autore=Aldo Alessandro Mola|titolo=Storia della Massoneria italiana dalle origini ai giorni nostri|editore=Bompiani|città=Milano|anno=1972|ISBN=978-88-17-07131-4|cid=Mola 1972}}
*
* {{cita libro |autore = Aldo Alessandro Mola |autore2= Giancarlo Bergami | titolo = Luigi Capello : un militare nella storia d'Italia : atti del convegno di Cuneo, 3-4 apr. 1987 |oclc=159893538 |
▲* {{cita libro |autore = Aldo Alessandro Mola |autore2= Giancarlo Bergami | titolo = Luigi Capello : un militare nella storia d'Italia : atti del convegno di Cuneo, 3-4 apr. 1987 |oclc=159893538 |pp=259 | città = Cuneo |editore = L'Arciere | anno = 1987 | via = [https://archive.is/20200413121504/http://stabikat.de/DB=1/LNG=EN/CLK?IKT=12&TRM=274947935 archive.is]}}
*Dario Ascolano, ''Luigi Capello. Biografia militare e politica'', Ravenna, Longo Editore, 1999, ISBN 88-8063-228-X
**
|