Antonio Tari: differenze tra le versioni

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{{Carica pubblica
|nome = Antonio Tari
|immagine = Antonio Tari.jpg
|didascalia =
|carica = [[Camera dei deputati del Regno d'Italia|Deputato del Regno d'Italia]]
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|titolo di studio = laurea in giurisprudenza
|alma mater = [[Università degli Studi di Napoli Federico II]]
|professione = scrittore, filosofo, critico musicale
|firma =
}}
{{Bio
|Nome = Antonio
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== Profilo ==
[[File:Lapide Antonio Tari.jpg|thumb|[[Epigrafe]] situata alla destra del portone d'ingresso del palazzo dove nacque Antonio Tari]]
Di famiglia originaria di [[Terelle]], nel [[Frusinate]], nacque in un palazzo [[Seicento|seicentesco]] della non distante [[Santa Maria Maggiore (Capua)|Villa Santa Maria Maggiore]], l'odierna [[Santa Maria Capua Vetere]], anch'essa rientrante in [[Terra di Lavoro]], da un impiegato che si trovava lì di passaggio <ref>[[Achille Lauri|A. Lauri]], ''Dizionario dei cittadini notevoli di Terra di Lavoro antichi e moderni'', Arnaldo Forni Editore, Bologna 1979 (ed. or. Sora 1915), p. </ref>. I genitori erano Giuseppe Tari, conservatore delle ipoteche per la provincia di Terra di Lavoro, e Anna Cossa. Il palazzo natìo, conosciuto come ''palazzo Mazzocchi'', ove aveva schiuso gli occhi anche l'[[archeologo]] [[Alessio Simmaco Mazzocchi]] <ref>[[Alberto Perconte Licatese|A. Perconte Licatese]], ''Alessio Simmaco Mazzocchi'', Ed. Spartaco, Santa Maria Capua Vetere 2001.</ref>, era situato nell'allora strada della Croce, l'odierna via Mazzocchi, ed è oggi gravemente degradato.
 
Studiò a [[Montecassino]], dove conobbe [[Silvio Spaventa]]. Nel [[1830]] si trasferì a [[Napoli]] dove si laureò in [[giurisprudenza]] e iniziò la professione di [[avvocato]] <ref>A. Perconte Licatese, ''Santa Maria di Capua. Storia e monumenti della città di Santa Maria Capua Vetere'', vol. II, Tip. Stampa Sud, Curti 1983.</ref>.
 
Ben presto però all'avvocatura preferì la [[filosofia]], la [[letteratura]] e la [[musica]], unendosi all'amico Spaventa, a Cusano, a [[Francesco de Sanctis]] e ad altri pensatori [[Liberalismo|liberali]] dell'epoca e collaborando a vari giornali letterari partenopei. Nel [[1861]] fu eletto [[deputato]] per il collegio di [[Cassino|S. Germano]], ma rifiutò il mandato per dedicarsi all'insegnamento. Infatti lo stesso anno era entrato per concorso nella Regia [[Università degli Studi di Napoli Federico II|Università di Napoli]], divenendo il primo cattedratico di [[estetica]] in Italia, nello stesso periodo in cui vi insegnavano anche Francesco de Sanctis, [[Luigi Settembrini]], Silvio Spaventa e [[Giovanni Bovio]] <ref>[[Achille Lauri|A. Lauri]], ''op. cit.'', p. </ref>. Vi insegnò per oltre un ventennio, fino alla sua morte.
 
Si dedicò a vari rami della [[filosofia]] e delle scienze del [[linguaggio]], traducendo anche, per la casa editrice [[Detken]], opere di autori stranieri all'epoca non molto noti come Leon Brothier <ref>L. Brothier, ''Storia popolare della filosofia'', trad. di A. Tari, Detken, Napoli 1881.</ref>, Sigismond Zaborowski-Moindron <ref>S. Zaborowski-Moindron, ''Origine del linguaggio'', trad. di A. Tari, Detken, Napoli 1882.</ref> e Eugene Noel <ref>E. Noel, ''Voltaire e Rousseau'', trad. di A. Tari, Detken, Napoli 1885.</ref>, traduzioni pubblicate tra il [[1881]] e il [[1885]].
Il suo sistema estetico, variamente criticato, in particolare per la scarsa originalità, si caratterizzava per una vivacità espressiva, con ricche e talvolta variopinte esemplificazioni, che peraltro ne resero celebri e molto frequentate le lezioni universitarie. Parte significativa dei suoi studi filosofici fu pubblicata postuma.
 
Il suo sistema estetico, variamente criticato, in particolare per la scarsa originalità, si caratterizzava per una vivacità espressiva, con ricche e talvolta variopinte esemplificazioni, che peraltro ne resero celebri e molto frequentate le lezioni universitarie. Parte significativa dei suoi studi filosofici, per i quali viene annoverato tra i precursori del [[neohegelismo]] [[neoidealismo italiano|italiano]],<ref>Aa.Vv., ''Gli Hegeliani di Napoli e la costruzione dello Stato unitario'', pp. 267-298, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, 1989, cit. in [https://books.google.it/books?id=r2xIEAAAQBAJ&pg=PA228#v=onepage&q&f=false introduzione a ''La Fenomenologia dello Spirito di Hegel''] di [[Augusto Vera]], pp. 227-8, a cura di Giacomo Petrarca, Roma, Inschibboleth Edizioni, 2021.</ref> fu pubblicata postuma.
== Il filosofo “giullare di Dio” ==
 
[[Benedetto Croce]], nei saggi critici della ''Letteratura della Nuova Italia'', definì Tari «giullare di Dio», vale a dire, per riprendere le parole dello stesso Croce, il «lieto giullare della filosofia». Il pensatore abruzzese spiegava, al riguardo, che Tari non ebbe mai nemici, riuscendo a farsi ben volere sia dagli amici sia dagli avversari, che «prendeva a braccetto, e li menava a spasso con sé, divertendosi a contradirli e a sentirsi contradetto».
== Il filosofo “giullare"giullare di Dio”Dio" ==
[[Benedetto Croce]], nei saggi critici della ''Letteratura della Nuova Italia'', definì Tari «giullare di Dio», vale a dire, per riprendere le parole dello stesso Croce, il «lieto giullare della filosofia». Il pensatore abruzzese spiegava, al riguardo, che Tari non ebbe mai nemici, riuscendo a farsi ben volere sia dagli amici sia dagli avversari, che «prendeva a braccetto, e li menava a spasso con sé, divertendosi a contradirli e a sentirsi contradetto».
 
Quasi ad avallare la definizione sopra riportata, il pensatore abruzzese ebbe anche a rilevare che la bizzarra genialità di Tari «gli faceva trovare piacere nei ravvicinamenti e collegamenti più disparati e più comici: della frase sublime con la scherzosa, del ricordo solenne con l'aneddoto salace, del linguaggio latino o del tedesco col [[vernacolo]] napoletano. Parla in gergo, ma in gergo che è quintessenza di cultura e stravagante miscuglio di elementi geniali» <ref>[[Benedetto Croce|B. Croce]], ''La letteratura della Nuova Italia. Saggi critici'', vol. I, Laterza, Bari 1967, pp. 403-409.</ref>.
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== Musica ed Estetica ==
L'essenza giocosa si mischiava, confondendosi, con un'acuta critica, che si rivolgeva a tutti i campi in cui l'estetica si sostanziava e, in particolare, ad una delle “arti” al quale Tari era più attratto: la musica.
 
Tra il serio e il faceto, infatti, il filosofo, dopo aver pubblicato nel [[1879]] un interessante studio critico su ''Serietà e ludo'', compose un saggio musicale, con tanto di note, dal titolo in tal senso emblematico di ''Lezioni di estetica generale'' <ref>A. Tari, ''Lezioni di estetica generale'', a cura di C. Scamaccia-Luvara, Tocco, Napoli 1884.</ref>.
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== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
* Cecilia Motzo Dentice di Accadia, «[http://www.treccani.it/enciclopedia/tari_(Enciclopedia-Italiana)/# TARI, Antonio]» in ''Enciclopedia Italiana'', Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1937.
* AA. VV., «[http://www.treccani.it/enciclopedia/antonio-tari_(Dizionario-di-filosofia)/ Tari, Antonio]» in ''Dizionario di filosofia'', Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009.
* {{cita web|autore=Archivi di Teatro Napoli|url=http://cir.campania.beniculturali.it/archividiteatronapoli/atn/foto/dettagli_foto?oid=94643&descrizione=Antonio%20Tari&query_start=1|titolo=Foto di Antonio Tari|accesso=17-07-2013|urlmorto=sì}}
 
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