Il 19 luglio 1925 Amendola giunse a [[Montecatini Terme]] per la consueta cura delle acque a beneficio del [[fegato]]. Sparsasi la voce del suo arrivo, sin dal mattino successivo davanti all'albergo nel quale alloggiava (l'Hotel La Pace) si formò un assembramento di facinorosi intenti a contestare la presenza del ''leader'' dell'opposizione<ref>Umberto Sereni, “Un’azione fascista: l’aggressione a Giovanni Amendola. Montecatini 20 luglio 1925”, in Giovanni Amendola tra etica e politica, atti del convegno, Montecatini Terme, 25‑27 ottobre 1996.</ref>. Facendosi la dimostrazione sempre più minacciosa e trascorrendo la giornata senza che dal Comando di [[Lucca]] giungessero i rinforzi richiesti dai carabinieri locali, il segretario federale di Lucca [[Carlo Scorza]] si offrì di tutelare l'incolumità di Amendola facendolo fuggire di nascosto<ref>Per la smentita di Amendola in merito alla presunta "cavalleria" di Scorza, v. [https://www.isreclucca.it/wp-content/uploads/2023/03/DS_27-28-A.pdf?utm_source=chatgpt.com Documenti e studi, Istituto storico della resistenza e dell'età contemporanea in provincia di Lucca, n. 27/28 del dicembre 2006], p. 126, nota 258.</ref>.
Secondo quanto [[Giorgio Amendola]] raccontò di aver poi appreso dal padre <ref>Giorgio Amendola, ''Una scelta di vita'' (Rizzoli, 1976).</ref>, la fiducia concessa a Scorza riposava sul fatto che era stato garantito a Giovanni Amendola che sarebbe stato scortato da un contingente di carabinieri: invece, dopo il percorso concordato per l'uscita secondaria dell'albergo<ref>Secondo [https://giuseppealessandri.wordpress.com/2014/04/22/una-testimonianza-sullaggressione-subita-da-giovanni-amendola-a-pieve-a-nievole/ G. Alessandri, ''Una testimonianza sull'aggressione subita da Giovanni Amendola a Pieve a Nievole'', in giuseppealessandri.myblog.it, 22 aprile 2014], l' ''escamotage'' sarebbe stato il seguente. Mentre nella camera da lui occupata veniva posto accanto alla finestra un dipendente dell'albergo, in modo da far credere ai manifestanti che vi fosse ancora presente il politico campano, questi fu fatto uscire dall'ingresso secondario e quindi venne fatto salire sull'automobile (una Fiat 501, messa a disposizione assieme all'autista dal Garage Morescalchi) che avrebbe dovuto condurlo alla [[Stazione di Pistoia|stazione ferroviaria di Pistoia]]. Da qui sarebbe partito per [[Roma]] viaggiando in uno scompartimento riservato e per di più protetto da un tenente della Milizia con due militi.</ref> Amendola trovò in automobile tre giovani militanti fascisti locali, uno dei quali alla guida, un secondo all'interno della vettura mentre il terzo, salito sul predellino, ne discese all'uscita dalla cittadina termale.
Una volta superata [[Pieve a Nievole]], poco oltre l'incrocio della Colonna di Monsummano, la macchina fu costretta a fermarsi a causa di un tronco d'albero che ostruiva la strada: dal fosso di fianco alla carreggiata che da una stradina adiacente sbucarono vari aggressori, uno dei quali, armato anch'egli di bastone, raggiunto il lato destro della vettura, ne sfondò il finestrino posteriore, in corrispondenza del posto occupato da Amendola; questi fu poi colpito ripetutamente dagli aggressori fino a quando sopraggiunsero una dopo l'altra due automobili, inducendo i criminali - con ogni probabilità [[squadrismo|squadristi]] montecatinesi - a rinunciare definitivamente ai loro propositi e a fuggire.
Le lesioni subìte dal parlamentare furono molteplici e non tutte emersero nella concitazione del momento: il referto del pronto soccorso pistoiese, cui il ferito fu condotto, si limitava iad danniuna riportatiprognosi dadi Amendolaventi allegiorni, feritementre causatea Roma fu elevata a trenta giorni e fu riservata per quanto atteneva al daibulbo vetrioculare<ref>SecondoPietro Cappellari, ''Giovanni Amendola morì di cancro'', L'ultima crociata, 28/7/2022, secondo cui all’ospedale di Pistoia il medico di servizio Dott. Marracini rilasciò questo referto: «Contusioni multiple alla fronte, alla faccia, al ginocchio e al braccio sinistro e ferite lacero contuse al labbro inferiore e alla mano sinistra, contusione alla regione orbitaria sinistra e al globo oculare con emorragia sottocutanea». Invece secondo [https://giuseppealessandri.wordpress.com/2014/04/22/una-testimonianza-sullaggressione-subita-da-giovanni-amendola-a-pieve-a-nievole/ G. Alessandri, ''Una testimonianza sull'aggressione subita da Giovanni Amendola a Pieve a Nievole'', in giuseppealessandri.myblog.it, 22 aprile 2014], al pronto soccorso dell'[[Ospedale del Ceppo|ospedale di Pistoia]] furono medicati sia Amendola, «cui le schegge del vetro avevano provocato delle lesioni alla parte destra del capo», che il suo accompagnatore preso a bastonate.</ref>;. laAmendola testimonianzasi delrecò figlioallora Pietro,una invece,prima attesta che il 30 agosto 1925 il padre si trovavavolta in una clinica franceseFrancia, "dove è andato aper sottoporsi a un trattamento chirurgico che limitilimitasse i danni riportati al volto e alla testa: nella seconda aggressione, subita a Montecatini (...). Gli"gli hanno rasato i capelli perché si possa lavorare alle ferite", avrebbe ricordato il figlio Pietro<ref>Adducendo, per la datazione, una cartolina da Mont Dore (un paesino della ''Haute Saune''), 30 agosto 1925. DallaC´è degenzauna dedica: «Un abbraccio da papà pelato»: {{Cita pubblicazione|autore=N. Ajello|titolo=L'assassinio di Giovanni Amendola|rivista=La avevaRepubblica|numero=Roma, difatti5 inviatoaprile alla2006}}.</ref> famigliasecondo unacui, foto«tornato chea loRoma, ritraevagli concominciò la testafebbre. Lo ricordo, con il dolore provato allora, ricoperto di bende, rasataesausto»<ref>{{Cita pubblicazione|autore=N. Ajello|titolo=L'assassinio di Giovanni Amendola|rivista=La Repubblica|numero=Roma, 5 aprile 2006}}</ref></ref>.
Essendogli stato rilevato un [[ematoma]] all'emitorace sinistro, l’indebolimentoL’indebolimento fisico e lo shock post-traumatico peggiorarono, nei mesi successivi, le sue condizioni di salute, tanto che a fine anno, essendogli stato rilevato un [[ematoma]] all'emitorace sinistro, Amendola decise di andare a curarsi a [[Parigi]]. Agli inizi del 1926 venne operato per un [[tumore]]<ref>Cfr. Giorgio Amendola, ''Un'isola'', Milano, Rizzoli, 1980.</ref>. Per favorire il decorso post-operatorio i familiari lo trasferirono a [[Cannes]], in [[Provenza]], presso la clinica Le Cassy Fleur: qui egli si spense, all'alba del 7 aprile 1926.<ref>La scelta di evidenziare l'eziologia tumorale come unica causa del decesso emerse sin dalla commemorazione in aula a Montecitorio, in cui lo si disse «colpito da un male incurabile», secondo il sarcastico commento di [[Antonio Casertano]], [[Presidenti della Camera dei deputati (Italia)|Presidente della Camera dei deputati]]. Al contrario, sottolineano la concausa fisica e morale dell'aggressione, nel peggioramento delle condizioni di salute del deputato, [[Simona Colarizi]], ''I democratici all’opposizione'' (1973), e [[Giampiero Carocci]], ''Giovanni Amendola nella crisi dello Stato italiano'' (1956) e [https://www.giustiziainsieme.it/it/diritto-penale/3056-una-risalente-ma-non-vecchia-vicenda-processuale-il-pestaggio-fascista-in-danno-dellon-giovanni-amendola-del-26-dicembre-1923 Costantino De Robbio, ''Una risalente (ma non vecchia) vicenda processuale: il pestaggio fascista in danno dell’on. Giovanni Amendola del 26 dicembre 1923'', Giustizia Insieme, 24 febbraio 2024].</ref> La salma fu dapprima tumulata a Cannes, sotto una lapide che recitava: «Qui vive Giovanni Amendola...aspettando»; nel 1950 fu traslata in Italia, e collocata nel [[Cimitero di Poggioreale]] a Napoli.
===Il processo===
Pur essendo il reato avvenuto in territorio all'epoca lucchese, il procedimento si tenne a [[Pistoia]] (dal 1927 capoluogo di provincia), in assenza di applicabilità dell'[[amnistia Togliatti]] del 1946. Dopo un dibattimento travagliato<ref>L'autista dichiarò che a costringerlo a fermarsi nel luogo in cui avvenne l'imboscata era stato l'accompagnatore seduto davanti (che però parrebbe essere stato colpito dal primo degli aggressori), puntandogli contro la pistola per poi immediatamente iniziare a percuotere Amendola con un bastone. Sennonché in un'udienza successiva il medesimo teste, incalzato dalle domande degli avvocati difensori, cadde in contraddizione sia rispetto alle dichiarazioni rilasciate in istruttoria che a quanto affermato in precedenza in aula, al punto di essere incriminato dal presidente della corte per [[falsa testimonianza]]; sull'attendibilità della sua deposizione gravò inoltre il fatto di non aver saputo rendere conto del motivo per cui egli avesse modificato a propria discrezione il percorso di fuga dall'albergo rispetto a quello indicatogli da un commissario di polizia: {{Cita pubblicazione|autore=C. Martinelli|titolo=Incriminato l'autista che condusse l'on. Amendola|rivista=La Patria|numero=Firenze, 30 marzo 1947}}</ref> che andò avanti per tre anni, i giudici pistoiesi riconobbero la colpevolezza di tutti gli imputati condannandoli a 30 anni di reclusione per concorso in omicidio premeditato, a piena conferma della tesi accusatoria che voleva un collegamento tra il decesso del deputato liberale e le percosse da lui subìte nel corso dell'agguato.
La Cassazione poi accolse parzialmente il ricorso avanzato dalla difesa degli imputati<ref>Essi criticavano la sentenza nella parte in cui applicava l'aggravante della premeditazione: se risultava giustificata nei confronti di chi aveva organizzato l'attentato, appariva meno applicabile a chi, ingaggiato all'ultimo momento per un incarico del tutto inatteso come quello di autista, era rimasto vittima egli stesso della violenza degli aggressori.</ref>, rinviando il processo dinanzi alla corte d'appello di [[Perugia]]: qui la vicenda giudiziaria giunse a conclusione, nell'ottobre 1950, con l'assoluzione di tutti gli imputati per insufficienza di prove<ref>{{Cita pubblicazione|autore=G. Alessandri|anno=|titolo=Una testimonianza, cit|rivista=|numero=|url=[https://giuseppealessandri.myblogwordpress.itcom/2014/04/22/una-testimonianza-sullaggressione-subita-da-giovanni-amendola-a-pieve-a-nievole/}} G. Alessandri, ''Una testimonianza, cit.''].</ref>.
== Gli eredi ==
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